Tradizioni solofrane
A L T R E
F E S T E
Il Corpus Domini |
Una festa antica legata al culto dell’ostia
consacrata. Il momento dell’elevazione era caricato di aspettative
quasi magiche, in quanto si riteneva che il veder l’ostia costituisse un
momento privilegiato della comunicazione col divino. Questa processione viene considerata come una elevazione prolungata.
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La
festa del Corpus Domini è quella che porta per le vie cittadine l’eucarestia
in un corteo ricco di elementi ornamentali
e liturgici, come l’ombrello con il quale si copre il Corpo Eucaristico, come
le vesti solenni dei sacerdoti e gli addobbi delle vie, che hanno alle finestre
e ai balconi coperte e lenzuola ricamate. Agli angoli ci sono gli altarini e
nei portoni o nei wafi "scene sacre"
viventi in omaggio al Signore che si fermerà e benedirà.
Si
ha testimonianza di questi Tableaux vivents dal giornale locale "Le rane" del 31
maggio 1913. Il passo che si propone ha un pregio poiché
non dice solo in che consistevano le cosiddette "funzìoni",
ma dà uno spaccato di un certo clima dell’epoca contro cui s’appunta il
sarcasmo del non troppo anonimo estensore, dietro la cui firma è facilmente
individuabile l’attivo collaboratore del giornale, il canonico Carmine Troisi.
Questi, contro i denigratori di tali manifestazioni, prende le difese dei
fedeli, che nelle "scenette sacre" sanno così bene coniugare fede e
patriottismo nell’epoca in cui d’altronde, il sentimento della patria diventa
una bandiera proprio come quella messa in mano a Cristo che risorge.
Da "Le Rane" del 1912 |
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No, io per me non vorrei, come qualcuno ha
mostrato di desiderare, una diligenza maggiore. un gusto
meno rudimentale, da parte dei loro ideatori, nella confezione di quei quadri
viventi di soggetto sacro, detti qui, con dizione scorretta
"funzioni", che soglionsi da noi allestire
e mettere in mostra durante il percorso della processione del Corpus Domini.
C’è in quelle contraffazioni innocenti, in quegli anacronismi non avvertiti, in
quelle inverosimiglianze marchiane, in quei contrasti violenti di colori, in
quelle scene di carattere primitivo c’è, dico, un non so che grato sentore di antica schiettezza, d’ingenua vita patriarcale, di rude
verginità biblica, al cui contatto l’anima adugia dal
lezzo di tante abili verniciature, di tante studiate truccature che vede ogni
giorno sul palcoscenico di questo mondo, si sente un po’ ristorata e rifatta, e
gode di respirare alquanto la sana freschezza di quell’aria
pastorale. Lasciate star così! Siamo tanto abituati, tanto seccati, in questi
tempi di sottile stillicidio cerebrale, d’intesiva
elaborazione mentale e manuale, dalla continua somministrazione di cose
perfette, sopraffini squisite, che lo spettacolo,
disgraziatamente raro di cose sbagliate incoerenti assurde non può non piacerci
e guadagnarsi tutta la nostra simpatia, tutto il nostro favore. Dopo una lunga nonché nauseante serie di ninnoli e manicaretti, oh! ben venga un grottesco fantoccio da fiera, ben venga una
pietanza di vermicelli al sugo di pomodori, preparata dalle nostre massaie,
magari in un piatto di creta orlato di strisce variopinte. Adesso
disgraziatamente tutto si fa bene dal romanzo alle scarpe, dalla corazzata al
fornello portatile, dal monumento a Vittorio Emanuele a
una scatola di cerini. Anche il ladro ruba in maniera
perfetta, inappuntabile vestito di marsina e gibus e fornito d’un garbo
incantevole. Esempio: gli onorevoli destinati a costruire, vedi caso, il
Palazzo di Giustizia. Sicché ci vien
fatto ora persino di rimpiangere quello stupidone del classico ladro d’un
tempo, che, di notte, con tanto di ceffo sugli occhi e tanto di coltellaccio in
mano, assaliva il viandante mugolando la frase sacramentale: o la borsa o la
vita. Ma tornando ora a noi, ossia alle nostre
funzioni, che avete visto? Una casa della Madonna con in
capo al letto un quadro dell'Assunta e una sveglia sul focolare? Un Caino che
si sbarazza di Abele con la rivoltella Mauser; un Gesù risorto che
inalbera la bandiera tricolore? Ebbene sì, è bello
tutto ciò! Lasciate stare. Specialmente l’ultimo quadro: Gesù
con in mano "quella" bandiera! Che magnifica idea!
La tradizione dei defunti |
Il culto
dei morti a Solofra si celebra in modo corale il primo novembre e non il due come è stabilito dal calendario liturgico.
In
questo giorno nelle prime ore del pomeriggio la banda musicale, insieme alle
autorità e alle bandiere delle Associazioni listate a lutto, si recano giù al
cimitero, aprendo, così la visita ufficiale al santo
luogo. Qui il sacerdote commemora, in un discorso, i defunti e, dopo il devoto
pietoso omaggio, si va a casa, presto in verità, poiché a novembre il sito, ove
ha sede il cimitero, cade subito in ombra ed è particolarmente freddo.
Il santo luogo è adornato di fiori e ceri accesi. Non c'è tomba
senza un fiore o un lume. La pietà per i trapassati si vede, il dolore non è
solo interiore, nessuno può mancare in questa occasione.
Le famiglie si riuniscono come a dire "qui una volta ci troveremo
insieme" e chi non abita in paese ritorna come per rinsaldare un vincolo,
per convalidare una tradizione che unisce.
Ai
defunti si recita un rosario di "requiem" e, tra un mistero e
l’altro, la seguente preghiera:
0 anima beata a chisto munno site stata in purgatorio vi truvate in paravìso site aspettata pregate l'eterno Padre pe' le mie necessitate. Requie e ripuoso puzzat'avè e priate Dio pe' me. |
Un’antica tradizione per la ricorrenza di San Giovanni |
Questa
ricorrenza porta l’uso di spiare in un bicchiere colmo d’acqua, in cui è stato
messo un albume d’uovo intero, il futuro. Si osserva la forma che la bianca sostanza
prende durante la notte dedicata al santo.
Il
bisogno pagano di "trarre gli auspici" per futuro la cui oscurità
pesa, che, si legge in questa pratica, dice che il
culto dovette essere antico.
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