La partecipazione ai Moti carbonari del 1820
Una derivazione del Giacobinismo irpino
Un primo risveglio della massa popolare, un progresso nella vita politica
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Una
setta politica popolare al centro degli avvenimenti che agitarono il Napoletano
nei primi decenni dell’Ottocento.
Fu una propaggine della Massoneria.
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Massoneria, antica società politica, che accoglieva adepti di grado
sociale elevato, asservita a Napoleone e ai Napoleonidi
tanto da diventarne un efficace strumento di governo ed introdotta nel
Napoletano da Giuseppe Bonaparte. Una "Loggia massonica" fu installata ad
Avellino, quando la città divenne capoluogo, da Giacomo Mazas,
primo Intendente della nuova provincia.
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Alcuni dicono che la setta fu introdotta dagli esuli del 1799
altri dai francesi nel 1806 comunque essa restò nell’ambito militare fino al
1809.
In un rapporto del governatore militare a Gioacchino Murat si legge: "Des
renseignements authentiques m’ont prouvè que la
propagation de
Si diffuse in Irpinia quando partirono le
truppe austriache nel 1818 e Guglielmo Pepe assunse il comando della Divisione
territoriale di Avellino e di Foggia. Questi chiese di avere come capo del suo
Stato Maggiore Lorenzo de Conciljis col quale
organizzò, per la difesa dell’ordine pubblico e per la distruzione del
brigantaggio, le milizie civili. Sia il Pepe che il de Conciljjs
resero le milizie consone alle loro aspirazioni,
quindi vi introdussero solo Carbonari e il de Conciljis,
per la conoscenza che aveva della provincia irpina,
scelse Ufficiali di fede liberale.
Scopo:
·
educazione del ceto umile al regime costituzionale.
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Un Reggimento era
costituito da 3 Battaglioni, uno per ogni distretto della provincia, e
da 32 Compagnie, una per ogni Circondario.
Nei paesi durante le
feste e tutte le domeniche in ogni Comune la gioventù in divisa militare e con
fucili e baionette si esercitava.
Ogni setta si chiamava Vendita
o Famiglia, il luogo dove si riunivano era detto Baracca, lo spazio
circostante Foresta, gli affiliati Buoni Cugini o Figli di S.
Teobaldo, che era il protettore, chi li dirigeva Gran Maestro, i segni
sul libro nero degli esclusi anneriti, le donne, che all’inizio cucivano
le uniforme i distintivi (poi vi si aggregarono), giardiniere,
il distintivo era un nastro tricolore chiamato chantillon.
Non si trovano statuti,
catechismi, elenchi o libri perché tutto fu distrutto nella reazione. A Napoli
il 17 maggio del 1821 furono bruciati ben 22mila catechismi.
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In Irpinia e a Solofra
In Irpinia
c’erano 192 Vendite, molte sorte durante i mesi di vittoria della rivoluzione,
su 136 Comuni. Esse professavano la devozione a Gesù
Cristo e propagavano idee di libertà e di uguaglianza,
di odio alla tirannide, cioè preparavano le coscienze al cambiamento.
Solofra
ebbe all’inizio tre Vendite:
·
I
figli di Bradamante,
·
I
novelli Greci,
·
I
difensori della libertà.
Per considerare la
diffusione delle nuove idea nella società solofrana,
vale la pena considerare che Serino, S. Michele di Serino, S. Stefano del sole
ne avevano una ciascuna, Montoro nessuna.
Durante il breve governo
carbonaro nel Regno delle Due Sicilie (luglio
1820-marzo1821) tutto il popolo carbonaro della Regione Irpina,
diviso in 3 Tribù, fu rappresentato da un’Assemblea di deputati che si chiamava
Gran Dieta (che era consulente del potere legislativo di Napoli) e fu
governato da un Senato di 9 membri e da una Magistratura.
Solofra apparteneva
alla Tribù Partenia.
I Deputati delle tre
Tribù della Regione Irpina si riunirono nei primi tre
giorni di settembre del
Altre riunioni della
Dieta furono tenute ad ottobre e a dicembre dello stesso anno dove si gettarono
le basi per la creazione di una Lega Sannitico-Irpina
per stringere un’alleanza con le terre dell’Aquila, di Isernia, di Chieti, contro i
nemici dell’ordine, per il bene della patria e il sostegno del Trono
Costituzionale.
Il solofrano Nicola
Giannattasio nominò come suo rappresentante Nicola Lucente di Catanzaro.
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Il prete Luigi
Minichini guida l’insurrezione ad Avellino
Nella notte tra il 1°
e il 2 luglio (il giorno precedente era stato S. Teobaldo) i sottotenenti Morelli
e Silvati disertarono con le loro truppe dal
"Reggimento Borbone Cavalleria", stanziato
a Nola e insieme al prete Luigi Minichini e a 21 settari con la bandiera
spiegata e al grido di Via Dio, viva il re e viva
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La piazza di Avellino era comandata dal generale Colonna, uomo
debole, che lasciava fare tutto a Lorenzo de Conciljis.
Costui, era capo dello Stato Maggiore mentre Guglielmo
Pepe era al comando delle Province di Avellino e di Foggia, entrambi con
l’incarico di organizzare la difesa dell’ordine pubblico.
Sia il De Conciljis che il Pepe, che si erano battuti per la Repubblica
Napoletana (1799), si erano adoperati a
diffondere
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All’arrivo delle
truppe del Morelli e del Silvati
ad Avellino, il de Conciljis fece finta di combattere
gli insorti, in effetti li favorì, infatti fece deviare lo squadrone insorto
verso Mercogliano per toglierlo dalla strada
principale e richiamò da tutti i Comuni le compagnie di militi, annunziando che
era scoppiata la rivolta e facendo fortificare gli sbocchi provinciali.
Il
Morelli, da Mercogliano
la sera del 2 luglio, poté con le milizie giunte dai Comuni portarsi al passo
di Monteforte per attendere l’attacco delle truppe
regie.
Tra
i capi settari ci fu il solofrano Raffaele Giannattasio
Il giorno dopo nel
palazzo dell’Intendente le autorità insieme al de Conciljis
si riunirono per decedere il da farsi ma dalla piazza
giunse il rumore della folla.
Non erano più
poche persone ribelli ma tutto il popolo con i suoi
deputati che chiedeva
A capo delle forze
rivoluzionarie fu posto il de Conciljis, che insieme
al popolo nel Largo dei Tribunali (oggi piazza della Libertà) giurarono fedeltà al re e alla Costituzione. Il de Conciljis esautorò l’Intendente, che non aveva voluto
giurare
In tutti i Comuni ci
fu fervore e zelo per assicurare l’ordine pubblico.
Intanto si
organizzarono le truppe per la difesa dalle soldatesche del Re, che avanzavano
da Salerno guidate dai generali Campana e Nunziante, e
dalla parte di Mugnano del Cardinale coi generali Roccaromana e Carrascosa. Si
ebbero piccoli scontri tutti a favore delle truppe carbonare.
Nella piana di
Montoro (presso S. Pietro) le truppe regie furono attaccate per qualche ora
costringendo il generale Campana a ritirarsi sopra Nocera (4 luglio). Tanto fu l’apporto della popolazione che
il generale Nunziante da S. Severino scrisse al re nella notte del 4 luglio:
Qui non si tratta
di combattere pochi uomini malamente raccozzati senza
piani, come in tanti altri scontri, diretti solo da private passioni e da
malnati interessi. Le intere popolazioni domandano
I ribelli giunsero a
Salerno dove era stata proclamata
Presto tutto il Regno
insorse e all’alba del 6 luglio il re fece affiggere un proclama dove
prometteva
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Ecco come l’episodio del luglio del 1820 è raccontato dal
canonico solofrano Antonio Giliberti, un testimone di quei fatti:
"Moveva da Salerno per quel di Avellino
un Corpo di soldatesca disciplinata, capitanata dal Generale Campana,
transitando per questa via . Avutone sentore alquanti solofrani scapati (Carbonari) si postarono in agguato, mano armata
nella boscaglia che fiancheggiava il transito poco lungo dall’abitato; e come
furono a tiro verso le ore due pomeridiane, nel punto detto Selva piana scaricarono colpi sopra
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Elezioni
politiche al Parlamento napoletano, primo parlamento italiano
Ferdinando di Borbone, che era stato costretto a dare
Il Deputato più vicino a Solofra fu di Serino, Raffaele Anzuoni fu Matteo.
Il Parlamento napoletano
fu inaugurato il 1° ottobre del 1820.
Il 19 marzo del 1821 il
Parlamento si riunì con solo 26 Deputati, tra i quali Giuseppe Poerio che
scrisse la protesta contro il tradimento del re. Il 24 marzo i Deputati erano
22 e poi non potettero farlo più per l’arrivo delle armi austriache.
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Le
nuove milizie
Fu creato dal nuovo governo
un corpo militare straordinario richiamando al servizio, per la durata di 6
mesi, i congedati. Anche i Carbonari ne crearono uno a
spese delle Vendite, perché potessero trovarsi pronti per i bisogni della
nazione. Ma la risposta non fu solerte né fatta con
slancio e volontà di sacrificio. Così il paese si trovò malamente
armato materialmente e spiritualmente per sostenere lo sforzo di una guerra a
difesa della Costituzione.
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Il tradimento di re Ferdinando
Intanto
Ferdinando I annunziò al Parlamento che i suoi alleati, Russia, Austria, Prussia, lo avevano invitato ad un loro Congresso a Lubiana
per discutere le questioni politiche del Regno. I Carbonari furono diffidenti,
ma il re partì ugualmente ed ebbero ragione perché Ferdinando ritornò con un
esercito austriaco in prima linea e con uno russo di
sostegno, che proclamarono di venire da amici se il Regno si fosse
assoggettato.
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Dinanzi al tradimento
del re il Parlamento napoletano accettò di difendere
A capo delle truppe
si pose il de Conciljis il quale prima di partire
organizzò le milizie cittadine nelle province per raccomandare ordine e
concordia.
L’esercito carbonaro
era fatto di gente non adatta alla guerra, preti, frati, avvocati, proprietari,
tutti male equipaggiati ed armati: fu facile avere la meglio
su di loro.
Il
24 marzo del 1821 i soldati austriaci entrarono in Napoli, il
Vi restarono fino al
1827.
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Ritorno di re Ferdinando
Sconfitte
le truppe di Guglielmo Pepe in Abruzzo, il re, ritornato da Lubiana, si fermò a
Firenze e poi a Roma, dove tante città del napoletano gli inviarono i loro
rappresentanti per invitarlo a tornare.
Ciò fece anche il Decurionato di Avellino. L’Intedente Marino entrato ad Avellino rivolse ai Comuni una
circolare nella quale annunziava in Provincia l’arrivo di truppe austriache e
ingiungeva di tenersi pronti per dare loro gli alloggi, i viveri e i foraggi.
Fu una forzata
ospitalità che durò 6 anni.
Le truppe più vicine a
Solofra furono quelle di Atripalda:
600 uomini che furono dislocati anche nei centri vicini.
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Completa con
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Da V. Cannaviello, Gli Irpini nella
rivoluzione del 1820 e nella reazione, Avellino, 1941.
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