La Carboneria a Solofra

 

La reazione

 

Tutti i cospiratori si dettero alla campagna. I capi carbonari, Guglielmo Pepe, il de Conciljis ed altri capi settari fuggirono dal regno. Molti furono traditi e consegnati al re e impiccati, come Morelli e Silvati.

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Furono promulgate leggi eccezionali per punire chi aveva partecipato alla rivoluzione, ci furono tradimenti e condanne, fu ripreso l’uso della frusta e della berlina.

Gli amministratori dovettero rendere conto del loro operato. Fu posta una tassa su ogni giornale straniero che entrava nel regno, per impedire alle idee di libertà di entrarvi con essi.

Anche la Chiesa di Roma si schierò con la reazione: Pio VII scomunicò chi si dichiarava carbonaro.

Coloro che furono colpiti dalla reazione furono posti nelle prigioni del Padiglione ad Avellino (Caserma dei Carabinieri al corso Vittorio Emanuele), nelle scuderie del Principe di Avellino, nelle prigioni di Montefusco o di Napoli o relegati a Capri, a Ponza, e a Ischia.

Fu istituita la Corte marziale che funzionò fino all’ottobre del 1822, poi si ebbero le Commissioni militari e le Gran Corti Criminali che condannava chi possedeva una semplice arma, una coccarda tricolore finanche una carta con qualche parola oscura.

Ci furono molte condanne a morte e alla confisca dei beni

Furono esonerati tutti i maestri (erano i sacerdoti della provincia), gli insegnanti dovevano fare scuola con la porta aperta per poter essere controllati, furono esonerati 788 amministratori.

 

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Gli irpini nella reazione

 

Ferdinando come strumento di reazione scelse il principe di Canosa, che fu nominato ministro di Polizia.

Suo scopo fu quello di disarmare i facinorosi, punire i settari con bastonate.

Costui ritenne che dovessero essere posti in stato di arresto tutti quei famosi faziosi e carbonari famigerati che avevano sceneggiato nella ribellione e quelli che potevano macchinare e corrispondere con i profughi e con le sette.

Il re lo aveva autorizzato "a promulgare editti e nuove leggi più severe". Iniziò così una sequela di persecuzioni e sofferenze. Furono istituite le Corti marziali. Molti fuggono colpiti da taglie di 1000 ducati. Morelli e Silvati furono impiccati.

Un decreto del 12 aprile del 1821 creò 4 "Giunte" per esaminare la condotta degli ecclesiastici, chi aveva istruito la gioventù, chi aveva pubblicato opere, poi si creò una "Giunta" per esaminare gli appartenenti all’esercito. Gli impiegati furono inclusi in tre classe secondo il grado di compromissione e subirono pene corrispondenti.

Tra i giudici inclusi nella seconda classe ci fu Giovan Francesco Lanzilli di Soveria di Calabria che era stato carbonaro entusiasta ed era Giudice in Solofra e Dignitario di una delle sue Vendite nel 1918. Altro giudice Regio in Solofra fu Andrea Preziosi di Mercogliano, che aveva guidato un gruppo di rivoltosi nella piana di Montoro contro il generale Campana.

A S. Agata di Sotto (S. Agata irpina), Giovanni Andrea De Maio.

A Solofra invece furono esonerati il sostituto cancelliere Filippo Giliberti e l’usciere giudiziario Giovanni Quaranta.

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Reazione contro i sacerdoti-maestri

La reazione fu particolarmente forte contro gli insegnanti infatti le scuole erano considerate il centro dello spirito rivoluzionario perché era qui che si corrompevano i giovani.

Nel Principato Ultra c’erano solo scuole primarie tenuti da maestri pubblici e privati. Anche ad essi come ai magistrati e funzionari giudiziari toccò di passare attraverso il vaglio dello scrutinio, alla ricerca dei fedeli alla Chiesa e alla Monarchia e quelli invece inquinati che "ingratamente ne avevano abusato". Nella intera provincia c’erano 55 maestri pubblici e 284 privati.

S. Agata di sotto fu indicato come settario il sacerdote Gaetano Saviano, insegnante privato.

Solofra ebbe Francesco Garzilli, insegnante privato, giudicato settario e Raffaele Garzilli, anch’egli insegnante privato ma settario di propria confessione.

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Tali giudizi furono stilati dai vescovi (per Solofra l’Arcivescovo di Salerno Fortunato Pinto) che punirono i sacerdoti maestri colpevoli di semplice settarismo con la sospensione dalla Messa, dalla Confessione e coll’assegnazione ad una Casa Religiosa dove praticare esercizi spirituali di penitenza. E furono reintegrati nei loro sacri uffici solo in seguito a solenne abiura, scritta e firmata in chiesa, "ad sonum campanarum et coram populo" cui dovettero chiedere perdono di qualunque scandalo e mancanza commessa nel "nonimestre" (nove mesi) costituzionale. Tutti i sacerdoti, anche quelli non insegnanti, dovettero fare questa solenne abiura. Ad altri un po’ meno colpevoli fu data facoltà di espatriare.

 

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Epurazioni degli Amministratori

 

La reazione si abbattette sugli amministratori per separare i buoni dai malvagi.

Fu considerato come non avvenuto tutto "ciò che era stato fatto dal 1° luglio 1820".

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L’Intendente del Principato Ultra, Giuseppe Spinelli, successo nell’agosto del 21 al marchese Intonti, interessò i Vescovi a fornire gli elementi per la epurazione. L’Arcivescovo di Salerno dette l’incarico a persone meritevoli della massima fiducia di fare indagini sugli amministratori dei comuni posti nella sua diocesi e quindi anche Solofra e S. Agata di Sotto e, in una lettera riservata del 28 novembre 1821 dette i risultati dell’inchiesta, che però furono giudicati troppo cauti per cui fu invitato a ripetere con maggiore accuratezza l’indagine. Poiché però gli informatori erano facilmente scoperti, e quindi fatti oggetto di recriminazioni e vendette da parte degli indagati, l’Arcivescovo il 29 dicembre del 1821 scrisse all’Intendente di Avellino:

Sono assai dispiaciuto che non posso più cooperarmi al giusto fine che Ella si prefigge [...] poiché quelle persone, di cui potea fidarmi per acquistare le opportune notizie hanno tutta la difficoltà di eseguire i miei incarichi per essere cadute nel pubblico sospetto, che esse riferivano a me i dovuti schieramenti, ed io ne faceva a Lei il corrispondente Rapporto; onde temono di trovarsi in qualche cimento.

e sottolineò il pericolo "di essere ingannati", chiese quindi di essere esonerato.

Comunque, attraverso altre vie, la Commissione, preposta al compito, riuscì ad elaborare uno Stato nominativi dei Sindaci e degli Eletti dei Comuni esonerati dal Sovrano, perché settari.

 

S. Agata di Sotto ebbe

Giovanni Andrea De Maio, Sindaco. Antonio Maria d’Arienzo, primo Eletto, Nicola De Maio, secondo Eletto; e alla voce "Solofra" aveva:

Filippo Guarino, Sindaco. Paolo Grassi, Primo Eletto. Raffaele Garzilli, Secondo Eletto.

Tutti furono esonerati insieme ad altri 81 sindaci 66 Primi Eletti e 55 Secondi Eletti. Furono rimossi anche membri di altri Enti amministrativi. Per rimpiazzare costoro si adoperò lo stesso Intendente coadiuvato dalla Commissione per l’esonero.

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L’epurazione continuò con Francesco I, successo al trono nel 1825, con altri accertamenti ed altri esoneri creando non pochi inconvenienti. Nonostante ciò l’Intendente di Avellino, Taviani, dichiarava che ascendevano a dodicimila e più in provincia i decisi per lo liberalismo, e che era necessario indagare su 920 individui per non dubbia abituazione ne’ sentimenti di liberalismo e di setta da reputarsi irreconciliabili senza contare quelli già carcerati .

La reazione provocò tra questi liberali e coloro che, di sentimenti opposti, si vantavano fedelissimi borbonici fin dal primo momento, rancori, odi, e divisioni.

Col trionfo della reazione ci si abbandonò a tutti gli sfoghi, e le denunzie, contro quanti erano stati Carbonari e usavano riunirsi ancora a confabulare, e contro quanti avevano partecipato alla rivoluzione, fioccavano in ogni comune, colpendo rei ed innocenti.

 

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Reazione contro gli impiegati

 

Anche tutti gli altri impiegati dovettero passare per il controllo dello scrutinio, fatto dalla stessa Giunta.

 

S. Agata di sotto ebbe De Maio Pasquale, cancelliere comunale.

 

Solofra ebbe Gabriele Ferrara, impiegato comunale, Saverio Giliberti, cancelliere comunale, Carnimantonio Giliberti, controllore dell’Ospedale militare di Avellino.

Alcuni più compromessi furono arrestati, altri approfittando della disposizione dell’ottobre del 1822 che concedeva loro di espatriare, lo fecero.

 

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Reazione contro i laureati

 

Un decreto del giugno del 1821 regolò la reazione contro coloro che avevano ottenuto la laurea in Medicina e Giurisprudenza dal 7 luglio 1820 al 23 marzo del 1821, contro i farmacisti che nello stesso periodo avevano ottenuto la licenza. Tutti furono sospesi dall’esercizio delle loro professioni e sottoposti ad un nuovo esame.

In tutto il regno coloro che non si sottoposero al riesame ebbero annullata la laurea: 309 in tutto il Regno, dei quali 25 del Principato Ultra.

 

A Solofra Giovanni Landolfi si vide annullata la laurea in Medicina.

 

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Irpini errabondi

Caduto il governo costituzionale i principali responsabili fuggirono da Napoli.

Il governo restaurato cercò di farli rientrare. Con un decreto il Re dette l’amnistia a tutti i settari e i colpevoli degli avvenimenti anteriori al 24 marzo 1821 per far sì che il popolo non facesse causa comune con quei capi ad eccezione di quelli a cui già era stato emesso mandato di cattura a cui fu permesso di emigrare allontanare questa pessima gente dal Regno.

Molti di questi proscritti, vecchi o malati o indigenti, cercarono di evitare il forzoso viaggio ma inutilmente. Cominciò una dolorosa odissea, perché molti governi non li accettarono, altri, diffidenti, li sottoposero a sorveglianza, come pericolosi soggetti, costretti a chiedere, come mendicanti, un soccorso pecuniario per la loro sussistenza.

 

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Nello Stato Pontificio

 

Tra quelli che riuscirono ad entrare nello Stato Pontificio ci fu l’ex-tenente dei militi di Solofra, che, afflitto da una cisti, giunta al suo maggiore sviluppo, supplicò il re, insieme con la moglie donna Eleonora Sarnelli che con tre figli lo aveva accompagnato nell’esilio, di poter fare in Napoli l’estirpazione della cisti, essendo poco fiducioso dei chirurgi di Roma, dichiarando di aver quasi esaurito il suo piccolo patrimonio e di trovarsi in una depressa tristezza per aver perduto uno dei figli.

Il Giannattasio non ebbe il permesso di ritornare in patria, infatti non fu nell’elenco dei 12 (su 800) che erano nello Stato Pontificio. Solo in seguito all’atto di indulgenza del 18 dicembre del 1830, concesso da Ferdinando II, potette rientrare nel Regno di Napoli.

Si conoscono tentativi di rientro in patria riusciti, tra questi quello di Michelangelo Giliberti di Solofra che nel maggio del 1824 aveva ottenuto di recarsi esule in Genova, ma che si era dovuto fermare nello Stato Pontificio perché, privo di mezzi, non potette proseguire il viaggio. A Velletri fu fermato e, poiché non potette giustificare i modi della sua sussistenza, fu scacciato dalla città. Travestitosi da contadino, riuscì a ritornare il 7 novembre 1824 in Napoli.

Altri irpini furono esuli in Spagna, in Inghilterra, a Malta, altri a Corfù, in Corsica, in Francia, in Tunisia. Altri furono condannati "ai ferri" cioè a fatiche dure a profitto dello Stato con alle caviglie una catena o accoppiati a due a due, secondo la natura del loro lavoro.

 

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Irpini destituiti da Francesco di Borbone per macchie settarie

 

Re Francesco con indulti e riduzioni di pene si propiziò i condannati, mentre sostenne una capillare opera per spezzare fin gli ultimi residui della detestata Carboneria.

Nel 1826 ordinò un ulteriore accertamento per scovare i nemici degli altari, del trono e del bene comune. Le indagini portarono a continue deliberazioni sovrane e alla destituzione, tra il dicembre del 1826 e il primo semestre del 1827, di molti Amministratori tra i quali

·         di S. Agata di Sotto, il Decurione Nicola De Maio, definito antico settario ed Oratore della Carboneria;

·         di Solofra, il Sindaco Donato Papa, definito settario. 

 

 

 

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L’Ottocento a Solofra

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