La reazione
Tutti
i cospiratori si dettero alla campagna. I capi carbonari, Guglielmo Pepe, il de
Conciljis ed altri capi settari fuggirono dal regno.
Molti furono traditi e consegnati al re e impiccati, come Morelli e Silvati.
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Furono promulgate
leggi eccezionali per punire chi aveva partecipato
alla rivoluzione, ci furono tradimenti e condanne, fu ripreso l’uso della
frusta e della berlina.
Gli amministratori
dovettero rendere conto del loro operato. Fu posta una
tassa su ogni giornale straniero che entrava nel regno, per impedire alle idee
di libertà di entrarvi con essi.
Anche
Coloro che furono
colpiti dalla reazione furono posti nelle prigioni del Padiglione ad Avellino
(Caserma dei Carabinieri al corso Vittorio Emanuele),
nelle scuderie del Principe di Avellino, nelle prigioni di Montefusco
o di Napoli o relegati a Capri, a Ponza, e a Ischia.
Fu istituita
Ci furono molte
condanne a morte e alla confisca dei beni
Furono
esonerati tutti i maestri (erano i sacerdoti della provincia), gli insegnanti
dovevano fare scuola con la
porta aperta per poter essere controllati, furono esonerati 788 amministratori.
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Gli irpini
nella reazione
Ferdinando come strumento di reazione scelse il principe di Canosa, che fu nominato ministro di Polizia.
Suo scopo fu quello
di disarmare i facinorosi, punire i settari con bastonate.
Costui ritenne che
dovessero essere posti in stato di arresto tutti quei
famosi faziosi e carbonari famigerati che avevano
sceneggiato nella ribellione e quelli che potevano macchinare e
corrispondere con i profughi e con le sette.
Il re lo aveva
autorizzato "a promulgare editti e nuove leggi più severe". Iniziò
così una sequela di persecuzioni e sofferenze. Furono istituite le Corti
marziali. Molti fuggono colpiti da taglie di 1000 ducati. Morelli e Silvati furono impiccati.
Un decreto del 12
aprile del 1821 creò 4 "Giunte" per esaminare la condotta degli
ecclesiastici, chi aveva istruito la gioventù, chi aveva pubblicato opere, poi
si creò una "Giunta" per esaminare gli appartenenti all’esercito. Gli
impiegati furono inclusi in tre classe secondo il grado
di compromissione e subirono pene corrispondenti.
Tra
i giudici inclusi nella seconda classe ci fu Giovan
Francesco Lanzilli di Soveria
di Calabria che era stato carbonaro entusiasta ed era Giudice in Solofra e
Dignitario di una delle sue Vendite nel 1918. Altro giudice Regio in Solofra fu
Andrea Preziosi di Mercogliano,
che aveva guidato un gruppo di rivoltosi nella piana di Montoro contro il
generale Campana.
A S. Agata di Sotto (S. Agata irpina),
Giovanni Andrea De Maio.
A Solofra invece furono esonerati il
sostituto cancelliere Filippo Giliberti e l’usciere giudiziario Giovanni
Quaranta.
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Reazione
contro i sacerdoti-maestri
La reazione fu
particolarmente forte contro gli insegnanti infatti le
scuole erano considerate il centro dello spirito rivoluzionario perché
era qui che si corrompevano i giovani.
Nel Principato
Ultra c’erano solo scuole primarie tenuti da maestri
pubblici e privati. Anche ad essi come ai magistrati e
funzionari giudiziari toccò di passare attraverso il vaglio dello scrutinio,
alla ricerca dei fedeli alla Chiesa e alla Monarchia e quelli invece inquinati
che "ingratamente ne avevano abusato". Nella intera provincia c’erano 55 maestri pubblici e 284 privati.
S.
Agata di sotto fu indicato come settario il sacerdote Gaetano Saviano,
insegnante privato.
Solofra
ebbe Francesco Garzilli, insegnante privato, giudicato settario e Raffaele
Garzilli, anch’egli insegnante privato ma settario di propria confessione.
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Tali giudizi furono
stilati dai vescovi (per Solofra l’Arcivescovo di Salerno Fortunato Pinto) che punirono i sacerdoti maestri colpevoli di
semplice settarismo con la sospensione dalla Messa, dalla Confessione e coll’assegnazione ad una Casa Religiosa dove praticare
esercizi spirituali di penitenza. E furono reintegrati nei loro sacri uffici
solo in seguito a solenne abiura, scritta e firmata in chiesa, "ad sonum campanarum
et coram populo" cui dovettero chiedere perdono di qualunque scandalo
e mancanza commessa nel "nonimestre" (nove
mesi) costituzionale. Tutti i sacerdoti, anche quelli non insegnanti, dovettero
fare questa solenne abiura. Ad altri un po’ meno colpevoli fu
data facoltà di espatriare.
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Epurazioni degli Amministratori
La reazione si abbattette sugli amministratori per separare i buoni dai
malvagi.
Fu considerato come non avvenuto tutto
"ciò che era stato fatto dal 1° luglio 1820".
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L’Intendente del
Principato Ultra, Giuseppe Spinelli, successo nell’agosto del 21 al marchese Intonti, interessò i Vescovi a fornire gli elementi per la epurazione. L’Arcivescovo di Salerno dette
l’incarico a persone meritevoli della massima fiducia di fare indagini
sugli amministratori dei comuni posti nella sua diocesi e quindi anche Solofra
e S. Agata di Sotto e, in una lettera riservata del 28 novembre 1821 dette i
risultati dell’inchiesta, che però furono giudicati troppo cauti per cui fu invitato a
ripetere con maggiore accuratezza l’indagine. Poiché però gli informatori erano
facilmente scoperti, e quindi fatti oggetto di recriminazioni e vendette da
parte degli indagati, l’Arcivescovo il 29 dicembre del 1821 scrisse
all’Intendente di Avellino:
Sono
assai dispiaciuto che non posso più cooperarmi al
giusto fine che Ella si prefigge [...] poiché quelle
persone, di cui potea fidarmi per acquistare le
opportune notizie hanno tutta la difficoltà di eseguire i miei incarichi per
essere cadute nel pubblico sospetto, che esse riferivano a me i dovuti
schieramenti, ed io ne faceva a Lei il corrispondente Rapporto; onde temono di
trovarsi in qualche cimento.
e sottolineò il pericolo "di essere ingannati",
chiese quindi di essere esonerato.
Comunque, attraverso altre vie,
S. Agata di Sotto ebbe
Giovanni
Andrea De Maio, Sindaco. Antonio Maria d’Arienzo, primo Eletto, Nicola De Maio,
secondo Eletto; e alla voce "Solofra" aveva:
Filippo Guarino, Sindaco. Paolo Grassi, Primo Eletto. Raffaele Garzilli, Secondo
Eletto.
Tutti furono
esonerati insieme ad altri 81 sindaci 66 Primi Eletti
e 55 Secondi Eletti. Furono rimossi anche membri di altri
Enti amministrativi. Per rimpiazzare costoro si adoperò lo stesso Intendente
coadiuvato dalla Commissione per l’esonero.
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L’epurazione
continuò con Francesco I, successo al trono nel 1825,
con altri accertamenti ed altri esoneri creando non pochi inconvenienti.
Nonostante ciò l’Intendente di Avellino, Taviani, dichiarava che ascendevano a dodicimila e più
in provincia i decisi per lo liberalismo, e che era necessario indagare
su 920 individui per non dubbia abituazione ne’
sentimenti di liberalismo e di setta da reputarsi irreconciliabili
senza contare quelli già carcerati .
La reazione provocò
tra questi liberali e coloro che, di sentimenti opposti, si vantavano
fedelissimi borbonici fin dal primo momento, rancori, odi, e divisioni.
Col trionfo della
reazione ci si abbandonò a tutti gli sfoghi, e le denunzie, contro quanti erano stati Carbonari e usavano riunirsi ancora a
confabulare, e contro quanti avevano partecipato alla rivoluzione, fioccavano in ogni comune, colpendo rei ed innocenti.
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Reazione contro gli impiegati
Anche tutti gli altri impiegati dovettero passare per il
controllo dello scrutinio, fatto dalla stessa Giunta.
S. Agata di sotto ebbe De Maio Pasquale, cancelliere comunale.
Solofra ebbe Gabriele Ferrara, impiegato comunale, Saverio
Giliberti, cancelliere comunale, Carnimantonio
Giliberti, controllore dell’Ospedale militare di Avellino.
Alcuni più
compromessi furono arrestati, altri approfittando della disposizione
dell’ottobre del 1822 che concedeva loro di
espatriare, lo fecero.
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Reazione
contro i laureati
Un decreto del
giugno del 1821 regolò la reazione contro coloro che
avevano ottenuto la laurea in Medicina e Giurisprudenza dal 7 luglio 1820 al 23
marzo del 1821, contro i farmacisti che nello stesso periodo avevano ottenuto
la licenza. Tutti furono sospesi dall’esercizio delle loro professioni e
sottoposti ad un nuovo esame.
In tutto il regno
coloro che non si sottoposero al riesame ebbero annullata
la laurea:
A Solofra Giovanni Landolfi si vide annullata la laurea in Medicina.
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Irpini errabondi
Caduto il governo costituzionale i principali responsabili fuggirono da
Napoli.
Il governo
restaurato cercò di farli rientrare. Con un decreto il Re dette l’amnistia a
tutti i settari e i colpevoli degli avvenimenti anteriori al 24 marzo 1821 per
far sì che il popolo non facesse causa comune con quei capi
ad eccezione di quelli a cui già era stato emesso mandato di cattura a cui fu
permesso di emigrare allontanare questa pessima
gente dal Regno.
Molti di questi
proscritti, vecchi o malati o indigenti, cercarono di evitare il forzoso
viaggio ma inutilmente. Cominciò una dolorosa odissea, perché molti governi non
li accettarono, altri, diffidenti, li sottoposero a sorveglianza, come
pericolosi soggetti, costretti a chiedere, come mendicanti, un soccorso
pecuniario per la loro sussistenza.
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Nello Stato Pontificio
Tra quelli che
riuscirono ad entrare nello Stato Pontificio ci fu
l’ex-tenente dei militi di Solofra, che, afflitto da una cisti, giunta al suo
maggiore sviluppo, supplicò il re, insieme con la moglie donna Eleonora Sarnelli che con tre figli lo aveva accompagnato
nell’esilio, di poter fare in Napoli l’estirpazione della cisti, essendo poco
fiducioso dei chirurgi di Roma, dichiarando di aver quasi esaurito il suo
piccolo patrimonio e di trovarsi in una depressa tristezza per aver perduto uno
dei figli.
Il Giannattasio non
ebbe il permesso di ritornare in patria, infatti non
fu nell’elenco dei 12 (su 800) che erano nello Stato Pontificio. Solo in
seguito all’atto di indulgenza del 18 dicembre del
1830, concesso da Ferdinando II, potette rientrare nel Regno di Napoli.
Si conoscono
tentativi di rientro in patria riusciti, tra questi quello
di Michelangelo
Giliberti di Solofra che nel maggio del 1824
aveva ottenuto di recarsi esule in Genova, ma che si era dovuto fermare nello
Stato Pontificio perché, privo di mezzi, non potette proseguire il viaggio. A Velletri fu fermato e, poiché non potette giustificare i
modi della sua sussistenza, fu scacciato dalla città. Travestitosi da
contadino, riuscì a ritornare il 7 novembre
Altri irpini furono esuli in Spagna, in Inghilterra, a Malta,
altri a Corfù, in Corsica, in Francia, in Tunisia.
Altri furono condannati "ai ferri" cioè a
fatiche dure a profitto dello Stato con alle caviglie una catena o accoppiati a
due a due, secondo la natura del loro lavoro.
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Irpini destituiti da Francesco di Borbone per macchie settarie
Re Francesco con
indulti e riduzioni di pene si propiziò i condannati, mentre sostenne una
capillare opera per spezzare fin gli ultimi residui della detestata
Carboneria.
Nel 1826 ordinò un ulteriore accertamento per scovare i nemici degli altari, del trono e del bene comune. Le indagini portarono a continue deliberazioni sovrane e
alla destituzione, tra il dicembre del 1826 e il primo semestre del 1827, di
molti Amministratori tra i quali
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di S. Agata di Sotto, il Decurione Nicola De Maio, definito antico
settario ed Oratore della Carboneria;
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di Solofra, il Sindaco Donato Papa, definito settario.
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La partecipazione ai moti
carbonari
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· I Solofrani settari nella Rivoluzione carbonara
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