La Collegiata di S. Michele Arcangelo

 

Elementi di storia

 

Fu costruita dall’Universitas, a cominciare dal 1522, al posto della vecchia chiesa parrocchiale dell’Angelo che non rispondeva più alle esigenze della comunità.

 

La chiesa dell’Angelo nel periodo bizantino fu una pieve dedicata a Santa Maria del 15 agosto, poi i Longobardi vi aggiunsero la titolazione al Santo Angelo. Quando divenne parrocchia perdette la funzione di pieve e la titolazione a Santa Maria.

 

Cosa è la medioevale pieve di S. Angelo e S. Maria

 

 

Perchè la pieve aveva una doppia titolazione

Una chiesa bizantina dedicata alla Madonna del 15 agosto

in cui i Longobardi introdussero il culto al Santo Angelo

 

 

Il significato del magnifico Tempio sanmicheliano

 

Con la trasformazione della chiesa di S. Angelo in Collegiata anche il Capitolo canonicale si trasformò in Capitolo Collegiale con un Primicerio ed undici canonici. La Bolla di fondazione di questo nuovo istituto è del 20 marzo 1526 e fu confermata da papa Clemente VII il 23 luglio del 1529.

Il primo Collegio fu costituito dal primicerio Cosma Guarino detto Ronca, e dai canonici Paolo Papa, Iacobo Ronca, Cosma de Vigilante, Pietro de Garzillo, Nardo Antonio Petrone, Angelo Guarino, Luca Grasso, Bartolomeo de Donato, Pietro Angelo Guarino, Nicola de Landolfo, Ottaviano Guarino.

L’antico edificio di modeste dimensioni, era volto verso sud, verso il fiume, aveva anche un’apertura ad est (via vecchia o via della fortuna). Il nuovo edificio si affacciò sullo spazio che si era creato allo sbocco delle due strade via vecchia e via nuova prospiciente il palazzo Zurlo.

 

Una Chiesa della Comunità

 

Con questa operazione l’Universitas si forniva di un’istituzione con proprie insegne e sigilli che rinforzavano il concetto di chiesa patronale della comunità e quindi autonoma, divenendo una sorta di suo segno distintivo e rispondendo alla necessità di "visualizzare" concretamente quello che aveva raggiunto questa società e che si esprimeva nella chiesa "ricettizia" parrocchiale di S. Angelo: il bisogno di dare lustro alla cresciuta comunità locale, la ricerca di uno status simbol, la fondazione di un pantheon gentilizio.

 

 

 Vedi il documento che descrive le insegne dell’Universitas esistenti nella chiesa

 

 

Il Capitolo Collegiale fu un organismo compatto e geloso delle proprie prerogative, e di quelle del gruppo sociale più forte, che non respingeva chi riusciva a salire nei ranghi più alti di questa società, né escludeva l’immigrato, indicando di favorire una dinamica demografica importante.

 

Nella Collegiata deve vedersi in modo sostanziale e chiaro la comunità, la sua realtà sociale ed economica, e soprattutto un momento d’oro e irripetibile della sua storia.

 

Essa diventò il luogo dove si svolgevano i momenti più importanti della vita della comunità, le cui cerimonie religiose ne sottolineavano la solennità, accogliendo nella distribuzione del vario clero e dei fedeli la logica sociale del tempo. In essa infatti ci furono gli scanni per le famiglie patronali, per i maggiorenti locali e via via per tutti gli altri, in modo che fisicamente si potevano vedere le distinzioni tra gli uomini; e in essa, come già era avvenuto per la chiesa dell’Angelo, gli altari accolsero i sepolcri delle famiglie dominanti, che ne avevano il patronato.

Ancora si precisa il ruolo di questa istituzione ecclesiale, se si considera che chi entrava a farvi parte non era solo per il segno di un’ascesa sociale, bensì per il fatto che poteva esercitare un controllo sul complesso dei beni patrimoniali della chiesa, aveva l’usufrutto diretto di una parte di essi e la possibilità di gestire le attività finanziarie che le cappellanie permettevano. Intorno a questa istituzione la società artigiano-mercantile si creava, nel proprio centro, con facilità di controllo e gestione, un mezzo per sostenere quelle attività: il denaro a prestito su pegno.

 

 

 

Un movente economico intorno a questa istituzione

 

Una società artigiano-mercantile, che,

nell’assenza dell’istituto finanziario,

si creava, nel proprio centro,

con facilità di controllo e gestione,

un mezzo per sostenere le sue attività

col prestito su pegno.

 

 

Il Collegio si arricchisce di altri sacerdoti

 

Nel 1684 Mario Landolfi istituì un Corpo di Sei Mansionari per il sostegno delle attività religiose e del Coro. La vita religiosa solofrana aveva acquistato un grande sviluppo.

Vedi

I Mansionari della Collegiata di S. Michele Arcangelo

 

 

 

Le vicende del Capitolo Collegiale

 

Il Capitolo Collegiale ebbe il diritto di portare l’insegna della Cappa Magna e dal 1742 la Mozzetta e il Rocchetto di color violaceo con guarnizioni di ermellino.

 

Il Collegio dei canonici, fondato nel 1526, visse un periodo di contrasti con il re di Napoli. Siamo nel 1783, alle porte della rivoluzione illuministica, quando nuove leggi imposero alle chiese Collegiate di presentare il Regio assenso che il Collegio dei canonici aveva avuto all’atto della sua istituzione. Questo documento però non si trovava e non fu presentato, per cui ci fu un periodo di incertezza, durante il quale non si potettero eleggere alcuni canonici. Nel 1790 il re dette il Regio Assenso per sanare la situazione ed il Collegio fu reintegrato nella sua pienezza. Nel 1818 quando, dopo il Decennio francese, fu stipulato il Concordato tra la Santa Sede e il Regno di Napoli, il Collegio canonicale fu soppresso perchè si era incerti sulla sua origine. Ne nacque un’indagine e furono fatte varie richieste che portarono nel 1842 alla sua reintegrazione con le insegne di cui aveva diritto. Nel 1940 il Collegio venne definitivamente soppresso.

 

 

 

 

La Collegiata diventa monumento nazionale

 

 

Nel 1864, mentre si discuteva il problema della soppressione delle Collegiate, il Consiglio Comunale di Solofra inviò al governo di Vittorio Emanuele II una petizione affinché la Collegiata venisse considerata Monumento di native glorie non solo per il lustro e il decoro che recava alla cittadina, ma perchè era uno dei monumenti insigni della provincia per ampiezza e disegno e magnificenza di ornati fra i quali i famosi dipinti del soffitto di Francesco Guarini, celebre pittore della scuola napoletana, inoltre la chiesa era fondazione municipale, infine poiché la popolazione, disseminata in 12 rioni, non poteva essere assistita nei suoi bisogni religiosi da un sol parroco, era necessario il Collegio dei canonici con tanti distinti parroci che esercitavano ciascuno offici parrocchiali in un diverso casale.

 

 

 

La costruzione della Collegiata

 

 

 

La Collegiata fu costruita in parte sull’edificio della vecchia chiesa dell’Angelo e in parte sulle sue zone limitrofe.

La nuova ubicazione fu resa necessaria perché si era creata un’area importante allo sbocco della via vecchia e della via nuova, prospiciente il palazzo Zurlo, e dove iniziava la strada che portava verso il fiume (il casale Burrelli oggi via Regina Margherita).

L’abbattimento della chiesa portò al momentaneo trasferimento del Capitolo sacerdotale nella chiesa di San Giacomo alla platea (piazza). Mentre coloro che possedevano le cappelle in S. Angelo ebbero il diritto di riaverle nella nuova chiesa pagando il loro maggiore valore.

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Interessanti sono i documenti che descrivono queste antiche cappelle, tra cui una dedicata a S. Maria del quindici agosto, che richiama l’antico culto celebrato nella pieve.

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Fu necessario per l’ampliamento della nuova chiesa comprare un terreno dal feudatario Ercole Zurlo. Fu infatti suo fratello l’abate Giovanni a venderlo alla Universitas. Altri terreni furono acquistati sul lato occidentale della chiesa.

L’abbattimento del vecchio edificio avvenne, come era abitudine, con il recupero delle pietre, che servirono per la costruzione del campanile, mentre le pietre per i cordoni, che segnano i piani, furono ordinati agli scalpellini di Calvanico e furono prese dalle montagne di Aterrana.

Gli stessi scalpellini lavorarono le pietre della porta principale con il tabernacolo e le colonne poste sulle basi quadrate.

I monti di Solofra invece fornirono le travi per la navata principale, ce ne vollero 80, e la famiglia che ebbe l’incarico fu di S. Agata di Solofra (S. Andrea) ed apparteneva ai Troisi di quel casale.

A quei tempi, pur esistendo un unico progetto, che si chiamava “disegno”, la costruzione avveniva a pezzi. Una delle prime Cappelle fu quella detta del Corpo Santo (a sinistra del transetto), mentre l’ala sinistra della chiesa fu completata nel 1544. Gli altari e le cappelle, la sacrestia, la canonica e gli ornamenti furono aggiunti gradatamente. La Collegiata si è trasformata lentamente per tutte le aggiunte, gli abbellimenti, i gessi, i ghirigori che furono posti in seguito durante la sua lunga costruzione.

I documenti mettono in risalto l’esistenza di una grande quantità di altari dislocati in tutta la chiesa. Quando Giovanni Sabato Juliani divenne primicerio nel 1675.

 

L’intervento degli Orsini: il loro palazzo posto di fronte la Collegiata

 

 

Quando gli Orsini nella seconda metà del XVI secolo, divenuti feudatari di Solofra, iniziarono la costruzione del loro palazzo lo posero proprio di fronte alla chiesa in modo che la facciata soffocava. Successe però che la costruzione appena iniziata crollò (è lecito il sospetto di qualche intervento esterno) per cui l’Universitas potette stipulare con la feudataria un patto. Ottenne cioè di spostare la nuova costruzione più dietro e più verso est, dove è ora, mentre l’Universitas si impegnò di strutturare la piazza e sistemare lo sbocco della via nuova.

 

 

Gli Orsini tentarono più volte di introdursi nella gestione della chiesa e di controllarla, ma furono sempre fermati.

 

 

C’è un mito tutto solofrano che ricorda bene questo tentativo e c’è anche un fatto storico di una vera guerra civile che scoppiò tra due fazioni cittadine, una guidata dal primicerio Giovan Sabato Juliani contro il feudatario, che voleva introdursi nel controllo del commercio solofrano e della Collegiata, l’altra dal gruppo che era dalla parte dell’Orsini perché ne traeva vantaggio.

 

 

 

Per questi documenti c’è l’archivio del Centro studi di storia locale presso la Biblioteca Comunale

Due documenti del 1544.

1544. Il 24 gennaio viene stipulato l’atto di costituzione della Cappellania della nuova cappella di S. Pietro e Paolo della famiglia Guarino detto Ronca. Sono presenti: il primicerio Cosma Vigilante; i canonici Luca Grasso, Angelo Guarino ujd, Bartolomeo Di Donato, Francesco Guarino, Cesare Ronca, Michele Lettieri, Tommaso Ronca. La Cappella fu ordinata in illo tempore dal notaio Giovanni Guarino detto Ronca e esisteva con due altari nella vecchia chiesa dell’Angelo abbattuta; era posta sul lato sinistro verso occidente. La nuova cappella, che viene dotata di un nuovo jus ed ha il permesso del Papa Paolo III (1537) e dell’Arcivescovo di Salerno, si trova sul lato sinistro verso oriente. Sono presenti all’atto il giudice Mattiunzo Troisio, i testi: Alfonso Maffei, Domenico Ronca, Nicola Rubino, Marco Antonio Tura, Sabatino Garzillo, Pellegrino Morena, clerico Martusciello Migliore, clerico Alfonso Papa, clerico Ferdinando Petrone. (ASA, B6529, ff. 164-172).

1544. Il 24 febbraio viene stipulato un contratto tra il magistro piperniere di Calvanico, Rainaldo de Bartolomeo e i procuratori della fabbrica di S. Angelo, notaio Aurelio Guarino detto Ronca e il messere Pietro Angelo Fasano alla presenza del primicerio Cosma Vigilante. Il De Bartolomeo si impegna di fabbricare i pilastri di pietra porcina alias rustica per fondare gli archi di una delle ali della chiesa. Firmano il contratto il giudice Mattiunzo Troisio, i testimoni don Antonello Giannattasio, don Bartolomeo de Donato, don Guerrino Petrone, Massimiliano Troisi, Palmisano Petrone.

 

DUE DOCUMENTI DEL 1553 CHE RIGUARDANO LA COSTRUZIONE DELLA COLLEGIATA

 

6 gennaio 1553

Fornitura delle travi della navata principale di S. Angelo.

I procuratori della Fabbrica di S. Angelo Sebastiano Ciccarello e Arcangelo Vigilante stipulano con i magistri Ercole e Marco de Troisio fabrilignari di S. Agata di Solofra, un contratto per la fornitura di tutta la quantità necessaria di legnami per lo armagio de lo corpo della nave principale della Chiesa dell’Angelo col patto che sia grosso, lungo e largo, et che sia de castagno senza pelle e tagliato, che sia consegnato nel cortile della chiesa entro il mese di maggio, che sia completo di corree di ferro, cavalli, brazzolle, yonelle e parati per lo armaggio, che siano di giusta misura ed abbiano le funi per salirli sulla nave, stabilendo il pagamento per l’operazione di posa delle travi.

Il 23 gennaio seguente il magistro Marco de Troisio ha assicurazione da altri procuratori della Fabbrica di San Angelo, Tommaso Fasano e Alberiano Perreca alias Petrone, che i gabellieri della gabella della farina dovranno dargli una certa quantità di denaro per la fornitura del legname.

N. B. La Fabbrica di S. Angelo era una istituzione creata per la costruzione della chiesa. Da considerare che da quel momento in tutti i testamenti ci fu un legato destinato alla "fabbrica di S. Angelo".

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8 settembre 1553.

Fornitura delle pietre di intaglio degli stipiti, delle colonne e del tabernacolo della porta principale di S. Angelo.

Convenzione tra il magnifico u. j. d. Francesco Ronca, il magnifico Sebastiano de Ciccarellis e Arcangelo de Vigilante, procuratori ed economi della Fabbrica di S. Angelo di Solofra e il magistro Rainaldo de Bartolomeo di Calvanico di San Severino per la fornitura de petre de taglio dette petra cerpa per lo armagio apparato dela porta seu intrato principale di detta chiesa novamente eretta. Il di Bartolomeo deve fare uno componimento de intaglio de petra cerpa de ditta porta grande e fare principalmente lle gamme seu stippete, l’arcotravo e che siano tutte de uno pezzo cadauno e farenge la gamna e pilastri seu zocholi e base e farenge da lo lato de ditte stepete seu gamme e fare un altro membretto con una colonna de releva dal detto membretto per le due parte ciascuna e per la alteza far se habit da restare detta colonna inclusa intro detto membretto, in lle quale colonne se habiano da fare lle base in pedi, li capitelli in testa; in la quale porta se habiano da fare li gattuni cornice e resalzi convergenti supra de zio; et farengi hancora uno tabernaculo incorniciato; et si pareva a ditti procuraturi fare ditto tabernaculo requatrato con doie altre colonne; semelmente ditto Rainaldo sia tenuto farelle quale stipete seu gamme e architrave colonne tabernacolo et i due membri de detto componimento le promette fare de quella alteze, largheze, grosseze tanto da fare de opera quanto opportuna et de altro che siano de bona e giusta composizione belleza et forteza ad laude et iudicio de mastri experti in talibus operis et maxime sia como li serra dato lo designo dali detti procuraturi. Il de Benedetto promette di prendere le pietre dal tenimento del casale di Aterrano di Montoro in suso a lo territorio de Solofra e di consegnare le pietre lavorate nei luoghi dove le lavorerà per grana 8 il palmo entro un anno più due carlini per portare l’opera alla chiesa.[…]. Firmano il giudice annale messere Giasi Fasano e i testimoni ven. don Cosimo Vigilante [...], Tomasi de Alfano, Tomasi de Vigilante, Catanio Ronca, Mantuano de Alfano, Alberico de Alfano, Albenzio de Giliberto de Solofra.

Completamento dei lavori in pietra della porta maggiore.

1611, luglio 9. (ASA, Notai, B6583, ff.321-323)

Contratto tra Francesco Catorano di Napoli ma abitante a Gesualdo e i procuratori ed economi della Collegiata di S. Michele Arcangelo don Paolo Papa, Marcino Giliberto, Giovanni Vigilante, Fabrizio Petrone e Giovan Mario Parrella per un intaglio di pietre vive da apporre alla porta maggiore della chiesa secondo il disegno consegnato ai cappellani i quali promettono di pagare giornalmente il Catorano affinchè egli possa soddisfare i lavoranti, di fornire le pietre e i fabbricatori per porre l’intaglio al suo posto e di fornire "stantia et letto senza pagamento alcuno". (Il protocollo notarile contiene il disegno relativo che è il busto che orna i lati esterni della porta maggiore della Collegiata).

N. B. Questo contratto riguarda l’applicazione di un busto in pietra e di altri fregi che si trovano ai lati del portale della porta centrale della Collegiata.

 

 

Indoratori napoletani e battiloro solofrani

 

ASA 1631-1633 e 1642. B6634. Claudio Ronca, (ff. 318-321 e ff. 321-324) .

I procuratori della Chiesa di San Michele dottore Tommaso Garzilli, Giovanni Nicola Guarino, Giovanni Vincenzo Marino stipulano un contratto con i doratori napoletani Giuseppe Rosano e Michele Pistelli lucchese e con Troiano figlio di Giovanni Antonio Vigilante, battiloro solofrano, per la fornitura dell’oro, buono come quello fornito precedentemente, per la intempiatura dell’altare maggiore che sarà pagata dall’Universitas su ciò che la stessa dà alla chiesa e su altre sue entrate.

1633, maggio 4. I procuratori della chiesa di S. Michele Arcangelo e gli indoratori Michele Pistelli lucchese e Giuseppe Rosano di Napoli, poiché è terminata l’intempiatura dell’ala dell’altare maggiore per la quale ci si era accordati per ducati 400 (2/3 dell’ala di mezzo) e poiché l’apprezzo ha dimostrato l’opera superiore di un terzo, pattuiscono le modalità della riscossione della somma dalla Università.

1642. Gli stessi stipulano un contratto con Giuseppe Guariglia di Napoli, Giovanni Battista d’Avino di Sessa di Napoli per la fornitura dei sedili e delle spalliere e di ogni altro lavoro in legno per la Cappella della Congregazione sita nella Collegiata.

 

Indoratura oggetto del contratto sopra citato

 

 

 

 

Dal passato:

1539. Processo per l’unione della rettoria di S. Angelo alla Collegiata in prebenda dei Canonici.

1537. Beneficio di S. Giovanni Battista, patronato Guarino.

1598. Lite tra il procuratore dell’Arcivescovo, Seripando, ed il clero della Collegiata di Solofra sul possesso della chiesa di S. Giacomo alla platea.

1598. Beneficio di S. Giovanni Battista, patronato di Marcello Guarino.

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Visite pastorali del XVI:

1557, novembre 1°. Mons. Orazio Greco Troiano, Vicario Generale del Cardinale Girolamo Seripando, Arcivescovo di Salerno inizia la Santa Visita a Solofra.

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1608. Erezione della Cappella di jus patronato di S. Carlo, jus della famiglia Garzilli.

1613, ottobre 14. L’arcivescovo Cardinale Lucio Sanseverino rinnova ai canonici di Solofra il privilegio di portare sulla cotta la mozzetta violacea ed ai parroci la mozzetta nera senza cappuccio.

1617, giugno 6. Viene istituita nella "saeculari et forsan insigni Collegiata Ecclesia S. Michaelis Arch. de loco Solofra" la Confraternita della Immacolata ad opera dell’Arcivescovo Lucio  Sanseverino. Seguiva la regola dei Gesuiti i quali risiedevano dal 1592 a Salerno e vi avevano assunto compiti importanti. Aveva sede in una Cappella con ingresso nella sacrestia. Commissionò la tela dell’Immacolata a Francesco Guarini.

 1617-1645.

Erezione della Confraternita del Monte dei Morti.

Patronato della famiglia Garzilli sulla Cappella della S. Annunziata.

La Collegiata di S. Michele con cura d’anime viene conferita a don Nunziante Guarino (1619)..

1652. Lite fra i parroci ed i canonici della Collegiata per la precedenza nelle processioni e funerali.

1656. La parrocchia di S. Michele Arcangelo ha "l’alta percentuale di 930 morti" per peste su 1500 anime. Il cronista ne fa l’elenco nel Liber defunctorum "Incipit lamentatio Solofranorum qui ex morbo pestilentiae vita defuncti sunt a die 2 iulii al 30 dicembre 1656" L’ultimo è un chierico, Cesare Maffei di a. 30, la prima è una donna Ottavia Gallo di a. 50. Per ciascun morto egli dice "sepulta fuit in loco benedicto ob morbum contagiosum". Il 18 settembre muore il Primicerio Nicola Pandolfelli.

1657. Inizia ad opera del primicerio Grimaldi l’opera di ricostruzione della vita religiosa della parrocchia dopo la grande peste del 1656.

1658-1677. Monsignore Gregorio Carafa Arcivescovo di Salerno interdice al Capitolo Collegiale di ricevere in chiesa il duca di Gravina Orsini signore di Solofra, con gli onori riservati ai Vescovi.

 1682. Erezione della Congrega della Pietà che nel 1765 ebbe il regio assenso da re Ferdinando IV.

Visite pastorali del XVII secolo.

1654. In aprile il Cardinale Fabrizio Savelli nomina visitatore generale P. Giovanni Berardo gesuita che il 3 maggio visita Solofra. Il 25 maggio il Berardo delega monsignore Giulio Perreca, protonotario apostolico e parroco di S. Andrea di Solofra, a fare "la visita reale e personale di chiese, oratori e cappelle, Conservatori delle donne, del clero e dei chierici di tutta la foria di Salerno, delle terre di Giffoni e di S. Cipriano secondo le norme tridentine e sinodali".

1671. L’Arcivescovo Gregorio Carafa il 4 maggio non può proseguire personalmente per le visite pastorali a Solofra e delega il Vicario generale canonico Tagliaferri.

1677. L’Arcivescovo Alfonso Alvarez nomina visitatore Generale per la diocesi D. Prospero Sica il 19 maggio. A novembre compie la visita personalmente.

(Dall’Archivio Diocesano di Salerno)

Nel XVIII secolo

1745: Il Comune fa costruire le colonne in marmo con i candelabri.

Il canonico Flavio Landolfi fa costruire la balaustra.

Nella Collegiata avevano sede la Confraternita del Monte della Pietà (con l’obbligo della festa solenne di S. Maria del Carmine e quella di S. Taddeo) la Confraternita dell’Immacolata Concezione, Congregazione del Corpo di Cristo, il Beneficio di San Carlo (jus famiglia Garzilli), il Beneficio di S. Giovanni Battista nella omonima Cappella (jus fam. Guarino), il Beneficio di San Filippo e Giacomo (jus famiglia Fasano), tutti con altari, la Cappella del SS. Sacramento, la Cappella di San Basilio, la Cappella del Sacro Monte dei Morti, la Cappella di S. Maria Addolorata; Cappella del SS. Crocifisso jus patronato della famiglia Grassi. Congregazione del Corpo di Cristo.

La istituzione religiosa possedeva tre case di abitazione, un orto, un terreno arborato seminativo, 21 selve, una conceria, 17 crediti annui, 22 censi consegnativi.

Il Collegio dei canonici col primicerio e i sei Mansionari possedevano 50 beni immobili, 23 crediti in capitale, 43 crediti riservativi antichi.

(dal Catasto onciario, 1754).

Importante documento in cui c’è la storia della innovazione introdotta dall’Arcivescovo Pignatelli nel 1785 e non accettata dal Capitolo Collegiale

Collegiata di Solofra:

Prima del 1785, gli 11 canonici e il Primicerio che compongono il Capitolo della Collegiata, sotto il titolo di S. Michele Arcangelo, vestivano il rocchetto e la mozzetta con il cappuccio di seta a color violaceo, con il distintivo di pelle armellina agli estremi della mozzetta per il solo Primicerio, in virtù di una bolla del 1742 (dal papa Benedetto XIV), roborata dall’exequatur reale immediatamente successivo. I sei mansionari della Collegiata, istituiti il 17 agosto del 1680, con jus patronato perpetuo degli eredi, dal fu don Mario Landolfi, vestivano diversamente (con la cotta e la zambarda di color nero).

Nel 1766 la zambarda di color nero fu mutata in mozzetta rotonda senza cappuccio con color modagnano oscuro dal Vicario della Curia metropolitana di Salerno.

I tre parroci delle parrocchie di San Giuliano, di S. Andrea Apostolo, di S. Agata, filiali della chiesa matrice, che unitamente compongono la curia di Solofra, una dei 17 dipartimenti in cui fu divisa anticamente l’Archidiocesi di Salerno, vestivano la mozzetta di seta di color nero senza cappuccio.

I preti semplici vestivano solo la cotta, sempre sino a prima del 1785.

Le insegne erano espressione di ceti e di un correlato ordine gerarchico nell’ambito della chiesa locale, “la cui armonia ha prodotto sempre più il servizio di Dio”.

L’ultimo arcivescovo di Salerno, don Giulio Pignatelli, nella visita che fece nel maggio del 1785, “di sua propria volontà, senza preventivo Real permesso ed abusivamente, volle fare, come fece, le seguenti concessioni: concesse al Capitolo curato principale le insegne simili a quelle del capitolo di San Giovanni della capitale, alli sei mansionari servienti del detto capitolo l’insegna del rocchetto e della mozzetta con cappuccio di seta a color violaceo, alli tre parrochi di sopra notati l’insegna del rocchetto e della mozzetta con cappuccio di seta color nero e pelle armellina negli estremi, accompagnata coll’uso della stola non solo nei loro rispettivi distretti e chiesa, ma anche nel distretto e dentro la matrice Collegiata in faccia di detto Capitolo curato, e finalmente formò ed eresse un nuovo Collegio di 42 preti semplici che erano allora in detta Terra, quali pure insignì di rocchetto e mozzetta con cappuccio di seta color cremisi, dando loro la facoltà di aggregare altri al detto numero, mediante però due terze parti di voti e assenso della sua Curia. Così li destinò a servire la Cappella di San Giacomo apostolo, patronato della famiglia Petroni di detta Terra, malgrado che al servizio di detta cappella per due soli giorni l’anno sono chiamati dal testatore don Francesco Petroni.”

Il Capitolo della chiesa Collegiata si rifiutò di essere uniformato nelle insegne agli altri preti e persistette nel considerare un abuso la costituzione dell’erzione in Collegio dei 42 preti semplici. Di qui l’appello al re, che mai ha dato il real assenso. “Per la concessione abusiva e mostruosa di dette insegne, i preti mansionari venivano ad essere e comparire uguali alli Primicerio e Canonici curati, malgrado che essi mansionari, per legge di loro fondazione, fossero servienti ed inferiori alle medesimi”. E similemnte i tre parroci delle chiese filiali.

Intervengono gli organi centrali dello stato (Ecclesiastico e Santa Chiara) per riportare ordine nello sconcio del sovvertimento gerarchico.

L’Università di Solofra si schiera contro il Capitolo della Chiesa matrice. 

(ASN, Bozze di consulta, b 856, consulta del 15 novembre 1797)

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Nel XIX secolo

 1845. Visita pastorale dell'Arcivescovo Marino Paglia. Clero: Primicerio Carlo Maria Grimaldi. Canonici: Soccorso Landolfi, Donato Fasano, Giuseppe Rubino, Marco Antronio De Donato, Geremia Orciuoli, Rocco Didonato, Ignazio Maffei, Aloisio Vigilante, Antonio Santoro, Filippo Giannattasio, Giuseppe Vigilante. Sei Mansionari.

1862: l’artista napoletano Scognamiglio restaura a cura del Comune la pala del Lama.

1864. Il Consiglio Comunale in occasione dell'abolizione del Collegio canonicale della Collegiata delibera per la trasformazione della Collegiata in "Monumento di native glorie" "non solo per il lustro e il decoro che reca alla cittadina nazionale" ma perché deve considerarsi "fondazione municipale". Si cita il parere della Consulta del Regno per la quale la chiesa deve considerarsi uno dei Monumenti della provincia per "ampiezza e disegno e magnificenza ornati tra i quali i famosi dipinti di Francesco Guarini celebre gloria della Scuola napoletana". Si sottolinea che la popolazione è divisa in 12 casali ed un sol parroco non basta per cui è necessario il collegio canonicale "come tanti distinti parroci che esercitano ciascuno uffici parrocchiali in un diverso casale. Il Consiglio autorizza il Sindaco a tutelare il diritto di Patronato (ASA, Asse ecclesiastico, s. v.).

 

1865.  Restaurazione del battistero

 

1877. Fu fatto il pavimento di marmo. Iscrizione: “Questo pavimento voto unanime dei cittadini il municipio fece eseguire MDCCCLXXVII.

In questo secolo i patronati delle cappelle erano:  SS. Trinità (Agostino Landolfi), Concezione (Francesco Buonanno), Ascensione (famiglia Ronchi), Beati Filippo e Giacomo (famiglia Fasano), S. Gennaro (famiglia Rossi), Assunta (famiglia Troisi), Pentecoste (famiglia Giliberti), S. Lorenzo (famiglia Papa), S. Carlo (famiglia Graziani), Epifania (famiglia Papa).

 

 

 

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