La concia a Solofra

  

Un’attività autoctona che dà grande spessore alla realtà economica solofrana

L’antico rione delle concerie lungo il fiume prima del suo dislocamento nella zona industriale

 

 

La concia delle pelli è nata a Solofra legata alla sua antica attività che era quella pastorale.

È stata favorita dalla presenza sul posto di vegetali contenenti tannino (il castagno, la noce, il cerro), di rocce per la produzione della calce e di acqua.Inizialmente era praticata con sistemi rudimentali in fosse a cielo aperto (dette lontri, cantari o burrelli).

 

 La concia si ampliò perché Salerno ebbe bisogno delle pelli conciate per la sua industria armentizia (lana e pelli) e per la produzione di pelli dorate (oropelle) richieste dal commercio della grande Repubblica marinara di Amalfi e perché la pieve solofrana di S. Angelo e S. Maria (la futura Collegiata di S. Michele Arcangelo), che dipendeva dal Vescovo salernitano, favorì i rapporti con la città.

 

I Normanni e Federico II di Svevia protessero con importanti privilegi la concia che si svolgeva sulle rive dell’Irno e del Saltera-flubio-rivus siccus (S. Severino-Solofra).

 

Nel periodo angioino (tra il XIII e il XIV secolo) ci fu un massiccio trasferimento di artigiani salernitani della pelle a Solofra favoriti dal fatto che la feudataria Francesca Marra si imparentò in seconde nozze con una potente famiglia salernitana, i conciatori de Ruggiero, che resero più intensi i rapporti con Salerno il cui mercato divenne per Solofra un punto di riferimento importante.

Legato a queste immigrazioni ci fu l’assorbimento della pieve (divenuta chiesa di S. Angelo) da parte della comunità e la sua trasformazione in chiesa ricettizia, che fu un essenziale sostegno al commercio solofrano.

Ulteriore aiuto all’attività solofrana venne da un proficuo rapporto di natura artigiano-mercantile-finanziaria con Napoli del cui hinterland economico Solofra entrò a far parte e del quale furono importanti punti di riferimento i medici Fasano (XIV secolo) che ottennero diverse prerogative per il commercio solofrano.

Già in questo periodo la comunità formò un importante articolo dei suoi Statuti in cui regolava l’uso dell’acqua nelle vasche di concia e il suo riutilizzo (acque lorde).

Gli Aragonesi (XV secolo) sostennero l’industria armentizia di tutta l’area (Giffoni-Salerno-Sanseverino-Solofra) per cui la concia solofrana subì un ulteriore sviluppo con l’introduzione di altre forme artigianali della pelle (pergamene, calzature, cordami, oropelle, lana) mentre il commercio si aprì ad altri mercati.

Tutto ciò determinò un aumento demografico tanto che Solofra ebbe uno sviluppo urbano di ben quindici casali. Altre realizzazioni furono: la costruzione della Collegiata di S. Michele Arcangelo, un evento economico di grande valenza e la costituzione dei nuovi Statuti.

 

 

 

Già all’inizio del Cinquecento la realtà artigiana della concia e della lavorazione della pelle era molto importante.

Qui si è ricostruita una conceria del Cinquecento dalle descrizioni dei rogiti notarili.

 

 

Nel Viceregno l’attività solofrana, pur continuando ad essere al centro della realtà artigianale locale, subì le involuzioni della economia meridionale soprattutto nella mancanza di moderne strutture produttive e di organizzazione aziendale.

Alla metà del XVIII secolo a Solofra c’erano 65 botteghe e magazzini di conceria dislocate nei vari casali che impegnavano oltre 600 persone.

Con la Rivoluzione Napoletana del 1799 l’attività subì un considerevole danno tanto che le concerie si ridussero drasticamente.

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Mappa degli argomenti sulla concia

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Le concerie che non ci sono più

Ottocento Novecento

Economia solofrana

 

Da M. De Maio, Alle radici di Solofra, Avellino, 1997;

Solofra nel Mezzogiorno angioino-aragonese, Solofra, 2000.

 

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