Chiese
solofrane
Santa Maria della Consolazione
È ubicata nella zona industriale
all’ingresso occidentale nel territorio di Solofra per chi viene da
Montoro Superiore.
Originariamente sul posto, in località galdo, accanto ad una taverna-fòndaco,
esisteva una chiesetta dedicata a San Biagio, infatti
la località è anche detta san biagio. Si biforcavano due strade una che
conduceva a Solofra l’altra, detta salmentaria, (da sarmenti gruppi di
carri che trasportano merci) che saliva, evitando il centro abitato, sul passo
di Turci.
La chiesa fu costruita all’inizio del XVIII
secolo per voto dei fedeli perché potesse accogliere una immagine
della Santa Vergine del XV secolo portata dalla Puglia.
La costruzione iniziò nel
In attesa della
costruzione della nuova chiesa l’immagine fu collocata nella chiesa di Santa
Maria delle Grazie, dove fu istituita una cassa per la raccolta delle offerte.
Molti cittadini mettono in atto varie attività
finanziarie per la raccolta dei fondi.
Clemente Morena prende 100 ducati dal Monte dei Landolfi e li
consegna al barone Paolo Sarnelli di Bracigliano, abitante ad Avigliano,
affichè compra delle vacche vive, le tenga nella sua masseria di Avigliano
per poterne ricavare un buon frutto per il bene della Sacra Immagine della
Consolazione e per vedere la sacra immagine decorata in un sontuoso tempio
(ASA, 1711, 8 aprile, B6770, f. 53v).
Il Barone oltre a partecipare a questa operazione
economica partecipò direttamente alla costruzione della chiesa. Anche don Angelo Sarnelli, padre
del Beato Gennaro Maria Sarnelli, contribuì con un
cospicuo intervento all’opera solofrana. Vale anche segnalare che lo stesso Sarnelli donò a S. Alfonso dei Liguori
l’intera baronia di Ciorani che fu la prima Casa Redentorista. Tra Solofra e la famiglia Sarnelli
ci furono anche legami familiari dovuti a matrimoni di donne della
importante famiglia con notabili solofrani.
(Notizie fornite dalla famiglia vedi http://www.ciorani.it/famiglia_sarnelli.htm)
Nel 1754 la chiesa fu già interessata da un
ammodernamento e gli ampi pilastri furono decorati da
paraste scanalate. In questo periodo l’istituzione possedeva un comprensorio di
case ad uso Taverna ed altri beni immobili.
Subì, poi, altri interventi che l’hanno arricchita e impreziosita di marmi e di stucchi e nel
1845 ebbe rifatta la facciata.
Danneggiata gravemente dal terremoto del 1980, è
stata chiusa al culto in attesa che termini il
consolidamento strutturale e il restauro.
___________
L’edificio ha un’alta facciata a timpano
triangolare, ma di matrice rettangolare, semplice nell’aspetto ed arricchita da
quattro paraste scanalate in stucco poggianti su di un basamento in pietra ed
unico portale.
Il portale è inserito in una cornice in marmo, al di sopra vi è un ovale con un’effigie
raffigurante
L’interno è ad unica navata a pianta
rettangolare, con due cappelle e due altari laterali,
semplice e non molto ricco di decorazioni. Un fornice a tutto sesto e
una balaustra in marmo separano la navata dal
presbiterio, dove l’altare maggiore, in marmi intarsiati di pregevole fattura,
è sopraelevato di tre gradini.
Annessa alla chiesa vi sono la sacrestia e la
canonica.
Immagini della Madonna della Consolazione
.
La
tradizione |
La chiesa era il centro, insieme ad altre, del culto mariano, di un culto che risale all’alto
medioevo, di cui ha conservato la tradizione delle Verginelle. Ragazze
vestite di bianco si recavano in processione alla chiesa per chiedere il dono
della maternità in nome di una sposa che le incaricava della richiesta. Il che comportava, una volta ottenuta la grazia, il ringraziamento
che avveniva nello stesso giorno di festa.
Intorno a questa chiesa è legato un fatto tra lo
storico ed il miracoloso come per tutti i fatti della
tradizione orale.
Prima dell’evento, che stiamo
per raccontare, sul posto, ove ora sorge il tempio dedicato alla Vergine della
Consolazione, e cioè alle porte del paese, sull’unica via di accesso da ovest,
c’era una chiesetta dedicata a San Biagio. Ancora oggi questo santo è venerato
nel tempio, in cui si apre una porta detta "porta di San Biagio"
facente parte dell’antica fabbrica.
La leggenda racconta, non si sa con precisione ne il giorno, né l’anno. Si dice, dunque, che un mercante,
proveniente dalla Puglia con un carico di mercanzie si fermò nei pressi della
chiesa per riprender fiato e ristorarsi alla fresca acqua della fonte. Quando
fece per riprendere il cammino l’asino non ne volle
più sapere. L’animale aveva in una sacca sul dorso una tavoletta di pietra su
cui era effigiato il volto di una Madonna. Il mercante
non riuscì a muovere di un metro l’animale finché non lo ebbe liberato dalla
santa effigie. L’uomo provò più volte a convincere il cocciuto ciuchíno a riprendere il cammino, ma questi lo faceva solo quando il quadro era a terra. Prima dubbioso,
poi impaurito il malcapitato abbandonò nella chiesa la pietra. Quel mercante
proveniva da Gravina di Puglia, feudo su cui governavano i duchi Orsini di
Solofra. In una chiesa di quel luogo pugliese c’è un foro in un muro, in cui
esattamente entra la pietra della Madonna della Consolazione.
I solofrani conservarono gelosamente l’immagine
della santa Vergine, che potette realmente venire dalla lontana Puglia in virtù
dei commerci sempre esistenti tra le due zone, ma anche dei rapporti nati
dall’avere i due paesi un unico feudatario.
Questa località nel giorno della festa si
ammantava di luminarie, di bancarelle, di gente pia. C’era l’aria di un’allegra
scampagnata tra i verdi campi lontani dal paese, prima che la zona fosse
interamente trasformata dalle industrie, che ora l’hanno invasa. Fin dal giorno
precedente la statua della Madonna, e non la pietra, che è ben incastonata sulla parete dell’altare maggiore, veniva
portata nella Chiesa madre,
Lungo il cammino si cantava questa preghiera che
ricorda il fatto miracoloso:
Mamma Maria che di sabato
venisti,
tre vote pa’
via ti ripusasti.
A la chiesa e San Biase ti
fermasti.
Tutti li piccaturi raccuglisti,
li brutti li mandasti a lu perfunnu
ricenno: "Pace ’n terra e pace
’o munno".
(Madonna mia che di
sabato venisti, tre volte ti riposasti, ti fermasti alla chiesa di S. Biagio.
Raccogliesti tutti i peccatori: i cattivi li mandasti
all’inferno dicendo: Pace in terra a tutto il mondo).
Il canto fa da ritornello a questa
quartina in cui il fedele dichiara di dire la "parola di Dio" come per dare valore al
miracolo che si ricorda nel canto:
Lu verbo saccio,
lu verbo voglio ricere
lu verbo di Dio nostro Signore
chi lo sape se lo dicesse
chi nun
’o sape s’o facesse ’mbarà.
(Il verbo so, il
verbo voglio dire, il verbo di nostro Signore, chi lo sa lo ripeta, chi non lo
sa lo impari).
Frate Mansueto, al
secolo Gaetano Liguori, curò per molti anni il
culto presso la chiesa. Nacque il 20 luglio del 1893 da Michele e Maria Luigia Liguori, morì il 16 luglio del 1962. |
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