Elementi di economia solofrana

 

Con la Rivoluzione partenopea del 1799  Solofra subì forti danni di natura economica.

 

Altri eventi negativi:

1805 una catastrofica alluvione causa la distruzione di quasi tutte le concerie del vallone cantarelle (il rione di Caposolofra).

1817 una carestia e una epidemia di tifo decimano la popolazione.

 

Incise molto nella struttura economica la fine del sistema creditizio dell’antico regime: la finanza ecclesiastica che la sosteneva in modo determinante

 

Mancava ogni forma di meccanizzazione 

Perdette l'arte del battiloro e vide molto ridimensionate alcune attività di lavorazione della pelle: cordami, tamburi e scarpe.

 

La sua realtà artigianale si ridusse alla sola concia della pelle

 

Nel 1819 le concerie erano 14 con 84 addetti a Solofra e 8 con 20 addetti a S. Agata

 

La relazione di Michele Pandolfelli, socio della Società economica del Principato Ultra, sullo stato del battiloro solofrano

 

Una spia della crisi della industria solofrana

I dati ufficiali sono molto carenti: Solofra non è menzionata nei 116 decreti di bollazione resi obbligatori per i produttori del regno (dal 1826). Manca nei cataloghi per le esposizioni delle manifatture del Regno tenutesi a Napoli a partire dal 1809 prima ogni anno e poi ogni due anni.

 

Unica eccezione

Nella esposizione del 1853 Donato Grassi ottiene la medaglia d’oro per i suoi cuoi e vitelli. 

 

 

La struttura produttiva solofrana

La sua struttura produttiva improntata su un sistema di lavorazione tradizionale a basso contenuto tecnologico, poggiava su piccole e medie imprese a carattere familiare che proprio per questa caratteristica riuscì a superare le secche dell'economia meridionale.

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Il nucleo familiare fornendo sia la manodopera che il capitale costituiva una risorsa capace di adattarsi a tutte le situazioni di crisi. Inoltre nelle ampie alleanze familiari, che ancora in questi tempi si realizzavano, si creavano delle sinergie che trasformava il sistema produttivo locale in una unità unica e coesa che era la vera forza di questo sistema.

La famiglia permetteva il reperimento dei capitali, la gestione dell'attività produttiva e il sostegno nelle situazioni di crisi. Per le imprese economicamente più deboli essa costituiva un vero e proprio punto di forza. Un sostegno importante erano i beni portati in dote talché il matrimonio si palesava come una vera propria strategia economica e tramite di esso si realizzava una vera connessione tra azienda e famiglia. Molto spesso erano i matrimoni che davano luogo alla costituzione di una piccola impresa per avviare la quale non erano necessari alti investimenti sia perché non erano necessari strumenti tecnologicamente avanzati sia perché essa avveniva con l'affitto di una fabbrica completa degli strumenti di lavoro. Tale realtà dava la possibilità di iniziare un'attività produttiva autonoma dove il capitale serviva solo per l'acquisto della materia prima (le pelli grezze e le sostanze concianti) mentre solo alla fine del processo di lavorazione con la collocazione sul mercato del prodotto finito si recuperava il capitale.

Vale la pena di richiamare l'idea di unica conceria che questa caratteristica dava all'attività lavorativa solofrana già nel Cinquecento.

 

Un'attività divisa in parti

Come avveniva nel XVI secolo l'attività di concia veniva divisa in parti e svolta singolarmente nelle varie unità lavorative che poi facevano capo a imprese più grandi.

C'erano imprese che svolgevano la fase di concia e imprese che eseguivano la fase di rifinitura. Quest'ultima, che richiedeva competenze e abilità più specialistiche rispetto a quelle necessarie nella prima fase della concia, era divenuta una prerogativa esclusiva solo di alcune imprese.

Perciò le 35 imprese documentate a Solofra nel 1832 devono intendersi a capo di una fitta rete di attività minori la cui estrema duttilità permetteva di adeguarsi alle esigenze del mercato svolgendo una importante funzione ammortizzatrice.

Gli imprenditori, nei periodi di congiuntura positiva, in cui la domanda eccedeva la capacità produttiva della propria impresa, commissionavano all'esterno la realizzazione di varie fasi della produzione e non solo quelle che richiedevano competenze più specialistiche.

 

Fattori negativi

 

Questo processo era gravato da altri fattori come la bassa tecnologia, il lungo tempo di produzione che dipendeva dal tipo di pelle da conciare ma che non era inferiore a tre mesi e giungeva fino a un anno e mezzo. Grave conseguenza era il fatto che il conciatore andava incontro a cali di prezzo che gli impedivano di avere introiti sufficienti a coprire i costi sostenuti inizialmente. Inoltre questi imprenditori si avvalevano di capitali presi a credito per sostenere le spese. La mancata copertura dei costi dava luogo a situazioni di insolvenza creditizia che metteva in moto i tradizionali meccanismi giudiziari, previsti dalla legge, volti a salvaguardare gli interessi lesi dei creditori.

 

Procedure di fallimento

 

Coinvolti nella procedura del fallimento potevano essere sia il piccolo commerciante impegnato nell'attività di compravendita delle pelli, sia l'imprenditore che svolgeva la vera e propria lavorazione conciaria, sia l'impresa che aveva messo in commercio capitali più cospicui e soprattutto era proprietaria degli impianti di produzione sia quella che disponeva di un capitale più modesto.

Il fallimento dipendeva dalle caratteristiche strutturali dell'impresa conciaria ma non concludeva il suo ciclo vitale era infatti l'espressione di difficoltà temporanee in cui l'economia di mercato trascinava le attività conciarie.

 

Le fabbriche e le industrie esistenti nel 1842

32 concerie con 600 operai

Carmine Antonio Buonanno

Gennaro Buonanno

Domenico Caiafa

Tommaso D'Amato

Diego D'Arienzo

Domenico De Santis

Pasquale e figli De Vita

Gaetano Garzilli

Giovanbattista e fr.llo Garzilli

Pasquale e fratelli Garzilli

Pasqualantonio Giannattasio

Donato Giliberti

Luigi Giliberti

Soccorso Giliberti

Donato Grassi

Tommaso Grassi

Tommaso Grimaldi

Giuseppe Guarino

Michele Guarino

Vincenzo Guarino

Nicola Maffei

Michele Martucci

Nicola Pandolfelli

Gio Grazio Petrone

Nicola Pirolo

Nicola e figli Romano

Giosuè Scarano

Gaetano e figli Trerrotola

Michele Troisi

Nicola e figli Troisi

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Si conciavano cuoi vaccini, pelli pecorine e caprine. I cuoi in parti erano del Regno delle Due Sicilie in parte straniere. Le pelli pecorine e caprine erano tutte del Regno.

Vi lavoravano circa 600 operai con un salario da grana 30 in giù per gli uomini per le donne di grana 12.

La quantità di lavoro in un anno: cuoi forestieri circa 400 cantaia, pelli caprine 500 cantaia, pelli pecorine 500 cantaia.

Il prodotto si vendeva nel Regno e all'estero. Le lane tutte nel regno.

(Dalla relazione del Sindaco Luigi Giliberti fatta il 24 giugno 1842)

 

Censimento del 1861

 

Condizione dell’industria conciaria a Solofra nel 1887

Solofra: concerie 25; vasche e tini di concia: 159. Operai maschi 129, femmine 49

S. Agata di sotto: concerie 8; vasche e tini di concia 134. Operai maschi: 33, femmine: 0

(da Annali di Statistica. Statistica industriale, f. XVIII, Roma, 1889, p. 54).

 

 

La vita associativa operaia

“Società operaia, arti e mestieri” detta anche “Società centrale”

(fondata nel 1880 con 150 soci nel 1894)

“Società agricola di mutuo soccorso”

(fondata nel 1884 con 40 soci nel 1896)

“Società di mutuo soccorso degli operai conciapelli”

(fondata nel 1884 con 100 soci nel 1896).

 

Vedi

Il socialismo solofrano

 

°

Nel corso degli ultimi anni dell'Ottocento le imprese furono investite dalla crisi economica che colpì in modo più o meno diretto tutte le imprese operanti nel settore.

 

 

 

Ottocento solofrano

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