I FILANGIERI DI SOLOFRA
Da Giordana Tricarico ai Caracciolo (1256-1409)
I Filangieri ebbero Solofra in seguito al matrimonio di Giordana
Tricarico con Arduino Filangieri
Il feudo fu tenuto da Giordana sia per il marito che per
il figlio Riccardo entrambi impegnati ad aiutare Carlo I d’Angiò.
Sotto di lei Solofra ebbe un positivo sviluppo tanto da non
essere più chiamata locum ma vico.
Carlo I d’Angiò, il re francese che occupò l’Italia meridionale
dando inizio alla dominazione angioina (1266-1434), permise l’ampliamento del
feudo di Giordana Tricarico per i meriti del marito e del figlio. Solofra ebbe una parte del casale di S. Agata, che allora
apparteneva a Serino. Da questo momento (seconda metà del XIII secolo) S. Agata di sopra con la collina del castello appartennero a Solofra. |
Solofra fu detta castrum
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Sotto Giordana il territorio rinforzò le sue difese con un ampliamento
del castello.
Si registrò anche un aumento demografico, grazie agli
immigrati provenienti dal Cilento, dove c’era una guerra.
Riccardo Filangieri (1298-1321) assegnò Solofra come dote nuziale a Francesca
Marra, che alla morte del marito governò per il figlio Filippo.
.
Il buon governo di Filippo Filangieri
Nel 1330 Filippo
Filangieri entrò nel governo del feudo e
·
Sciolse
i sudditi dal servizio gratuito alla corte.
·
Favorì
i rapporti commerciali con Salerno.
·
Permise
la costruzione del monastero di S. Agostino.
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Importante fu per Solofra il matrimonio di Francesca Marra con
Matteo e poi con Tommaso de Ruggiero, appartenenti ad una potente famiglia
della borghesia artigiano-mercantile di Salerno.
Tutto ciò favorì l’introduzione nella società solofrana di
famiglie di origine salernitana avvenuta sia attraverso la via ecclesiale, con
ben tre rettori nelle chiese solofrane, sia con membri del ceto
artigiano-mercantile impegnato nella lavorazione della pelle e nella mercanzia.
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Il trasferimento a Napoli
In questo periodo, essendosi di molto dimezzata la capienza
mercantile di Amalfi e di Salerno, tutta la produzione del salernitano si riversò
sul mercato napoletano dove c’era una forte domanda di lana. Anche le attività
solofrane ebbero come punto di riferimento Napoli e furono sostenute dal
trasferimento nella capitale di una parte del patriziato artigiano locale.
I primi a trasferirsi a Napoli furono i tre medici Fasano, appartenenti ad una famiglia impiantata a Solofra già negli
ultimi decenni del XIII secolo ed introdotta nella produzione pastorale e nel
commercio della lana, che ottennero dagli Angioini esenzioni sul mercato di
Napoli anche per il prodotto solofrano.
A emergere in questa società fu il ceto notarile, che testimonia
un’attività per tempo perseguita dalla società la cui vita mercantile aveva
bisogno dell’atto legale. Inoltre essa, per l'assenza sul posto del feudatario
al finire del secolo e nel secolo successivo, portò a definizione alcuni
elementi caratteristici delle propria identità, dove emerge l’orgoglio degli
usi e delle consuetudini e la coscienza di poter partecipare alle deliberazioni
comuni, che stimolarono l'emancipazione sociale. La comunità fu insomma legata
all'attività artigiano-mercantile e all’esercizio del potere comunale e di
queste due cose fece un binomio inscindibile della sua realtà.
Alla morte di Filippo Filangieri gli successe il figlio Giacomo
Antonio, detto Cubello, il quale ebbe la contea di Avellino da Carlo III
d’Angiò-Durazzo. Con il figlio di Giacomo, Nicola I, si estinse il ramo
maschile dei Filangieri e si aprì una crisi dinastica, perché i feudi sarebbero
dovuti andare alla figlia Caterina, cosa non permessa dal diritto di
successione vigente, per cui furono pretesi dallo zio Filippo, detto il
prete.
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Il re angioino Ladislao, in attesa che si risolvesse la
questione, pose le terre dei Filangieri - quindi anche Solofra - nel demanio
reale (1409).
Giovanna II (1414) assegnò le terre a Sergianni
Caracciolo,
favorito della regina e potente uomo di corte che aveva sposato Caterina
Filangieri.
I Caracciolo
entrarono in possesso dei feudi dei Filangieri ma non ebbero Solofra che passò
agli Zurlo di Montoro.
Solo la parte di S. Agata che faceva parte di Serino fu nelle
terre dei Caracciolo.
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Da M. De Maio, Solofra nel
Mezzogiorno angioino-aragonese, Solofra, 2000
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