GALLERIA GUARINIANA
Giuseppe interpreta i sogni del Faraone Opera dell’ultimo periodo del Guarini “con una gamma di
colori squillanti e particolari decorativi di autentico
virtuosismo e con un ampio sfondo con un loggiato ad archi su pilastri tipico
dell’architettura napoletana della prima metà del Seicento. Come in altre
opere della sua maturità di soggetto biblico l’artista conferisce alla scena
un’ambientazione vagamente orientale. L’abito damascato del faraone rinvia
alla Circoncisione della Collegiata” (Lattuada). Collezione privata |
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Sogno di Giacobbe (1645-1650) Il dettato iconografico e la capacità di definizione
delle forme è tipica del Guarini maturo. “Il volto di
Giacobbe è definito da pennellate nette e corpose mentre i suoi abiti ripropongono con estrema concretezza la preziosità di
brillanti stoffe seriche. Notevoli sono anche il dettaglio del cane dormiente
in primo piano a sinistra e la sacca nell’angolo inferiore destro” (Lattuada). Roma, Accademia di San Luca |
Giuditta (1635) Opera giovanile del Guarini di
cui esiste una versione su rame. “Eccezionale la grazia di
questa Giuditta, acconciata con una barbarica treccia disposta in elaborate volute
intorno ad un panno di velluto ricamato d’oro e ornato di frange ai bordi,
dello stesso colore del manto descritto con pieghe essenziali e che copre
quasi totalmente nel lino bianco la testa mozzata di Oloferne.
Pochi accenti di rosso sono nel vestito di Giuditta
e nella manica della serva, che riprende tipi caravaggeschi
riscontrabili nello stesso Stanzione” (Lattuada). Salerno, Museo diocesano |
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San Giorgio (1650) Napoli, Museo di Capodimonte. Banco
di Napoli “Un dipinto che per gli elementi stilistici di marcato
sapore disegnativo e per la gamma cromatica
squillante e tendente al chiaro è tipica dell’ultima produzione del Guarino”
(Lattuada). |
Transito di San Giuseppe e particolare Collegiata di San Michele Arcangelo di
Solofra |
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“Nell’opera solo la composizione è di derivazione stanzionesca, ci sono invece elementi che la pongono tra
le opere migliori della maturità di Guarino e cioè il
gran rilievo dato alla natura morta degli utensili da falegname, i bianchi
calcinati del grosso panno di tela che il pittore non intendeva nascondere
sul petto della Vergine, ma esporlo in vista, poco o meno che al centro del
quadro, e l’angelo come un monumento di carne, e coi piedi sporchi, elementi
che rappresentano un’espressione di forza naturalistica della descrizione
delle forme. L’abito dell’angelo a sinistra splende nei
riflessi rosso-indaco del taffetas, mentre
il giallo vivo delle brache dell’angelo di spalle riporta ai dipinti della
maturità del pittore” (Lattuada). |
Cristo nell’orto Collegiata di S. Michele Arcangelo di
Solofra Di estrema
efficacia compositiva è la collocazione della figura
dormiente di Pietro. Il giallo oro del suo manto si accorda con l’azzurro
quasi metallico della tunica. L’esecuzione più tormentata e complessa dei
panneggi mostra un trattamento pittorico molto più moderno della produzione
del padre G. Tommaso (Lattuada). |
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Sant’Agata (1640) Napoli, Museo di S. Martino Una delle opere femminili più conosciute attribuita allo Stanzione, poi definitivamente al Guarini per le
stringenti affinità a tutta una serie di opere del
pittore. “L’ideazione è spiegabile con le mezze figure introdotte dal Vouet in ambiente stanzionesco.
Impressionante è l’impatto psicologico provocato da questa opera
in cui spiccano soprattutto l’intensità ritrattistica della figura fissa e la
sua carica sentimentale che travolgono l’iconografia del dipinto fino ad
annullare ogni effettivo contenuto di carattere sacro” (Lattuada). . |
Battesimo di Cristo (1643) Collegiata di S. Michele Arcangelo “La collocazione di tutte le figure
in primo piano porta l’artista ad ingrandire fortemente le dimensioni delle
figure. L’opera richiama una coeva dello Stanzione,
ma qui lo schema compositivo indica una completa
autonomia dal maestro. Brillante è la gamma cromatica, giocata sui rossi
luminosi del mantello del Battista, sui bianchi splendenti di perizomi e
camicie con uno straordinario accento di indaco
nella fascia sorretta dal gruppo di angioletti danzanti tra il Cristo e gli
angeli seduti. La scena è intensificata emotivamente dalla scelta di
orientare lo sguardo di Cristo verso lo spettatore”. (Lattuada).
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Agata davanti a Quinziano (1637) Chiesa di S. Agata irpina (Solofra) “L’opera, che raffigura la disputa teologica tra S. Agata
e il governatore romano, è della bottega di Francesco Guarino e risente del
clima delle opere della Collegiata infatti S. Agata
è la stessa modella della donna di profilo dell’Annuncio a Zaccaria”. |
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Il ciclo guariniano di S. Agata
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Cfr. D. Galasso, Francesco Guarino,
pittore di Natura morta, Solofra, 1994.
R. Lattuada, Francesco
Guarino da Solofra (1611-1651) nella pittura napoletana del Seicento,
Napoli, 2000.
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