Una famiglia piena di
uomini importanti
I FASANO DI SOLOFRA
Il ceppo dei Fasano di Solofra provenne dal Cilento in seguito alle
distruzioni della baronia di Fasanella al tempo di Manfredi e alla guerra del Vespro insediandosi tra Montoro
e Solofra, dove si unirono alla colonia cilentana
esistente fin dal periodo longobardo-normanno con attività legate a Salerno.
I primi possessores furono Giovanni e
Guglielmo (fine XIII secolo) che avevano un incartamento feudale su alcuni beni
e godettero fin dall’inizio del titolo di "nobile" e la facoltà di
"possedere feudi con la recognezione al solo
re".
La famiglia sostenne l’evoluzione della società solofrana nello
sviluppo dell’industria armentizia e della mercatura.
Suoi membri furono infatti in stretto rapporto con i re angioini da cui ebbero importanti privilegi di natura economica tali
da farli diventare elementi di collegamento tra la nuova capitale e le terre
dell’interno.
Essi potettero valorizzare le attività mercantili solofrane che per
merito di questi attivi mercanti cominciarono ad aprirsi al ricco ed emergente
nuovo centro mercantile, dove si era prodotto un aumento della domanda di lana.
Tanto che da questo momento Solofra cominciò gravitare su
Napoli col trasferimento di famiglie e attività a Napoli tanto da divenirne una
specie di succursale.
Per loro merito Solofra ebbe esenzioni su molte altre piazze
mercantili, che contribuirono a dare una spinta alla
specializzazione produttiva - lana e pelli - che si stava realizzando in loco.
I medici del Trecento amici degli angioini
I membri di questa famiglia, che dettero meriti al ceppo e fama al
luogo di origine lungo tutto il XIV secolo, furono i
medici Riccardo, Andrea, suo figlio, e Niccolò, suo nipote, che fecero parte
della corte angioina ricoprendo importanti ruoli
nella vita napoletana e sostenendo quei re anche economicamente.
Riccardo Fasano, figlio di Pietro e nipote di Oliviero
"huomo non meno eccellente in lettere, che
prode, e famoso per l’armi", studiò a Salerno dove fu medico di Carlo II
fin da quando il re angioino era principe della città
e che seguì a Napoli. Fu collaboratore e medico anche di re Roberto, membro del
suo Consiglio in Calabria e suo sostenitore nella
spedizione in Provenza dove lo accompagnò.
Fu chiamato Riccardo
di Salerno.
Nel 1296 e 1297 il magister Riccardo di Ortona contrasse un debito a Ragusa presso il medico Riccardo di
Salerno (Div. Canc.,
III, 64, 90). Vale sottolineare che i medici Fasano
furono finanziatori degli stessi Angioini. Essi commerciavano grano in Puglia
dove avevano rapporti con i ragusei. |
Importante fu il contributo di Riccardo nello sviluppo dello Studio napoletano e nel trasferimento nella nuova
capitale da Salerno degli studi di medicina, opera che lo pose al centro di inevitabili contrasti negli ambienti salernitani
ma che egli sostenne con forza avvalendosi del completo favore di entrambi i re
angioini. Fu reggente del nuovo centro di studi nel 1313 e insegnante così noto
da essere chiamato "medicinalis scientia professor" anche dopo aver lasciato questo status,
per quello di Protomedico del Regno, sotto Roberto. Questa carica, che egli
svolse senza tralasciare di seguire le vicende del regno, gli permise di
completare la riforma napoletana della professione medica e di regolarne
l’esercizio. I registri angioini danno la possibilità di seguire l’attività del
"medico Riccardo", come era semplicemente
chiamato, data la sua fama, parlando delle solenni proclamazioni di dottorato
fatte da lui in qualità di Protomedico del Regno tra cui quella del celebre
medico Niccolò da Reggio, definito "sufficiens abtrusque ad catedram et ad apicem doctoratus".
A Riccardo, che morì nel 1333 e che a Napoli possedeva una terra
"in casali Carpignani", i re angioini
concessero benemerenze e privilegi nel commercio della lana e del grano in
Puglia, che egli continuò a seguire riuscendo a coniugare mercanzia e cultura.
Con lui può dirsi che sia iniziata una modalità
seguita da tutte le famiglie solofrane impiantate a Napoli, il cui
trasferimento nella capitale portò sempre questa cifra.
Ecco la lapide della sepoltura di Riccardo nella chiesa di San Gregorio Armeno:
Hic requiescit Dominus Riccardus Fasanus
De Neap. Miles Medicinal. Scientiæ professor.
Illustriss. Hierusalem & Siciliæ Regis Roberti
Consiliar. & Familiar. Qui obijt Ann. domini
M.CCCXXXIII. die V. mens. Decembris.
Cuius. A. R. I. P.
“Qui riposa il signor Riccardo
Fasano di Napoli*,
cavaliere, professore di medicina, consigliere e familiare
dell’illustrissimo Roberto re di Gerusalemme e di Sicilia. Morì nell’anno del
Signore mille trecento trenta tre, nel giorno quinto del mese de dicembre. La
sua anima riposi in pace”.
* In questa epigrafe è evidente la
politica angioina che accolse a Napoli, gli uomini
più rappresentativi della provincia, di cui si servì per fare di Napoli una
grande capitale. Il Fasano è naturalizzato “napoletano” e così tutti i membri
della famiglia solofrana che abitarono nella città (Vedi nel XVII secolo i
fratelli Gabriele e Tommaso). |
Andrea e Nicolò
Il figlio di Riccardo, Andrea, e il nipote Niccolò furono anch’essi
esperti nell’arte medica, tenuti in alta considerazione alla corte angioina e Protomedici del regno. Entrambi prestarono la loro opera a re Ladislao seguendolo nei suoi
spostamenti ed entrambi ebbero la conferma dei privilegi personali, tra cui
l’esenzione sui beni posseduti in "Sicilia, Solofra e Montella",
mentre Nicolò in due momenti diversi, nel 1409 e nel 1413, ebbe confermato
l’incartamento sui beni solofrani.
Anche le attività solofrane continuarono ad avere
importanti immunità - ne sono documentate nel 1392 - che si rivelarono
particolarmente preziose per il commercio che potette liberamente usare il
passaggio su alcuni passi senza gravami tributari. E se si pensa che nel
periodo in cui fu presente Niccolò Fasano a corte, chiamato dal re "Fidelis nobilis, et circumspectus", Ladislao
pose nel demanio reale le terre del feudo dei Filangieri rimasti senza erede,
quindi anche Solofra che godette delle prerogative
economiche legate a questo status, si trovano ampie motivazioni che
spinsero l’Universitas ad esonerare la famiglia dalle
tasse con pubblico atto di "notar Antonio" facendola immune "da
qualsivoglia pagamento con pena di
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I Fasano si
formarono alla Scuola Medica Salernitana
I Fasano nel
XV e nel XVI secolo
Nel secolo XV continua la tradizione medica con i diretti
discendenti di Niccolò, il figlio Biagio e il nipote Valerio e si evolve il rapporto
mercantile con Napoli iniziato con i Fasano, nel senso che divenne più ampio il
trasferimento di membri delle famiglie locali a Napoli - dai Maffei, ai Murena, ai Guarino, ai Giliberti, ai de Parisio - per
sostenere con le agevolazioni legate alla residenza nella capitale, le attività
economiche locali. Sintomatico fu il caso del battiloro, detto allora oropelle, su cui la città di Napoli godeva il jus prohibendi e che, per poter essere esercitato a Solofra,
dove c’era la materia prima - la pelle - e dove si diffonderà in modo
esponenziale raggiungendo una perfezione superiore alla stessa capitale, era
necessario che ci fosse un legame con la famiglia "napoletana". I
Fasano continuarono ad avere la residenza a Napoli facendo parte del Seggio di
Porto e come molti altri si nominavano con l’appellativo "napoletano"
solo raramente aggiungendo la precisazione "di Solofra", cosa che
contribuì a far dimenticare l’originaria provenienza della famiglia.
In questo secolo il ruolo della famiglia nella economia
solofrana si precisa con il "viri nobilis Pietro
Angelo", "Capitaneo" di Solofra, una
carica importante poiché il Capitano, come capo della curia e rappresentante
del feudatario, controllava i rapporti soprattutto economici della comunità sia
col feudatario che con la corona. Poiché tale carica è documentata nel 1458,
che è un periodo in cui il feudo era da poco passato ad un ramo collaterale
della famiglia Zurlo, la quale per altro non risiedeva ancora sul posto e visto
che il rappresentante era scelto dalla famiglia feudale si desume che la
famiglia Fasano ne avesse beneficiato data proprio la
sua importanza.
La famiglia in questo secolo era ben introdotta nel clero locale,
il quale per le attività mercantili poggiate sul prestito svolgeva
nella comunità un importante ruolo economico. I Fasano furono tra le famiglie compatrone della chiesa "ricettizia"
dell’Angelo, anch’essa essenziale sostegno dell’economia locale e per di più
ebbero ben due membri a dirigerla, gli archipresbiteri
"venerabili" Pietro Angelo e Andrea dove gestivano la cappella con jus patronale dei santi Filippo
e Giacomo.
Furono fin da questo periodo
erari dei feudatari, gli Zurlo, ed ebbero in
particolare la committenza dei beni ecclesiastici solofrani dell’abate Giovanni
Zurlo, fratello di Ettore ed Ercole, "con la facoltà di disporre a loro
arbitrio, di alienare, difendere, fare utile reddito, di rispondere a
contraddetti e ribelli".
Nel XVI secolo i Fasano sono una famiglia non molto
ampia appartenente alla borghesia artigiano-mercantile, tra le più
rappresentative dell’economia locale con beni in varie zone ed abitazione nel
centro commerciale della "platea". Gli interessi economici andavano
da attività legate all’allevamento, che la poneva in contatto con le zone del
sanseverinese e con quelle interne del Principato Ultra e della Puglia, al
possesso di una conceria, di una "calcara" per la produzione della
calce, importante prodotto conciante, di una macina per la mortella e per il
sommacco, alle attività commerciali con un ampio spettro di prodotti che
comprendevano tutta la gamma della produzione locale, con particolare riguardo
alla lana, che proveniente dalla Puglia aveva come base Giffoni, e alla carne
salata.
Giovanni Tommaso Fasano alla corte di Carlo V
La famiglia continuò ad avere ruoli di primo piano nella vita locale
sia nelle attività curiali, con due notai, ed ecclesiali, con chierici
impegnati nel governo della cappella di famiglia ed in altre realtà ecclesiali,
sia nel governo della Universitas svolgendo una
funzione finanziaria di grande interesse nella particolare realtà economica
locale.
In questo ambito è da segnalare
l’importante missione portata a termine da Giovanni Tommaso Fasano, figlio di Valerio,
"persona non solo di lettere, ma di gran valore, che per mantenere
La tradizione medica venne portata avanti
da un altro Valerio, dottore fisico, che fece parte della commissione per la
stesura degli Statuti insieme a Lanzaleo, e poi da Giovanni Battista e da
Paolo. Questa attività si poggiava sempre su una "spezeria", tenuta
da famiglie con un membro esperto nell’arte medica, un "fisico" come
si diceva, e che, oltre ad esse il centro dell’arte di
Esculapio, era anche al servizio della concia delle pelli per i prodotti
concianti, cioè per tutte quelle materie vegetali contenenti tannino, quali il
sommacco, il mirto, il visco, l’amindolis, che fermavano il processo di
decomposizione del tessuto animale trasformandolo in pelle e che venivano
fornite sminuzzate alle concerie locali.
A metà Cinquecento, quando la famiglia Fasano era all’apice nella
società locale, un figlio di Alberico, Agiasio, sposò
- si è nel 1544 - Adriana la figlia del nobile amalfitano Giovanni Brangia e
più tardi il fratello Galieno impalmò un’amalfitana cosa che permise
l’instaurarsi di un legame tra la famiglia solofrana e l’ambiente
dell’aristocrazia della costiera sorrentino-amalfitana. L’insediamento del
ceppo sulla costiera fu consolidato, qualche decennio dopo, quando gli Orsini,
che avevano preso il possesso del feudo e avevano iniziato la costruzione del
palazzo locale - si è nella seconda metà del XVI secolo -, divennero debitori dei
Fasano che ricevettero in cambio il dominio dell’abbazia di S. Maria di Vietri.
Hortensio, con i fratelli Valerio, Vincenzo, Camillo e Antonio e i figli
Gabriele, Tommaso (pittore) e Basilio si impegnarono con Flaminio Orsini
nell’uso dell’Abbazia con il diritto per gli eredi dell’usufrutto e l’obbligo
della cura dei beni con "il conto privilegi" e dei bisogni religiosi
della chiesa. Questi furono affidati, all’inizio, ad un
Valerio e un Gabriele, predecessori del più cospicuo rappresentante
della famiglia dopo Riccardo, Gabriele Fasano, autore nel secolo successivo de Lo
Tasso napoletano e che morì proprio a Vietri.
Sicuramente l’impianto della famiglia solofrana nella valle
metelliana fu determinato da più ampi motivi di natura economica che il possesso
della chiesa permetteva e sosteneva. Bisogna infatti considerare i più forti e
antichi legami di natura essenzialmente economica di tutta l’area
solofrano-motorese con Cava, che risalgono al primo periodo normanno quando
l’Abbazia si introdusse nella pianura a nord-nord est di Salerno assorbendo i
beni delle due chiese palatine dei principi longobardi, S. Massimo e S. Maria
de Dommo, e quando Sarracena, balia e reggente di Roberto II di
Caserta-Tricarico nel feudo di Serino, sottomise al dominio del grande centro
economico-religioso terre e uomini del vico di Solofra. A queste donazioni
risale il possesso da parte dell’Abbazia di diversi appezzamenti nei territori di Solofra, documentato ancora nel 1454.
Cava costituì un punto importante di riferimento per le attività
artigiano-mercantili solofrane non solo per il porto di Vietri e di Cetara, che
furono importanti punti di smercio dei prodotti
solofrani, ma perché raccoglieva la produzione agricola e artigiana di queste
terre. Inoltre attraverso la valle metelliana passava la strada che da Salerno
portava Napoli che interessava il commercio solofrano. Ancora da Vietri e da
Cava veniva la maggior parte del sommacco, proveniente dalla Sicilia, e della
mortella, raccolta sui monti della costiera, altra erano una voce sostanziosa
del commercio solofrano. Cava infine forniva a Solofra i suoi artigiani e i
suoi artisti mentre molti alti motivi di contatto si possono individuare tra i
due centri che riguardano proprio la famiglia Fasano, come quando nel 1565 fu sindaco
di Solofra Tommaso Fasano, mentre ne era Capitano il
cavese Geromino Angrisano.
Alla fine del XVI secolo la famiglia
solofrana, che aveva legami anche con l’aristocrazia napoletana tra cui i conti
di Laurenzano che saranno protettori di Gabriele, era ben impianta a Napoli
mentre da Solofra e da Cava-Vietri, centri dell’immediato hinterland
napoletano, il ceppo traeva la fonte della propria sussistenza.
La famiglia ebbe dagli Orsini la gestione dell’Abbazia di Vietri.
Nel XVII secolo
e
Da
M. De Maio, Solofra nel Mezzogiorno angioino-aragonese,
Solofra, 2000.