GLI STATUTI DELL'UNIVERSITAS

DI SOLOFRA

 

 

CAPITULA ANTIQUA

Universitatis terre Solofre

 

La trascrizione di questi Statuti è datata 1° giugno 1522.

Data la loro origine popolare sono scritti in volgare con molti termini latinizzati e pochi legali, la grafia di molte parole è incerta ed antiquata. Nella trascrizione del documento statutario sono state rese più leggibili alcune parole, è stata introdotta la punteggiatura all'uso moderno, posti gli accenti e corrette le maiuscole. In corsivo il placet di Beatrice Ferrella Orsini.

 (1)  Hec quae sequntur sunt capitula antiqua Universitasis terre Solofre, antiquitus edita et observata noviterque per ipsam Universitatem in aliquibus reformata et per excellentem Dominum Herculem Zurulum de Neapoli, utilem dominum dicte terre confirmata et quatenus opus est de novo concessa.

Capitolo introduttivo in cui si afferma che quelli che seguono sono i capitoli che da tempo antico sono osservati dalla Universitas di Solofra, che alcuni di essi sono rifatti e concessi de novo da Ercole Zurlo di Napoli, signore di Solofra.  

 

*     Dello sedere della Corte (2)

In primis che lo Capitanio sia tenuto regere corte doe volte la septimana, videlicet lo hinuydì et lo vernardì, et che ge debiano essere dui judici annali, overo ad minus uno, ordinati per la dicta Università. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Beatrici Ferrille ducisse Gravinae ac Muri comitisse et utilis domine terre Vallatae et Solofre.

Questo capitolo stabilisce che la corte (il tribunale locale), diretta dal Capitano, doveva riunirsi due volte la settimana, il lunedì e il venerdì, alla presenza di due giudici (oppure di uno solo), nominati dall'Universitas.

Poiché il Capitano era nominato dal feudatario, si potevano mettere in atto molte prepotenze, perciò i giudici (detti annali perché duravano in carica un anno), che erano persone del posto, acquistarono la funzione di difesa della popolazione.

 

*     De li judici annali (3)

Item tucte cause lite et differentie, existenteno de trenta carlini in bascio inclusive, se debiano determinare summarie simpliciter et de plano, sine scriptis, per lo Capitanio de la corte, con lo intervento ad minus de uno de li dicti judicj annali; et quando accascasse che la differentia seu lite non se possesse decidere per lo dicto Capitanio et judici annali, che allora se debia servire lo caso, intese lle ragiuni delle parti ut supra; et in quilli termini che se trove, se manda ad decidere ad uno doctore partibus non suspecto, ad spesa de le parti et de chi perde; et non senge trovando in Corte lo jodice annale, lo Capitanio poza determinare senza dicto jodice, excepto la parte opponesse che ge vole lo judice. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Tra le controversie locali quelle che richiedevano multe da trenta carlini in giù dovevano essere risolte senza atti scritti, dal Capitano con l'intervento di almeno un giudice. Se la lite non poteva essere decisa dal Capitano o dai giudici (se per esempio c'era un impedimento, come una parentela) allora, secondo il caso e sentite le parti (i due che erano in lite), bisognava rivolgersi ad un'altra persona di legge (doctore), che non avesse alcun impedimento, con la relativa spesa a carico delle parti e di chi perdeva la causa. Nel caso in cui mancava il giudice, il Capitano poteva esprimere il giudizio solo se non si opponeva una delle parti.

Le liti erano risolte con pene in denaro (multe) che diventarono una specie di metro che ne determinava la gravità.

 

*     Dello degradante (4)

Item qualuncha persona de dicta terra desse alcuna possessione in dote la quale fosse renditia a la Corte li sia licito non pagare degradante alcuno; et che la debia dare con lo rendito che ge ci. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse dummodo detur filiabus vel illis quas tenetur de jure dotare.

Quando si dà in dote un bene, su cui c'è una tassa feudale, non si deve pagare il dregradante e il bene deve essere concesso con tutto il reddito (a carico di chi riceve la terra).

Questo capitolo regolava il degradante, che era una tassa che il proprietario di un fondo, sottoposto a regime feudale (redditia a la corte), doveva pagare se cedeva ad altri la terra. Sulle terre feudali (non erano tutte le terre del territorio) il feudatario godeva vari diritti tra i quali, oltre questa tassa, ce n'era un'altra (rendito o censo feudale) annuale che egli riceveva a Natale (in genere il tributo era pagato da chi lavorava la terra). Tutte le tasse venivano riscosse dalla Corte (perciò si diceva redditizie alla Corte), e, tramite il Capitano, andavano al feudatario. Con questo capitolo veniva protetta la terra se rimaneva in famiglia, ma veniva anche limitato un guadagno del feudatario. Qui non si considera il pagamento della tassa in caso di vendita di un bene poiché in questo periodo non c'era ancora la pratica di dare i beni come garanzia.

 

*     De lo pede (5)

Item ogni persona che passasse per la terra de altruj contra la voluntà de lo patrone paghe de pena grana diece, videlicet cinco ala Corte et cinco allo accusatore; et si volesse lo dampno sia ad arbitrio de lo patrone, appreziandosi per boni homini. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce una multa, di dieci grani (parte della oncia e moneta del Regno di Napoli) per chi passava su di una proprietà privata senza il permesso del padrone e che doveva essere divisa a metà tra la Corte e chi subiva il danno (lo accusatore). Costui poteva chiedere il risarcimento se aveva avuto dei danni. In tal caso l'entità del danno doveva essere stabilita da apposite persone (boni homini) di provata serietà o esperti in grado di valutarlo.

L'espressione boni homini (in seguito chiamati apprezzatori) è indice dell'antichità di questo corpo statutario.

 

*     Dampno de bestie vogline et altri animali (6)

Item ogni bestia voglina, mulo, cavallo et summeri che si trovasse a li oliviti novi et facissero dampno ad dicti oliviti et cussì a li arbusti, che guastassero propaine, et ancora ad cauli et brassecali pagha de pena per ogni bestia tarì tre, zioè meza a la Corte et mezo a la parte, et si lo patrone non volesse la pena poza petere lo dampno apprecziandosi per boni homini. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce una multa, di tre tarì (era una parte dell'oncia), per ogni animale, che, entrando in un campo, avesse recato danni agli oliveti piantati di recente (oliviti novi), ad altri arbusti o alle piante messe a coltura (la propaggine, propaine, è il ramo di una pianta non staccato da essa e coperto da terreno affinché mettesse radici), oppure a cavoli e rape. La multa doveva essere divisa a metà tra la Corte e chi subiva il danno (la parte), il quale poteva chiedere anche il risarcimento, che doveva essere valutato da esperti.

Vengono qui nominati alcuni animali (detti grandi): buoi (vogline), muli, cavalli e asini, che potevano provocare danni di una certa gravità. La diffusione dell'allevamento era un vero pericolo per le colture, perciò con molta cura si proteggevano le piante messe a coltura, che facilmente non attecchivano, per cui bisognava costantemente rinnovarle. Qui sono affrontati gli stessi problemi che la comunità solofrana aveva nel periodo longobardo, il che dà un segno della lentezza del progresso in quei tempi.

 

*     Dampno de nocte (7)

Item qualche duna de ditte bestie che se trova de nocte a le defese de herbe et lavuri seu seminato da la metà de lo mese de martio per tucto la mitate de jugno lo patrone de le bestie pagha de pena uno augustale per ciascheduna; lle due parti a la Corte et lo terzo a lo patrone et ancora debia pagare lo dapno a lo patrone; vero che la dicta pena quanto alli lavuri et seminato se intenda per tucto quillo tempo che dura ad meterese dicto seminato. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce una multa, di un augustale per ciascuno degli animali grandi che venivano trovati a fare danni di notte, dalla metà di marzo fino alla metà di giugno, nei campi chiusi (defese de herbe), e, nei campi coltivati, fino alla raccolta del prodotto. Della multa due terzi andavano alla Corte ed un terzo a chi subiva il danno, che doveva essere pagato a parte.

Le defese de herbe erano campi recintati nei terreni della comunità (demaniali) su cui c'erano gli usi civici, cioè era permesso ai cittadini di usarli, per breve tempo, coltivandovi ortaggi o erbe per il pascolo. I campi dopo la raccolta venivano aperti per farvi entrare le greggi, le quali oltre a pulirli, mangiando tutto quello che restava, li concimavano. Il contadino era sempre anche allevatore. La citazione dell'augustale, una moneta di Federico II che era stata abolita da Carlo I d'Angiò, dice che capitolo è molto antico.

 

*     Dampno de dì (8)

Item ciascheduna de ditte bestie grosse che fusse trovata de dì in lle ditte defese in lo dicto tempo, zioè da la mità de marzo perfino a la mità de jugno, et de victuagli finché dura lo metere ut supra, lo patrone paghe de pena tarì uno, videlicet grana diece a la Corte et grana dieci a la parte et paghe lo dampno a lo patrone. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si precisa il caso in cui il danno degli animali grandi al seminato veniva arrecato di giorno, allora la multa era più leggera, veniva sempre divisa tra la Corte e chi aveva subito il danno.

 

*     Dampno per resto dello anno (9)

Item per resto del anno ciascheduna de decte bestie che fosse trovata a li oliviti vechi et arbusti, paghe de pena lo patrone de le bestie per ciascheduna bestia grana cinco, tre a la Corte et doe a lo patrone et paghe lo dampno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si indicano le multe per i danni arrecati dagli animali grandi per il resto dell'anno (quando non c'era il seminato) agli oliveti vecchi e agli altri alberi.

Su un campo c'era insieme il seminato e l'arborato.

 

*     Dampno a li laùri per dicto tempo (10)

Item si le preditte bestie fussero trovate a li lauri et seminato de qualsevoglia semente paghe lo patrone per bestia grana cinco, tre a la Corte et doe a lo patrone, et paghe lo dampno apprezandosi per experti. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si indicano le multe per i danni arrecati da animali grandi ad altri tipi di seminati (de qualsivoglia semente) per il resto dell'anno e la loro divisione.

 

*     Delle cesine (11)

Item si lle predicte bestie fussero trovate ad far dapnno a le cesine, lo patrone delle bestie debia paghare lo dapnno a lo patrone de le cesine in fia octo dì, et si non se paghasse dicto dapnno per lo patrone de le bestie, lo patrone de le cesine lo poza accusare de tarì uno per bestia, et paghe lo dapnno a chi lo pate. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si indicano i danni arrecati dagli animali grandi alle cesine (campi chiusi e posti a coltivazione nelle terre comuni) per i quali non c'era la multa ma solo il pagamento del danno, il quale doveva avvenire entro otto giorni, dopo di che la parte lesa poteva denunziare il proprietario delle bestie (lo poza accusare), pretendendo in più il pagamento di una multa.

Da considerare come la comunità in quei tempi si preoccupasse abbastanza di punire i comportamenti dolosi. La mancanza della multa si spiega col fatto che le cesine erano terreni comuni.

 

*     Delle bestie a le silve et castagne non admontonate (12)

Item ciaschiduna de dicte bestie grosse et cussì capre, pecore, castrati et altri consimili animali piccoli che fussero trovati alle silve et non allo montone quanno so casculate le castagne, innanti sancto Martino, lo patrone de decte bestie pagha per bestia grossa grana dieci, meze a la Corte et meze a la parte; et per ciascheduna de decte bestie piccole, grana due, mezo a la Corte et mezo a la parte et paghe lo dapnno et similiter se intenga de ditte bestie ad cerze et cerri. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabiliscono le multe per le bestie di taglia grande e per quelle di taglia piccola (capre, pecore, caproni) quando recavano danni alle castagne e alle ghiande non ammucchiate, dopo la loro caduta (prima di S. Martino).

Sono protetti i prodotti delle selve locali, che oltre ad essere i cibi degli animali, erano essenziali per i bisogni della comunità. Le castagne, di cui si usava in vario modo la farina, servivano per l'alimentazione, le ghiande servivano invece per la concia, dato il loro alto contenuto di tannino, infatti venivano macinate e poste a macerare nelle vasche di concia. Il capitolo è importante perché evidenzia questa caratteristica locale dell'uso della ghianda, che ha permesso lo stabilizzarsi in loco dell'attività artigianale della concia, diffusa in tutte le società pastorali. Cerze e cerri sono tipi di ghiande.

 

*     Delle dicte bestie grosse allo montone (13)

Item qualuncha de dicte bestie grosse che fosse trovata sopra lo montone delle castagne lo patrone delle bestie paghe per ogni bestia come si fosse trovata alo arbusto, et paghe a lo patrone delle castagne thumulo uno de castagne per ciascheduna bestia grossa. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si precisa la situazione precedente stabilendo una multa per gli animali grandi trovati a mangiare le castagne ammucchiate, alla quale aggiunge il pagamento del danno (un tumulo di castagne per ogni animale).

Si consideri il maggiore valore delle castagne raccolte ed il fatto che la raccolta di questo frutto si protraeva nel tempo, quindi succedeva che i mucchi di castagne giacessero per vari giorni nelle selve.

 

 De bestie piccole (14)

Item per ogni capra, pecore et altre consimile bestie che fussero trovate a li oliviti juveny, ad cauli, cerze et cerri, paghe lo patrone grana cinco per bestia, zioè grana tre a la Corte et grana doe a lo patrone, et emende lo dapnno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si precisa una situazione precedente stabilendo la multa e il pagamento dei danni provocati dagli animali di piccola taglia non solo al seminato ma anche agli oliveti giovani e alle ghiande (costituivano l'alimento principale dei maiali, appunto animali piccoli).

 

 De eodem alle terre (15)

Item ogni capra, pecora, porco et consimile che fussero trovati a le terre, arbusti et oliviti vechi et altre poxessione paghe lo patrone per bestia grana tre, doe a la Corte et uno a lo patrone et paghe lo dapnno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabiliscono la multa e il pagamento dei danni provocati nelle terre con arbusti, oliveti vecchi e simili, dagli animali piccoli.

Da considerare la differenza che veniva fatta tra il seminato e altre piantagioni più resistenti ai danni.

 

 De eodem a le cesine (16)

Item si lle ditte capre et caperruni et consimili animali piccoli fussero trovati fare dapnno a le cesine, cussì sia tenuto como in lo capitulo decimo de le cesine se contene, et se intenga la pena ad ragion de grana tre per bestia piccola et paghe lo dapnno ut supra. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si riprende il capitolo dei danni alle cesine stabilendo una diversa multa per gli animali piccoli oltre al pagamento del danno.

Il capitolo che tratta delle cesine è l'11° e non il 10°, l'errore è dovuto al fatto che il capitolo, prima del placet dello Zurlo, aveva il n. 10 in quanto il n. 1 è un testo aggiunto all'atto di questo assenso.

 

 De li porci et altre bestie piccole (17)

Item per ogni porco et altra bestia piccola, che fusse trovato ad lauri, paghe lo patrone per ciascheduna grana tre, doe a la Corte et uno a lo patrone, et paghe lo dapnno, et cussì ad altre possessiuni et oliviti. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce una multa, più il risarcimento, per i danni arrecati dagli animali piccoli, specie i maiali, alle terre lavorate (lauri).

Da considerare che i maiali erano una voce sostanziosa dell'allevamento locale, che alimentava un ricco mercato di carne salata oltre a fornire il grasso per la concia.

 

 De terra adcanto ad via (18)

Item ogni persona che havesse terra adcanto ad via publica et tenessege scassato la sepale et le bestie ge intrassero et lo patrone de le bestie fusse dereto ad cacciarele non paghe pena ma paghe lo dapnno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce il danno da pagare quando gli animali da pascolo entravano in un campo posto accanto ad una via e con la siepe rotta seguiti dal padrone che in modo solerte li scacciava.

Da considerare il quadretto di vita paesana descritto in questo capitolo. Qui non si individua il dolo del pastore, se è solerte a cacciare il gregge che entra nel campo, bensì l'incuria del contadino.

 

 De non poner porci alle selve et dello scommettere de decte selve (19)

Item che nulla persona de questa terra possa ponere porci ad pascere a le silve de altrui finché non è paxato il dì de sancto Martino; et chi farà lo contrario paghe de pena, per ogni porco, come è decto de sopra et paghe lo dapnno; et in caso che per li mali tempi alcuna fiata non se possessero procurare le castagne se possa lo tempo prolongare quindici altri dì. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si riprende un capitolo precedente, che regola il pascolo dei maiali nelle selve di castagni e di querce, che non doveva avvenire prima del giorno di S. Martino, prorogando di quindici giorni questa data se il cattivo tempo aveva impedito di raccogliere le castagne.

Emerge la necessità di regolare una pratica molto diffusa dalla comunità pastorale solofrana.

 

 De non ponere porci a li oliviti (20)

Item che non sia persona che debia ponere porci intro li oliviti da la mità de novembro fine per tucto gennaro, zioè quando ge sono lle olive, et chi farrà lo contrario paghe de pena per porco grana cinquo, mezo a la Corte et mezo a la parte, et paghe lo dapnno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabiliscono la multa e i danni per i maiali trovati a pascolare negli oliveti prima della raccolta delle olive, cioè dalla metà di novembre alla fine di gennaio.

Anche questo capitolo fa emergere la diffusione in loco di questo tipo di allevamento.

 

 De lo bracciale che gabasse (21)

Item quando fosse posto overo chiamato alcuno bracciale de opera de altrui et lo bracciale promettesse de andare ad lavorare et po gabasse paghe de pena tari uno, mezo a la Corte et mezo a la parte; et quando ipso andasse et quillo che lo pone non lo volesse, li debia paghare la jornata et stea ad juramento de lo bracciale; et quando lo bracciale non andasse stea ad juramento de lo patrone che lo ponesse in opera; et si casualiter piovesse, piova a lo bracciale, et la jornata se transferisce a lo primo dì sequente che non serà mal tempo. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si regola l'assunzione (chiamata) del lavoratore dipendente (bracciale), che, se accettava e poi non si presentava al lavoro (e po gabasse), era multato di un tarì. Se invece era il padrone a non volere più il dipendente, gli doveva pagare la giornata. In tale contrasto la sentenza della corte doveva poggiare sul giuramento del datore di lavoro nel primo caso e del dipendente nel secondo caso. Se poi il maltempo impediva il lavoro, l'operaio doveva recuperare la giornata il primo giorno di bel tempo.

Da considerare una caratteristica dei processi: il giudizio si poggiava sul giuramento della parte lesa che si rivolgeva alla corte per avere giustizia.

 

 Dapno a li fructi de nocte (22)

Item qualsevoglia persona che fosse trovata ad furare de nocte de ogni generazione de fructi: fogliame, legumi, victuagli, cepolle, agli et altre consimile cose de herbagij, sia punito de pena tarì dui et mezo; tarì uno et mezo a la Corte et tarì uno a la parte; et paghe lo dapnno a lo patrone da se extimare per boni homini; et sia lecito a chi pate lo dapnno poterlo fare bandire come ad latro publicamente; et sia dato fede a lo patrone con aspro juramento. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce la multa per quelle persone che venivano trovate a rubare (furare) nei campi di notte, alla quale si aggiungeva il risarcimento del danno che doveva essere valutato da persone adatte. La parte lesa, in questo caso, poteva far mettere al bando il colpevole pubblicamente, come ladro, ma la sua accusa doveva poggiarsi su un giuramento solenne (aspro)

L'aspro giramento veniva fatto sulla religione e sulla propria onorabilità, pronunciando una formula precisa. Da considerare l'ulteriore pena che, a richiesta della parte lesa, poteva essere comminata al ladro: quella del bando, che veniva fatto esponendo pubblicamente il colpevole alla vergogna della gente. A questo serviva la colonna (detta calvario) che ancora oggi si trova nella piazza accanto alla Collegiata di S. Michele Arcangelo. I prodotti difesi in questo capitolo, quelli dell'orto, erano gli alimenti essenziali di quei tempi, quindi di grande valore e perciò protetti con il bando.

 

 Dapno ad dicti fructi de dì (23)

Item qualuncha persona fusse trovata ad furare de dì de qualsevoglia de dicti fructi, fogliame, leghume et herbagij sia punito de tarì uno de pena; la mità a la corte et la mità a la parte et paghe lo dapno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si punisce, con una multa minore oltre al risarcimento, il ladro trovato a rubare di giorno.

 

 Uno testimonio fa fede de anni 12 (24)

Item quando alcuno accusa de dapni dati ad juramento de altro, essendo lo testimonio de anni dudeci in suso, li sia dato credito, et uno testimonio faccia fede. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si regola la testimonianza, per la quale era necessario avere dodici anni, mentre bastava una sola persona a farla valere.

 

 De esser criso chi accusa (25)

Item che sia licito ad ogni persona esser chriso adcusare sopre la roba sua ad juramento suo; et si fosse provato llo in contrario paghe de pena tarì cinco de la quale stea ad arbitrio; ad arbitrio de la Corte et paghe la spesa a la parte. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Ogni persona che denunziava qualcosa doveva essere creduta con un giuramento fatto sui propri beni (sopra la roba sua, che non è un aspro giuramento). Se però veniva provato che aveva giurato il falso, c'era la multa, che era ad arbitrio della Corte, mentre la parte veniva risarcita delle spese.

 

 De tagliare vite et propaine (26)

Item chi tagliasse o sceppasse viti o propaine paghe de pena, per ciascheduna de esse, tarì dui; mezo a la Corte et mezo a la parte, et paghe lo dapnno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo protegge la vite, una coltivazione molto importante in quei tempi per il valore che aveva il vino.

 

 De chi se trova con ferro adosso a le poxessiuni de altrui (27)

Item che non sia persona alcuna che vada ad terre et possessiuni de altrui con ferramento, et andandoge et trovandose viti o propaine tagliati sia tenuto ad tucto lo dapnno et paghe de pena a la Corte, per ciascheduna, tarì uno, et steasende ad juramento de lo patrone de lo dapnno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo vieta di entrare nei fondi altrui con in mano attrezzi da taglio (ferramento), se ciò avveniva e si trovavano viti e innesti tagliati, c'era una multa oltre al danno. Per la condanna valeva il giuramento di chi subiva il danno.

 

 De tagliare arbori fructiferi (28)

Item qualuncha persona tagliasse arbori fructiferi de qualuncha sciorte se fusse, sia tenuto pagare de pena tarì uno a la Corte et lo dapno a lo patrone, ad juramento suo. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si fa divieto di recare danni agli alberi da frutta, con multa versata alla Corte e risarcimento alla parte lesa.

 

 De abattere fructi (29)

Item ogni homo che habattesse fructi, pera, mela, nuce, et altri consimili fructi, paghe de pena tarì uno; mezo a la Corte et mezo a la parte, et paghe il dapnno ad juramento de lo patrone. Placet. S. C. Placet. Illustrissime Domine Ducisse.

Si proteggono i frutti degli alberi, stabilendo, per il danneggiato, il risarcimento del danno e una parte della multa.

 

 De tagliare fronda et spolicare (30)

Item ogni persona che tagliasse fronda o fraschi a li arbori dove sono viti, paghe de pena tarì duj, uno a la Corte et uno a la parte; et si tagliasse le vite, ste ad juramento de lo patrone de le decte vitj, et dapnno di epse; et si lle tagliasse ad arburi senza viti, paghe de pena tari uno; et si lle spolicasse paghe grana cinco, mezo a la Corte et mezo a la parte, ad juramento de lo patrone. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Qui è protetto tutto il vigneto a cominciare dagli alberi che mantenevano le viti, ai quali non potevano essere tagliati foglie e rami, né si potevano tagliare le viti, né gli alberi senza viti, né mangiare l'uva. In tutti questi casi erano contemplati multe e danni.

 

 De iochi de aucelli (31)

Item ogni persona che jocasse sanzini o vero altri arbori et jochi de aucelli contra la voluntà de lo patrone, incorra in pena de tarì uno, mezo a la Corte, et mezo a la parte; et chi le guastasse paghe la dicta pena dupplicata et lo dapnno, et sia tenuta restituere li aucelli pigliati a lo patrone de lo yoco, o guaste lo arbore o non, et che sia tenuto jurare quante ne have pigliati. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Qui viene considerato un modo di cacciare gli uccelli (iochi de aucelli) spalmando i rami degli alberi con il visco (una sostanza dolciastra e appiccicosa che li attirava impedendo poi loro di scappare). Tutto questo prevedeva l'impegno di alcuni alberi, per cui ci voleva il permesso del padrone del campo o della selva. La multa veniva raddoppiata se si provocavano danni agli alberi, col risarcimento e la restituzione degli uccelli catturati, dietro giuramento sul loro numero.

Si veda lo stesso argomento più giù.

 

 De arbore caduto (32)

Item cadendo alcuno arbore a la terra de altrui da la terra de alcuno suo vicino, lo patrone de ipso arbore habbia tempo tre dì de sfractare dicto arbore; et si lo arbore facesse dapno, stea ad arbitrio de lo patrone de lo arbore caduto si vole lassare lo arbore o paghare lo dapnno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Se cadeva accidentalmente un albero nella terra di un vicino il padrone dell'albero doveva rimuoverlo entro tre giorni, e, se c'era danno, poteva scegliere se lasciare l'albero o pagare il danno.

 

 De arbore tagliato (33)

Item chi tagliasse arbore et cascasse sopra li beni et robe de altro habbia tempo tre dì de sfractarelo, et ogni dapnno che facesse sia tenuto emendarelo ad chi lo pate; et non lo sfractando, ut supra infra tre dì, perda lo arbore et emenda lo dapnno facto, ut supra. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Se cadeva un albero, durante il suo abbattimento, sui beni altrui, doveva essere tolto entro tre giorni col pagamento del danno, in caso contrario chi aveva provocato il danno, oltre a risarcirlo, perdeva l'albero.

 

 De non tollere lengna (34)

Item che nullo habbia tollere legna seu frasche, né travi et altri consimili senza licentia de lo patrone; et chi farà lo contrario paghe de pena tarì uno, mezo a la Corte et mezo a la parte, et paghe lo dapnno a lo patrone. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo vieta di raccogliere legna, frasche e travi senza permesso del padrone della selva.

 

  De lo cane che mozecasse lle gente (35)

Item qualuncha persona che tenesse cani che mozecassero le gente, lo patrone lo debia tenere adtaccato llo dì de modo che non morda altro; et si non lo tenesse aliasciato, ut supra, et mordesse alcuno, lo patrone de decto cane paghe ogni dapnno et interessi ad chi fosse moccecato, et paghe tari uno a la Corte. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo impone ai possessori dei cani di tenerli al guinzaglio e di risarcire, anche con gli interessi, chi veniva morsicato.

 

 De ambazare bestie (36)

Item chi guastasse overo ambazasse alcuna bestia grossa o piccola paghe lo dapnno a lo patrone, et paghe de pena tarì uno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo protegge i padroni di animali piccoli o grossi col diritto al risarcimento.

 

 De stornare le accuse (37)

Item ogni homo che accusasse, habbia tempo tre dì de stornare la accusa, secundo lo capitulo vechio. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo stabilisce che le denunzie potevano essere ritirate entro tre giorni richiamando un'antica disposizione.

Emerge qui una modalità di composizione dei capitoli statutari che venivano riscritti quando bisognava modificare qualcosa e la certezza che ci fossero altri capitoli prima di questo corpus. Il capitolo è importante poiché pone in risalto una modalità del processo e perché regola l'ampia materia del recupero dei crediti che sarà precisata anche nei successivi corpi statutari (capitoli 77 del 1522 e 29 del 1555).

 

 De esser criso fi ad un tarì (38)

Item che sia licito ad ogni persona essere criso de la arte sua overo de in prunto de un tarì in bascio; et quando quillo chi fosse chiamato volesse reconvenire chi lo have facto chiamare de dicto tarì in bascio, o più o meno, che dovesse havere da lo primo auctore non sia da credere, ma llo habbia da provare vero; chi primo chiama sia da credere con aspro juramento. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

È possibile avere un credito sulla propria attività (per esempio per conciare delle pelli) ma non si poteva oltrepassare il tetto di un tarì. Inoltre si dava la possibilità al debitore (chi fosse chiamato) di far riferimento (reconvenire) ad una somma che doveva avere dalla stessa persona purché provata. Il giuramento valeva per chi aveva fatto la denunzia.

Si regola qui un comportamento dell'attività mercantile che si poggiava sul credito e su persone che finanziavano l'attività mercantile e artigiana. Viene insomma contemplato il pagamento di un debito con un credito e viene protetto il creditore. Di questa possibilità si giovava l'operaio che, nello stipulare il contratto di lavoro, godeva di questo credito poggiato sulla sua arte, che in genere impegnava nella stessa impresa in cui lavorava.

 

  De scampare le sepale (39)

Item ogni persona de questa terra debbia scampare le sepale delle vie publice da la banda de la terra sua, per tucto lo mese de magio et un altra fiata le debia scampare dal mese de juglio et fi a li octo de augusto per la simile pena; et chi farà lo contrario paghe de pena uno tarì; verum quando la sepale non desse impedimento a la via puplica per lo passare non sia tenuto scampare. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si obbligano i proprietari o di campi limitrofe alle vie pubbliche di pulire le siepi di recinzione per tutto il tratto di confine con la via, per tutto il mese di maggio e da luglio fino all'otto agosto, tranne se la siepe non ostacolava il passaggio.

Le siepi erano la modalità di recinzione più usata.

 

  De annectare innanzi a le potheche in piacza (40)

Item che ciaschiduno artisciano, fornaro et tabernaro et altri chi fanno la arte et teneno potheca in piazza debiano annectare avante le potheche lloro una volta la septimana de lo mese de magio per tucto lo mese de augusto a la pena de grana cinque. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si obbligano gli artigiani, i fornai, i tavernieri e tutti quelli che esercitavano un'arte e avevano la bottega in piazza di pulire dinanzi alle loro botteghe una volta la settimana dal mese di maggio alla fine di agosto.

La pulizia della piazza veniva assicurata nel periodo caldo perché qui c'erano anche le botteghe che lavoravano la pelle dopo la concia e che lavavano e cardavano la lana.

 

  De annectare le selece (41)

Item che ciaschiduno de li contenti in precedente capitulo non debia jettare nè fare lurdicia, né brutteza alcuna in ditta selece de nullo tempo et più presto annectarela et manutenerela necta secundo contene la potecha sua, a la pena de grana cinque. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si precisa quanto detto sopra ingiungendo agli artigiani di non buttare i rifiuti delle loro botteghe nella fognatura pubblica (selece) in nessun tempo e di tenerla pulita dai rifiuti della bottega.

La selece era una zona lastricata da blocchi di selce o altra pietra al centro della strada, che risultava leggermente concava per accogliervi l'acqua piovana ed ogni altro tipo di acqua, diveniva pertanto una specie di fognatura, dato che non esistevano i sistemi fognari di oggi.

 

  Dello mantenere necto de li buzeri (42)

Item ogni pianchieri che fa la buzeria in piaza non debia nè poza jectare sangue, stentine, corne, lana et pilo de bestiame et ogni altra brutteza pertinenti ad ipsi in ditta selece et debiano mantenere necto avante lloro pianche, a la pena ut supra. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si obbligano i macellai (buzieri) di non gettare i rifiuti delle lavoro botteghe (sangue, corna, intestini, lana o pelo degli animali macellati) nella fognatura pubblica e di mantenere pulita la bottega.

In piazza c'erano diverse botteghe di macelleria perché tra le attività solofrane molto fiorente era quella della salatura delle carni e della loro lavorazione. La sugna era un prodotto usato in conceria per ammorbidire le pelli e nella concia grassa.

 

  De macenare (43)

Item ogni persona che andasse ad macenare lo molenaro llo debia tenere ad vecita, reservata la Corte et li frati de sancto Augustino, et se lo molinaro facesse lo contrario paghe de pena tarì uno a la Corte. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si impone a tutte le persone che usavano il mulino pubblico di sottoporsi a turnazione (ad vecida) e di dare la precedenza agli uomini della Corte e ai frati di S. Agostino.

Poiché il Convento di S. Agostino fu costruito intorno alla metà del XIV secolo, il capitolo deve essere stato introdotto in questo periodo.

 

  De trascinare legname (44)

Item chi tagliasse legname silvaticha alle montagne et trascinaselle per le silve de altrui non ge poza trascinare sulo un dì infra llo anno senza licentia de lo patrone, et chi facesse lo contrario paghe de pena tarì uno; mezo a la Corte et mezo a la parte, et paghe lo dapnno a lo patrone de la selva ad provisione de boni homini. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si impone alle persone che andavano a raccogliere la legna nelle terre del demanio (alle montagne) di non trascinarle attraverso le selve private (che erano sempre più giù di quelle demaniali) senza il permesso del padrone. Ciò era permesso un sol giorno all'anno. Il danno era valutato (ad provisione) da persone idonee.

Procurarsi la legna per l'inverno, visto che l'unico riscaldamento era costituto dai focolai, era un'attività molto diffusa, ma era anche utile perché serviva a pulire le montagne.

 

 De voltare lengna (45)

Item ogni persona che brocolasse lengna ad mano per intro le silve de altruj senza licentia de lo patrone et facesse dapnno debbia paghare lo dapnno a lo patrone infra tre dì, et non lo pagando paghe tarì uno de pena, mezo a la Corte et mezo a la parte. Placet. S. C. placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si fa obbligo a coloro che, dopo aver raccolto la legna, la trascinavano (brocolasse) attraverso le selve private senza autorizzazione e facevano danni di pagarli entro tre giorni pena una multa.

 

  De non ponere foco a le montagne (46)

Item che non sia persona che debbia ponere foco alle montagne da la mitate de augusto innanti, et chi farà lo contrario paghe de pena tarì uno et paghe ogni dapnno; et chi havesse cesine ge debbia fare buono providemento che non faccia dapnno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si fa obbligo di non accendere il fuoco sulle montagne dalla metà di agosto in poi (periodo più favorevole) pena una multa più il pagamento del danno; mentre coloro che sulle montagne avevano campi messi a coltura (cesine) non dovevano arrecare danni, compreso quello del fuoco.

 

  De scommettere cerze et cerri (47)

Item che le cerze et cerri non se possano scommettere perfi a la festa de capo de anno, et chi farà lo contrario emenda lo dapnno a lo patrone et paghe de pena per ogni bestia grossa grana cinco, tre a la Corte et doe a la parte, et per bestia piccola grana tre, uno a la parte et doe a la Corte. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Le ghiande (cerze e cerri) non potevano essere raccolte fino a Capodanno, pena il pagamento del danno al padrone e una multa diversa a seconda della taglia dell'animale.

Il fatto che il pascolo delle ghiande fosse permesso solo dopo la loro raccolta dimostra che esse erano usate per la concia. La selva poi era pulita dagli animali al pascolo.

 

 De non tagliare la selva tete alias tuta (48)

Item che non sia persona alcuna che taglia la selva tete alias tuta, nè ge faccia cesine, né ge ponga foco, et chi lo contrario facesse paghe de pena tarì sette et mezo, la mità a la Corte et la mità a la Università. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo, ripetendo una disposizione precedente, precisa che le selve comuni non dovevano essere tagliate in modo completo (tete alias tuta), nè sostituite da terreni coltivati o messe in pericolo da fuochi.

 

  De non tagliare legna de castagno (49)

Item che nesciuna persona de ditta terra et habitante in epsa debia tagliare legname de castagno intro lle robbe et selve de altrui, et chi ge fosse trovato overo li fosse provato paghe de pena tari sette et mezo, la mità a la corte et la mità a la parte; et quando alcuno fosse trovato con legname de castagno ciaschiduno lo poza adomandare dove have facto dicta legname de castagno et ipso sia tenuto direlo, declarare et costare per homini de fede, dove li have facte et paghe lo dapnno a chi lo have facto. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo protegge la legna di castagno, necessaria per le costruzioni ed altri usi, per cui non era possibile tagliarla senza precise regole che rispettassero anche la crescita dell'albero, in tal modo chi veniva trovato in possesso di legna di castagno era tenuto a dire dove l'aveva presa, a far controllare le sue dichiarazioni da uomini fidati e a pagare l'eventuale danno.

 

 Dello adacquare (50)

Item che non sia persona alcuna che pigle ne impedisca la aqua che corre dalle potheche de contrarie da lo ponte in bascio, excepto chi havesse bisogno de adacquare che sello pozza pigliare et tenere hore vinti quattro incomenzando da la matina, et passate le ditte vinti quattro hore essendoge alcuno che volesse detta aqua per adacquare, ut supra, lo debia relaxare et retornare a lo curso del fiume et circa llo dicto adacquare se debia observare questo ordine, che chi primo have la poxessione primo se pozza piglare la acqua, non sela trovando havere pigliata altro, et tenerela per le dette vinti quattro hore et po relaxarela ad chi sta adpresso ad ipso, si la vole o ad altro chi ge la adomanda, et cussi se habia da adacquare gradatim et ad vicende, et luno non la pozza tenere ad laltro, ut supra, a la pena de tari duj, la mitate a la corte et la mità ad chi accusa. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

L'acqua, che scorreva nel tratto del fiume che andava dal ponte (del Toppolo) in giù ed usata per il rinverdimento della pelle (adacquare) doveva essere trattenuta nelle vasche per ventiquattro ore, incominciando dalla mattina, dopo di che doveva passare alla conceria di sotto o a chi la chiedeva per la stessa operazione, altrimenti rimandata nel fiume. Questa operazione doveva essere eseguita secondo un ordine che dava la precedenza a chi stava più in alto.

Questo è il capitolo più importante perché riguarda le concerie lungo il fiume di S. Angelo ed il loro antico sistema di concia. Esso mette in evidenza varie cose: che il casale Fiume, come era chiamato quello delle concerie, era quello che ha accolto per prima le fosse per la concia, che l'operazione che si faceva lungo il fiume era quella del rinverdimento, visto il tempo di uso dell'acqua (l'operazione di concia allora richiedeva molto più tempo, dati i prodotti vegetali che si usavano: da otto a venti mesi), che l'acqua era di uso comune e non c'erano tributi feudali (le terre dal ponte in giù erano della chiesa dell'Angelo, l'ex pieve, e quindi di proprietà dell'episcopio di Salerno poi divenute proprietà della Universitas), che il lavoro di concia favoriva lo svolgimento di attività in comune, come dimostra l'accordo che doveva esserci tra i conciatori.

 

 De tagliare legna a lo commone (51)

Item ogni persona chi tagliasse o facesse tagliare lengna dello commone habbia tempo uno mese, numerando dal dì che taglierrà decta legname, portarennello in casa sua overo ad altro loco particulare; et non ndelle portando sia licito ad ogni persona possereselle pigliare inpune coma selle havesse tagliate ipso; et chi farà lo contrario incorra a la pena de tarì sette et mezo, la terza parte a la Corte et la terza a la Università et laltra ultima terza ad chi accusa o pretende interesse. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse Gravine.

Coloro che tagliavano la legna delle terre demaniali (de lo commone) avevano un mese di tempo per portarla a casa o in altro luogo privato (particulare), altrimenti ogni altra persona poteva liberamente impossessarsene. La multa, per chi contravveniva a questa norma di uso della legna comune, di tarì sette e mezzo, doveva essere divisa in tre parti tra la Corte, l'Universitas e la parte che si sentiva danneggiata.

 

 Quando le fiumare pigliano lave (52)

Item ogni persona che havesse lengname de qualsevoglia sorte intro li fiumi, valluni, o altri lochi che ndelle menasse la acqua per qualsevoglia terra et possessione de qualsevoglia homo, lo patrone de detta legname, constato che haverrà decta lengna essere sua, habbia tempo tre dì ad sfractarenela et lo patrone de dette poxessioni et terre non lo poza contrariare, a la pena de tarì duj, la mità a la Corte et laltra a la parte; et menate che haverrà la acqua le lengne dentro dette possessiuni, lo patrone de esse lengne habbia tempo tre dì ad provare, et tre ad sfractare ut supra; et non sfractando decta legname se applica a lo patrone de la terra. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo riprende l'argomento precedente regolando il trasporto del legname per mezzo dell'acqua dei valloni. Se l'acqua, straripando, portava la legna nei campi altrui, il padrone di questa aveva tre giorni per liberare il campo invaso, senza alcuna opposizione da parte del padrone del campo, altrimenti questa restava al proprietario del campo.

Emerge qui il sistema usato per il trasporto della legna a valle e cioè attraverso l'acqua dei valloni che allora erano pieni di acqua tanto da essere veri e propri torrenti.

 

  De li bovi senza campana (53)

Item ogni persona che caccia ad pascere la nocte bovi, bacche et yenche sia tenuto portarelle con la campana incanno che serra, a la pena de tari duj et mezo, la mità a la corte, et laltra a la parte; et chi le trova senza campana et accusasse et chi le trova ut supra, sia da credere con aspro juramento; et si alcuno le trova che li facciano dapnno de nocte senza detta campana sempre lo patrone de li bovi sia in ditta pena tenuto et ad altri dapnni; et pena, prout supra, a li capituli de dapnni dati se declara.

Con questo capitolo si multavano coloro che trasferivano di notte gli animali da pascolo (buoi, vacche, giovenche) senza campana al collo. Chi li trovava e denunziava la trasgressione doveva essere creduto con il giuramento solenne, e se gli animali senza campana di notte facevano danno il padrone degli animali doveva pagare, oltre la multa, il danno.

 

  De non denegare li officij de la terra (54)

Item che li Electi, catapani, judici annali et altri quali se siano ordinati et constituti ad fare et exersitare li officij de la terra da parte de la dicta Università, non debiano denegare, né contradire de non volerno fare dicti officij, ma quilli debiano exersitare per uno anno senza repugnatione fidelmente et con diligentia, scuatrando bene lloro bene conscientia et considerando lo beneficio comone, ammoto ogni odio, amore, prezo et pregiaria, et chi farà lo contrario Dio ne llo punisca, et incorre in pena de una onza de carlini, applicando a la Corte, et sia tenuto puro exersitare suo officio. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Gli Eletti, i catapani (ufficiali che raccoglievano le multe), i giudici e tutti quelli che erano incaricati ad esercitare gli uffici della Universitas non potevano rifiutare il loro incarico, ma dovevano svolgerlo per un anno senza contrarietà, fedelmente e con diligenza, seguendo la loro buona coscienza e tenendo presente il bene comune, senza essere spinti da odio, né da amore, senza chiedere ricompense, né privilegi. Il capitolo invoca la punizione di Dio su chi si comportava male in questi compiti e stabilisce la multa di un'oncia oltre ad imporre ugualmente lo svolgimento dell'incarico.

Il richiamo alla buona coscienza, al bene comune, la sottolineatura che gli uffici pubblici dovevano essere svolti senza fare i propri interessi e senza essere mossi da passioni, l'invocazione della punizione di Dio e la multa, la più alta tra quelle contemplate in questo gruppo di Statuti, indicano che l'esercitare gli uffici pubblici era un compito importante, obbligatorio, ma anche gravoso.

 

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Capitula noviter facta

 

Questi capitoli furono scritti tra il XIV e il XV secolo, di volta in volta che se ne presentava la necessità. Nel 1522 Ercole Zurlo, divenuto, alla morte del fratello Ettore, feudatario di Solofra, ordinò ad una Commissione di unire i capitoli, in un unico corpo che si chiamò Capitula noviter facta. Essi furono trascritti dal notaio civico Aurelio Guarino detto Ronca. Ogni capitolo fu confermato dal feudatario con il placet, una specie di visto col quale il feudatario accettava ciò che il capitolo stabiliva. Qualche volta il placet fu accompagnato da restrizioni che il feudatario imponeva.

La comunità di Solofra prima di avere il placet a questi capitoli dovette dare al feudatario 900 ducati.

Da notare che questi capitoli hanno la forma di richiesta al feudatario, non sono, come quelli precedenti, disposizioni stabilite dalla comunità. Ancora da notare che la lingua è meno popolare di quella dei precedenti capitoli, infatti ha meno forme dialettali e più termini legali, e poi il testo è preminentemente in latino, il che dimostra la maggiore maturazione in senso culturale-legale della comunità. Si consideri come spesso si fa riferimento alle norme del Regno, infatti con l'avvento degli Aragonesi la vita delle Universitas fu curata da una legislazione centrale.

 

  ( 56)

 Hinc in antea secuntur Capitula noviter facta et ordinata per subscriptos homines terre Solofre ex voluntate et Commissione terre primo ditte quorum excellenti domino Herculi Zurulo de Neapoli utili domino ipsius terre Solofre facta extitit supplicatio. Ad cuius Universitatis supplicationem fuerunt obtempta, per prelibatum dominum confirmata cum moderatione in aliquibus ipsorum prout in decretatione per eum facta in pede uniuscuisque continentur cumque appositione proprie manus ipsius excellentis domini et eius proprii sigilli inpressione Regnantibus dictis cesarea et catholicis mayestatibus ac dominante in ditta terra Solofre predicto excellenti domino et existentibus tunc electis providis et honorabilis viris Adonisio Guarino detto Ronca, Marco Antonio de Jacobatis e Francisco de Ciccarellis; homines vero fuerunt videlicet: messer Valerio Fasano fisico, messer Antonio Maffeis ustrusque juris doctor, messere Baldaxarro de Geliberto, utriusque juris doctor, egregio notario Pascale de Giliberto, egregio notario Andrea de Alfano, egregio notario Belardino de Julianis, messer Lanzaleo Fasano, messer Alexandro Ronca, honorabilis Salvator Papa, honorabilis Alexander de Jaquinto, honorabilis Joannis Franciscus de Perreca alias Percone, honorabilis Alifans de Pandolfello, honorabilis magister Potente de Morenis, honorabilis Marcus Antonius de Vigilante, Cola de Jannactasiis, Mactiuccio de Garzillo, Gentile de Giliberto, Gilforte Ronca, Aniballe de Giliberto, Angelo de Robino, Julio de Gentile Guarino, Carlo de Troysio, Inaurato de Donato, Antuoni de Benedicto, Josia Pirolo, Mactheo de Garzillo, Antonio de Gerundo Guarino, Pellegrino de Caropriso, magistro Aniballo de Minada, Bellodoro de Garzillo, Raynaldo de Tura, Hieronimo de Violante, Domaschino Ronca, Hectorro de Troysio, Joannes Antonio de Troysio, Carlo de Verità, Mactheo Juliano, Berardino de Violante e Savino Scavo de ditta terra Solofre et quam plirimi alii ad hoc electi et vocati.

Capitolo introduttivo di questo secondo corpus che afferma che i capitoli che seguono sono quelli riscritti da una Commissione voluta da Ercole Zurlo ai quali il feudatario ha apposto il suo placet. Segue l'elenco dei solofrani che ne fecero parte.

 

  De capituli et consuetudini confirmati (56)

In primis dicta Università supplica vostra excelletia signoria quella se degne ratificare, confirmare et quatenus opus est de novo concedere tutti capituli antiqui et statuti franchitie et consuetudini de dicta Univesitate concernenteno lo huniversale. Placet lo huniversale. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse quoad universale.

La comunità di Solofra supplica il feudatario di confermare gli Statuti riscritti e quelli antichi, ed ancora le franchigie (esenzioni per esempio sull'uso dell'acqua per le concerie) che essa godeva.

 

  De la catapanìa (57)

Item supplica dicta Università che la catapanìa de ditta terra sia tuta integra in potestà de dicta Università; et che da parte de la Corte non ge habia da intervenire catapane alcuno, cossì come antiquamente se solea; et che dicti catapani possano, senza intervento de la Corte, exigere la pena da quilli contravenarriano; verum quando alcuno cascasse in pena et fosse renitente ad pagarela tunc ad dicti Catapani sia licito invocare lo braccio de la Corte et constrengere detto renitente; et de la pena se exigerà quale se habia da componere et limitare per dicti Catapani la Corte ne habbia la quarta parte secundo etiam al presente se observa. Placet reservata la quarta parte per la corte. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse, verum quando sarà invocato il brazzo de la Corte li sia licito pigliarse la quarta parte de la pena senza altra limitazione da farse per li catapani.

Si chiede che la catapania (la raccolta delle multe comminate nelle cause) sia tutta a carico della Universitas e che la corte non faccia intervenire alcun suo catapano, come anticamente si faceva. Si chiede inoltre che, nel caso di mancato pagamento della multa, sia permesso al catapano di chiedere l'intervento della corte, in tal caso a favore della corte andrà la quarta parte della multa recuperata, come già si osserva. Il Placet del feudatario sottolinea che deve essere riservata alla Corte la quarta parte degli introiti.

Il capitolo si preoccupa di evitare un abuso da parte del tribunale locale (che era diretto da una persona del feudatario) il quale imponeva un suo catapano nella raccolta delle multe con tutti i soprusi che ne potevano derivare.

 

  De non fare citatione si lo instromento non est presentato (58)

Item che lo maestro de acti non poza expedire né fare citatione, secundum formam ritus Magne Curie Vicarie, nisi super tenore instrumenti presentati, prout in ritu ditte Magna Curia continetur. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si chiede che il notaio (maestro de acti) scriva gli atti secondo quanto stabilito dalla Magna Curia della Vicaria (tribunale centrale).

Il capitolo protegge la comunità da arbitri che potevano avvenire nella Corte feudale.

 

 Dello supersedere et concordare de instrumenti (59)

Item che a lo creditore che presenta lo instrumento, secundum formam ritus, contra lo suo debitore, li sia licito accordarsi con detto creditore, ante et infra ultimum per empthorium, et ancora supersedere suo arbitrio sine metu pene; et che per la corte non se possa procedere ad condepnationem super ditto instrumento, nisi instante et petenti dicto creditore, nec procedi contra dictum creditorem non comparentem; in ultimo per emptorio prout observatur in Magna Curia Vicarie et antiquitus observabatur Solofre. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si chiede che, se un creditore si presenta alla Corte per il pagamento di un debito con relativo atto, ci possa essere tra i due un accordo, prima e durante il tempo del valore dell'atto, e che si possa sospendere l'atto senza ulteriori spese; che la corte non proceda d'ufficio senza l'autorizzazione del creditore né contro lo stesso creditore così come si osservava nella Magna Curia e come si era osservato a Solofra fin dall'antichità.

Il capitolo protegge una pratica mercantile molto in uso infatti ogni attività di compravendita era fatta attraverso un credito stabilito tra due persone, uno era il mercante-finanziatore l'altro il mercante-viaggiatore. Ci voleva quindi un atto notarile. La comunità si assicurava la possibilità, in caso in cui non si poteva pagare il debito poiché l'attività mercantile si protraeva o per altro motivo, di addivenire ad altri accordi. Gli abusi della Corte in questo caso erano frequenti. In seguito si eviterà questa eventualità facendo intervenire nell'atto altre persone che potevano pagare al posto di chi era impegnato nel viaggio mercantile ed anche introducendovi una precisa clausola in merito.

 

  Dello componere de capituli et creare de officiali (60)

Item supplica dicta Università perché è stata in poxessione et have constumato de fare parlamento, congregare Università, componere capituli, statuti et ordinatiuni cum pena et sine pena circa le gabelle et datij, et cussì creare et fare electi, catapani, judici annali et altri officiali de dicta terra, et de po quilli officiali creati innanti che se publicheno darende notitia ad sua Signoria. Placet in quanto alle gabelle et datij, ma non in altro et al creare de officiali ut supra. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si chiede di continuare la consuetudine che permetteva alla Comunità di riunire il parlamento, di convocare gli eletti al governo della comunità, di scrivere i capitoli statutari, di stabilire le gabelle e i dazi, di creare gli Eletti, i catapani, i giudici e gli altri ufficiali della terra e poi comunicare al feudatario l'avvenuta elezione.

A questo capitolo, di grande importanza per la vita autonoma della comunità, il feudatario dette il placet solo per le gabelle e i dazi e non per le altre richieste esercitando un abuso feudale perché imponeva persone di sua fiducia. In tal modo non solo la Corte ma anche il governo dell'Universitas era da lui controllato. Egli si arrogava anche il diritto di scegliere i catapani, quindi il capitolo precedente, in cui era contemplato per la Universitas il diritto della catapanìa, venne in pratica a perdere di valore.

 

 Dello exigere della rendita (61)

Item supplica dicta Università perché le rendite de vostra Signoria sono solite recoglierenosi in tre paghe videlicet: Natale, Pascha et augusto; et de tale consueto non de appare scrittura, supplica quella se degne concedercello per lo presente capitulo redapto in scriptis. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si chiede che la rendita che l'Universitas deve dare al feudatario sia divisa in tre rate: Natale, Pasqua ed agosto. Si sottolinea che per la prima volta questa consuetudine orale diventava scritta.

Era una consuetudine già individuata a Solofra nell'XI secolo.

 

  Dello sindicato dello Capitanio (62)

Item quod Capitanius in ingressu sui officij, antequam administrare incipiat, debeat se obligare mediante puplico instrumento, adpena untiarum quinquaginta, de stando ad sindacatum, et redendo rationem sue vellicationis et administrationis; et quod prestet juramentum puplice de observando et adimplendo omnia capitula, statuta, ordinationes, usus et consuetudines dicte terre redattas et non redattas in scriptis et interim non reputetur officialis, donec dictum juramentum non prestaverit nec non promictat; in fine dicti sui officij, post depositam administrationem, stare dicto sindacatuj et reddere rationem dicte sue administrationis, non solum rerum concernentium factum Curie sed etiam ipsius Universitatis ac particularium personarum, tam pro se quam pro eius locumtenente ac familia; et morari personaliter in dicta terra pro tempore limitato in capituli regni; et quod ultima tercia pars sue provisionis non debeat consignari dicto Capitaneo, immo retineri et poni loco deposito penes erarium seu alium ad opus cuius interest, ut in regia pragmatica continetur donec rationem et computum posuerit; et per deputatos per ipsam Universitatem obsolutus fuerit; et similiter durante tempore suj sindacatus aliquid de suis suppellectilibus et rebus non admovere et quod dictum instrumentum licet sit confectum manu notarii civis dicte terre quod tanem habeat robur et non possit aliquid contra illud opponi ex adverso per dictum Capitanium. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo regola la figura del Capitano (persona scelta dal feudatario e suo rappresentante), che all'ingresso nel suo ufficio doveva obbligarsi, pena il pagamento di 45 once, mediante pubblico atto, di accettare di essere sottoposto a controllo (stando ad sindacatum) e di rendere ragioni del suo operato; doveva giurare pubblicamente di osservare tutti i capitoli, gli statuti, le ordinazioni, gli usi e i costumi di Solofra, sia quelli scritti che quelli non scritti. Dopo aver svolto il suo ufficio (durava un anno) doveva essere sottoposto a controllo e dare le ragioni dei suoi atti amministrativi non solo per l'operato della Curia (factum curie) ma anche per quello della stessa Universitas, delle persone che lui aveva scelto e che lo aiutavano nel suo ufficio, oltre che della sua famiglia. Doveva risiedere a Solofra per il tempo indicato negli Statuti del regno. L'ultima parte del suo stipendio (sue provisionis) doveva essere conservata in deposito presso l'erario o presso altri, come era stabilito nelle disposizioni regie (regia prammatica), fino a che non erano stati espletati i controlli e non era stato prosciolto dai deputati dell'Universitas. Durante il periodo del controllo i suoi beni e le sue cose non potevano essere rimosse.

Questa procedura, che era stabilita dalle leggi del Regno per evitare soprusi a danno delle comunità, dette luogo a molte contestazioni. Il capitolo è di grande importanza tenendo presente il potere che in effetti aveva questa persona.

 

  De non se partire lo Capitaneo (63)

Item quod officialis, qui pro tempore fuerit in dicta Curia, debeat morari et vacare continuo circha administrationem sui officij et iusticie, et inde non descedere nisi tribus vicibus in anno videlicet in festivitatibus Nativitatis Domini, Carnisprivij et Pascatis; et quod quolibet suo discessu habeat tempus dierum octo, verum tunc ipso descedente alio tempore quam permisso et plus morante tempore concesso ad reddierendum ad dictum officium tunc pro tali tempore non debeat habere provisionem. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse quod nullo tempore anni descedat sine jussu et licentia Domine.

Poiché gli ufficiali della Curia dovevano abitare sul posto, amministrare i loro uffici e la giustizia senza interruzioni, e poiché potevano allontanarsi in un anno solo tre volte, a Natale, a Carnevale e a Pasqua, per un tempo di otto giorni, si stabilisce che se l'assenza si protrae, non sarà versato, per quel tempo, lo stipendio.

Il capitolo si assicura contro prolungate assenze del Capitano per non privare la comunità dell'esercizio della giustizia che era anche servizio di polizia.

 

  De non essere capitanio de Solofra (64)

Item quod nullius de dicta terra Solofre cuius vis conditionis et etc. possit essere Capitanius dicte terre nisi in casu necessitatis. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il Capitano non poteva essere di Solofra tranne che per casi eccezionali.

Un tale caso si verificò nel 1456 quando si trova un solofrano a dirigere la Corte di Solofra.

 

 De non essere Capitanio si non per uno anno (65)

Item quod officialis qui fuerit in dicta terra per annum non possit continuari dictum officium per alium annum sequentem, nisi cum intervallo unius alterius anni ita quod omnes Capitanei sint annales. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo chiede che la carica di Capitano sia annuale e che si possa ritornare nella carica se non dopo l'intervallo di un anno.

 Confronta i capitoli sul Capitano nel corpus seguente (1555)

 De non essere mastro de acti si non per anno (66)

Item supplicatur quod actorum magister eligatur in dicta Curia per vestram excellentem dominationem qui sit abilis et idoneus pro exercitio dicti officij et quod sit annalis prout supra dicitur de Capitaneo in precedenti capitulo; et finito officio habeat stare sindacatui prout Capitaneus et similiter intelligatur de subactario; et che li acti importanti se debiano scrivere per lo mastro de acti in capite. Placet non exercitando notare Octaviano al quale da prima lo have donato, de laltro. Placet ut supra. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si chiede che il notaio sia abile e idoneo ad esercitare il suo ufficio, sia annuale, come per il Capitano, che anche lui sia sottoposto a controllo insieme al suo vice, e che gli atti importanti siano scritti di suo pugno. Il placet dello Zurlo trasferisce agli altri notai queste regole che per prima lo stesso aveva dato al notaio Ottaviano Caropreso.

 

  De non procedere ex officio (67)

Item quod Capitaneus et eius Curia non possit modo aliquo procedere ex officio super verbis injuriosis nisi libello instituto per partem juxta formam ritus et in casibus ubi veniret inponenda pena a relegatione infra nisi cum querela speciali et instantia partis, verum liceat dicto Capitaneo et sue Curie ex officio posse cogere partes ipsas ad cavendum ad invicem de viviendo pacifice et non offendendo in forma etc.; in quavis causa maxime ubi ipsi curie videbitur posse succedere aliquid inconveniens et scandalum prout bonus officialis considerare poterit; in ceteris vero casibus serventur constitutiones et capitula regni. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si chiede che il capitano non possa procedere autonomamente nelle cause per parole ingiuriose se non c'è la richiesta della parte lesa, così pure nei casi in cui c'è la pena del carcere. La Corte invece può autonomamente invitare le parti a vivere pacificamente, senza recare offesa nei casi in cui c'è pericolo di scandali, negli altri casi si deve agire secondo le disposizioni del Regno.

 

 De non procedere ad sententia absolutoria (68)

Item quod Capitaneus et eius Curie non possit nec valeat procedere ad aliquam sententiam obsolutoriam in criminalibus nisi instante et petente parte inquisita et accusata; et quando procederetur ad talem absolutionem parte conventa non instante sed instante accusatore seu coauctore Curie, tunc ipsius dictus reus inquisitus non teneatur ad aliquid solvendum pro tali absolutoria et quando non profertur ipso reo petente. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si chiede che il Capitano non possa emettere una sentenza di assoluzione nelle cause criminali se la parte lesa non è presente, che si possa procedere a tale sentenza se non c'è la parte convocata ma c'è l'accusatore o il giudice accusatore, e che il reo inquisito non sia tenuto a pagare niente.

 

 Dello exigere de portello (69)

Item quod Capitaneus qui pro tempore fuerit in dicta Curia non possit exigere nec exigi facere jura portelli in aliqua quantitate a carcerato etiam quod carceratus in carcere pernoctaverit pro qualibet causa nec civili nec criminali. Placet non pernoctando et pernoctando essendo la compositione civile et criminale da ducati dui in suso pagha grana cinco; et da carlini vinti fi a dieci pagha grana tre; et da diece in bascio niente, reservata la carceremia. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse iusta decretationem excellentis predecessoris in presenti capitulo contentam observari.

Si chiede che il Capitano non esiga né faccia esigere il portello (tassa) dal carcerato anche quando questi pernotta in carcere e per qualsiasi causa. Il placet precisa invece che il pagamento della tassa deve essere di cinque grani se la causa è da due ducati in su, di tre grani se è da venti a dieci carlini, e niente se la pena è da dieci carlini in giù, eccetto la carceremia (altra tassa). Il feudatario dunque non rinunciò al suo introito. Anche la Orsini sottolineerà quanto diceva l'assenso dello Zurlo

Poiché si andava frequentemente in carcere e per debiti, cosa che colpiva i più poveri, l'Universitas tendeva a non far pagare la tassa.

 

  Dello salario de famigli (70)

Item quando se accusa obliganze o vero se liquidando instrumenti ascendenteno ad qualsevoglia summa de denari, la corte debia mandare ad pigliare lo debitore ut supra accusato da soi famigli li quali se poterariano seu farnano venire decto debitore, tunc dicti famigli habiano uno grano per uno da se paghare da dicto debitore; et quando non lo portassero, ut supra, non habiano consequire salario alcuno, et dicti famigli et Capitaneo non possano exigere portello nisi, ut supra, né altra rascione, né per la ferratura seu sferratura o altra incarceratione che li facesse; et quando si fosse da chiamare alcuno per accuse de dapni dati oblighi accusati et consimile la Corte ge debia mandare senza spesa de la parte, verum si fussero dessubidienti poza mandare li famigli et farele paghare ut supra. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo stabilisce quando la Curia poteva mandare a prelevare degli accusati e la paga, di un grano a persona, a carico del debitore. Poiché chi non pagava i debiti andava in carcere, il debitore spesso era prelevato a forza, ma poteva anche diventare irreperibile, cosa allora facile perché bastava uscire dal territorio della Universitas.

 

  Dello salario de jurato et che oretenus possa citare senza licentia (71)

Item quando lo jurato o altro famiglio de la Corte, ad instantia de alcuno, cita oretenus in le provintie de piacza publica de Solofra, habbia denati tre, et extra la piacza grano uno, excepto quando va ad citare a lo casale ad Sancto Agate habbia grana doe, et quando cita in scriptis ad instantiam partium, sive in platea sive extra, grano uno, excepto in Sancto Agate grana doe, et che oretenus possa citare senza licentia. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo chiede di approvare le spettanze ai giurati o ad altre persone per la consegna a domicilio delle citazioni scritte o orali, importo che variava a seconda se questa avveniva a Solofra, fuori o a S. Agata, che era il casale più lontano.

 

  De la contumatia in civile (72)

Item quod Capitanius pro contumatia in civilibus sive mixstis non possit exigere a contumace nisi tarenum unum ad plus et quod purgata contumantia referentisque parti adverse expensis in juribus suis audiatur. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce il comportamento del Capitano nei casi in cui l'imputato non si presentava al giudizio.

 

*     De la contumantia in criminale (73)

Item quod Capitanius Curie in causis criminalibus similiter non possit exigere a contumace nisi tarenum unum et hoc quando ipse contumax comparet et purgat suam contumatiam infra decem dies incipiendo a prima die contumatie, quando vero contumax ipse lactitaret et differret purgare contumatiam post decem dies tunc liceat exigere a tali ad arbitrium ipsius Curie considerata conditione dicti contumacis et qualitate delicti, servasse quello che è de justitia. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si chiede di approvare quanto il Capitano può riscuotere nei casi in cui, in una causa criminale, l'imputato non si presenta, ponendo come limite dieci giorni e tenendo presente la condizione e i delitti dello stesso. Manca il placet dello Zurlo.

 

 De non donare alli gabelloti (74)

Item supplicatur che in tempo che dominava in dicta terra la felice memoria del quondam signore Hectorro Zurulo vostro frate carnale fece dicta Università uno instrumento seu capitulo che detta Università non possesse donare a li gabelloti o ad altre persune et homini particulari quella se degne farelo cassare et cancellare detto instrumento seu capitulo per lo presente concedere possa donare, ma non ali gabelloti. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo ricorda che quando era feudatario Hettore Zurlo fu fatto un capitolo che stabiliva che si potevano fare i regali ai gabellotti o ad altre persone, ora si chiede che questa norma venga cancellata e che si stabilisca di fare dei regali agli ufficiali dell'Universitas, ma non ai gabellotti. Tenendo presente che il gabellotto era l'esattore dei dazi si comprende quanto fosse utile per i contribuenti corromperlo. Manca il Placet dello Zurlo.

 

  Della conversatione dele pottane (75)

Item che lle pottane seu meretrice conjugate et non conjugate debbiano stare in la piaccia publica de dicta terra dove estato solito in lloro case et non in altra parte facendosi vochare et che non se pozano partire da la ditta piaccia et andarnano per li casali et conversare con le donne honeste; et quando vanno alle ecclesie debiano stare in pedi de ditta ecclesia et omnino separate da le dopne honeste et che non habiano da tenere homo seu puplico innammorato sotto pena de tarì sette et mezo o altra pena reservata ad arbitrio della corte, da se applicare per le doie parti ala Corte et la terza a chi acuserà. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo stabilisce il comportamento delle meretrici che devono esercitare il loro mestiere solo in piazza, non devono parlare con le donne oneste, e in chiesa devono stare in piedi e separate dalle altre.

 

  De lo salario de la Corte super loco (76)

Item quando la Corte va sopra alcuno loco per decidere lla defferentia vertente tra lle parte debia ditta differentia senza dilatione determinare sopra lo loco possendola defenire et per tal viagio non possa domandare si non tre tarì, inclusi lli acti facti super loco, da ripartirno dicti tre tarì tra lo Capitaneo et mastro de acti, judici et jurato secundo ei solito; et non determinandosi super locho differentie per justa causa allora habbiano la mitate de ditti tre tarì et la altra restante mitate la habiano quando se determinerà detta causa. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

L'articolo stabilisce l'introito della Corte quando, nel risolvere delle liti, è costretta a fare dei sopralluoghi.

 

 Dello pentire de accuse (77)

Item chi accusa super qualsevoglia causa se possa pentire infra triduum secundo lo capitulo vecchio, et pentendosi seu stornando ditta accusa seu querela vel denuntia, alhora la corte stante ditta penitentia non possa procedere super ditta querela sive accusa contra lo accusato ad acto alcuno excepto si fosse caso dove se po procedere ex officio ut supra. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo riprende uno del precedente corpus che contemplava la possibilità di ritirare le ingiunzioni entro tre giorni senza che la corte potesse procedere autonomamente, ora si chiede di dare la possibilità alla corte di procedere ex ufficio nei casi richiesti dalle leggi.

 

  Dello allogiare de furistieri (78)

Item quod cives dicte terre possint libere et sine metu pene prout in presentiarum est in viridi observantia et eis de iure permictitur hospitari et albergari eorum amicos, consanguineos, advenas, homines bone virtutis cum bellvis et sine prout accidere poterit dummodo ab eis non recipiatur aliquod salarium pro dicta albergatione; et quando acciperet salarium seu stallagium illud teneatur restituere dohanerio et solvat pro pena tarenos duos cum dimidio pro medietate dicto dohanerio et alia medietate curie. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo chiede che i privati cittadini che ospitano persone anche con gli animali a pagamento debbano versare al doganiere la sua parte.

Il doganiere della Universitas aveva un danno dall'ospitalità a pagamento fatta dai privati. Confrontare il relativo capitolo del corpus seguente.

 

 De lo dohaneri che stea ad assisa (79)

Item che lo dohaneri che stea in la taberna de la Corte debia stare alassisa et gabella como tucti li altri tabernari et citatini de la terra et qualmente vendere li vini et altre cose de detta taberna cussi ali frustreri como ali citatini, sub pena tareni unius qualibet vice pro tercia parte accusatori et aliis duabus partibus Curie. Placet ad nostro beneplacito. S. C. Placet Illustrissime Domine non obstante clausola beneplaciti nostri predecessori servari in perpetuum dempto dicto beneplacito.

Si chiede che il doganiere della Corte rispetti i prezzi e i dazi sulle merci stabiliti dall'Universitas (assisa). Il feudatario nel concedere il placet sottolinea che questa limitazione è una sua concessione non un diritto della comunità.

Da considerare che il doganiere della Corte procurava un reddito al feudatario per cui era importante per la comunità che egli non danneggiasse gli altri venditori.

 

 De non dare tempo de corte ali operari et de lloro comparere in corte (80)

Item quando fosse citato alcuno ad instantia de la parte quale fosse in opra et servitio del altro habbia tempo comparere fino a la sera, et dello salario de dette opre non se habia a domandare tempo de Corte. Placet essendo ad instantia de la parte ut supra. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si chiede che sia permesso agli operai, convocati dalla Corte, di presentarsi a fine lavoro e che non sia concesso loro di assentarsi durante il lavoro per tale motivo (domandare tempo de corte).

 

  De la spesa del obligo (81)

Item chi adimanda tempo de Corte per alcuno debito chi fosse convenuto ancora che paghe infra lo termine sia tenuto paghare le spese corse per lo obligo et altero non obstante la consuetudine in contrario. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Chi, convocato dalla Corte per il pagamento di un debito, chiede di essere esentato dal lavoro ed anche se paga in tempo è tenuto a pagare le spese nonostante la consuetudine dica il contrario.

Questo capitolo è un caso in cui viene corretto un comportamento consuetudinario. Ciò è indice di una maggiore ricchezza di situazioni mercantili.

 

  De lo pagare de jus gradante (82)

Item che lo degradante, che de justitia compete a la Corte, se debbia pagare per lo venditore in termine de uno anno secundo antiquamente è stato solito, excepto de li galdi paghe lo venditore et acceptatore. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse, quod solvatur infra sex menses.

Il capitolo sottolinea che il pagamento della tassa (da versare alla Corte e quindi al feudatario) sulle terre feudali alienate (in genere erano cedute per motivi creditizi) doveva essere a carico solo del venditore, mentre per il fondo al galdo la tassa era a carico di entrambi.

Il galdo è la terra su cui c'era un diritto feudale a favore della famiglia Fasano, a cui andava una parte della tassa. V. lo stesso diritto nel precedente corpus.

 

  De non fare ciambellarie (83)

Item che nesciuna persona de dicta terra et habitante in epsa presuma ne ardisca fare modo alcuno vociferationi et ciambellarie in vituperio de li homini et dopnne che altra volta haveano havuto mogliere et marito considerato li inconvenienti et scandoli che nde soleano succedere, ala pena de tari sette et mezzo per ciaschiduno, la terza parte ala Corte la terza ad chi accusa et la terza ad Santa Maria de la Gratia. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo vieta di fare chiasso nelle strade stabilendo le multe e la loro divisione.

Le ciambellerie erano chiassate fatte da gruppi di giovani, che si recavano sotto le case degli uomini e delle donne che si risposavano facendo allusioni o proferendo insulti e quindi provocando scandali. Da considerare che una parte della pena andava alla chiesa di S. Maria de la Grazia che aveva una Confraternita che aiutava le persone in difficoltà

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  Dapnno de papari et galline (84)

Item che acciaschiduno sia licito accusare papari che se troverranno fare dapnno a li herbagij et fogliami de altri; et se paghe grana doe per ciascheduna, mezo ala Corte et mezo ala parte et paghe lo dapnno, et lle galline non siano in pena ma sulo siano tenute alo dapnno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce la multa e il risarcimento per i danni provocati negli orti dalle oche e dalle galline.

Si noti la forma dialettale e la materia di questo capitolo che è molto più simile a quelli del corpus precedente. Evidentemente è un capitolo antico non facente parte di quel corpus, ma molto vicino nel tempo ad esso e non modificato.

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CAPITOLI RIGUARDANTI L'UFFICIO DEL NOTAIO

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Questi capitoli si resero necessari per il grande lavoro che faceva il notaio in un centro mercantile in cui la mercatura poggiava sul credito, quindi era necessario l'atto che lo registrasse e lo garantisse.

 

  De la procura (85)

In primis per la procura speciale lo mastro de acti non possa exigere si non grana doe et li judici annali grana doe, et per la procura generale paghe grana sei, videlicet a lo mastro de acti grana quattro et ali judici grana doe; et si dicti judici seu alcuno de epsi non senge trovassero quod se fa dicta procura lo mastro de acti non poza in modo alcuno pigliare si non la parte sua che li toccha et laltra restante sia de dicti judici quali judici selle parteno con lo Capitaneo et non ge essendo lo jodice lle paghe lo Capitaneo. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabiliscono i proventi al notaio e ai giudici per la procura speciale e quella generale.

La procura era una atto con cui un soggetto conferiva ad un altro il potere di fare atti legali al suo posto. Era molto usata a Solofra perché con essa un mercante poteva rappresentare un altro in un mercato o in una fiera oppure a Solofra nell'assenza di chi intraprendeva il viaggio mercantile. Da considerare il testo di questo capitolo che lessicalmente è molto vicino a quello del corpus precedente.  

 

   De la citatione et sua copia (86)

Item che lo mastro de acti non possa exigere in cause civile per ciascheduno comendamento seu citatione si non grana doe et mezo, secundo in lo capitulo vechio se contineva, et tantumdem pro copia. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabiliscono i proventi del notaio per le citazioni.

La citazione era un atto con cui il notaio chiamava in giudizio un imputato. Si cita un capitolo antico che però non fa parte del corpus precedente. Ciò è un'altra dimostrazione che questo secondo corpus fu una revisone ed un ampliamento di articoli esistenti precedentemente. Idem per la forma. 

 

   De la citatione assertiva (87)

Item quando la parte adimanda alcuna citatione assertiva ut puto cum inserto tenore petitorij seu alicuius instrumenti vel alteris consimilis, nunc lo mastro de acti possa exigere grana tre et mezo per factura, et tantumdem pro copia. Placet.

Si stabilisce quanto andava al notaio per gli attestati (citatione assertiva).

 

*       De la contumatia et qualsevoglia acto (88)

Item pro qualibet contumatia in civilibus lo mastro de acti non possa exigere si non grano uno et pro quolibet actu condepnationis seu altre repliche et resposte che se farrando in causis per partes et eorum procuratores grano uno secundo etiam e solito. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce quanto doveva esigere il notaio per redigere l'atto di condanna o altri simili.

 

  De la petitione et sua copia (89)

Item per la presentata petitione a lo mastro de acti grana due, secundo è solito et pro copia eiusdem grana cinquo. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce quanto doveva riscuotere il notaio quando gli veniva presentata una petizione (richiesta per ottenere un determinato provvedimento) e gliene veniva chiesta una copia.

 

  De la contestatione de lite (90)

Item pro contestatione litis lo mastro de acti non possa exigere da lo actore si non grano uno et mezo et dal reo grana doe inclusi tutti li acti pertinenti ad litis contestationem, secundo era lo capitulo vechio. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce l'introito del notaio per tutti gli atti richiesti quando si definiva una controversia.

 

  De la presentata de articuli (91)

Item per la presentata de articuli o exceptiuni quando sono da dieci in bascio se paghe grana tre et quando fussero da dieci in suso grana cinco. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce l'introito per il notaio quando si presentavano gli articoli di uno statuto, di una società o di altra istituzione.

 

  De li interrogatorij (92)

Item per la presentata de interrogatorij se paghe grana tre. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce l'introito per il notaio quando nel processo si presentavano delle domande all'imputato che servivano come prova.

Una simile procedura fu attuata nella causa intentata dalla Universitas contro la Orsini.

 

  Dello examinare (93)

Item quando lo mastro de acti examina super articulis et exceptionibus quando sono da dieci in bascio non possa exigere si non grana tre, et a lo jodice annale grano uno pro quolibet teste; et quando fussero da dieci in suso allora a lo mastro de acti li sia licito exigere grana quattro et lo judice grano uno; et quando examinasse senza articuli lo mastro de acti habia grana doe, et lo jodice grano uno. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce l'introito del notaio e dei giudici diversificato secondo il numero degli articoli o del documento da prendere in esame.

 

  De la presentata de instrumenti obliganze et altre scripture private (94)

Item pro presentata instrumenti cum citatione, cum contumacijs et alijs actis usque ad condepnationem inclusive, secundum formam ritus, a lo mastro de acti grana dieci secundo ei solito et a lo jurato per lo condapno grana uno; et pro presentata instrumenti pro processibus causarum a lo mastro de acti grana cinco; et pro presentatione obligationis grana tre; et pro presentatione apodixe seu alterius scripture private grana due. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo considera i diversi casi in cui poteva avvenire la presentazione degli atti legali e i relativi introiti.

 

  De la requisitione (95)

Item pro factura cuiusvis requisitiones ad pleblicandum, concludendum, procedendum et consimilium a lo mastro de acti grana due et tantumdem pro copia. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Sono contemplati tutti gli atti che riguardano le requisizioni o la loro copia e i relativi costi.

 

*       De la copia de processi et reperti (96)

Item pro copijs processium et repertorum magister actorum debeat observare formam ritus Magna Curia Vicarie, videlicet facere virgulos viginti quinque pro qualibet facie folij et partes decem pro virgulo et sic recipere solutionem videlicet ad rationem tareni unius pro singulis octo paginis seu cartis et alijs prout in dicto ritu continetur a quo non discedatur. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si ricorda che nello scrivere le copie dei processi il notaio doveva rispettare la formula stabilita, cioè fare venticinque virgole (la virgola negli atti legali aveva valore di misura) in ogni foglio ed essere pagato in base a queste.

 

  De la lectura de sententia (97)

Item pro lectura sententie diffinitive solvatur Capitaneo, magistro actorum, judicibus et jurato tarenum unum cum dimidio, dividendum prout est solitum; et pro lecture interloqutorie grana XV ut supra dividendum. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Per la lettura delle sentenze dei giudizi aveva diritto ad una retribuzione, oltre al notaio, ai giudici e al giurato, anche il Capitano.

 

  De licteri exequtoriale (98)

Item pro licteris exequtorialibus petitis per partes pro exequtione facienda in bonis, solvatur actorum magistro grana decem et domino capitaneo pro manu grana decem. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

In alcuni giudizi erano richiesti persone che eseguissero gli ordini della Corte in tali occasioni c'era l'introito per il notaio e per il Capitano.

 

  De licteri per mandare li processi (99)

Item pro licteris admictendum processum ad judicem extra terram Solofre vel alicuj officiali quod faciat justiciam et de consimilibus solvatur actorum notario grana II domino capitaneo ad ponendum eius manum grana. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Anche qui sono contemplati gli introiti per il notaio e per il Capitano quando si dovevano mandare gli addetti ad eseguire le sentenze.

 

  De la obliganza (100)

Item pro obligationibus infra untiam actorum magister exigat granum unum, ultra vero untiam grana duo prout in capitulo veteri continentur; et quando dicta obligatio esset et cum fidejussore dupplicetur salarium. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Per l'atto legale dell'obbliganza (una persona che assumeva un obbligo nei riguardi di un'altra) si stabilisce diverso trattamento se il suo valore era entro l'oncia o al di sopra, e se c'era o no il fideiussore (garante).

Ciò significa che l'obbliganza era di origine mercantile cioè riguardava un debitore e un creditore, o era proprio un titolo di credito. Da considerare la citazione di un capitolo precedente.

 

  De lo compromisso (101)

Item pro compromisso solvatur actorum magistro per partem grana unum. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse..

Molto frequenti erano i compromessi stipulati dalla società solofrana per risolvere controversie di carattere commerciale o finanziario, per cui qui se ne stabiliva la tassa.

 

  Delle remissiuni (102)

Item pro remissionibus que fuerint inter partes quando fiat ad una parte tamen tunc actorum magister non exigat nisi grana duo; quando vero esset reciprocha quia una pars remitteret alteris, et contra exigat grana quatuor. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Vengono stabiliti gli introiti delle remissioni.

Anche questo atto con cui una persona, in genere un creditore, rinunciava ad una rivalsa nei riguardi di un'altra, in genere un debitore, magari perché era andato bene l'affare, è di origine mercantile.

 

  De pregiarie criminale et civile (103)

Item pro fidejussionibus que in dicta Curia dantur in criminalibus de judicio sisti stando juri, et se presentando etc., et aliis fudejussionibus et actis que fierent, quomodolibet ad instantiam Curie, nihil exigat actorum magister nisi quando tales fidejussiones prestentur destando juri et judicato, solvendo et reficiendis expensis in processibus civilibus inter partes tunc solvatur actorum magistro grane quinque una cum indepnitate sive dicta indepnitas interveniat sive non. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il fideiussore (il garante di una persona) era richiesto in alcuni atti come i capitoli matrimoniali ma specialmente nelle cause criminali e in alcune cause civili. Allora bisognava stendere un atto che attestava la fideiussione e poi un altro in cui lo stesso veniva assicurato di indennità dalla persona di cui era garante.

 

  De le ditte pregiarie (104)

Item pro fidejussionibus que in dicta Curia fiunt de securo carcere et quando talis fidejussio spectat ad curiam, nihil solvatur ut supra prout ad praesens est consuetum et in capitulo antico continebatur; verum si dicta fidejussio fuerit pro debito civili spectante ad partes tunc actorum magister exigat a debitore carcerato pro fidejussione predicta inclusa indepnitate si intervenerit indepnitas grana quinque. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Sono contemplati vari tipi di garanzie e i relativi introiti per la Corte.

 

  De la pregiaria de pacifice vivendo (105)

Item pro fidejussionibus de pacifice vivendo et de non offendendo, quando dantur ad instantiam partium petentium vel non petentium seu ex officio Curia, solvatur actorum magistro inclusa indepnitate sive extat sive non, grana quinque. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Qui si contempla un tipo di fideiussione che assicura il pacifico evolversi di una determinata situazione.

 

  De le copie delle obliganze pregiarie et altre consemile (106)

Item pro copiis obligationum fidejussionum, remissionum, compromissi, requisitionis, protestationis et consimilium tunc actorum magister exigat grana quinque pro qualibet quando est sine signo; quando vero cum eius signo tunc habeat grana decem. Placet. S. C. Place Illustrissime Domine Ducisse.

Il capitolo stabilisce gli introiti a favore della Corte per vari tipi di atti.

 

  De le cassature (107)

Item pro distractione, cancellatione et cassatura obligationibus et aliarum scripturarum tunc tantum solvatur actorum notario quantum pro ipsis factura. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabilisce quanto precepiva il notaio per la cancellazione di un atto e cioè tanto quanto la sua scrittura.

 

  De la cercatura de li oblighi et acti (108)

Item ubi accusantur obligationes vel instrumenta in dicta curia et aliqua ipsarum partium vellet videre dictam obligationem seu instrumentum si est illius anni tunc actorum notarius nihil exigat pro perquisitione et cercatura; quando vero essent de actis impendentibus ut puta anni proximi elapsi tunc exigat granum unum, et quando essent annorum duorum grana duo et annorum trium vel plus grana tria. Placet. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Si stabiliscono gli introiti della Curia per la ricerca degli atti che dipendevano dal tempo della loro stipula.

 

  Dello sedere della corte (110)

Item quod curia habeat sedere pro tribunali bis in edomoda prout in capitulo veteri continetur; et quod dies deputatus ad Curiam regendam nullo modo possit mutari et transferri sine causa justissima consideranda per Capitaneum et unum de judicibus annalibus dicte curie. Placet.

Il capitolo stabilisce che non si possono mutare i giorni un cui la corte si riunisce tranne per giusta causa a giudizio del Capitano o di un giudice.

 

Data della concessione del secondo corpo degli Statuti:

Datum Solofre in palatio nostro nostro primo junii 1522 Hercule Zurlo manu propia.

S. C. Placet illustrissime Domine Ducisse.

Da notare la dicitura "nostro nostro" ciò indica che lo Zurlo risiedeva un palazzo di sua proprietà.

Atto di consegna degli Statuti al notaio civico di Solofra.

Il 16 luglio del 1522 nella terra di Solofra alla mia presenza Aurelio Guarino detto Ronca, notaio civico, del giudice Giovanni Paolo Maffei, dei testimoni, sono comparsi Dionisio Ronca, Marco Antonio de Iacobatis e Francesco Ciccarelli, Eletti della Universitas, il magnifico Ercole Zurlo di Napoli, signore di detta terra che, in seguito a supplica presentata dagli Eletti per parte della Universitas, si è degnato di ratificare, concedere e confermare a detta Universitas e ai suoi uomini i Capitoli e gli Statuti, gli usi e le consuetudini della Universitas, che gli Eletti tengono in mano e che sono in numero di centodieci dei quali alcuni sono noviter confirmata e in maggior numero sono Capitula et mores antiqua et antiqui e sono sottoscritti in calce di propria mano dallo Zurlo a cui è aggiunto lo stemma nel quale sono scolpite al lato destro uno scalandrone, che è l'arma degli Zurlo, al lato sinistro un leone, che è l'arma della Signora Filomena Caracciolo, baronessa di questa terra, come hanno visto i giudici, il notaio, i testimoni e gli Eletti. I predetti Eletti, considerando che gli Statuti sono de primo tesauro quod possit habere dicta Universitas e che detto tesoro non può essere rimosso, né abolito, né cambiato, danno e consegnano i Capitula in mio possesso da tenere e custodire nell'archivio della mia sede insieme con gli altri pubblici contratti e rogazioni, a nome della Universitas, dei suoi uomini e degli Eletti.

 

Questi Capitoli furono firmati per mano di Donato del Sole, Cancellario della Duchessa di Gravina la quale così li concede e promette di osservarli e di farli osservare dai suoi eredi e successori e dai suoi ufficali pena il pagamento di 1000 ducati

Datum Neapoli 18 settembre 1555.

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CAPITOLI STATUTARI DEL 1555

 

Gratie, imunitate, capituli. privilegij et confirmatiuni de privilegij deli quali se supplica la Illustrissima signora Donna Beatrice Ferrella Duchessa de Gravina per la Università et homini de la terra de Solofra per la conventione dela compera de dicta terra havuta con dicta Illustrissima Signoria in anno a nativitate domini nostri Jesu Christi millesimo quingentesimo quinquagesimo quinto, regnante serenissimo domino nostro Philippo de Austria divina sibi favente clementia Rege Anglie, Francie, Sicilie citra farum, Hierusalem et etc. Regno videlicet vero eius anno primo feliciter. Amen.

Die videlicet XVIII septembris XIIII indicione anno 1555 in civitate Neapolis.

L'Universitas considera i Capitoli statuari una concessione della feudataria pur se essi furono stabiliti nel contratto di compera del feudo avvenuto lo stesso anno. Anche in questi capitoli infatti come in quelli precedenti la forma è petitoria. Da considerare che gli Statuti erano un diritto delle comunità, essi però assunsero il carattere di concessioni feudali alla fine del periodo angioino.

 

  Confirmatiuni deli capituli antiqui et novi et altre consuetudine (1)

In primis se supplica che ditta Illustrissima Signora reste convinta concedere et confirmare et quanto opus est noviter approbare et validare tucti capituli, statuti, usi, soliti consuetudini, franchitie et privilergii de ditta terra pure simpliciter et de plano absque aliqua conditione apparenteno redatti in scriptis et sine scriptis contenti et con contenti in li antiqui capituli, tanto de li retro passati baruni quali sono in numero de cento et diece ultimo loco firmati per la bona memoria del quondam excellente Signore Hercule Zurulo tunc utile barone de ditta terra de quibus apparet instrumentum manu egregij notarij Aurelij Guarini Ronche sub die XVI mensis julij decime indictionis 1522; quanto altri capituli, usi, soliti consuetudini et privilegij quali hanno consequti per lo privilegio del regio demanio de li quali sempre nde sonno stati et al presente sonno justa pacifica possessione, uso, proprietate et dominio prout inferius continebitur. S. C. Placet Illistrissime Domine quo ad antiqua prout in decretationibus per nos factis post crucem in calce uniuscuiusque illorum quo ad capitula nova prout infra: quo vero ad consuetudines et solita universalia etc. Placet.

L'Universitas supplica la feudataria di voler confermare i Capitoli, gli usi e le consuetudini, le franchige e i privilegi, goduti senza alcuna condizione e scritti nei Capitoli antichi, sia quelli concessi dai feudatari precedenti che quelli concessi da Ercole Zurlo e che sono in numero di 110. Questi furono scritti in uno strumento del 26 luglio del 1522, redatto dal notaio Aurelio Guarino detto Ronca, e firmati da Ercole Zurlo allora feudatario di Solofra. Si citano ancora altri capitoli, usi e consuetudini, e in special modo i privilegi acquisiti durante il demanio. Il Placet della duchessa è indicato dal segno di croce ed è accompagnato dalla conferma che ella ha posto il placet anche ai Capitoli precedenti solo per quello che riguarda la consuetudine e per ciò che universalmente è riconosciuto alle comunità.

 Da considerare che l'Unversitas usciva dallo stato demaniale durante il quale aveva acquisito varie franchigie che dovettero essere contemplate in questi capitoli, alcuni dei quali sono ex novo, altri correggono o integrano dei capitoli precedenti.

 

  Che la universita non sia tenuta ad guardia (2)

Item per che ad tempo del lloro retropassati Signori sempre sono stati vaxalli liberi et non angarij, né perangarij però se supplica quando detta Illustrissima Signora se volesse servire de soi vaxalli ad guardie de soi officiali et Capitaneo et auditore, tanto in li palazzi dove se rege la justitia o in altri lochi dove habitassero, che allora sua Illustrissima Signoria se possa servire de dicti soi vaxalli acti et soliti ali dicti servitij seu exersitij salario tamen justo mediante et non de altri homini; et cussi ancora quando se volesse servire per la custodia de carcerati semelmente se possa servire deli dicti vaxalli, acti et soliti in tali exersitij et non altramente salario ut supra mediante. S. C. Placet Illustrissime Domine Ducisse.

Il Capitolo ricorda che i vassalli sono stati sempre considerati dai precedenti Signori liberi e non sottoposti alle prestazioni gratuite. Per questo motivo se la feudataria ha bisogno di servirsi dei vassalli come guardia dei suoi ufficiali o del Capitano o della Curia o di altri luoghi lo può fare, devono essere però vassalli atti a tale servizio e remunerati con un giusto salario. La medesima cosa deve avvenire per le guardie carcerarie. La conferma della feudataria è completa senza alcuna restrizione.

Le libertà dalle prestazioni gratuite cominciarono con i Filangieri.

 

  De non dare guardia al castello et alli carceri (3)

Item se supplica che detta Università et homini de epsa non siano tenuti per modo alcuno a la reparatione che farsi se volesse fare in lo castello né ad fabrica alcuna né ad manotensione né ad guardia di esso né ad qualsevoglia altro subsidio et non siano tenuti ad construzzione reparatione fabrica et manotensione de qualsevoglia carcere o casa dove se haverà diregere justitia. S. C. Placet Illustrissime Domine verum dicta Universitas non possit uti dicto capitulo.

Si chiede che i vassalli non siano tenuti a prestare gratuitamente alcuna opera di riparazione del castello o di altra costruzione, né manutenzione di carcere o di Curia. Il capitolo non venne concesso, infatti il placet della duchessa contiene la dicitura che l'Universitas non può usarlo.

 

  De la imunità de lo erario et altri officiali (4)

Item se supplica quando dicta Illustrissima Signora se volesse servire de soi vaxalli in lo officio de lo erariato o altri soi agenti che allora se possa servire et trovasse de dicti homini per li dicti exersitii et stipendiarlle ad suo conveniente modo, tale che ditta Università non sia tenuta universitatis nomine trovarelle se esiigerelle o altramente darelle ad sua Illustrissima Signora universali nomine; et che li preditti non siano tenuti invisi et sensa justo salario servireno. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Il capitolo chiede che in caso di bisogno dei vassalli per il servizio dell'erario o di altri agenti si debbano prendere uomini addetti a tale servizio e stipendiarli in modo conveniente, e che l'Universitas sia esonerata da eleggere tali uomini con nomina obbligatoria (universali nomine) e che questi non siano considerati straordinari (tinuti invisi) e senza salario. Il capitolo viene concesso.

 

  Dela imunitate de non exigere li annuj rediti et jus gradante et non se fare se non reintegrazione (5)

Item se supplica atteso dicta Università et homini di essa non sono tenuti exigere li annui rediti né lo jus gradante seu laudemij de le robe rediticie a la decta Corte, però reste servita confirmare la decta immunitate et peso de dicti exaziuni nec non se supplica non fare alcuna reintegratione de ditte robbe renditicie nisi post unum mensem computandum a die banni faciendi ad inventariandum bona redititia ditte Curie infra lo quale siano tenuti tutti comparerno coram persona ad id specialiter deputanda et confessareno li boni redditij che possedeno et la quantità de rendito et quillo elapso se possa fare detta reintegratione ad sui libitum. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che l'Universitas e i suoi uomini non siano obbligati a esigere i redditi feudali mentre la duchessa sia tenuta a confermare i beni gravati da tali tasse e nel caso di revisioni ciò avvenga dopo relativo bando dell'inventario dei beni sottoposti a tassa feudale concedendo un mese entro il quale si possa fare la denunzia dei beni e della quantità del reddito.

Nel territorio solofrano non tutte le terre erano gravate dalla tassa annua feudale e dal laudemio o degradante. Su questi beni la tassa poteva essere aumentata dalla feudataria che si insediava nel feudo o quando ella lo riteneva necessario oppure poteva anche aumentare il numero delle terre a lei redditizie per cui era necessario che se ne facesse l'inventario. Questa operazione si chiamava reintegrazione cioè revisione del reddito o della massa feudale. Da considerare che Solofra usciva da un periodo di assenza del feudatario. La raccolta delle rendite era a carico della Orsini.

 

  Libertate de lo furno (6)

Item se supplica ut supra atteso epsa Università sono liberi et exempti da la servitute de lo furno perchè cada uno de dicta terra et habitante in epsa pote e li è licito tenersi furno in casa o in altri lochi et cocerese pane tanto per uso suo et de amici, parenti et vicini quanto per pane ad vendere et altri usi como è notoria; per tanto se supplica che de cetero epsi citatini et habitanti in ditta terra resteno sicome staino al presente in la midesimo libertate, exemptione et imunitate de posserno se far dicti furni et pani dove vorraino et quando vorrando per lle lloro robbe; et sic de novo edificarnoce ad lloro arbitrio senza contradictione, pagamento o licentia de detta Illustrissima Signora et sui heredes et successori et officiali de epsa. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede di avere la libertà di poter avere in casa il forno o in altri luoghi e di panificare liberamente tanto per uso proprio, dei parenti, amici o vicini, quanto per la vendita e di costruirne dei nuovi senza che ciò sia gravato da tasse o dazi.

In altre località questa era una servitù feudale mentre la comunità solofrana l'aveva goduta anche precedentemente. Da tenere presente che questa libertà era stata contemplata nel contratto di vendita del feudo, quindi il capitolo non faceva che attuare una clausola contrattuale e che l'inosservanza di questo capitolo fu tra i capi di accusa nella causa contro la Orsini.   

 

  Imunitate delle gabelle, catapania, portholania, cecha et altri contenti in questo presente capitulo (7).

 

Item se supplica atteso epsa Università have havuto et al presente have et tene come cose lloro proprie jura gabellarum omnium, iura ponderum, mensurarum, platee, catapanie, portulanie et jus sicle ditte terre cum ipsarum possessionibus, dominijs, proprietaribus, usibus, consuetudinis solitis et capitulis scriptis et non scriptis cum potestate illa habere absque interventu Curie exercendi et debitu percipiendi penas a contravenientibus exigendi et illas a fraudantibus in capitulis contentas: cum annexis et condexis ac emergentibus ad presens quae etiam sint et esse debeant ac remaneant prout sunt dicto pleno iure jure in dominio, proprietate et possessione ipsius Universitatis et hominum taliter quod Curia in nihilum possit se in illis inmiscere aut aliter se intromictere, et pretendere quacumque ratione vel causa pretensa, cum semper fuerint ipsius Universitatis ut supra et sicome ancora se dice in lo capitulo antiquo de la catapania n° 57. S. C. Placet Illustrissime Domine ut petitur.

Si afferma che l'Universitas ha sempre avuto il diritto di imporre le gabelle e altri jura e cioè dei pesi e misure, di platea, della catapania, della portulania, di fondere il metallo, ha avuto il godimento delle consuetudini, la possibilità di proporre capitoli statutari, la libertà di esigere debiti e multe, per cui si chiede che tutto ciò sia in suo pieno possesso senza l'intervento della Curia (il tribunale governato dal feudatario) come invece in un capitolo degli antichi statuti era stabilito. L'assenso feudale è accompagnato dal sintagma ut petitur che testimonia la contrarietà del feudatario a ciò che ritiene un suo diritto e che sarà in futuro un suo abuso.  

Si consideri che imporre le gabelle significava dare l'avvio ad un'attività produttiva o mercantile e riscuotere su queste del denaro. Tali diritti erano esercitati con precise regole scritte in capitoli, con uomini ed uffici addetti. Il fatto che l'Universitas chieda il non intervento della Curia dipende dal bisogno di difendere la principale attività locale dalle angherie che un tribunale feudale poteva esercitare, e dal fatto che essa si reggeva a gabella cioè traeva le entrate fiscali da questi tributi.

 

  Dello componere affictare lloro intrate et fare parlamento et altro contento (8)

Item se supplica atteso dicta Università se ritrova in possessione de fare et componere capituli et ad quilli jongere, mutare et mancare, tanto sopra lloro gabelle quanto sopra la catapania, techa, portolania et altre loro intrate cum penis et sine penis et absque interventu Capitanei sincome insino ad hogi hanno soluto et solene fare, per questo piaccia ad decta Illustrissima Signora confirmare detto solito che possano fare et refare, corregere et emendare, dicti capituli singulis annis cum penis et sine penis et possano vendere et affictare lloro intrate et gabelle et fare parlamenti liciti et honesti petita tamen venia licet non obtempta. S. C. Placet Illustrissime Domine quod servetur capitulum antiquum n° XXXXXX cum nostra decretatione.

Si chiede di confermare il diritto di legiferare cioè fare o cambiare i capitoli che regolavano l'ampia materia della tassazione senza l'intervento dei Capitani (i rappresentanti del feudatario). Si chiede ancora la libertà di affittare le gabelle, di indire il parlamento dietro richiesta e non per concessione. L'assenso richiama un capitolo precedente.

L'affitto delle gabelle (appalto) era un modo per riscuotere subito il denaro che sarebbe entrato con tale tassa entro l'anno, da una persona, detto gabellotto o arrendatore, che anticipava il denaro che poi si preoccupava di riscuotere, naturalmente guadagnandoci. Questo sistema gravava sulle comunità anche perché l'arrendatore aveva al suo servizio persone addette alla riscossione oppure subaffittava l'appalto. 

 

  Dello creare de officiali (9)

Item se supplica che ditta Università et homini di epsa seu electi et deputati o magior parte de lloro possano fare eligere et creare lo sindico, electi et deputati al regimento: catapani, mastri portolani, mastri de cecha, sindicatori, advocati et procuratori per lo patrocinio tanto universali quanto particulari, judici annali per uno anno et infine quilli medesimo o in tutto o in parte confirmare aut in totum noviter eligere, ad arbitrio et voluntà de ditta Università seu soi officiali senza intervento de ditto Capitaneo o altro da parte de detta Illustrissima Signora et quilli facti darende notitia ad detta Illustrissima Signora retrovandosi a la terra et quando no in ditta sua absentia al detto suo Capitaneo seu locatenente et poi subito se possano publicare. S. C. Placet Illustrissime Domine prout in capitulo antiquo n° LX fuit decretum. Verum creatio judicum annalium possit ad libitum fieri per Universitatem si velit.

Si chiede che gli uomini della comunità solofrana possano nominare tutti gli addetti al governo della Universitas e gli altri ufficiali, confermare alcuni, eleggerli di nuovi senza l'intervento del Capitano o di altri fiduciari della feudataria, ma solo comunicare a lei la avvenuta elezione, se è presente sul posto, o al Capitano, se assente, dopo di che pubblicare il risultato. Il placet non è completo, infatti la feudataria dà l'assenso solo per la elezione dei giudici annuali e, come per il capitolo 60 del precedente corpus, non concede la libertà della elezione degli altri ufficiali che in effetti avveniva con l'intervento del Capitano.

 

Era questo un altro dei famosi abusi feudali che i Signori imponevano ai loro vassalli e che la corona non era mai stata in grado, fin dal tempo angioino, a ridare alle comunità. Da considerare che nel capitolo 60 non si permetteva alla Universitas di creare autonomamente i suoi ufficiali con una forte ingerenza del potere feudale che veniva a controllare tali elezioni e quindi il governo della comunità e nell'attività mercantile che in tal modo non era autonoma.

 

 De non possere procedere ad exactione de pene ex offitio circa concernentia gabellas, catapaniam, portulaniam, jura ponderum et mensurarum (10)

Item se supplica che quando li homini de detta terra o habitanti in epsa incurrissero in qualsevoglia pena contenta in li antiqui capituli o in li supradicti et infradicti circa concernentia gabellas, catapaniam, portolaniam, jus ponderum et mensurarum ditte terre per alcuna contraventione che facissero in altra pena de banno inposto per li catapani, portolani, mastri de techa et gabelloti o vero in alcuna pena contenta et compresa in li capituli dele cose preditte, allora li officiali de sua Signoria Illustrissima non possano modo aliquo procedere a la exactione de ditte pene nisi parte accusante instante et interesse pretendente o vero ad instantia de li supradicti officiali et gabelloti et quando serà invocato lo braccio de lo officiale de vostra Signoria Illustrissima allora detto officiale habia solum la quarta parte de la pena contenta in ditti capituli seu bandi. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che quando i cittadini di Solofra o persone abitanti in essa incorrano in multe contemplate nei capitoli statutari circa le gabelle, i dazi o altre contravvenzioni gli agenti del tribunale non possano procedere alla loro raccolta se non è presente la parte che accusa e solo se è chiesto l'intervento del Tribunale.

In effetti qui si chiede che il Tribunale feudale intervenga solo quando c'è la richiesta dell'interessato e non ex ufficio. Ciò perché c'era la possibilità della composizione della vertenza per il vario modo con cui si risolvevano i rapporti fiscali, per cui si poteva arrivare alla composizione della vertenza, e per evitare ritorsioni o prevaricazioni feudali.

 

  De la libertà de le acque (11)

Item se supplica ut supra che tutte le acque che sono in dicta terra et sue pertinentie et dixtrictu nate et nascende tanto in lochi puplici quanto privati siano et habiano di essere sicome sono al presente de detta Università et homini de essa in dominio, proprietate, uso, usufructo et possessione una cum jure ducendi et derivandi cum rivolis etiam pluvialibus ac fontibus in earum apothechis consariarum factis et faciendis in eorum domibus et possessionibus et in aliis locis tam puplicis quam privatis et cum fontibus, rivis et cum cursibus tam extiviis quam hiemalibus sorditis et claris in lochis puplicis decursis et decurrendis ac cum omnibus juribus, proventibus, redditibus et aliis omnibus gagiis et emolumentis ex inde proventibus ad eaque ditta Illustrissima domina et eius heredes et successores nullum jus super eisdem intelligantur habere nec modo aliquo remanere sed ditte aque ut supra sint integre ipsius Universitatis et hominum ipsius una cum molendino ibidem existente erecto et aliis forte erigendis cum jure percipiendi redditus et fructus ipsorum; verum ipsa Illustrissima Domina possit uti et frui ad sui libitum, prout primus civis et quilibet civis, utitur et uti posset. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che le acque del territorio, sia che nascano da luoghi pubblici che privati, debbano essere considerate di dominio pubblico con diritto di uso ed usufrutto e con la possibilità di farne derivare canali anche pluviali e fonti per le botteghe di conceria, per le abitazioni e altri possedimenti e per altri luoghi pubblici e privati e con corsi estivi e invernali tanto per le acque lorde che per quelle chiare e con ogni guadagno proveniente dall'uso di dette acque. E che su queste acque né la feudataria né i suoi eredi possano avere alcun diritto, né in alcun modo mettere in discussione tale diritto, insieme con i mulini. L'acqua può essere usata dalla duchessa a suo piacere come primo cittadino e come ogni altro cittadino.

Importante capitolo che sottolinea il diritto dell'uso di un bene demaniale, essenziale per lo svolgimento della principale attività artigianale locale, che sarà oggetto di sopruso e alla base della causa intentata dalla Universitas contro la Duchessa nel 1575. Il demanio, di cui l'acqua era un bene, faceva parte degli usi civici, era cioè un diritto delle comunità.

 

  Della libertà dele montangne (12)

Item supplicantur ut supra quod omnes montes, colles et nemora, saltus et antra, cum annexis et ipsorum legnaminibus, vivis et mortuis, cum fructibus et glandibus, cum pascuis herbarum ac fructitum seu machiarum et juribus eorum omnibus sint et esse debeant, prout sunt, et remaneant in possessio et esse ditte Universitatis et hominum ipsius, prout semper fuerunt et de presenti sunt in eorum dominio, usu, proprietate et comoditate, cum quilibet civis predictis omnibus ad eius libitum utatur, quia modo aliquo numquam fuerunt alienata nec alienabuntur nec in illis fidabitur sed retinentur pro comoditate ipsorum quibus etiam ditta Illustrissima Domina possit uti ut primus et quilibet civis utitur et uti posset. S. C. Placet Illustrissime Domine.

 Si chiede che i monti, i colli, i boschi, i salti e gli antri insieme a tutto ciò che ad essi è legato, con la legna viva o morta, con i frutti e le ghiande, con i pascoli di erbe e di frutti e con ogni loro diritto siano in possesso completo della comunità, come è sempre stato ed è tuttora, e che possano usarli in qualsiasi modo, ma non darli in garanzia né in fida (concedere un bosco ad altri) poiché mai tale possesso fu loro alienato. Si sottolinea che la duchessa può usare tale bene come primo cittadino e come l'usano tutti gli altri cittadini.

È questo un altro degli usi civici sul demanio pubblico che non sarà rispettato dalla feudataria nonostante la concessione del capitolo. Da considerare la grande fonte di sostentamento che erano le montagne a cominciare dalla legna per riscaldamento, per materiale da costruzione, ai pascoli, all'uso delle ghiande per gli animali e per la concia e così della scorza di castagno e quercia. La ghianda è ricordata particolarmente più della castagna per il suo doppio valore di cibo per gli animali e di materiale per la concia. La montagna serviva ancora per la caccia e per la preparazione del visco.

 

  De non pagare degradante quando ge ci lo pacto de retrovendendo (13)

Item supplicatur ut supra che quando alcuno de ditta terra o habitante vendesse seu aliter quovis modo alienasse alcuna roba stabile reddititia a la corte, de la quale non se pagha lo jus degradante seu laudemio, cum pacto de retrovendendo, non obstante che dicto pacto non fosse in eodem instrumento ma peraltro sub sequente eodem die, puro che sia convenuto de retrovendendo tempore venditionis; et de po se retrovendesse al primo venditore, che in isto casu se habia da pagare uno degradante tantum per lo primo venditore, excepto si se desse in dote a parentibus, filijs aut nepotibus et aliis casibus a jure permissis. S. C. Placet Illustrissime Domine dummodo fiat unico contextu alias servetur jus.

Si chiede che quando un cittadino vende o si aliena un bene redditizio alla corte (su cui grava un censo feudale) non venga pagato il degradante o laudemio (tassa che gravava sulla vendita dei beni e che doveva essere pagata dal venditore e dal compratore) quando c'è il patto di retrovendita (diritto di poter ricomprare il bene), anche se tale patto si trova in altro strumento e purché esso sia convenuto all'atto della vendita. Se il bene è retrovenduto al primo venditore (chi ha avuto bisogno del prestito) in questo caso la tassa dovrà essere pagata solo da lui. Ciò non vale se il bene viene dato in dote a parenti, figli, nipoti o altri che ne hanno diritto.

Questo capitolo è legato alla pratica, molto usata in un ambiente mercantile, di fare prestiti dietro cessione di un bene non solo come garanzia, ma soprattutto per godere degli interessi (in quel tempo proibiti) legati al prestito. Il degradante avrebbe appesantito molto lo scambio commerciale per cui si cercava di limitarlo. Poiché succedeva anche che il bene facesse vari passaggi, in quanto chi lo teneva in garanzia poteva cederlo ad altri, ecco perché il capitolo dice che quando il bene tornava al primo venditore, che ne era il vero possessore ed era colui che aveva avuto bisogno del prestito, la tassa veniva pagata da costui. Il capitolo proteggeva dunque il finanziatore. Vedi il capitolo relativo del corpus precedente.

 

  Libertà de andare de notte (14)

Item se supplica che li homini de ditta terra o habitanti in epsa pozano annare noctis tempore per li territori et distritti de ditta terra o per la piaza et lloro possessiuni et alloro poteche, senza foco absque metu pene et proibitione alcuna ad tale, per esserno al pui artificij, possano annare ad fare lloro arti et altri lloro exersitii et fatiche. S. C. Placet Illustrissime Domine usque ad tres horas noctis tam de mane quam de sero.

 Si chiede che gli uomini di Solofra o gli abitanti in essa possano camminare di notte in tutti i luoghi, in piazza o nei loro possedimenti e botteghe senza portare torce accese, senza timore di pene e senza divieto, poiché essi sono nella maggior parte artigiani per cui debbono potersi recare ad esercitare le loro arti. Il placet feudale limita l'andare di notte fino a tre ore sia di sera che di mattina.

Si tenga presente che la concia richiedeva che le pelli venissero mosse spesso nell'acqua contenente il tannino per cui era necessario ridurre la stasi notturna. La duchessa invece tendeva ad ostacolare l'andare di notte per evitare che i malintenzionati potessero approfittarne. Questo capitolo non sarà rispettato e sarà tra i capi di accusa della causa intentata contro di lei dalla Universitas.

 

  Libertà de andare ad cazzia (15)

Item per che in le venatuini et caziare è stato como è sempre libero a li homini de detta terra quocumque tempore et loco de epsa, pertanto se supplica che tale immunità lloro sia observata et cussì possano et vogliano andare ad cazzia de qualsevoglia aucello et animale silvagio senza licentia saputa et contradictione de detta Illustrissima Signora et soi officiali qualisivogliano con arme spectanteno ad uno de ditta cazzia. S. C. Placet Illustrissime Domine sed non [cum] scuppettis.

Poiché l'andare a caccia è stato sempre libero ai cittadini di Solofra, si chiede che si conservi tale immunità e che essi possano andare a caccia di qualsiasi uccello o animale selvatico senza permesso e senza alcun ostacolo da parte della duchessa o dei suoi uomini e con qualsiasi arma addetta alla caccia. L'assenso feudale proibisce l'uso dei fucili da scoppio.

La feudataria tende a limitare l'uso delle armi da fuoco. La licentia saputa è il permesso ottenuto in seguito a richiesta. Anche questo capitolo non fu rispettato dalla Orsini.

 

  De lo indulto generali (16)

Item se supplica vostra Signoria Illustrissima come ei bono solito, de tutti li Illustrissimi Signori pari de quella che reste servita, indultare et perdonare, parte concordata infra sex menses, ad tutti delinquenti, sopra ad tutti crimini et delicti etiam assassinij, sudomie et altri crimini, exceptuati forsan commissi per li homini citatini o habitante in ditta terra fi al dì che pigliarà possessione de detta terra, etiam si se retrovassero alcuni delinquenti carcerati. S. C. Placet Illustrissime Domine dummodo infra sex mensem habuerint pacem a parte offensa infra quos non liceat eis adherere dicte terre per quatuor miliara.

Si chiede alla feudataria, secondo l'uso di ogni Signore all'atto della presa di possesso del feudo, di indultare e perdonare, mediante accordo ed anteriormente a sei mesi, tutti i delinquenti e tutti i crimini e i delitti, anche assassini, sodomie ed altro, eccetto quelli commessi dai cittadini o abitanti di Solofra dal momento in cui è stato stipulato l'accordo di vendita del feudo fino al momento della sua presa di possesso, anche se i delinquenti fossero in carcere. Il placet sottolinea che l'indulto viene concesso a patto che i criminali saranno perdonati dalla parte offesa entro sei mesi e che stiano lontani da Solofra 4 miglia.

L'indulto prevedeva un accordo tra le parti (Universitas e feudatario) circa il tempo da cui dovevano essere considerati i delitti. Esso si applicava nel territorio sottoposto all'autorità che lo concedeva.

 

  Che li condepnati et incursi in pena possano annare ad gratia (17)

Item se supplica che qualsevoglia persona de dicta terra o habitante in epsa che serà incorsa o condepnata o composta in alcuna pena pecuniaria, non possa essere molestata o costretta da lo Capitanio o erario a la satisfactione de quella, nisi prius elassi uno o dui jorni essendo dicta Illustrissima Signora in Solofra; et si fosse in Napoli o in altre parti del suo stato nisi elassi tanti jorni infra li quali lo debitore de la pena possa essere annato et retornato da lo locho dove se troverà commorare vostra Signoria Illustrissima; et questo ad tale che fra ditto tempo se possa liberamente annare ad gratiam ad sua Illustrissima Signoria, et maxime da li poveri che al più soleno incorrere in dette pene; et quando alcuni de li preditti se retrovassero, per causa de dette pene, carcerati seu li predicti officiali le volessero carcerare, dandono per dicta pena pregiaria o pigno sufficiente non se possano detenere ad tale, vagliano annare ad gratiam fra dicti termini quali se intengano corsereno a die sequenti dati pignoris vel fidejussionis seu liberationis a carcere. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che ogni persona condannata non possa essere molestata dal Capitano per il pagamento della pena se non siano passati due giorni nel caso in cui la duchessa si trova in Solofra e se è a Napoli o in altri luoghi, i giorni bastanti per l'andata e il ritorno e che in questo tempo tale persona possa liberamente muoversi per chiedere la grazia feudale, soprattutto se sono poveri, che sono coloro che maggiormente incorrono in tali pene; se costoro fossero carcerati o in procinto di esserlo che essi possano pagare una fideiussione per andare a chiedere la grazia e il tempo deve essere calcolato dal momento del versamento della stessa.

Bisogna considerare che il mancato pagamento di un debito, situazione molto diffusa in un ambiente mercantile, richiedeva la carcerazione perciò era frequente il ricorso alla richiesta di grazia feudale. La grazia era un atto di potere feudale col quale veniva sospesa l'efficacia di una pena che in questo caso era di carattere pecuniario. L'esenzione poteva avvenire prima della condanna, e in tal caso il giudice non poteva pronunciarsi, oppure dopo ed allora la condanna non veniva eseguita. In genere la duchessa concedeva una dilazione non la cancellazione della multa.

 

  De la franchitia de la corte (18)

Item se supplica che dicta Illustrissima Signora et sui heredes et successori con sua Corte et Capitanio non siano franchi se non della gabella dello pane quando sello farando in casa et non de altro pane et robe commestibile che se compareranno in piaza et se vendeno in potecha ad menuto o ad rotolo, che allora siano tenuti pagare lle gabelle correnteno sopra lle dette robe come pagano tutti li altri cittadini; et che nde la carne ne siano franchi si non de denari tre per rotolo, atteso un altro denaro che ge ci ultra li dicti tre denari se pagha per li preiti et fratri perché ge sta et va per lo pesone, scannagio, faticha et servitio de li buzeri; et lle dette franchitie allora se intengano et se habiano da observare, si non per uso de sua famiglia, servituri et officiali quali commorarniano et starnano dinto decta sua casa a lo victo de decta Illustrissima Signora et per uso del Capitanio et Auditore de ditta terra et de lloro fameglia quale sterrà ut supra. Alle spese et victo de dicti Capitanio et Auditore, et non per altri servituri officiali et famiglia o per lloro moglie et figli et familiari quali non habitassero dentro detta casa et stessero ad dispese et victo de decta Illustrissima Signora, et cussi del Capitanio et Auditore nec se intendano franchi per lloro amici et parenti o familiari extra eius domum ut supra habitanti et commoranti quomodocumque. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che la feudataria e i suoi successori, la sua Corte e il Capitano siano esenti solo dal pagare la gabella del pane se lo fanno in casa, mentre devono pagarla insieme a quelle di ogni altra cosa commestibile che compreranno nelle botteghe del paese sia al minuto che al rotolo così come fanno tutti i cittadini di Solofra. Per la carne l'esenzione è di tre denari al rotolo più un altro denaro al rotolo che si paga a favore dei preti e dei frati di Solofra poiché sulla carne pesa lo scannaggio, la fatica e il servizio dei macellai. Tali esenzioni devono intendersi solo a favore della famiglia, dei servitori e degli ufficiali che abitano la casa della feudataria e siano a suo carico, ed a favore del Capitano e dell'Auditore con le loro famiglie, ma non per altri servitori, ufficiali, famiglie ed amici che non abitino nella casa di costoro.

 

  De la ragione de la taberna (19)

Item quod in jure taberne, cesse per dictam Universitatem ditte Illustrissime Domine senge includano et senge danno lle casi et terreno dove al presente senge exersita dicta taberna in piazzia puplica iuxta li boni de messer Iacobo Roncha, iuxta li boni de messere Sipione de Jacobatis et del quondam messere Gregorio Giliberto, quali terreno et casi epsa Università lle tene conducti ad infiteasim de lo clero et capitulo de Santo Jacobo sub annuo censu de ducati dieci docto; ita che dicta Illustrissima Signora et soi heredes et successori siano tenuti rendere lo dicto annuo censu et redditu anno quolibet al dicto clero; et pui con lle dette case et terreno la ditta Università cede un altro pezo de terreno lo quale lo comparao ipsa Università dal quondam messer Alberico Fasano conjuncto con lo ditto terreno de Santo Jacobo, justa li boni delli dicti messer Jacobo et messer Sipione et altri; in llo quale terreno possa ad suo modo edificare et che in lo cortiglio et terreno vacuo che resterà avante sia licito a li homini de dicta terra et forastieri scarrecareno, venderno et conpararno et tenerge mortelle, lane et altre robe mercantile et li poveretti et altri vendernoge feni, herbe et altre lloro cose et fructi. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si afferma che riguardo al diritto sulla taverna, concessa alla feudataria, devono intendersi compresi gli edifici ed il terreno dove si esercita l'attività di Taverna e cioè nella piazza pubblica, confinante con i beni di Jacobo Ronca, di Scipione Jacobatis e del fu Gregorio Giliberti, beni che l'Universitas tiene in enfiteusi dal clero di San Giacomo per ducati 18 l'anno, che la Duchessa è tenuta a pagare. Poi può usare un altro terreno comprato dalla Universitas al fu Alberico Fasano, confinante con i beni di San Giacomo, di Jacobo Ronca e Scipione Jacobatis, nel quale ella può costruire, con l'impegno di permettere ai cittadini e ai forestieri di usare il rimanente spazio per caricare, scaricare e vendere, per tenervi lana, mortella ed altre mercanzie e ai poveri i loro prodotti.

Importante questo capitolo che descrive il luogo dove si teneva il mercato che corrisponde all'incrocio tra le odierne vie Felice De Stefano, Luigi Landolfi, Lavinaio e piazza Umberto I.

 

  Dello allogiare (20)

Item supplicatur ut supra che sia licito ad ciascheduno cetatino o commorante in dicta terra, che non farà taberna, possere allogiare qualsevoglia frostieri et altri amici et parenti, con bestie et senza bestie, de die et de nocte, per quanto tempo li piacerà, dummodo non ne piglie stallagio o altro salario et ad quilli dare victo ad suo piacere; et si alcuno citatino o habitante facesse o facesse fare taberna in piaza puplica de ditta terra o in altri lochi che possa cocinare et dare ad mangiare et ad bevere ad qualsevoglia forastieri o citatino ge volrà magiare et possa allogiare bestie lo dì tantum, ma la nocte non possa per modo alcuno allogiare dette bestie si non quelle le quale non capissero a la stalla de la Corte, ita che, piena che serà decta stalla, dicti citatini possano allogiare dette bestie de li quali detta stalla non serà capace; et che sia licito ad dicti tabernari allogiarno de nocte et dareno lecti ad forastieri cum salario. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che sia permesso ad ogni cittadino, che non alloggia a pagamento (non farà taberna), di ospitare forestieri, amici o parenti con bestie e senza, sia di giorno che di notte e per quanto tempo loro piacerà, purché non si faccia pagare e può dare a costoro vitto a suo piacere. Quei cittadini o abitanti che invece vogliono fare taverna, sia nella piazza pubblica sia in altri luoghi, possono farlo con cibi e bevande e possono alloggiare bestie, ma solo di giorno e di notte solo per quelle bestie che non entrano nella stalla della Corte, e allo stesso modo sia permesso di alloggiare di notte con salario.

 

  De lo tabernaro de la corte seu dohanero che debia stare allassisa et gabelle come ogni altro citatino (21)

Item supplicatur ut supra che lo ditto dohaniero seu tabernaro de la Corte, che sterrà in detta taberna, sia tenuto et debia stare alassisa, quale le imponernano li catapani et grasseri de ditta terra, et cussì alle gabelle de vino et tutte le altre gabelle et cose come tutti li altri citatini et vendere vino et altro equalmente; et quando lo dicto tabernaro facesse lo contrario incorrà a la pena da se li imponere per dicti [catapani] seu grasseri, la quale de facto la possano exequire non obstante che lo capitulo antiquo 79 dica ad beneplacitum vostra Signoria Illustrissima ge lo conceda in perpetuum per se et heredes et successores dempto beneplacito. S. C. Placet Illustrissime Domine, non obstante capitulo antiquo dicente beneplacito numero 79 sed servetur in perpetuum, annullato beneplacito.

 Si chiede che il doganiere o taverniere della Corte sia obbligato a rispettare i prezzi che i catapani e i grassieri dell'Universitas imporranno, che rispettino le gabelle del vino e tutte le altre come ogni cittadino di Solofra in caso contrario dovrà pagare la multa imposta dai catapani e grassieri anche se un capitolo precedente, il 79, dice che bisogna chiedere il permesso feudale. Il placet consente di annullare la richiesta di beneplacito, ma sottolinea che il capitolo antico indicava che la prerogativa feudale era perpetua.

Il capitolo fa intendete che il doganiere, essendo una persona del feudatario, incorreva in irregolarità non sanzionate. L'assisa era il diritto della Universitas di imporre i prezzi e le gabelle sulle mercanzie cosa che doveva essere fatta da suoi ufficiali, detti catapani e grassieri. Poiché Solofra si reggeva a gabelle, cioè poggiava le entrate fiscali sulle gabelle, si comprende come fosse importante controllare questa attività ed avere persone di fiducia che la gestissero. Tutto ciò invece non avveniva, poiché come si è visto sopra l'Universitas, non era libera nella elezione di questi ufficiali che invece il feudatario imponeva.

 

  Se concede a la Illustrissima Signora lo jus dohane con li franchi che siano franchi (22)

Item per che ditta Università have cesso et venduto a la ditta Illustrissima Signora lo jus dohane, quali li competeva, per tanto se declara che dicta ragione de dohana non se habia da intendere si non contra de quelli forastieri et quelle terre et lochi quali sono soliti et deveno ge pagare lo dicto jus dohane, et cussì se cede et vende con lli franchi che siano franchi et exigere lo deritto de lo jus dohane secundo e solito. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Poiché l'Universitas ha concesso e venduto alla feudataria il diritto della dogana, si dichiara che questa tassa sia imposta a quei forestieri e quelle terre che ne hanno l'obbligo, mentre ne devono essere esenti le terre che godono di franchigia (che i franchi siano franchi).

Si consideri come il capitolo sottolinei che il diritto è stato venduto alla Orsini e come più giù si dica se declara e non supplicatur. C'erano inoltre terre che godevano sui prodotti solofrani delle franchigie il che ne agevolava il commercio. Vale considerare le franchigie concesse dagli Angioini ai medici Fasano.

 

  Che li carcerati non se possano extrahere da la terra (23)

Item supplicatur che li carcerati, quali pro tempore seraino cetatini o habitanti in ditta terra, tanto in le prime quanto quando contingerit in lle seconde cause, detta Illustrissima Signora et soi officiali qualsevogliano non le possano né vogliano, quovis modo et quavis causa, etiam justissima, extraherelo dalle carcere destricto et pertinente de detta terra et soi casali, ma quilli habia da tenerelle et fare stare carcerati si non in lle carcere delle casi et palazo dove se regerà corte, et li criminali in altro carcere più suso, considerata tanem qualitate personarum; et che se li possa dare ad magnare et parlare a li tempi et hore debite, et che lo Capitanio habia da stare et regere la Corte et justitia in piaczia publica de ditta terra. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che i carcerati per qualsiasi delitto non siano allontanati dalle carceri di Solofra, sia quelle del palazzo feudale che quelle della Corte, e che solo i criminali più pericolosi possano stare in un carcere diverso, che essi siano alimentati, che si possa parlare con loro al tempo opportuno. Si chiede infine che il Capitano diriga il tribunale nella piazza pubblica.

Da considerare che il feudatario tendeva a liberarsi dei carcerati cacciandoli dalle terre di loro dominio. A Solofra i carcerati più pericolosi venivano posti nelle carceri del castello. 

 

  Delle franchitie de le terre (24)

Item supplicatur perchè Montoro, Serino, Sansoverino, Forino, Atripalda, Avellino et lo Sorbo et altre terre sono franche con nui delle pene de danni dati, de legna morta et acqua, cossì ipsi supplicanti hancora sonno inmuni de le cose preditte con le prenominate terre; pertanto se supplica che sia observata quella imunitate ad lloro, circha le cose preditte le quali ipsi observano et farraino observare ad nui citatini et commoranteno in detta terra. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Poiché i solofrani che abitano nelle terre del circondario e cioè Montoro, Serino, San Severino, Forino, Atripalda, Avellino e Sorbo Serpico sono immuni dai danni apportati quando vanno a raccogliere la legna o usano l'acqua in quelle terre, così si chiede che avvenga per i cittadini di quelle terre che abitano a Solofra.

 

  De lo sindico possa exigere senza accusare instrumenti (25)

Item se supplica che lo Sindico et Electi o altra legitima persona da lloro parte possano convenire li gabellotti et altri debituri quali se vogliano de essa Università et lloro paragi et qualisivoglia altri exigenti le intrate de ditta terra in qualsevoglia summa oretenus; et la corte sia tenuta fare debito complemento de justitia et astrengere realiter et personaliter ad electionem ipsorum, per simplicem ostensionem instrumenti seu prothocolli in carta bammacina, quando supra de ziò ge apparessero, absque citatione seu aliqua contumatia accusata; et sic dictum instrumentum seu prothocollum in carta bambacina ut supra habeant executionem paratam, non obstante quod non esset liquidatum et aliqua probatione egeret quibuscumque juribus et ritibus in contrarium non obstantibus ad hoc, ut funtiones fiscales et reditus ipsius, Illustrissime Domine solivi possint et aliis creditoribus ditte Universitatis, ut evitentur dapnna et interesse que faciliter possint evenire et non propterea debitores sint in pena et si possano astrengere ut supra exequtivo modo li ditti debituri qualsevogliano di epsa Università etiam che contra de epsi non ci apparesse cautela o scriptura alquna. S. C. Placet Illustrissime Domine.

 Si chiede che il Sindaco e gli Eletti al governo della Universitas od altra persona da loro incaricata possano convocare i gabellotti, o altri debitori della Universitas o altra persona addetta ad esigere le entrate, oralmente cioè senza far intervenire la Corte; che la Corte invece intervenga solo dietro richiesta con la semplice presentazione degli atti senza alcuna citazione; cosicché il semplice strumento basti ad ottenere il pagamento anche se è in corso un giudizio, e ciò affinché si possa assolvere alle funzioni fiscali e ottenere il pagamento dei debiti evitando il peso delle multe e delle relative azioni legali.

Il problema della riscossione delle tasse era molto sentito nella comunità mercantile solofrana con rapidi movimenti di denaro e possibilità del suo impiego. Era necessario pertanto rendere più veloce e sciolte le procedure anche in caso di ritardato pagamento. Da considerare che la Corte locale era governata da persone del feudatario che avevano tutto l'interesse ad aprire onerose procedure di riscossione.

 

  Che lo Capitaneo sia doctore (26)

Item se supplica che Vostra Signoria Illustrissima conceda et conferme che lo Capitaneo, che averà da essere pro tempore in ditta terra, sia annale, regnicolo et utriusque juris doctor con privilegio auctentico, destante da la detta terra ad minus per quindici miglia, secundo lo privilegio dello demanio; et che non sia modo aliquo neapolitano, a lo quale detta Università et homini de essa non siano tenuti dareno né pagha, né lengna, né carcere, né casa francha dove haverà da commorare et regere justitia né altri suppellectili de casa o spese per li primi dì come se potissero pretendere. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che il Capitano abbia l'incarico solo per un anno, abiti nel Regno, sia laureato, provenga da una località distante quindici miglia da Solofra e che non sia di Napoli; che l'Universitas non debba dargli paga, vitto, alloggio e neanche il luogo dove dovrà reggere la giustizia o tenere le carceri.

Era importante prendere precauzioni nei riguardi di questa figura che poteva mettere in atto molte prepotenze. Il chiedere che non fosse di Napoli era perché il napoletano aveva diritto a molte franchigie. Anche questo capitolo fu oggetto della causa contro la Orsini.

 

  Che li homini de la Università non siano tenuti fare guardia a lo Capitanio (27)

Item supplicatur ut supra che quando lo Capitaneo de detta terra o Auditore si contigerit o Locotenente volesse andare ad exiquire seu pigliare alcuno contumace o exersitare sua jurisdictione in la ditta terra, casali, destritto, seu extra territorio et se volesse servire de alcuni citatini o commoranteno in ditta terra, che allora dicti officiali se possano servire de quilli citatini li quali sono soliti et acti ad tale exersitio, salario justo mediante; et cussì ancora dicta Università non sia tenuta dare manivolto, nè altro ministro de justitia, né cippi, né ferri, né manette, né funecello, né altri instrumenti concernenteno custodia de ditti carcerati, maxime che la Università preditta li have cesso et donato tutti li proventi li quali erano tutti soi et serverando per li effecti et cause preditte. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che se il Capitano o altra persona della Corte ha bisogno di persone per il loro ufficio debba servirsi di cittadini addetti a tali attività e dietro salario; che la Universitas non sia tenuta a dare gli strumenti dell'esercizio della giustizia poiché quelli che possedeva li ha già dati.

La giustizia era esercitata dal feudatario, ma nel periodo demaniale fu esercitata da un Capitano di nomina regia e a carico della Universitas come il capitolo fa intendere.

 

  Che lo Capitaneo non possa far compositione nisi prius parti concordata (28)

Item se supplica che lo Capitanio, qui pro tempore erit Auditore seu Locotenente in ditta terra, non possa per modo alcuno fare compositione alcuna, civile o criminale seu mixta, palese vel occulta, nè hanco transigere con alcuno contumace o inquisito per alcuno delitto o quomodolibet accusato de danni dati o incurso in altre pene de instrumenti o obliganze o inobedientie, che primo non sia satisfacta integramente la parte pretendente interesse, et si altramente farà, la compositione sia nulla, et teneatur parti ad debitum et interesse. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che il Capitano che esercita anche l'ufficio dell'Auditore o de Luogotenente non possa comporre alcuna vertenza di alcun tipo se non prima sia avvenuto l'accordo con la parte lesa; né possa concludere alcun accordo riguardante persone accusate di danni se non prima sia stata soddisfatta la parte che ha diritto al pagamento del danno, che altrimenti la composizione sia nulla e la parte lesa possa chiedere il risarcimento.

Ancora un altro capitolo a protezione dalle prevaricazioni del Capitano.

 

  Che lo accusatore non se possa obligare donde pentirse de la accusa (29)

Item per che tenimo capitulo antico numero 77 circa lo stornare et pentire de le accuse, noviter per Vostra Signoria Illustrissima firmato, et alcuna volta potrà accadere che lo Capitanio o Mastro de acti o Auditore, per extorquere et malingnare dicto capitulo, faciano obligare lo accusatore de quelle non pentire, nè stornare sub pena et juramento ac obligatione in forma; pertanto se supplica che non obstante che detto accusatore sponte et libere se obligasse per sé o per altro da sua parte de non pentirse et de non remettere la ditta querela, accusa o denuntia, che nonobstante dicto iuramento pena obliganza, se possa pentire infra lo dicto triduo de lo quale parla ditto capitulo antiquo 77, et lo accusatore non sia perjuro, né sia tenuto ad pena, né ad observantia de ditto juramento. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Nonostante il capitolo antico n. 77 debitamente firmato dalla Duchessa, può capitare che il Capitano o altri della Corte non lo mettano in pratica, pertanto si chiede che l'accusatore non venga costretto a ritirare la querela o il giuramento e che possa farlo solo dopo tre giorni.

 Il capitolo 77 permetteva al querelante di ritirare la denunzia e poiché succedeva che tale diritto veniva estroto con questo capitolo si cerca di evitare questa eventualità. Vale la pena considerare come i vecchi capitoli venivano corretti o integrati, non sostituiti data la sacralità del corpus statutario.

 

  De lo exequire che have da stare lo Capitanio contra li debituri accusati (30)

Item se supplica che lo Capitanio et sua Corte et cussì lo Auditore sempre sia tenuto mandare li soi famigli et jurato de la Corte ad exequirno realiter et personaliter contra li contumaci accusati per debito de instrumenti et obliganze ad ogni semplece instantia de li credituri; li quali famigli et jurato portandono carcerato lo ditto debitore seu fandoli la exequtione, alhora se possano fare paghare al detto creditore tre grana in tutto; quale exequtione la possano fare senza lictere exequtoriale solum con lo ordine che li darrà lo ditto Capitaneo oretenus; et quando serrà pena de danni dati la Corte ge habia da mandare lo jurato sulo ad chiamare lo accusato, quale accusato non comparendo in termino perfixo per lo jurato, allora se possa mandare ad pigliare seu fare exequtione ut supra, et li ditti famigli et jurato ut supra, se possano fare paghare ut supra de tre grana tantum in tutto et per tucti lloro. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che il Capitano e gli uomini della Corte mandino gli uomini addetti (famigli) ad eseguire gli ordini di carcerazione dietro pagamento di grana 3 e oralmente; se invece la pena è per danni dati sia un giurato a consegnare l'ordine di comparizione e solo se questo non sarà rispettato allora si possa eseguire la carcerazione e i famigli e il giurato si facciano pagare 3 grana.

Il capitolo protegge i creditori visto che il commercio si poggiava sul credito per cui era necessario che le istanze di pagamento o le carcerazioni legate al mancato pagamento avvenissero velocemente, più lunga poteva essere la procedura per altri capi di accusa che prevedevano prima un avviso di comparizione. Bisogna considerare che il mancato pagamento poteva essere causato anche dal fatto che il creditore non era tornato in tempo da un viaggio mercantile.

 

  De lo auditore che stea in Solofra et che li acti dela appellatione se pagheno ut infra (31)

Item se supplica ut supra che quando dicta Illustrissima Signora accadesca havere le secunde cause da la Regia Corte habia da tenere auditore commorante in ditta terra o saltim destante sei miglia da ditta terra; et ditto jodice de le secunde cause non essendo doctore non possa procedere in dette cause se non con consiglio de utriusque juris doctor distante ut supra; et che li acti che si farrando per detto jodice se habiano da actitare per un altro mastro de acti et non per quillo de le prime cause; quali acti de le seconde cause se habiano da pagare in quisto modo: videlicet per qualsevoglia presentata de petitione o scriptura inclusa la citatione seu intimatione dasi fare a le parte grana cinco, et per qualsevoglia comparsa grana doe, et per qualsevoglia altra replica puro grana doe, et tutti altri acti citatiuni mandati et acti qualsevogliano decreti, liberatione et sententie se habiano da paghare secundo la tabula del mastro de acti de lo capitanio, et cussì ancora se intenga de le copie de processi et reperti et lo semele habia da observare lo ditto auditore quando contingerit interesse. S. C. Placet Illustrissime Domine, ma alli mastri d'acta se paga grana cinque per qualsivoglia presentatione de scriptura inclusa l'intimatione et per qualsivoglia replica grana due, in ceteris vero servetur tabula actorum in Curie Capitanei.

 

Si chiede che quando la feudataria avrà dalla Regia Corte il permesso di esercitare nella Corte solofrana anche le seconde cause tenga un giudice adatto per tali cause, che abiti a Solofra, che provenga da un paese distante almeno tre miglia e che sia laureato. Si chiede inoltre che il pagamento degli atti sia così stabilito: la petizione, la citazione o altra scrittura da farsi alle parti grana 5, per la richiesta di comparizione grana 2, per ogni copia grana 2, per gli atti, le citazioni, i decreti, le sentenze si seguano i prezzi già concordati. Il placet sottolinea che i 5 grani si devono pagare per ogni atto che fa la Corte, e 2 grana solo per le copie, negli altri casi si fa riferimento al listino presente nella Curia del Capitano.

 

 Che li mastri de acti siano notarii et steano ad sindicato (32)

Item supplicatur ut supra che li mastri de acti, tanto in le cause principale quanto de appellatiuni, habiano da essere notari puplici et annali, et in ingressu sui officij habiano da jurare et dare pregiaria de stare ad sindicato, juxta formam regie pramgatice, et de observareno tucti capituli concernenteno ditto lloro officio; et che ditti mastri de acti habiano da fare lo quinterno de li oblighi conpaginanto, et notare gratis tutti compositiuni et proventi quali se pagheno dalli accusati et condemnati, etiam siano tenuti notare et scrivere lo pentire seu stornare de le accuse salario mediante. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che i mastri de acti, sia nelle prime cause che in quelle di appello siano notai pubblici e annuali, che quando assumono l'incarico giurino, diano una fideiussione e siano sottoposti al controllo del proprio operato secondo la prammatica regia, che osservino i capitoli riguardanti il loro ufficio, che facciano un quinterno dei loro atti con pagine singole in cui vi annotino gratis tutte le cause fatte e i proventi pagati dai condannati, che invece annotino il ritiro delle querele dietro pagamento di un provento.

 

  De lo salario de le copie de processi cassature et altri (33)

Item supplicatur ut supra che lo capitulo antiquo numero 96 delle copie de li processi et reperti se habia da observare per li dicti mastri de acti, prout in eo continetur, tam in causis principalibus quam appellationum, et che non se habia da pagare per alcuno altro acto che se fa ad instantia de la corte, né se paghe examine che se troverrà facto o farà ad instantia Curie excepto acto de la transactione et remissione, ma solamente sia tenuto la parte transigente o remittente pagare quilli acti quali se retrovarnano esserno facti ad sua instantia, et non paghare li acti et testimonij de la parte accusante, denuntiante o corte inquirente; et li testimoni ad informationem Curie siano tenuti dicti Capitanio et Mastro de acti examinarelle gratis et absque salario aliquo. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che sia osservato il capitolo n. 96 circa il pagamento delle copie dei processi in entrambe le cause; che non si paghi alcun atto chiesto dalla Corte eccetto le transazioni e le remissioni per le quali pagherà solo la parte che li richiederà; che non si paghi per gli atti e per i testimoni di chi accusa così pure per i testimoni convocati dalla Corte per raccogliere informazioni.  

 

  Dello salario delle cassature (34)

Item se supplica che per qualsevoglia cassatura de processi meri criminali quando la parte volesse cassassero, lo mastro de acti non possa adomandare più che in quisto modo videlicet: si la causa o processo serrà a relegatione infra per cassatura de ditto processo inclusa la remissione de le parti se pagha detto mastro de acti grana cinque; et si la causa o processo serrà a religatione supra usque ad mortem naturalem exclusive se paghe per cassatura de detto processo al dicto mastro de acti incluse dette remissioni de parti tarì uno, et si lo processo serra super morte naturali, et per alcuna causa la Illustrissima Signora Duchessa ne volesse fare gratia o deminuire la pena, alhora se pagha al mastro de acti per detta cassatura inclusa la remissione da se fare per la parte tarì dui; et le cose predette se intengano tanto in li processi expediti per via de condepnatione quanto da transactione o rimissione, et altri processi civili o misti non se paghe si non grana doe quando la parte volesse che se cassassero, et per cassatura de obliganze o altri acti servetur capitulum antiquum n° 107. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede di stabilire il costo delle cassature che doveva avvenire per tutte le cause anche quelle di condanna naturalmente quando era stata scontata la pena o pagato il debito. L'articolo molto preciso nello indicare l'introito dovuto al mastro de atti considera anche la grazia feudale e si rifà ad un precedente capitolo.  

 

  De essere propria camera de sua Signoria Illustrissima (35)

Item se supplica Vostra Signoria Illustrissima che per sé et soi heredi et successori de familia Ursina se habia da pigliare et tenere detta terra de Solofra per propria sua Camera et salvaguardia con lle exentiuni immunitate et privilegij spectanteno ad cammara de barone seu duca paro de sua Signoria Illustrissima comfare lloro expedire privilegio in forma cancellarie a lloro di spesa continente in effecto che detta Università et homini de epsa siano franchi et exempti de non allogiare homini de arme continui ne discontinui cavalli ligieri, né fantarie o altre gente militare et pertanto sia exempta da tutto et quanto specta et deve essere exempta ogni terra quale ei propria cammera de barone et per nullo futuro tempo detta cammera per Vostra Signoria Illustrissima et soi heredi et successori se possa variare o mutare da la detta terra de Solofra in altra loro terra o cita etiam si in ditta terra non ge habitassero non volessero o non ge possessero habitare per qualsevoglia lloro vigente causa juxta vel in injusta etiam incognita ancora che in perpetuo accadesse che ditta terra trasesse a le mano de qualsivoglia barone o herede de Vostra Signoria Illustrissima quale havesse havute avante o havesse de poi in altre terre o citate che allora et sempre la ditta terra sia preferita et sia propria cammera de ditto barone et non aliter nec alio modo et interim farlo inde instrumento ad sensum sapientis. S. C. Placet Illustrissime Domine prout instrumento conficiendo.

Si chiede che Solofra sia trasformata in Camera Riservata con le immunità e i privilegi che spettano a tale stato tra i quali quello degli alloggiamenti, che in futuro tale stato non cambi, che se in futuro i signori non vi vogliano abitare si chiede di passare la terra di Solofra nel dominio di un altro signore della famiglia feudale Orsini che la tenga con tale privilegio come è stabilito nello strumento di vendita del feudo. Anche l'assenso feudale cita lo stesso atto.

Questo capitolo riguarda la motivazione della vendita del feudo e sarà uno dei capi di accusa della causa contro la Orsini.

 

  Che li heredi de detta Illustrissima Signora una cum ipsa habiant da observare li dicti capituli antiqui et novi (36)

Item supplicatur ut supra che tanto dicta Illustrissima Signora Duchessa quanto soi heredi et successori debiano observare la continentia et tenore de tutti li preditti capituli tanto antiqui quanto novi: quali capituli se intengano per se et soi heredi et successori et soi altri officiali in perpetuum, et ad quilli né ad cadauno de epsi in tutto né in parte se possa derogare per qualsevoglia causa et contra dicti capituli existenti etiam che ad epsa Università overo altri particulari volessero et se contentassero ad quilli derogare et sic etiam uno solo reclutante semper remaneant firma et inlesa et dicta capitula intelligantur confirmata et concessa ex certa scientia ipsius Illustrissime Domine ac mera liberalitate animi cerciora prius a juris peritis, et quando sopra de essi et ciascheduno de lloro ge adcadesse alcuno dubio o incidente overo obscurità allora dicti dubij jncidenti o obscurità se habia da interpretare et declarare per qualsevoglia officiale in favore, beneficio et utile de detta Università et homini citatini o habitanti in essa; et similemente dicti capituli se habiano da observare ut supra non obstantibus quibuscumque juribus, ritibus, capitulis regni, constitutionibus contra preditta capitula forte dictantibus et exponentibus. S. C. Placet Illustrissime Domine.

Si chiede che i successori al feudo rispettino i capitoli e non deroghino su alcuno, che se c'è qualche dubbio sulla loro attuazione lo si debba risolvere a favore della Universitas.

 

Supra dicta nova capitula triginta sex fuerunt concessa decretata et firmata prout in decretationibus uniuscuiusque apparet de nostri ordine et voluntate per manus Donati de Sole nostri Cancellarii, que omnia et singula ex certa una scientia motuque proprio concedimus illaque observare observarique facere promictimus dicte Universitati et hominibus ipsius ad unguem prout iacent sub fide magnatum ac proprio juramento ut certiorata ad plenum de illis et fare per nos et nostros officiales ac per nostros heredes et successores omnes in perpetuum, et proinde obligamus nos nostrosque heredes et successores in forma et juxta formam cautelarum faciendarum et ad illorum firmitatem et cautelam hic infra nos propria manu subscripsimus et nostro solito sigillo muniri juximus et fecimus. Et propterea mandamus officialibus nostris presentibus et futuris in dicto tempore qui pro tempore fuerint et aliis nostris subditis et vaxallis quia illa observent et observari faciant juxta tenorem nostrarum decretationum si nobis morem gerere cupiunt et penam ducatorum mille non subire.

Datum Neapoli die XVIII septembris 14° Indictionis 1555.

Io Donna Beatrice Ferrella duchessa de Gravina etc. accetto et confermo ut supra manu propria. L. S.

De mandato Illustrissime Domine Ducisse Donatus Sol Matheras Cancellarius.

 

 

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L'Universitas di Solofra

 

 

Gli Statuti sono stati pubblicati da C. Castellani, Statuta antiqua terre Solofre, Galatina, 1989.

Per il commento e l'analisi vedi M. De Maio, Solofra nel Mezzogiorno angioino-aragonese, Solofra, 2000.

 

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