Tradizioni popolari e religiose di Solofra
La tradizione, un vivere che si scioglie nei momenti del
quotidiano, che chiede nella preghiera, che gioisce nel divertimento, che si estrinseca nel pensiero.
La religiosità popolare
I caratteri della religiosità popolare solofrana. |
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Il culto al patrono che ha determinato l’identità della comunità. |
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Il culto più antico e più diffuso espresso in molti riti. |
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La cantata dei pastori ne è l’espressione più importante. |
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Le Carcare
di S. Antuono, |
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La processione dei misteri divenuta una sacra rappresentazione. |
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Le chiese rionali al centro di particolari riti. |
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Il culto dei defunti, il Corpus Domini, la tradizione di S. Giovanni. |
Introduzione a Tradizioni popolari e religiose di Solofra L'amore per la mia terra mi ha fatto sempre attenta osservatrice
della realtà della mia gente e della mia cittadina, per
cui quando mi sono resa conto che l'oggi modificava non solo pensieri e
gesti di ognuno quanto le cose medesime e che il mio paese cambiava, spinto
dal moto della ricostruzione, l'impronta che i secoli gli avevano affidato,
ho sentito il bisogno di recuperare quel passato per conservare per la mia
gente e per me stessa quelle radici, senza le quali nessun presente può aver
senso e valore. Questo passato, di cui è necessario il recupero, non è
costituito solo da ciò che, col termine generico di storia, si riferisce agli
eventi che visse la mia cittadina, non è solo l'operato
dei suoi figli, che si distinsero, ma è anche il vivere del popolo, che si
scioglie nei vari momenti del quotidiano, che chiede nella preghiera, che
gioisce nel divertimento, che si estrinseca nel pensiero. Queste manifestazioni, cui comunemente si dà
il nome di folclore, mi hanno
interessato di più, poiché sono traccia di quel quotidiano che racchiude
gioie e dolori, timori e certezze, speranze e delusioni vissute dal nostro
popolo. Avvezza a guardare il passato con occhio indagatore ho rivolto
la mia cura a tutto ciò che, in lunghi anni di paziente raccolta, ero riuscita a mettere insieme. E come fa l'archeologo,
che libera il reperto, lo osserva, lo esamina, lo studia, perché esso possa
parlare, così io, con venerazione, ho guardato ad ogni comportamento popolare
non vedendo in esso nulla di volgare, bensì un
documento di vita solofrana. E come allo scienziato,
attraverso l'ingrandimento, si presenta un mondo insospettato e vario, così a
me si è presentato un mondo nascosto nella quotidianità essenziale, che mi ha
svelato il vero essere delle nostre popolazioni e mi ha dato più
profondamente coscienza della nostra realtà. Credo che l'indagine folclorica sia
utile e doverosa come quella storica, non solo perché può dare, deve dare, maggiore spessore e precisione prospettica al fatto
storico, ma soprattutto perché è dovere di ognuno di noi prendere coscienza
di quelle espressioni di vita, di quelle attività spirituali, di quelle
conoscenze, di quei valori che nutrirono la nostra gente e che essa espresse.
Ognuno di noi deve, insomma, prendere coscienza della propria cultura. Nello studio dei documenti folclorici
solofrani ho tenuto presente l'empasse storica vissuta, che si esprimeva in
tal modo, essendo il ricorso alla storia corretto ed
essenziale. Inoltre ho considerato la collocazione
geografica di Solofra, limitrofa rispetto sia alla provincia irpina che alla pianura campana, ma con la conca aperta
verso quest'ultima, posizione che ha permesso
contatti facili con altre popolazioni e l'incontro con la storia. Molti
documenti folclorici sono stati spiegati proprio in
base all'elemento geografico. Così ho potuto seguire il cammino che la
tradizione ha fatto per giungere fino a noi. Non ho tralasciato di
considerare gli elementi antropologici e psicologici poiché il soggetto del
fatto folclorico è sempre l'uomo con le sue
peculiarità, col suo inconscio. Credo infine che mi sia stato soprattutto di vantaggio l'essere io stessa oggetto e soggetto, nello stesso tempo, del mio studio, poiché ciò mi ha permesso una lettura più approfondita del documento. |
Significato della religiosità popolare
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Le feste popolari
esprimono la religiosità di un popolo intendendo con questo termine quel
generale sentimento della divinità che diventa abbandono fideistico
là dove è più avvertita la negatività del contingente. E quanto più questa è
incombente tanto più forte è l’invadenza del
religioso, che diminuisce, invece, con l’avanzare della conoscenza razionale
per assumere forme diverse, ma non scomparire, perché nessun uomo è immune da
quel bisogno del religioso che fa parte della sua stessa essenza. Questa
religiosità si modifica insieme alla situazione culturale,
socio-politica ed economica che vive ogni gruppo in un lento processo
non percettibile alla quotidianità e legato a realtà precedenti o ad altri
condizionamenti. È chiaro, allora, che tutto il comportamento popolare è
impregnato da un forte senso del religioso, analizzando il quale si può
conoscere in che modo ogni gruppo ha affrontato la propria situazione
esistenziale.
La religiosità
popolare italiana subì una modificazione significativa
in seguito al processo di evangelizzazione, che fu lento in tutta l’Italia con mutuazioni più o meno evidenti con realtà preesistenti. Ma
se nel centro-nord ci furono fattori storici o culturali o economici, come la
cristianizzazione carolingia o la civiltà comunale
che favorirono tale processo, nel sud, invece,
Bisogna prima di
tutto considerare il Mezzogiorno non come un’entità ben
solida, bensì costituito da regioni distinte e diverse tra loro, ove la
storia non entrò in eguale maniera. Vi sono zone rimaste isolate per molto
tempo, in cui si radicarono espressioni di vita arcaiche dalle forme fortemente caratterizzate. Qui si sviluppò la cosiddetta
"civiltà contadina" di gruppi chiusi, autoctoni, isolati non solo dai
monti, che finirono per assumere caratterizzazioni
esclusive, diverse rispetto ad altre situazioni, anche in zone ad esse
limitrofe.
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"Il Mezzogiorno è
ben lungi dall’essere quella entità unitaria che siamo
avvezzi a considerare sotto il profilo storico-politico. Come recenti studi di storia economico-sociale e demografica vanno dimostrando
le province storiche del Regno furono realmente diverse per il differente grado
di sviluppo e per il diverso peso feudale che le caratterizzò" (M. Rosa).
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Quanto più queste
popolazioni erano provate dalla negatività di estreme
situazioni esistenziali tanto più il paganesimo appariva gratificante con tutta
quella serie di dei minori che accompagnavano l'uomo dalla nascita alla morte.
Questi dei, più vicini, più pronti ad intervenire, più
aperti ai sentimenti umani facevano vivere tale negatività in una dimensione
sacrale. Così si venne a creare una stretta relazione tra fede pagana e
consuetudine di vita, e l’atto rituale sfociò in abitudine, per
cui tante azioni e gesti, che in origine erano espressione di riti e
sacrifici, diventarono atti della tradizione. In tal modo si irrobustì,
come in un blocco monolitico, quella mentalità che poi si chiamò pagano-magica, in cui il paganesimo non era solo la
religiosità italica ma anche quella greco-orientale.
Su questo terreno la
penetrazione del cattolicesimo fu laboriosa con risultati eterogenei molto
evidenti.
Il momento in cui
La religiosità del
sud si diversificava in manifestazioni in cui il
filone cristiano procedeva parallelamente a quello magico. C’erano realtà in cui gli elementi pagano-magici
e cristiani si mescolavano in un sincretismo quasi palpabile e c’erano casi in
cui nel rito era impossibile individuare gli elementi mutuati da realtà
precedenti. Tra queste forme sfumavano un’infinita gamma di altre
espressioni, che si mescolavano, si intersecavano in uno stesso territorio e,
nello stesso momento storico, in una stratificazione non solo verticale, ma
anche orizzontale.
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C’è poi da
considerare la particolare situazione in cui si trovava il clero in questa
zona, sulla quale ecco la chiara disanima di Aniello
Basile:
Al
clero del sud si presentavano due possibilità: entrare a far parte del capitolo
di una Collegiata o di una chiesa parrocchiale ricettizia,
i cui regolamenti interni prevedevano la collegialità
della cura delle anime e la gestione dei beni patrimoniali in una massa comune,
oppure ottenere l’officiatura presso una cappella di giuspatronato, che praticamente significava mettersi al
servizio di padroni laici, municipi, famiglie gentilizie, confraternite in
cambio di un misero stipendio. Chi non aveva la fortuna di diventare
partecipante, e restava tagliato fuori anche dal beneficio del giuspatronato, per sbarcare il lunario era costretto ad
arrangiarsi.
Questo clero, spesso
culturalmente poco preparato, sottomesso al barone o abbandonato a sé,
contribuì a dare al cristianesimo meridionale quella caratteristica di
religione poco spirituale, legata al contingente e soprattutto quella esteriorità che è la nota più evidente della
religiosità meridionale. È indubbio che questo carattere
sia anche un residuo del simbolismo pagano che dava un significato preciso a
certi oggetti ed atti, ma non si deve negare che la spiritualità, che fa del
cristianesimo una religione più elevata, è una delle cause della difficoltà che
esso ha incontrato per essere assorbito dal popolo che sentiva più vicino a sé
il mondo pagano.
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