Un’arte solofrana legata alla concia della pelle
Arte del battiloro
Era
l’arte di ridurre l’oro in sottilissimi fogli per impreziosire oggetti, quadri,
stoffe, pelli. Era praticata inizialmente nella forma dell’oropelle
che consisteva nell’incollare sulla pelle dei fogli di oro.
Così impreziosita la pelle era usata per la rilegatura di libri, finimenti per
i cavalli e per i cavalieri, ornamenti vari sia nell’abbigliamento che nell’arredamento di case, di palazzi e di chiese.
L’arte,
proveniente dall’Oriente, si diffuse a Salerno e fu protetta dai Normanni e da
Federico II con privilegi, tra cui quella di svolgerla solo in città (jus di
patronato). Salerno prendeva a Solofra la pelle conciata da indorare, perciò
l’artigianato solofrano venne a contatto con questa arte
tramite questa città, ma i battitori di oro restarono a Salerno che aveva la
privativa.
La
possibilità di lavorare l’oro a Solofra venne da Napoli (anche questa città
aveva il diritto di lavorare questo metallo e quindi
l’obbligo di non portarlo fuori) tramite i solofrani che si erano trasferiti in
questa città per poter godere i privilegi permessi ai residenti, tra cui anche
quello di esercitare l’arte del battiloro nel paese di origine, dove c’era la
materia prima, la pelle.
La forte richiesta di questo prodotto attirò a Napoli fin dal Trecento i
battiloro romani per il grande uso che la corte papale e l’aristocrazia di Roma
ne faceva e perché
Altre
famiglie che nel Cinquecento producevano calzarelli
de auropelle furono i Guarino,
i Ciccarello, i Vigilante, i Ronca e i Pandolfelli. Ci fu una bottega tenuta da
due battiloro napoletani Marco de lo Signo e Matteo Bonocore.
Il
battiloro si sviluppò a Solofra anche nella forma del battargento
dal Cinquecento al Settecento quando sono documentati 350 battiloro e battargento ed ebbe pratiche particolari tanto che divenne una
specificità locale. Col tempo fu permesso, anche ai solofrani che non avevano
il diritto napoletano, di battere solo l’argento.
Con
Un
tentativo per salvare l’arte fu fatto nel 1805 con la stipula di una
Convenzione tra i battiloro napoletani e quelli solofrani in cui si cercò di
affrontare la nuova situazione: a Napoli si sarebbe battuto l’oro e a Solofra
l’argento. L’accordo ebbe vita breve e nel 1815 fu cancellato sancendo praticamente la fine dell’arte che dopo la concia era stata
la più rappresentativa dell’artigianato solofrano.
Leggi la proposta per salvare il battiloro di Michele Pandolfelli alla Società Economica
della Provincia di Avellino
Nel 1834 c’erano a Solofra solo cinque botteghe che lavoravano
l’argento.
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Un’opera del battiloro solofrano
Organo e pulpito nella Collegiata di S. Michele Arcangelo
Troiano Vigilante fornì l’oro battuto agli intagliatori napoletani
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Pannello del
pulpito della Collegiata di S. Michele Arcangelo
L’autore
dell’opera, per molto tempo incerto, è l’artista napoletano Antonio Sclavo. La lettura dei documenti notarili del XVI secolo lo hanno rivelato.
Per sapere
cosa era il battiloro solofrano
Documenti sul battiloro solofrano
con commento di Mimma De Maio
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Per approfondimenti M. De Maio, Solofra nel Mezzogiorno angioino-aragonese, Solofra, 2000
Per
prelievi totali o parziali citare il testo indicato
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