L’arcivescovo Orsini e la sua politica ecclesiastica

 

La chiesa Metropolitana e la sua ricostruzione dopo il terremoto del 1688. La creazione dei Monti Frumentari. La Bolla Unigenitus e la riforma degli archivi ecclesiastici.

Pierfrancesco Orsini nacque a Gravina di Puglia il 2 febbraio del 1650 primogenito di Ferdinando Orsini, III duca di Gravina e II di Solofra, e della duchessa Giovanna Frangipane della Tolfa (1).

Alla morte del padre, avvenuta nel 1658, il giovanissimo Pier Francesco ereditò i feudi di Gravina, Solofra, Sorbo e Galluccio nonché le cariche di XII duca di Gravina, III principe di Solofra, II principe di Vallata, Conte di Muro Lucano e Patrizio di Napoli (2).

Il rampollo ricevette la prima educazione nella città natale, dove da adolescente fondò l’ "Accademia dei Famelici". A questo periodo risale la composizione dei "Sacra Epigrammata", pubblicati poi a Bologna nel 1669(3) mentre a Solofra nel Palazzo Orsini sorse l’ "Accademia delle Amene Lettere".

Un anno dopo, il nobile vestì l’abito domenicano col nome di "fra’ Vincenzo Maria" nel monastero di S. Domenico a Venezia. L’Orsini, al momento della vestizione abdicò ai diritti di primogenitura a favore del fratello Domenico che, dunque, ne ereditò le cariche e i feudi e quando quest’ultimo si sposò con la nipote di Clemente X, Ludovica Altieri (1678 Roma), la madre pretese, nei patti matrimoniali, che Vincenzo Maria fosse elevato dal Pontefice al cardinalato(4).

 

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1. P. Savoia, L’episcopato beneventano di Papa Benedetto XIII, p. 62.

2. G. De Caro ad vocem "Benedetto XIII" in Dizionario Biografico degli Italiani, pp.382-392, Roma, vol. VIII.

3. A. Zazo ad vocem "Benedetto XIII ", pp. 30-33, in op. cit., 1973.

4. A.Casino, Papa Benedetto XIII degli Orsini di Gravina, Tipografia Centrostampa, Matera, 2000, p. 12.

 

 

Difatti nel 1672, il domenicano ricoprì tale carica col titolo di S. Sisto e contemporaneamente fu nominato protettore della Congregazione dei canonici regolari di S. Salvatore; abate commendatario di S. Sofia in Benevento e dell’abbazia di S. Pietro in Monforte; pensionario del vescovato di Pavia e di Lodi; membro delle Congregazioni dei vescovi e dei regolari dell’Immunità ecclesiastica; delle Reliquie e delle Indulgenze; prefetto della Congregazione del Concilio, carica quest’ultima alla quale rinunciò per la nomina a vescovo di Siponto, avvenuta nel 1675. Fu nella terra pugliese che il cardinale sperimentò per la prima volta la fondazione di un Monte Frumentario, istituzione di cui paleremo in seguito, eretto nel 1678, e per il quale si scontrò con le autorità civili del Regno di Napoli in materia di immunità ecclesiastiche. Da qui, la decisione della Curia di spostare, due anni dopo, Vincenzo Maria prima nella diocesi di Cesena e successivamente nel 1686, a Benevento(5).

Due anni a seguire quest’ultima carica, si verificò l’evento catastrofico del sisma il quale non rappresentò un limite per l’attività dell’arcivescovo, al contrario egli ne trasse l’energia adatta per una ricostruzione totale della diocesi che dipenderà in tutto e per tutto dalla sua persona.

L’Orsini tenne la cattedra arcivescovile della città beneventana per circa quarant’anni, anche quando fu eletto Papa, nel 1724, col nome di Benedetto XIII. Il sisma del 1688, seguito da un altro nel 1702 dalla portata inferiore, rase al suolo l’intera Benevento non lasciando indifferente la vasta area del Matese. Al disastro è legato l’episodio del miracolo operato da S. Filippo Neri che coinvolse direttamente il domenicano, descritto dallo stesso in un testo autografo edito a Napoli nel 1688. "I miei familiari mi dicono, che Io sia stato sotto le rovine per lo spazio di un’ora, o di un’ora, e mezza, ma à me per nuova grazia non parve d’esservi dimorato, che per lo spazio d'un quarto d’ora, venne intanto il Padre Lettore Buonaccorti del mio ordine, chiamandomi sopra quei mucchi di sassi ed Io l’udii subbito, ed egli sentì la mia voce, benché non distinguesse le mie parole ed insieme col signor canonico Paolo Farella cominciarono a diseppelirmi, ed appresso sopraggiunsero due altri, coll’aiuto de’ quali mi cavarono de’ sassi…. Diseppelllito che fui il detto Signor Canonico mi trovò sotto il capo l’accennata immagine del mio santo avvocato"(6) .

 

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5 .G. De Caro, op. cit.

6. Vincenzo Maria Orsini. Narrazioni de’ prodigi operati del glorioso S. Filippo Neri nella persona dell’Eminentissimo Sig. Cardinale Orsini Arcivescovo di Benevento, in occasione, che rimase sotto le rovine delle sue stanze nel tremoto, che distrusse quella città 'a 5 Giugno 1688. In Napoli, 1688.

 

   

A riconoscimento dello scampato pericolo il cardinale consacrò, nel 1692, al Santo una cappella all’interno dell’episcopio e successivamente commissionò al pittore G. Castellano un quadro (distrutto nell’ultimo bombardamento) realizzato, nel 1697, in cui si rappresentasse la scena del miracolo del 5 giugno(7).

L’arcivescovo rinvigorì il suo rapporto con Filippo Neri in una lettera indirizzata allo Squillante in cui si narra del miracolo operato dal Santo a Montefusco "nel giorno della festa del mio Titolo, e seppi la gratia singolarissima fatta da S. Filippo alla moglie di Bologna mio Spenditore. Lunedì alle sei ore della notte quella donna fino alle 20 del giorno penò per i dolori del parto. Il Padre Redaelli gli diede una medaglia del Santo Padre … e la pose sopra alla partoriente…e nello spazio di una Ave Maria partorì felicissimamente una figlia"(8).

Questo tipo di misticismo e devozione, nutrito dal Gravina nei confronti dell’apostolo della Controriforma, gli aggiudicò fiducia da parte della Santa Sede che tuttavia non gli affidò mai incarichi politici importanti all'esterno della diocesi beneventana. Solo nel 1715, Clemente XI lo incaricò di un’ambasceria all’imperatore Carlo VI per spingerlo ad attaccare contro i Turchi ma il sovrano decise indipendentemente per questa soluzione prima che l’ecclesiastico raggiungesse il sovrano (9).

È probabile che l’arcivescovo mantenne rapporti strettissimi con la diocesi napoletana per la presenza delle sorelle e delle nipoti nei diversi monasteri napoletani giacché in molte abbracciarono la vita ecclesiastica. Donna Aurelia, divenne monaca francescana nel monastero napoletano del Carmine; Donna Scolastica Maria (1655- 1728) e Donna Dorotea (1657), col nome di Suor Giacinta, entrambe presenti nel convento della Sapienza, nel quale fu annessa dal 1702 anche la nipote, Donna Anna Dorotea, figlia del Duca Domenico col nome di Suor Filippa. Le sorelle di quest’ultima, invece, Donna Beatrice e Donna Giovanna (1674-1707) si ritrovano la prima come badessa nel romitorio di S. Patrizia e la seconda col nome di Suor Maria Cecilia di Scolastica presso l’omonimo convento in Napoli(10).

 

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7. S. De Lucia. Fra Vincenzo M.a Orsini e le sue opere sociali, p. 37, in "Samnium", I ,1929.

8. A. Bellucci. Vincenzo M.a Orsini, p. 9 in "Samnium", II,1929.

9. G. De Caro, op. cit.

10. D. Shamà. Genealogia degli Orsini di Gravina, 2002.

 

Inoltre, per consolidare i rapporti tra le due cattedre arcivescovili fu fondamentale la relazione di scambi ideologici e le visite instaurate dall’Orsini con l’ordine dei gesuiti. Infatti, chiamò a Benevento figure importanti come Francesco de Gironimo e Domenico Bruno e costituì una rendita di tremila ducati al Collegio gesuitico mentre per i suoi apostolati si servì della Congregazione delle Apostoliche Missioni(11).

L’impegno dell’arcivescovo beneventano, dunque, fu rivolto principalmente alla sua provincia che richiese una responsabilità non solo di natura ecclesiastica ma anche di potere civile e giuridico per il delicato rapporto esistente col vicino Regno di Napoli. La città fu capitale della più antica e vasta Archidiocesi e Provincia Ecclesiastica dello Stato Pontificio ma anche capoluogo della Regione Conciliare Beneventana (vedi foto) che comprendeva i territori delle provincie ecclesiastiche estendendosi da Benevento sino a Manfredonia, Troia, Foggia e l’abbazia nullius di Montevergine (12).

Per meglio controllarla, essa nel 1693, fu divisa dal nostro in due zone la prima comprendeva i paesi dalla valle vitulanese sino alle parrocchie del molisano; la seconda le restanti zone beneventane sino all’Irpinia. Il domenicano creò, secondo le decisioni tridentine, una rete di 25 vicarìe foranee alle quali sottopose le parrocchie; distinse i canonati in presbiteriali, diaconali e suddiaconali e nel 1694, liberò il Collegio di canonici di Benevento da ogni dovere di rette con un decreto che ottenne da Innocenzo XII(13).

 

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11. G. Virgineo, Storia di Benevento e dintorni, p. 191, 1996.

12. M. Rotili. Benevento e la provincia sannitica, p. 176,1958.

13. P. Savoia, L’episcopato beneventano di Papa Benedetto XIII, p.62.

 

 

La Regione Conciliare beneventana

 

Durante la sua attività l’Orsini consacrò di persona 356 chiese e 1463 altari in vista dell’azione catechistica che riteneva fondamentale per una buona amministrazione della diocesi. Lo stesso si preoccupò di leggere e procurarsi libri con i quali diffondere il pensiero tomista. Nel 1692, chiedeva a Padre Squillante di procurargli "La vita di Giesu Christo redentor nostro" scritto, nel 1652, dal filippino Marsilio Onorati da Viterbo(14), libro di letteratura liturgica distribuito per le strade di Roma a scopo didattico ai penitenti e alle persone devote ma anche offerto ai librai in alternativa ai libretti "non Honesti esposti in vetrina"(15). La passione per i libri da parte del Gravina è nota anche per la cospicua donazione di testi fatta per la biblioteca (attualmente dispersa) un tempo annessa al monastero napoletano di S. Caterina a Formiello(16).

All’arte tipografica il Gravina indirizzò un particolare interesse promuovendo la nascita di una tipografia diocesana, qualche mese prima il sisma del 1688, ma i testi pubblicati presso la stessa si rivolsero all’esaltazione dell’attività ecclesiastica o ad agiografie iconografiche che camminarono a braccetto con le arti figurative e richiamando "alla mente i quadri del pittore beneventano Donato Piperno, di Luca Giordano, di Francesco Solimena, di Giuseppe Castellano artisti devozionali di barocco". La produzione editoriale beneventana trova tra i suoi esponenti l’arcade beneventano P. Piperno, autore di una raccolta di poesie intitolata "Il fico mistico" e del volumetto "Benevento caduto nell’anno 1688 e Benevento risorto 1698 " indirizzato alla celebrazione dell’attività dell’arcivescovo nella ricostruzione dell’intera diocesi(18).

 

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14. A. Bellucci, op. cit.

15. M. Luzi, Benvenuta franchezza in "Letture", anno 55, n. 563, gennaio 2000, ed. Istituto Paolino.

16. R. Ruotolo, S. Caterina a Formiello, p.75 in Napoli Sacra, vol. II, Elio De Rosa ed.,1993.

17. G. Virgineo, op. cit.

18. P. Piperno, Benevento caduto nell’anno 1688 e Benevento risorto 1698, Tipografia arcivescovile,1699, Benevento.

 

L’allievo del d’Andrea, Basilio Giannelli, coinvolto nel processo inquisitoriale contro gli "ateisti" e ricordato per "La Buda conquistata" e per aver firmato le "Sestine su la Valle di Vitulano"(19) (1690) ed ancora Bartolomeo Castrodeni con il "Sannio festeggiante" che celebra la cavalcata dell’Assunta del 1705(20).

Lo stesso Gravina, che si documentava sul culto delle reliquie leggendo il Paciucchelli e l’Ughelli per attestare la presenza delle sacre spoglie di S. Bartolomeo in Benevento, fu autore del "Discorso nel quale si prova che il corpo di S. Bartolomeo Apostolo sta in Benevento" edito nel 1695. Nonostante tutto il testo non gli valse l’approvazione della Santa Sede per il Sinodo provinciale sulla traslazione del corpo del Santo nel 1697(22). Riguardo alla difesa dei personaggi illustri che nel panorama ecclesiastico si distinsero nella diocesi, l’arcivescovo celebrò attraverso le arti figurative e soprattutto con la pittura (si pensi alla scelte iconografiche dell’arte del Castellano) anche S. Gennaro, primo vescovo della chiesa Metropolitana, martirizzato a Pozzuoli nel 305; S. Barbato che nel 663 operò la conversione dei longobardi; Landolfo I nominato da Gregorio VIII primo arcivescovo(23).

Il domenicano si adoperò contro il potere temporale in primo luogo attraverso l’educazione catechistica rivolta ai preti e trasmessa per mezzo dei Sinodi annuali ai quale si aggiunsero due Concili provinciali uno tenuto nel 1693 e l’altro nel 1698(24). In quello del 1686, proibì a tutti gli ecclesiastici di stare in piedi e senza cappello dinanzi ad un nobile. Nel quinto sinodo, del 1690, vietò a tutti gli ordinati di inginocchiarsi dinanzi ad un sovrano o nobile (25).

 

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19. B. Giannelli, Poesie, Raillard, Napoli, 1690.

20. B. Castrodeni. Sannio festeggiante, Tipografia arcivescovile,1705, Benevento.

21. Vincenzo Maria Orsini. Discorso nel quale si prova che il corpo di S. Bartolomeo Apostolo sta in Benevento, Tipografia arcivescovile, Benevento,1695.

22. Archivio Arcivescovile di Benevento Camerale III, busta 353, Atti per luogo Benevento 1454-1848 a cura di A. Quesada.

23. M. Rotili, op.cit.

24. P. Sarnelli, Memorie Cronologiche de' vescovi ed arcivescovi di Benevento, p.160, Napoli,1691.

25. Synodicon, II, Cap. XV, 1690, p.100 in Syndicon Dioecesanum Sanctae Beneventanae Ecclesiae completens consitutiones et appendices editas in XXXVII.

 

In tale direzione s’intende la posizione assunta dall’arcivescovo con il feudo di Montefusco che risultava essere una delle Collegiate foranee appartenenti alla diocesi.

Il piccolo centro fu investito del privilegio della libera franchigia emanato da Ferdinando I d’Aragona, nel 1460 che dichiarò: "i suoi cittadini e commoranti in essa e suoi Casali e Montagna e Distretto, in genere et in specie di qualsivoglia nome e cognome nuncupati, possono liberamente traficare, mercantiare, vendere et comprare tanto per mare per qualsivoglia vascello, quanto per terra con carri buoi animali da soma et altro in qualsivoglia modo, ancor che la mercantia ascendesse a qualsivoglia prezzo, quantità et valore per qualsivoglia robba che portassero,…raggione e causa".

Il paese di Montefusco per la naturale posizione geografica che lo vede al confine tra le attuali province di Benevento e Avellino permetteva ai sovrani del Regno di Napoli di controllare la prima, in cui aveva sede la cattedra episcopale, e di sentirsi al sicuro dalle incursioni provenienti dalla seconda.

Nell’Università montefuschese, fu stabilita la Regia Udienza Provinciale con annesso Tribunale dai poteri giurisdizionali estesi a tutte le terre del comprensorio beneventano ed avellinese. La nascita del Tribunale trova la sua origine del decreto emanato, nel 1469 da Ferdinando I d’Aragona che permise al Sindaco di esercitare il potere straordinario di giurisdizione durante la fiera dedicata ai SS. Egidio e Donato. Gli scontri con la regia udienza montefuschese nacquero quando l’arcivescovo trasferì nella località il Collegio del Clero avente potere giuridico su tutti i sacerdoti e i parroci e provvide ad ingraziarsi la presenza della Compagnia di Campagna, ossia il corpo militare al servizio della Regia Udienza, offrendole la Chiesa di S. Leonardo per 120 ducati annui da pagare all’organo di rappresentanza ecclesiastica(26).

 

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26. Il paese fu, dunque, terra demaniale e regia cioè di diretta dipendenza dalla Corona, carattere che il comune nel corso dei secoli si sforzò di mantenere per non cadere nel fenomeno dell’infeudamento dal quale fu assorbito nel XV secolo. Infatti, nel centro si avvicendarono le famiglie dei Tommacelli, dei Ludovisi, dei Caracciolo di Vico, dei Gesualdo, dei Ludovisi e al Monte di Misericordia di Napoli. Il feudo con la dinastia dei Caracciolo che lo acquistarono nel 1545, dal Gran Capitano Fernadez De Cordova per 24.000 ducati, visse una fioritura intellettuale. Galeazzo Caracciolo, inoltre, non fu foriero alla ventata di riformismo religioso che investì la città di Napoli con il soggiorno del quietista Juan Valdès che raccolse alcuni adepti intorno a sé tra i quali lo stesso nobile e i cappuccini Bernardino Ochino e Pietro Vermigli. Questa scelta assunta dal barone peserà in futuro sulla successione del feudo al figlio Antonio che ne temette la perdita, in quanto considerato inabile all’investitura dall’Imperatore Carlo V. Saranno le suppliche rivolte a quest’ultimo dal nonno del giovane a risolvere la situazione a vantaggio dell’erede. Sempre al tempo di questa baronia, a Montefusco nacque, l’"Accademia degli Offuscati" a sfondo giuridico e filosofico- morale il cui autorevole membro fu il giurista Eliseo Danza (Montefusco 1484-1660), autore dei volumi: "De Privilegi Baronum" e "De Pugna Doctorum". Succedettero ai Caracciolo i Tommacelli, dei quali una rappresentante femminile sposò il principe Niccolò Ludovisi, nipote di Papa Gregorio XV, e quindi automaticamente il feudo passò a questa famiglia che tenne la Baronia sino al 1682 quando fu venduta alla Duchessa di Flumeri che lo comprò a nome del napoletano Monte di Misericordia. A quest’ultimo ritornerà dal 1742 al 1794, cioè a morte dell’ultimo erede della dinastia Caracciolo di S. Vito che succedette alla suddetta duchessa ( cfr. P. Savoia, Montefusco, Tip. La Nuovissima, Acerra,1972).

 

Il tutto fu suggellato, ancora una volta, da una prova di misticismo che vide come protagonista Mons. B. Foppa che precedette l’Orsini nella carica arcivescovile. All’ecclesiastico, durante il viaggio di ritorno da Montefusco a Benevento, apparve un gruppo di viandanti che lo esortarono a pregare per coloro che, condannati dal Tribunale, venivano uccisi per impiccagione e gettati in fosse comuni(27).

Questo episodio sollevò nell’Orsini l’idea di destinare al culto delle anime del Purgatorio la chiesa di S. Maria di Mezzo Mondo e la composizione di un testo che fu distribuito ai predicatori quaresimali in cui si istruirono per impiego dei sermoni.

I problemi maggiori con il Preside della Regia Udienza di Montefusco nacquero, nel 1707, per il commercio del grano questione sollevata dal viceré austriaco conte di Martinitz.

Nel 1694, il Gravina fondò a Benevento un Monte frumentario con il residuo capitale, consistente in 132 ducati, di un Monte di Pietà abolito in quello stesso anno(28).

 

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27. P. Savoia, Qualche pagina di Eliseo Danza, Anno VI (v.s.), n.5-6, settembre-dicembre 1974.

28. G. Virgineo, op. cit.

 

Alla chiusura del primo esercizio nel 1695, il Monte contava mille tomoli di grano. Queste strutture avevano l’obbligo assistenziale di prestare ai poveri il grano che sarebbe stato restituito con un interesse dell’8% che consisteva in tre misure per ogni tomolo che corrispondeva a 68 Kg di grano ed ogni misura consisteva in 2 Kg. Lo scopo dei Monti fu quello di limitare lo strozzinaggio degli usurai ed un’azione mirante ad equilibrare sul mercato il prezzo della suddetta merce, rifocillando le casse della Curia Pontificia. Il grano veniva prestato a coloro che esibivano il certificato di povertà redatto dal loro parroco. I mutui avvenivano in quattro precisi periodi dell'anno: ottobre per agevolare la semina, dicembre per il sostentamento invernale e per il Natale, marzo e maggio in onore di S. Filippo Neri. Il prestito doveva essere reso entro la metà del mese di agosto previa vendita del pegno lasciato dal debitore. Il frumento avanzato era venduto e col ricavato si coprivano le spese dei parroci, dei magazzini del trasporto e della conservazione della materia prima. Il Monte frumentario beneventano vantava la riserva di mille tomoli di grano 12.663 ducati(29). Sebbene questa dell’Orsini fosse l’unica azione civile concessagli dalla chiesa romana l’arcivescovo vide bene di difendere la Curia dalle pretese dei baroni e delle autorità napoletane riguardo alle immunità ecclesiastiche di cui la diocesi vantava. Le diaspore col Regno di Napoli che, tuttavia ricopiò questo tipo di istituzioni in ambito civile, nascevano per il trasporto del frumento che indubbiamente dalla Puglia arrivava direttamente a Benevento dov’era conservato. A questo si aggiunse il fatto che spesso i mercanti pugliesi preferivano barattare alla dogana beneventana il grano con altre materie prime: vino, scarpe, vestiti, tabacco. In questo senso si ricordano i dissapori nati, nel 1708, tra l’Orsini e il prefetto dell’annona principe di S. Severo(30). La città di Benevento e di conseguenza Napoli, dipendente da quest’ultima nel rifornimento del cereale, a causa di queste controversie fu spesso soggetta ad un blocco economico dipeso nel 1707 dal funzionario montefuschese, spinto in tale decisione dal nobile di S. Severo, e che si estese sino al 1719 quando si assistette alla riapertura totale del mercato grazie all’intervento del vicerè cardinale Scrotembach che, in quell’anno, vietò per l’avvenire la proibizione del commercio(31). A questo seguì un accordo con Napoli sulla vendita del grano a prezzo dolce che corrispondeva a due carlini in meno rispetto alla norma. Il problema maggiore consistette nel fatto che la chiusura delle frontiere della diocesi beneventana non permetteva la lavorazione del cereale a Montesarchio, feudo dei d’Avalos, verso il quale l’Orsini non mancò di mantenere rapporti dal 1688 ossia da quando per pochi mesi successivi al terremoto spostò la sede arcivescovile.

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29. P. Savoia, op. cit.

30. A. Zazo, Un’annosa controversia in "Samnium, 1970, pp. 89-99.

 

Il problema maggiore consistette nel fatto che la chiusura delle frontiere della diocesi beneventana non permetteva la lavorazione del cereale a Montesarchio, feudo dei d’Avalos, verso il quale l’Orsini non mancò di mantenere rapporti dal 1688 ossia da quando per pochi mesi successivi al terremoto spostò la sede arcivescovile.

I Monti Frumentari, che ben presto di diffusero in tutto il meridione, furono affiancati da altre istituzioni simili create dall’arcivescovo: il Monte delle fabbriche ecclesiastiche, nato nel 1703(32), per la ricostruzione delle chiese distrutte dai due terremoti, il Monte dei Maritaggi(33) , e la Congregazione dell’agricoltura indetta nel 1725 con lo scopo di sovrintendere e studiare la questione della libertà dei grani(34). Difatti in un primo momento questa iniziative ed in particolare i Monti frumentari riscossero un gran successo che l’Orsini, eletto Papa col nome di Benedetto XIII, il 29 maggio del 1724, decise di migliorare le condizioni economiche dell’intero paese rivalutando le attività artigianali ed industriali. Ma ben presto i prestiti concessi ai rappresentanti di queste categorie si spinsero a cifre esorbitanti e al termine del pontificato l’erario raggiunse il deficit di 120000 ducati, ciò si verifico per la corruzione e la dissolutezza di chi affiancò l’Orsini: il cardinale Niccolò Coscia segretario dell’arcivescovo a Benevento. Verso questo ecclesiastico si mosse Clemente XII che successe al pontificato del Gravina nel 1730, deponendo il Coscia dal titolo di arcivescovo della chiesa metropolitana e condannandolo, nello stesso anno, insieme al gesuita austriaco Cienfuegos, altra figura sconcertante della Curia romana. Sempre il nuovo pontefice dispose una "Congregazione particolare sulle estorsioni e sugli abusi a danno di Benedetto XIII".

 

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31. P. Savoia, op. cit., p. 135.

32. S. De Lucia, Benevento e Orsini, p. 6.

33. L’esistenza di un Monte dei Maritaggi a Napoli si registra nel 1687. L’Istituzione fu fondata in quell’anno dal pittore Giuseppe Castellano all’interno della napoletana Congregazione dei pittori di S. Anna e S. Luca .

34. C. De Caro, op. cit.

 

L’Orsini da quando ricoprì il suo ruolo di arcivescovo fu un ottimo diplomatico accattivandosi la simpatia del governo austriaco, i cui voti uniti a quelli dei cardinali borbonici gli valsero l’elezione al Pontificato(35). Adottò un politica distensiva nei rapporti con gli stati ricomponendo le divergenze esistenti tra l’imperatore Carlo VI e Vittorio Amedeo II di Savoia riguardo alle investiture delle sedi vacanti in Sardegna(36).

L’arcivescovo mantenne una posizione tollerante rispetto alla questione quietista. Già nel 1688, scrisse al filippino Squillante il suo dispiacere sulla proibizione della lettura dei libri del Petrucci(37) ed una volta divenuto Papa fu propenso a consacrare quelle figure che erano considerate esemplari ed ispiratrici per la letteratura del Molinos e dei suoi seguaci quali: S. Giovanni della Croce, S. Luigi Gonzaga, S. Maria Maddalena de’ Pazzis(37). Lo stesso non si poté dire riguardo alla posizione assunta dall’Orsini nei confronti del giansenismo contro il quale, dapprima col il breve Demissas preces (1724) seguito dalla Bolla Unigenitus (1725), ufficializzò l’insegnamento agostiniano e tomista in materia di predestinazione. Questa scelta operata dal Papa inasprì i rapporti tra la S. Sede e la Francia, che tuttavia si sottopose ai decisioni romane, nonché provocò l’amarezza da parte dei gesuiti che videro nell’emissione della Bolla il trionfo del potere domenicano(38).

 

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35. Ibidem.

36. M. Rotili, op. cit.

37. A.Mellusi, op. cit.

38. A. Zazo, op.cit.

 

Infine, un’ultimo interessante lavoro operato dall’Orsini fu l’ordinamento degli archivi storici per l’organizzazione dei quali si avvalse dell’aiuto dell’archivista austriaco Del Grajewiesky e a Benevento del bibliotecario Domenico Rossi che ricoprì tale carica nella curia arcivescovile dal 1708 al 1724. L’arcivescovo promosse il restauro di pergamene e dei codici agiografici, musicali e liturgici rilegandoli in appositi volumi custoditi ancora oggi nella Biblioteca Capitolare di Benevento(40). Inoltre, dispose delle precise regole per la compilazione degli stessi documenti pubblicata nella Costituzione apostolica Maxima vigilanti del 1714(41).

 

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40. P. Savoia, op.ct.

41. Costituzione apostolica Maxima vigilanti in "Enchiridion Archivorum Ecclesiasticorum, a cura di Simeone, Duca e p. Simeone, della Sacra Famiglia, Città del Vaticano, 1966, pp. 331-336.

 

Questo articolo è tratto dalla tesi di laurea in Storia dell’arte moderna: La produzione artistica del pittore Giuseppe Castellano al seguito di Papa Benedetto XIII di Rosaria Di Girolamo discussa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia Federico II. A. S. 2002-2003. Relatore Prof. P. Santucci.

 

 

 

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