La fontana delle arpie
Un ulteriore tassello per la nostra storia
Tra i documenti che abbiamo ultimamente sistemato
nell’archivio del Centro Studi della Biblioteca ne abbiamo trovato uno di estremo
interesse poiché permette di precisare un elemento della nostra storia in un
modo diverso da come pensavamo che fossero andate le cose. Si tratta di
Francesco Catorano, intagliatore napoletano, che nel 1611, come sappiamo,
ebbe l’incarico dai procuratori della Collegiata di completare il portale di
pietra della chiesa e lo fece aggiungendovi tutti i fronzoli e gli addobbi
della parte barocca del portale, compresa la figura di donna stilizzata ai
due lati, il cui disegno è allegato al contratto. Diciamo qui per completezza che il grande portale
di pietra della porta principale della Collegiata aveva avuto nel 1553 una
prima realizzazione in stile rinascimentale quando cioè furono costruite la
cornice regolare e ben squadrata, le colonne poste sugli alti zoccoli e la
nicchia superiore. Il contratto, che descrive in modo chiaro questa prima
parte del portale, dà notizie anche del suo autore che fu Rinaldo de
Bartolomeo, maestro piperniere di Calvanico. Il secondo contratto, quello del Catorano, invece
parla del completamento del portale, il cui termine fu sigillato, come si
usava, con la data incisa sul portale e cioè Ma ritorniamo al nostro Catorano e alla nostra
scoperta poiché troviamo l’artista di nuovo a Solofra nel 1617, il 26 giugno,
questa volta non da solo bensì insieme a Santillo de Santi, un intagliatore
di Massa Carrara, genovese, precisa il notaio. Questa volta non stipula il
contratto con persone di chiesa, bensì con il sindaco e gli eletti di
Solofra, con l’Universitas insomma. Il sindaco è Giovanni Sabato Iuliani, gli
eletti sono il medico Flavio Petrone, il notaio Fabrizio Giliberti, il
conciapelli Gio Nicola Guarino e c’è persino un deputato, Desiderio Troisi,
presente alla stipula dell’atto, cosa rara che avveniva per i contratti
importanti. Infatti il contratto è importante poiché il piperniere si impegna
a costruire a Solofra una fontana “di pietra viva” da porre nella Piazza
centrale, secondo il modello di creta consegnato ai committenti dallo stesso
Catorano e con pietre modellate “come quelle del portale della Collegiata”.
Il fatto è che la fontana fu costruita, come si legge in una glossa al lato
del contratto dove si dice che il 20 dicembre del 1617 i due artisti,
Catorano e De Santi, ricevettero dal sindaco gli ultimi 102 ducati “per la
manifattura di detta fonte” a completamento del prezzo complessivo di 250
ducati. E come era questo monumento in pietra? Il
contratto è molto preciso. Una vasca con agli angoli quattro arpie di pietra
con quattro fontanelle piccole che mandavano acqua. Al centro della vasca
un’altra “fonte più grande da cui esce altra acqua” che deve essere formata
“da altre quattro arpie attaccante ad un pilastro che sostiene la seconda
fonte”. Il pilastro deve essere all’interno “vuoto perché lungo di esso deve
salire l’acqua”. Al centro di questa altra fonte deve porsi “una pigna da cui
deve uscire altra acqua che deve colare per le quattro parti del pilastro
dove sono attaccate le arpie”. Inoltre, precisa il contratto, bisogna fare
delle vasche “sotto le prime arpie da cui l’acqua possa essere presa
comodamente dalle donne e dagli altri”. E poi bisogna “scolpire un sole nelle
quattro parti del pilastro della fonte superiore”. Infine ci si raccomanda di
fare ogni altro elemento “in proporzione al resto e tutto ben fatto”. E si
precisa che una delle fonti deve dare l’acqua al monastero di S. Agostino in
modo che “si pagherà ciò che ecceda il prezzo della fontana”. La descrizione della Fontana delle Arpie è molto
precisa e chiara, la sua realizzazione sicura, per cui si può pensare che la
sua struttura di base e l’impianto di trasporto dell’acqua siano stati
utilizzati successivamente quando fu costruita la fontana che ammiriamo al
centro di Piazza S. Michele. Le arpie furono sostituite dai quattro leoni ed
in alto sul pilastro si aggiunsero, al posto delle altre quattro arpie, i
delfini per farla più alta e la conchiglia centrale. Si tenga presente che in
passato non si buttava nulla di ciò che non serviva ma lo si riutilizzava in
modo diverso. Sicuramente il posto dove fu collocata |
Mimma De Maio
Da “Il
Campanile”, notiziario di Solofra, dicembre 2010
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