Il castello di
Solofra si arricchisce di un’altra testimonianza
Tra le carte
di un notaio serinese è venuta
alla luce una piantina del nostro castello del 1739 che è un documento
di grande interesse ed un importante recupero per la sua storia. La
piantina, che fu disegnata, per commissione degli Orsini, da Mario Papa, per
la valutazione del bene, in vista del rinnovo del contratto enfiteutico,
descrive una proprietà di 9 moggi, per un valore di 500 ducati ed una rendita
annua di 15 ducati, confinante con beni del Convento di San Domenico, di
Giacinto e Gennaro Maffei, della Cappella di San Nicola, degli eredi del fu Pietro Mottola e con la via.
La parte coltivata aveva una vegetazione molto varia che andava dagli ulivi,
alle viti, a molti alberi da frutta (meli, peri, fichi, prugni, ciliegi) fino
a noci, a castagni, querce a cui si univa il seminato, secondo l'uso del
tempo. Il
documento ci propone due elementi di estremo
interesse. Il primo è la cerchia muraria che lo delimitava a sud e ad ovest,
dove formava un ampio spazio detto cortile, lungo la quale c'era una torre,
ben visibile e di cui ancora oggi si individua la
base. Tale cinta si spezzava ad est là dove c'era il rivellino,
una costruzione di rinforzo dei castelli che risale alla
scontro tra Filippo Filangieri e Francesco Zurlo di Montoro per il
possesso di Solofra, e che circondava il lato orientale. Questa parte
mancante fu demolita nel 1565, per volere della duchessa Beatrice Ferrella Orsini, da poco proprietaria del feudo di
Solofra, mentre era in corso la costruzione del palazzo ducale, perché le sue
pietre furono utilizzate in quella costruzione. L'altro
elemento significativo sono le quattro torri che
costituiscono la completa fortificazione del castello, che dovettero essere
abbattute se le fotografie del castello all'inizio del secolo scorso ci
mostrano due torri, quella di nord-est e di nord-ovest, ed anche le
descrizioni, raccolte certosinamente da Ines Pirolo
e rese da persone che lo avevano visitato prima che si riducesse in rudere,
parlano di due torri con scale che portavano al camminamento di ronda posto
sulla sommità. Questa piantina spiega l'affermazione di Antonio
Giliberti che, alla fine dell'ottocento, parla di "vari interventi"
che avevano stravolto l'aspetto del castello. Tracce di queste torri mancanti
furono ritrovate da Francesco Guacci, che nel 1999 individuò
"la torre di sud-est pentagonale, di epoca angioina,
e quella di sud-ovest con cisternino". Oggi il
nostro castello è entrato in una ricerca dell'Università, coordinata dal professore Aldo De Marco nell'ambito del corso di laurea
in Ingegneria civile. Alcuni dei risultati della ricerca in corso, svolta dal
laureando Nicola Capuano di Forino, saranno
illustrati nella mostra "Pietre tra le rocce" e al Convegno
"Luci tra le rocce", che fanno parte dei "Colloqui
internazionali" su "Castelli e città fortificate", nel mese di aprile prossimo (29 e 30) presso il Campus
dell'Università di Fisciano e a Salerno. Ma ciò che più interessa è che la mostra sarà donata al
nostro Centro studi di storia locale presso A
conclusione di questo breve intervento devo un doveroso ringraziamento allo
studioso serinese Ottaviano Di Biase che mi ha
permesso di avere il prezioso documento. Il Di Biase dà alle sue ricerche,
volte alla scoperta della storia del suo paese, un significato molto profondo,
infatti quando si imbatte in un documento, che non
riguarda il suo studio, invece di lasciarlo dormire tra le antiche carte, ne
fa partecipe chi ne è o ne potrebbe essere interessato, come è successo in
questo caso, mostrandosi promotore e sostenitore della vera ricerca, quella
intesa in senso proprio, la quale non deve né restare chiusa nel piccolo
orizzonte di un singolo studioso né essere fine a se stessa. Mimma De Maio |
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