Alle origini del centro storico solofrano

 

Come si formò lo spazio che accoglie i nostri monumenti più importanti

 

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Il recente rifacimento della pavimentazione di una parte del centro storico solofrano avrà certamente fatto venire la curiosità a qualche nostro lettore di conosce come nacque lo spazio che circonda i nostri monumenti più rappresentativi. Dobbiamo risalire all’inizio del XVI secolo quando fu abbattuta la chiesa dell’Angelo e costruita la Collegiata. La nuova chiesa, che ebbe una direzione diversa dalla precedente, con la facciata verso nord, mentre la prima guardava a sud, inglobò il perimetro della vecchia chiesa occupando anche gran parte dello spazio che la circondava. Per dare maggiore dignità al Tempio, che doveva rappresentare lo status economico e sociale raggiunto dalla comunità solofrana, gli Zurlo vendettero alla Fabbrica di S. Angelo (una istituzione sorta per gestire e dirigere la costruzione della Collegiata) un ampio spazio di loro proprietà. Si formò così una parte della piazza sul lato orientale della chiesa, dove San Rocco non aveva ancora le forme di oggi. Da questo spazio si usciva attraverso tre strade, Via vecchia e Via nuova, quest’ultima non ancora definita, e attraverso la via che portava alle concerie lungo il fiume. Nello stesso tempo si precisò la via dei Burrelli, allora privata, detta Pie’ S. Angelo, proprio perché, scendendo, costeggiava ad ovest la chiesa (oggi via Regina Margherita). Interessanti sono i documenti che descrivono questa operazione ad opera di coloro  - una grande famiglia (i Troisio) -  che possedevano e lavoravano i terreni della chiesa. Dinanzi alla Collegiata si stendevano ampi campi che giungevano al vallone che scende dal Sorbo. In questo punto avvenne un fatto di grande interesse nella storia di questo spazio, poiché quando nel 1555  - la chiesa già era abbozzata nelle sue grandi forme –  gli Orsini, acquistata Solofra, decisero di costruire il loro palazzo, non solo lo misero proprio di fronte alla nuova chiesa, come per sottolineare la preminenza che volevano ribadire nell’istallarsi nel nuovo feudo, ma la vicinanza tra le due costruzioni era così ridotta che veniva sminuito il valore della chiesa che da questa parte non avrebbe avuto “aria”. La scelta era significativa e provocatoria, sicuramente era uno sfregio alla nostra comunità, ma un evento altrettanto significativo mise a posto le cose. Vari documenti, molto precisi e circostanziati (fanno parte della causa di fine secolo tra l’Universitas e la Orsini), ci dicono infatti che le mura del costruendo palazzo caddero perché non costruite ad opera d’arte. Sta di fatto che subito dopo l’incidente tra la Ferrella-Orsini e la Universitas solofrana fu fatto un accordo in seguito al quale la prima decideva di costruire il palazzo più dietro ed più ad est e la seconda si impegnava alla sistemazione dello spazio dinanzi al palazzo, fino alla Via vecchia (o via della fortuna) e della prima parte della Via nuova (ora via Gregorio Ronca)  Si venne così a precisare la piazza tra il palazzo Zurlo, la chiesa di San Rocco e la Collegiata. San Rocco, che era un centro religioso legato alle concerie per la protezione che il santo dava alla tracena dei conciatori, fu ampliato in questo periodo, dopo la peste del 1528 con i lasciti testamentari dei colpiti dal morbo (morirono 300 solofrani in due mesi), una seconda volta dopo la peste del 1656 quando Solofra perdette i 2/3 della popolazione, essendo il santo il protettore anche delle pestilenze.

L’altra parte della piazza, quella che si stende di fronte alla chiesa, era occupata dai terreni dati dalla Comunità solofrana agli Orsini all’atto dell’acquisto del feudo, detti starza soprana e sottana, la prima parte dei quali costituivano i giardini del palazzo ed erano detti la villa. Questo spazio all’inizio del XIX secolo, quando gli Orsini perdettero il feudo, ebbe una prima sistemazione, a piazza tra il palazzo ducale e il palazzo Buonanno (ora D’Ambrosio), allora le fu posto al centro la fontana in pietra che attualmente si trova nello spiazzo della ferrovia. Sempre in questo secolo, ma legata alla costruzione della ferrovia e quindi dopo gli anni settanta, fu aperta la strada (detta Villa) che partiva da questa piazza e si innestava sulla via allora chiamata di S. Nicola alle scanate (oggi via Giuseppe Maffei) per permettere l’accesso all’importante scalo di cui da poco Solofra era stata dotata. Quasi contemporaneamente ci fu l’impianto degli alberi del viale, che iniziava all’altezza del palazzo ducale. L’ulteriore ampliamento di questa piazza avvenne negli anni Cinquanta del secolo scorso quando la precedente fontana fu sostituita con quella dei Quattro leoni e furono tagliati i primi tigli  - una ventina -  del viale che fu chiamiamo Viale Principe Amedeo.

Ancora un altro intervento fu fatto nel XVI secolo, per cui si può affermare che il centro storico solofrano nacque nel Cinquecento. Esso interessò prima la chiesa di Santa Maria delle Grazie (detta ora Santa Chiara) con la costruzione della cinquecentesca facciata e della scalinata e poi il Convento che le fu posto accanto alla fine del secolo. La chiesa subì il rifacimento più vistoso con la costruzione della facciata, del prònao (il porticato) e della scalinata, e ciò perché si era venuta a trovare sulla stessa linea della Collegiata (la sua antica entrata era quella del portone interno al prònao) e quindi gli abitanti del casale Burrelli ne vollero sottolineare la differenza con la Collegiata.

Per concludere è necessario far notare che la recente pavimentazione di una parte del centro storico in nera pietra lavica etnea, se resta così com’è, ha rotto l’unità del centro storico, che questo aveva acquistato con la pavimentazione in cubetti di porfido, per cui le due piazze risultavano unite cancellando la strada che le attraversava. Dalle finestre del Palazzo ducale spiccava chiaramente questa unità che avvolgeva nella sua uniformità i monumenti. Inoltre l’ampliamento del sacrato della Collegiata che ingloba la scalinata di Santa Chiara, oltre a cancellare un’opera, appunto la scalinata, particolarissima nella sua forma trapezoidale con pietre modanate nate dallo scalpello degli artigiani di Calvanico, stravolge la storia delle due chiese che vengono con un forzatura a trovarsi unite, mentre sono nate divise e così dovrebbero rimanere. Noi vorremmo che coloro che operano a Solofra siano un po’ più rispettosi della nostra storia.

Mimma De Maio

(Da “Il Campanile”, 2006, XXXVII, n. 11, p. 4)

 

 

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