In occasione della scoperta delle memorie di Bonaventura Grassi

 

 

 

Francesco Guarini volgarmente detto Ciccio Guarino

 

 

 

Finalmente un documento che chiarisce il problema della grafia del cognome del nostro concittadino più famoso: il cognome “Guarino” era una storpiatura dialettale del vero cognome “Guarini”. Già da queste pagine qualche tempo fa affrontammo il problema che ci eravamo posti col professore e collega alla Scuola Media, Michele olim, quando dovemmo dare l’intitolazione alla scuola. Essa fu preceduta da un’appassionante indagine fatta a tutto campo sul perché ci fosse questa doppia grafia e quale fosse quella vera. In quel tempo ci imbattemmo nella lettera che il Guarini aveva scritto a Ferdinando Orsini in cui si firmava “Humilissimo olimene Francesco Guarini”, che era una prova inconfutabile che il cognome era Guarini. A ciò si aggiungeva il fatto che Honofrio Giliberti aveva dedicato all’artista nel 1644, quindi vivente il Guarini, la sua opera Il Vinto inferno da Maria e in questa dedica aveva usato il cognome nella forma Guarini. C’era inoltre tutta la tradizione di scritti sul Guarini fatta da solofrani che usavano la medesima grafia Guarini come nel 1886 Luigi Landolfi nel suo studio Dei dipinti e della vita di Francesco Guarini (in Scritti vari, Napoli, pp. 26 e sgg) e Giuseppe Didonato che nel 1923 dedicò alcune pagine del suo Solofra nella tradizione e nella storia. Uomini illustri e benemeriti (Messina, pp. 151-157) a Francesco Guarini usando sempre la desinenza in i, solo Antonio Giliberti parlò nel suo Pantheon di “genitor Guarino”. Altre osservazioni che deponevano per la i finale erano l’iscrizione posta nel 1653 in calce all’opera guariniana “Madonna di Costantinopoli” in S. Andrea di Solofra, ove si legge: Franciscus Guarini pinxit, la Tabella dei Defunti dell’Arciconfraternita dei Bianchi in Solofra dove si legge: “Francesco Guarini Pittore insigne”. Tutte queste osservazioni furono riassunte dallo stesso Michele olim nella sua opera Francesco Guarini da Solofra nella pittura napoletana del ’600 (Avellino, 1963) alle pagine 83-84. Rimaneva però il problema del perché quella doppia dizione, che non fu risolto neanche dalla scoperta fatta da Soccorso Giliberti, instancabile ricercatore di cose solofrane, che nell’archivio della parrocchia di S. Andrea notò sull’atto di nascita del Guarini una correzione avvenuta con altro inchiostro che trasformava “Guarini” in “Guarinis”. Diventava interessante sapere perché quel Guarino e perché quella correzione. Né ci furono di aiuto gli atti notarili che riportavano il cognome con la o poiché si sa che i rogiti non erano atti amministrativi e che il notaio scriveva ciò che gli agenti gli dicevano tanto è vero che accompagnavano il cognome della persona oggetto dell’atto con la dicitura “nel suo volgare eloquio” oppure “ut dicit”. Questi atti infatti in tema di cognomi sono estremamente poco attendibili infatti spesso li riportano con due o tre espressioni grafiche. A noi sembrò che l’artista avesse voluto distinguersi dai suoi parenti che erano pittori  molto mediocri del manierismo facendo egli parte della prestigiosa scuola del Ribera e dello Stazione di derivazione caravaggesca.

A risolvere il problema viene ora dal notaio olime’Antonio Grassi che operò a Solofra tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII e che lasciò un’ampia memoria di cose solofrane dove tra l’altro parla in modo ampio del Guarini dando molte curiosità sulle sue opere. Ebbene egli tra queste curiosità dice: Francesco Guarini volgarmente detto Ciccio Guarino. In poche parole a S. Andrea quella famiglia di pittori, che faceva capo a Felice e Gio Tommaso, era detta popolarmente Guarino. Il fatto che i cognomi si stroppiassero era frequente in quei tempi e avveniva anche per Francesco olimene chiamato Ciccio Solimeno come lo stesso notaio ci dice, il quale d’altra parte in tutto il testo usa sempre la grafia Guarini.  Si chiarisce meglio con questo nuovo apporto l’intenzione del Guarini di tramandare ai posteri la vera grafia del proprio cognome (lo dice in modo inequivocabile la sua firma sulla lettera scritta all’Orsini) superando una storpiatura che sapeva troppo di un chiuso mondo paesano. E’ chiaro comunque il problema della grafia del cognome fu posto, visto che il parroco sull’atto di nascita operò la trasformazione dando alla parola il grafema latino (Guarinis). Questa nuova acquisizione fa riscattare anche la figura dell’artista che non volle ripudiare la famiglia ma solo ristabilire una verità, correggere una deviazione popolare, egli che aveva vinto il concorso per i quadri del soffitto di S. Agata contro il pittore proposto dal principe di Avellino e che progettava di andare a Roma ove era stato chiamato per esportare fuori del Regno la sua pittura.

A noi non resta che il dovere di diffondere la realtà storica così com’è e di non perpetrare un errore che, ora si, costituirebbe un torto fatto ad un nostro concittadino che più di tutti ha il merito di portare il nome di Solofra negli strati alti della storia.

 

Da “Il Campanile”

Mimma De Maio 

 

 

 

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