Collegandomi
al discorso fatto sulla Collegiata e al fatto che essa fosse
il simbolo della Comunità, in questo articolo voglio porre all’attenzione dei
lettori un documento di grande importanza per questo discorso. È un atto
legale in cui Siamo nel 1738, da poco era finita la
lunga lotta tra Domenico Orsini
e la maggior parte della comunità capeggiata dal primicerio Giovanni Sabato Iuliani. Una
lotta nata anche e soprattutto perché l’Orsini aveva tentato di estendere il
suo potere proprio sulla Collegiata, cosa che significava avere sotto controllo tutta la finanza ecclesiastica gestita
dalla chiesa. La comunità solofrana, pur uscita vincitrice da questo contrasto, ma conscia di come andavano a finire gli
scontri con i feudatari per le possibilità che questi avevano di capovolgere
le situazioni più sfavorevoli, si dotò di uno strumento legale, l’atto in
questione, a dimostrazione dell’appartenenza della chiesa. Lo straordinario documento ci fornisce altri dati di estrema importanza. Ci
dice, per esempio, che la chiesa era governata da persone elette ogni anno dalla Universitas, che questa
elezione avveniva durante Da questo spaccato appare
un’importante funzione della Collegiata e cioè il
fatto che in essa avvenivano molti momenti della vita cittadina, e, in
particolare, durante la festa del nostro patrono, che era l’occasione per
assolvere essenziali compiti comunitari. Prima della costituzione dello
Stato moderno la chiesa, ogni chiesa, ebbe l’importante funzione di essere il
luogo centrale della vita comunitaria, di essere il punto di riferimento di
tutti gli eventi pubblici, dalla semplice assemblea per informare o
comunicare notizie ed eventi - oggi svolte per esempio dai
manifesti, dai giornali o dalle comunicazioni epistolari - ai vari momenti elettivi, comunque in ogni
occasione in cui si richiedeva la partecipazione della Comunità. Non dobbiamo dimenticare che
dinanzi alle chiese avveniva la promessa di matrimonio, la chiamata al
servizio, e persino l’elezione del Decurionato, il
Consiglio Comunale, e che l’Universitas non aveva
alcun altro luogo dove instaurare un diretto contatto con Il Comune, con la struttura
che oggi conosciamo, è un prodotto dell’Ottocento
quando da noi si instaurò il cosiddetto lo Stato moderno, precedentemente esso
aveva solo un Archivio dove si raccoglievano i documenti più importanti, gli
Statuti, gli Atti notarili, non aveva per esempio compiti di anagrafe,
insomma non svolgeva tutta la complessa vita amministrativa di oggi. La chiesa era dunque il centro
cittadino per eccellenza, in essa la comunità si
sistemava secondo il ruolo che occupava nella società, non c’erano quindi
solo gli scanni per i governatori, quelli per i preti del Collegio, per i
mansionari, e per gli altri sacerdoti, oppure quelli per il feudatario e per
la sua famiglia, ma ogni cittadino rappresentativo della comunità ed ogni
famiglia aveva il suo preciso posto in questa nostra chiesa, in cui doveva
vedersi, anche fisicamente, la posizione che ciascuno occupava nella società.
Persino alle prostitute gli Statuti assegnavano una precisa collocazione in chiesa. Ma chi erano
questi governatori, cioè questi rappresentanti della Comunità all’interno
della Collegiata? Si hanno i nomi e si posso individuarne anche altri
elementi. Sono due rappresentanti di una delle famiglie più importanti di Solofra, insediata tra il Toro e Ritornando al documento, a
parte altre interessanti notazioni che non si ha lo
spazio di citare, interessa qui dire che il documento elenca tutti i luoghi
della chiesa ove era stato posto il Sole raggiante, che è l’arma della
Comunità, e che quindi ne testimoniava l’appartenenza, ma anche tutti i
luoghi ove era posta la stessa scritta “Universitas”,
da quella del 1568 incisa su una pietra del campanile, a quelle del 1594 e
del 1610, poste al di sotto del quadro del Lama e sull’architrave di legno
che una volta ornava l’arco trionfale che divide la navata principale dal
transetto o sull’organo (1599), a quella, 1614, della porta principale, a
un’altra (1673) posta sulla pietra tombale del “sepolcro maggiore”. Il sole
invece era distribuito un po’ dappertutto sulle spalliere degli scanni più
importanti, sugli addobbi di legno della chiesa e sulle sue porte anche quelle
istoriate dei tre ingressi. Molti di questi segni
non ci sono più perché sono stati asportati durante i vari restauri, altri
restano, come quelli
- e sono i più significativi -
che si ammirano scolpiti nel legno ai quattro angoli dei due quadri
centrali dei cassettonati, sia quello della navata
centrale che quello del transetto. Questi segni, che ancora oggi
troviamo sparpagliati un po’ qua e là in Collegiata, non furono dunque un
vezzo, ma una necessità, e che alla luce di quanto detto acquistano
una diversa valenza. Vale concludere citando un altro documento simile, del Mimma De Maio |
Novembre 2005
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