Sul Campanile, 2002 (XXXIII, n,
11, p. 4)
Un’antica
attività del vallone dei Granci
Tra gli studi intrapresi
dai ragazzi della Scuola media quest'anno ci sono
le fornaci. Queste strutture, che hanno accolto un antico mestiere, sono dei
veri monumenti di archeologia artigianale dislocati
lungo la parte alta del vallone dei Granci, quello
che porta da Castelluccia a S. Agata. Un invaso di
grande interesse paesaggistico ed anche di grande
pregnanza storica poiché esso accolse il tratturo fluviale percorso dai
Sanniti nei loro trasferimenti transumantici verso le zone pianeggianti,
perché poi accolse la via romana - l'importante via antiqua qui badit ad Sancte
Agathe - lungo la quale furono costruite
le taverne, ne è testimonianza il toponimo Taverna dei pioppi. Taverne
che i romani istallarono lungo tutta la via, fino a S. Severino, dove c'era
inoltre una loro tassa stradale, detta rotarico,
per cui il luogo ebbe il nome di Rota prima di avere
quello odierno, cioè S. Severino, di origine normanna. Altri significativi toponimi del passo - sferracavallo,
campo castello e lo stesso di fornaci - indicano che questo
luogo fu ricco di vita e di traffici e fu interessato anche alle guerre
sannitiche oltre ad essere, con Castelluccia, una
di quelle postazioni che si dettero ad Annibale durante la seconda guerra
punica per essere poi abbandonate dal generale cartaginese
quando fu sconfitto. Costituì poi per molto tempo, e fino all'arrivo dei
Normanni alla fine del XI secolo, l'unico passaggio
tra le zone pianeggianti del montorese e del sanseverinese e la valle del Sabato, non essendo ancora
attivo il passo della Laura né quello di Forino. Visse questa strada fino
alle distruzioni di Troisio di Rota, il guerriero
normanno venuto in Italia al seguito di Roberto il Guiscardo
che divenne conte di Rota, determinandone, con l'introduzione del culto a S.
Severino, il cambiamento del nome. Troisio fu anche
il capostipite della grande famiglia normanna dei Sanseverino e il nipote Roberto fu il primo feudatario
del castello di Serino, quello di Toppola dietro il
monte Pergola. In seguito alle distruzioni avvenute al tempo di Trosio la strada divenne incongrua ad andandum e fu usata
solo dalla viabilità locale nella parte alta. Lungo la storia questo
luogo ha però mantenuto la sua vitalità per la
ricchezza delle acque che erano tanto abbondanti da giustificare il nome
"dei granci" (i granchi di fiume) dato al
vallone e da essere spesso citato nei documenti per i danni che gli
straripamenti le acque del posto apportavano ai campi lungo il seno vallivo
ed anche a valle, nella zona di S. Agata. Si pensi che ancora nel Settecento
si parlava dei contadini danneggiati dalle alluvioni
del vallone. Ma soprattutto la ricchezza d'acqua ha mantenuto in vita
un'attività artigianale di grande interesse e rilievo anche economico che è stata viva durante i secoli, appunto le fornaci, che
avevano bisogno di acqua in una delle fasi del lavoro. Ancora oggi lungo il
vallone ci sono pozzi e depositi d'acqua che prendono l'aspetto di veri
laghetti alimentati da acque sorgive anche se le
vene si sono di molto depauperate. Lo studio di questa antica attività porterà i ragazzi - la terza E - ad
indagare non solo le caratteristiche geografiche e storiche del sito ma anche
ad individuare le famiglie che furono possessori delle fornaci, a ricostruire
i metodi e i momenti della lavorazione dell'argilla e la vita che si svolgeva
accanto a questa attività, a ricostruire la tipologia della fornace. Lo scopo del lavoro, che
parteciperà ad un concorso indetto dall'Amministrazione provinciale di Avellino con l'intento di sostenere il recupero di
luoghi simili, non dovrà fermarsi alla ricostruzione sopra descritta ma dovrà
essere soprattutto propositivo con la speranza che si possa restituire questo
luogo ad una vitalità moderna. Sarebbe auspicabile bonificarlo e renderlo
utilizzabile, restaurare i ruderi delle fornaci con finalità conservativa . Anzi l'opera di restauro, fatta dai competenti organi,
si presenta come essenziale e doverosa di recupero della memoria storica di
un luogo e di un'attività che, se non può più rivivere nelle sue forme
antiche, può essere senza dubbio testimonianza di un
passato vivo e vitale. Noi ci auguriamo che tutto il luogo resti nella
bellezza paesaggistica che oggi possiede, che non venga
invasa dalla cittadina in espansione, che possa restare un polmone verde tra
le colline ed accogliere scolaresche e turisti. Se abbiamo perduto molti
luoghi montani che una volta facevano di Solofra una "località di
soggiorno" abbiamo ancora la possibilità o il dovere di salvaguardare
qualche località proteggendola dalla invasione del
cemento. Non voglia il cielo che esso diventi sede
di insediamenti abitativi e perda, come tanti luoghi solofrani, la genuinità
che ancora oggi possiede. Ma ancora altri sbocchi possono avere le fornaci,
poiché non sarebbe fantascienza pensare ad una ricostituzione dell'attività
nella zona, non certo nella forma industriale bensì
in quella non meno importante al servizio di un turismo artistico-artigianale
che non avrebbe difficoltà a dirigersi in quella zona dalla vicina
autostrada. Il tutto sfruttando la buona creta che il luogo ancora conserva.
E questo è un altro compito della scuola dell'obbligo, quello cioè di dare ai ragazzi idee per organizzare un futuro
diverso, funzionale al territorio, che sfrutti le sue opportunità. Le fornaci
ne offrono poiché, come disse un esperto ai ragazzi,
"questi luoghi conservano nelle loro viscere un tesoro". Mimma
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