Giovan Sabato Juliani

 

Uno straordinario primicerio nella lotta contro le prepotenze feudali

 

 

 

Giovanni Sabato Juliani fu una delle figure più significative di Solofra per aver messo in atto una coraggiosa opposizione contro le prepotenze del feudatario Orsini. La sua vicenda fa comprendere quanto la feudalità fosse di ostacolo alla vita economica delle popolazioni e quanto poco vere sono quelle affermazioni che vogliono gli Orsini munifici benefattori delle nostre attività. Apparteneva ad una delle famiglie più significative del patriziato solofrano, impiantata al Toro insieme ai Maffei e ai Vigilante con un ramo al Toro soprano in quel bel palazzo sulla sinistra scendendo verso il Toro sottano dove c’era un’altra abitazione. Essa già nel Cinquecento possedeva una conceria in via Cortine, là dove c’erano le concerie dei Vigilante e dei De Maio. Giovanni Sabato (1651-1736) era figlio di Annibale e di Feliciana Maffei ed ebbe dalla natura un aspetto straordinariamente imponente e un eloquio vivo e trascinatore. Per questo motivo, appena prese i voti fu visto come il naturale candidato a divenire primicerio. Molte persone si mossero per ottenere dal papa il permesso che un sacerdote giovane divenisse primicerio scavalcando tutti gli altri candidati, lo fecero Niccolò Tura, il maestro di Pier Francesco Orsini, la principessa Giovanna della Tolfa, il canonico Flavio Landolfi e tutti lo accolsero con entusiasmo quando ebbe la dispensa e lo ascoltavano nelle sue trascinanti prediche. A queste doti se ne aggiungevano delle altre, di rettitudine e profondo senso della giustizia, che lo portarono ad opporsi ai soprusi e alle prepotenze molto diffusi e radicati in quel secolo e a mettere in atto azioni nuove per quei tempi. Appena divenuto primicerio eliminò un abuso che si perpetrava nella Collegiata dove erano stati costruiti molti altari al di fuori delle cappelle, ce n’erano non solo sui due lati delle navate laterali ma anche della navata centrale e molti nel transetto. Essi, oltre a disturbare l’architettura del Tempio, erano frutto di prepotenze, imposte dalle facoltose famiglie solofrane che non volevano rinunziare a quello che era considerato un vero status simbol, il marchio di uno stato sociale. È vero che gli altari servivano per sostenere l’economia attraverso la finanza ecclesiale, ma questi nuovi ricchi non si accontentavano di avere uno jusso sull’altare di famiglia, ne volevano uno proprio. Il primicerio non si preoccupò dei rancori delle persone colpite le quali non riuscirono ad avere ragione né dalla curia salernitana né dal feudatario, anzi il cardinale Orsini, il futuro papa Benedetto XIII, fu dalla sua parte. Altri abusi eliminati dalla Collegiata furono quelli relativi alle disposizioni dei banchi privilegiati. C’era infatti l’abitudine delle famiglie importanti di avere un seggio nel presbiterio che era invece prerogativa esclusiva del clero che doveva rimanere separato dagli altri. Anche il voler far rispettare questa regola creò al primicerio molte inimicizie. Da tenere presente che tutti questi abusi nascevano dal fatto che la Collegiata era la chiesa patronale delle famiglie più importanti di Solofra, cosa che era chiaramente sancita nella Bolla di fondazione e ancora prima dallo status di chiesa recettizia di S. Angelo. Gli atti del primicerio dunque non significavano mettere in discussione tali patronati, bensì volevano inquadrarli in un ordine.

Ma l’opposizione più importante fu condotta contro Domenico Orsini, il fratello del futuro Papa che aveva abdicato proprio in suo favore, e che fu un’infausta figura di feudatario. Era prepotente, avaro e propenso a raggiungere con ogni mezzo i suoi scopi. Poiché la sua rendita, che non era da disprezzare, poggiava solo sulle attività solofrane essendo quella di Gravina a favore del fratello cardinale, egli per ampliarla mise in atto una serie di prepotenze ed angherie, che letteralmente soffocarono l’economia solofrana. Ed in questo fu ostacolato da quelle famiglie solofrane che, avendo raggiunto un alto stato sociale, tendevano ad avere un titolo nobiliare visto che in quel secolo questi si potevano comprare, bastava avere i soldi. Fu con questo feudatario e in questa occasione che emerse una spaccatura nella società solofrana la quale aveva sempre seguito una politica antifeudale a difesa delle attività economiche, ed era stata al suo interno abbastanza solidale. Le famiglie, che fino ad allora avevano dominato nella società solofrana (il governo della Universitas doveva essere per forza nelle mani dei ricchi per il fatto che solo costoro potevano anticipare i soldi dei tributi da versare alla regia corte) per la prima volta ebbero degli oppositori. Pochi anni prima la rivolta di Masaniello aveva fatto aprire gli occhi a quelli che erano abituati ad accettare situazioni di sudditanza.

Diverse volte i solofrani si erano recati a Napoli accompagnati dal primicerio e avevano avuto ragione delle prepotenze dell’Orsini. La situazione però precipitò quando il principe decise di trasferire il mercato dinanzi al suo palazzo per poter controllare meglio le contrattazioni e imporre altri abusi. Anche questa volta a Napoli lo Juliani ebbe ragione mentre i solofrani elessero un sindaco della loro parte. L’Orsini pensò allora di togliere di mezzo chi fomentava questo spirito di opposizione e non lesinò colpi mancini e il ricorso alla delazione, giunse ad ottenere l’arresto di molti canonici del Capitolo della Collegiata, che furono liberati a furor di popolo, e ad assoldare dei sicari che uccisero uno dei capi dell’opposizione. Questa volta però l’Orsini subì l’arresto, ma non si fermò poiché appena libero riuscì, manovrando a Roma dove la sua famiglia era potentissima, a fare arrestare a sua volta il primicerio. La situazione divenne tesa e si fu sull’orlo di una rivolta popolare per scongiurare la quale intervenne il papa che chiamò a Roma lo Juliani. Nella capitale il primicerio trovò la stima di Clemente XI che tentò di trattenerlo presso di lui offrendogli alte cariche nella corte papale. Il primicerio però rifiutò, ma solo dopo tre anni ebbe il permesso di tornare a Solofra accolto con grande festa dai solofrani, mentre l’Orsini si guardò bene dal venire a Solofra e preferì rimanere a Napoli. La situazione si calmò definitivamente solo con la morte del feudatario (1705) e con la pacificazione avvenuta col suo successore.

Mimma De Maio

 

 

Dal “Il Campanile”, notiziario di Solofra, 2004 (XXXV, n. 7, p. 4).

 

 

Giovanni Sabato Juliani

 

La sua famiglia

 

 

 

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