Santa
Maria della neve di Solofra
una
chiesa a protezione dei traffici del passo di Turci
La Chiesa di Santa Maria della neve sorge sulla
dorsale del passo di Turci, lungo la strada provinciale di comunicazione tra
Solofra e Serino. Secondo Giuseppe Didonato, avvocato e segretario comunale
appassionato di storia solofrana, fu eretta nel 1498, ma l’autore oltre a non
darci alcuna ulteriore indicazione si mostra frettoloso e approssimativo
sull’argomento. Si possono invece fare alcune considerazioni che permettono
di spostare molto più dietro la fondazione del centro religioso. Prima di
tutto bisogna considerare che le chiese nel passato non hanno mai avuto una
data precisa di fondazione, poiché sorgevano su edifici già esistenti o erano
ampliamenti di cappellette o di edicole votive. Persino i primi edifici del
cristianesimo delle origini sorsero su luoghi di culto precedente. La chiesa
infatti è sempre cresciuta insieme alla popolazione, di cui è stata punto di
riferimento. Per tale motivo le varie date distribuite qua e là sulle lapide
o sugli architravi si riferiscono sempre a interventi più o meno ampi,
raramente alla fondazione del centro religioso. Molto probabilmente la data
citata si riferisce ad uno dei tanti interventi a cui l’edificio fu
sottoposto, alcuni dei quali furono invasivi tanto da alterarne l’originaria
tipologia. Certo è che i numerosi dati notarili che possediamo fin
dall’inizio del Cinquecento indicano, in modo chiaro, che la chiesa esisteva
da molto tempo. Aveva infatti diversi beni, un cappellano senza cura animorum, un rettore, degli
economi, e soprattutto era punto di riferimento per gli abitanti di
Caposolofra. Bisogna poi considerare che era del tutto normale che su un
passo, luogo di passaggio per i traffici, con una dogana e persino con una
forca per i condannati sia di Serino che di Solofra, ci fosse un centro
religioso. Il passo di Turci divenne attivo nel periodo
normanno quando la strada di Castelluccia, che fino a quel momento era stata
al servizio delle comunicazioni tra la valle del Sabato e la piana di
Montoro-Sanseverino, divenne inagibile (incongrua
ad andandum si dice in un significativo documento). Inoltre il culto alla
Madonna della neve è di origine altomedioevale e a Solofra si lega senza
dubbio al diffuso culto che pone la madre di Dio a protezione della conca nelle
sue zone alte, come sono i luoghi di Castelluccia e del Vellizzano, dove
sorgono altri due significati centri mariani. Nel Cinquecento c’era un sacerdote a custodia del
culto che abitava in un locale vicino, e durante il periodo della peste del 1528,
quando morirono oltre 300 solofrani, accolse delle persone che cercavano
riparo dal contagio in luoghi isolati. Dinanzi alla porta d’ingresso c’era un
portico che poi fu chiuso a favore dell’ampliamento dell’interno e a tale
intervento si riferisce la data indicata dalla lapide. Comunque la chiesa ha
conservato sempre modeste dimensioni, come pure non cambiò il suo
orientamento, in direzione sud-nord con la facciata sulla strada, proprio per
la funzione di protezione dei traffici. Vale infatti sottolineare che lungo
la via passava tutto il commercio solofrano per Atripalda e quindi per la
Puglia, che raccoglieva i prodotti provenienti dalla platea di Solofra e
quelli adunati nei fòndachi e nei magazzini di Caposolofra; e vale
considerare che al servizio di questa importante attività solofrana c’erano i
viaticali di Sant’Andrea i quali formavano, in questo borgo appollaiato sulle
pendici del Pergola-San Marco, un’efficiente organizzazione. Nel XVIII secolo abbiamo i dati del catasto
onciario che a metà secolo dice la chiesa “in luogo solitario” e sede di
un’eremita, che ne aveva la cura; era inoltre in possesso di selve e censi le
cui rendite andavano a favore dei poveri e dei malati dell’ospedale di Santa
Croce di cui la chiesa era grancia.
Le grancie, che nel medioevo erano delle piccole aziende gestite direttamente
dai monaci, in seguito compresero tutti quegli enti religiosi che producevano
un cespite da dover gestire. Quando la chiesa, come le altre, perdette i beni
e la possibilità di svolgere una precisa attività finanziaria, fu gestita
dall’opera della Congrega della Carità, che agiva, ma in modo molto
ridimensionato, a favore dei fedeli e degli iscritti. Andando a considerare le caratteristiche
costruttive dell’edificio bisogna sottolineare il doppio portale con arco a
tutto sesto della facciata, le cui pietre sono chiari indici dell’antichità
della costruzione. L’interno ha un’unica navata, che, con le due cappelle
laterali, formano una specie di croce greca, mentre dalla parte opposta c’è
l’atrio coperto, con un arco che lo divide dalla navata. Due finestre, poste
sul lato destro, mettono in risalto tutto l’interno, gettando una viva luce
sulla nicchia con la statua della Madonna della neve, una decorosa statua di
legno policroma del Settecento che ha subito anche un buon restauro. Importante è la tradizione legata a questo culto
che si diffuse da Roma in epoca romana. Siamo nel V secolo dopo Cristo quando
due coniugi romani, volendo edificare una chiesa, ebbero in sogno la Vergine
che ne indicò il luogo, il quale, in piena estate - siamo nella notte tra il 4 e il 5 agosto
-, fu trovato coperto di neve. Da Roma
il culto si diffuse per prima nei luoghi più vicini alla capitale
dell’impero, poi, in seguito al Concilio di Efeso, che decretò la maternità
divina di Maria, il culto alla Madonna della neve prese piede anche in altre
zone dell’Italia meridionale. A Roma la chiesa dedicata alla Madonna della
neve si trasformò in basilica, detta di Santa Maria Maggiore, per indicare la
sua preminenza su tutte le chiese dedicate alla Madonna. La festa di Santa Maria ad nives, celebrata il 5
agosto, recava con sè la bella tradizione di far cadere una pioggia di petali
bianchi a ricordo del miracolo della neve. Per diverso tempo questa
tradizione fu riprodotta anche a Solofra quando i petali bianchi ricoprivano
le pendici del poggio e la strada di Caposolofra portati da fanciulle e
fanciulli del luogo. Legata a questo culto ci fu anche la tradizione dei mesi
che venivano illustrati con precise rappresentazioni in occasione della
festa. Ora insieme a tante tradizioni si è persa anche quella legata a questa
chiesa, che però è rimasta come punto di incontro e meta di scampagnate
estive, per cui il luogo è stato ristrutturato ed abbellito con alberi che
accolgono al loro fresco i fedeli. Purtroppo se da una padre al solofrano si
offre il panorama di una cittadina in completa esplosione edilizia che ormai
copre tutto lo spazio vallivo, dall’altra gli occhi sono turbati dalla
violenza dello scempio della cava che ha eroso una parte del Pergola. Mimma
De Maio |
Da
“Il Campanile”, 2008 (XXXIX, n. 4, p. 4)
Approfondisci
|
Altri articoli de “Il Campanile”
|