Un palazzo del XVIII secolo al
casale Sorbo
(da un documento inedito)
Il 7 maggio del
1751 gli atti notarili ci forniscono una straordinaria descrizione di un
palazzo del Sorbo. Apparteneva a Filippo Vigilante, fratello del vescovo di Caiazzo, Costantino, e discendente di Pompilio, fondatore
del “Monte” di questa importante famiglia solofrana,
un ramo della quale abitò nel XVIII secolo la casa “palazziata”,
sita in via Cacciata, uno dei pochi antichi palazzi solofrani che ancora
possediamo. Poiché Filippo era morto lasciando dei
figli minori, si dovette fare un atto di ricognizione dei suoi beni, il quale
ci permette di conoscere non solo la consistenza economica della famiglia,
quanto la struttura del palazzo, l’arredo e le suppellettili e financo l’abbigliamento e i gioielli dell’epoca. Tutto,
dal tipo dei mobili e degli abiti, agli stemmi sparsi dovunque, evidenzia che
questa famiglia apparteneva alla ricca e colta borghesia solofrana, che
traeva il proprio sostentamento dalle attività
artigiano-mercantili locali. Filippo, sposato con Delia Caropreso e
padre di Bartolomeo e Felice Antonio e di otto
femmine, tutte, secondo il costume dell’epoca, suore, aveva una conceria, al
largo S. Caterina, ed era, come i più importanti conciapelli
solofrani, anche mercante e finanziatore. I suoi rapporti commerciali si
estendevano a tutte le zone del Meridione dall’Abruzzo, dove Lanciano
costituiva una porta verso i mercati del centro-nord, al salernitano e alla
costiera amalfitana, da sempre centri privilegiati
delle attività mercantili solofrane, alla Puglia e alle zone interne dell’Irpinia, attive nei rapporti con il nostro commercio
specie degli animali e della lana, alla Calabria, da tre secoli fornitrice di
prodotti concianti, e al napoletano, dove Filippo aveva un arrendamento sui «frutti della Città di Napoli».
Ricchissimi erano i legami finanziari con i conciatori solofrani che qualificano Filippo, a metà settecento, un importante
sostenitore del commercio solofrano. Il palazzo aveva
un cortile con pozzo e acqua corrente, magazzini e cantine, una Cappella, e
al piano nobile una grande sala da cui si diramavano
le numerose stanze, tutte riccamente arredate con mobili di pregio,
cassepanche e sedie rifinite in pelle e istoriate con lo stemma, che a quei
tempi avevano tutte le famiglie facoltose. Alle porte c’erano pesanti tende
di damasco verde o cremisi, che si ponevano per riparo o
ornamento, mentre alle finestre c’erano vetrate, dette alla francese. Tra gli
elementi dell’arredo spiccano i numerosissimi quadri che coprivano quasi
interamente le pareti, tutti con cornici indorate e varie orlature,
raffiguranti sia membri della famiglia, sia soggetti religiosi o di natura
morta ma anche molti soggetti venatori. Interessanti sono gli arredi sacri della
Cappella o sparsi un po’ dappertutto, il corredo della cucina con i grandi
utensili di rame, le attrezzature per il vino delle cantine, i generi alimentari conservati nei magazzini, dal grano,
alla carne salata, al formaggio, ai “maccaroni”, il
caratteristico calesse settecentesco con mantice e il cavallo da sella
finemente guarnito, nella stalla. La grande sala centrale aveva un orologio con cassa di pioppo
dipinta, un canapè rivestito di pelle rossa, delle
scrivanie e i caratteristici mobili a diversi scomparti protetti da reti di
ferro per libri o altri oggetti, tutti dettagliatamente descritti, come pure
gli oggetti di argento e le preziose stoviglie contenuti nei mobili. Da
questa sala si accedeva a due anticamere,
elegantemente arredate con scrivanie, tavoli e sedie, stipi a vetri per
oggetti di pregio, e da queste alle molte camere da letto, tra cui quelle di
Filippo, dei figli e dei fratelli (Bartolomeo e Costantino). Tutte avevano il
caratteristico letto a baldacchino ornato con varie guarnizioni, mobili con
cassetti e porta oggetti, inginocchiatoi, tavoli, né mancavano grandi specchi
da muro. Una di queste era la camera dei bambini con culla rossa e finimenti
d’oro, mentre quella che ospitava il vescovo Costantino, all’epoca ancora
vivo, quando veniva a Solofra, aveva un «letto di campagna con padiglione» e
molti oggetti religiosi. Interessante era lo studio di famiglia, a cui si accedeva dalla sala centrale verso nord, perché qui, in
due librerie, si trovavano circa 400 libri, anch’essi descritti, che si
inquadrano nel clima culturale dell’epoca e che permettono di definire gli
studi e gli interessi del Vescovo di Caiazzo. Tra gli oggetti alcuni calamai di marmo o d’osso col
caratteristico coperchio che conteneva la polvere che allora si metteva sullo
scritto fresco perché asciugasse. Due stanze di particolare interesse
erano l’armeria con diversi candelieri e due porta armi (tre cherubine e sette “coppette” lunghe per caccia, due paia
di pistole, due sciabolotti e due spade coll’impugnatura di ottone usate
dai “servitori”) e il guardaroba, dove, in due armadi (detti alla genovese) e
in varie casse e bauli di pelle, c’erano gli abiti appartenuti a Delia
Caropreso, il suo corredo e quello per la casa, gli abiti di Filippo e quelli
del giovane Bartolomeo, oltre ai gioielli personali e di famiglia e vari
oggetti di argento, che costituivano un vero e proprio tesoro. Il tutto,
dettagliatamente descritto, risulta particolarmente
interessante poiché riesce a dare un quadro abbastanza preciso della moda dell’epoca.
C’erano le vesti da donna eleganti, di tessuti pregiati e ornate di oro ed argento, la caratteristica intelaiatura che si
poneva sotto la gonna per tenerla allargata e gonfia, gli immancabili busti,
la borsa per scaldare i piedi, e poi manicotti, cuffie, ventagli; il corredo
era nei tessuti dell’epoca in prevalenza di seta, di Fiandra, di damasco, con
molti cortinaggi usati per guarnire i letti. Tra i gioielli - collane, braccialetti, orecchini
d’oro e di perle, anelli con pietre preziose, orologi - c’erano medaglie, spille, fermagli, diversi
rosari con grani d’oro, di agata, di corallo, di cocco tutti con medaglie,
persino un arcolaio con “occhiello” e ditale d’argento ed un cassetto con
vari oggetti del mons. Costantino recanti lo stemma vescovile e la sua cifra.
Tra gli oggetti appartenuti a Filippo c’era una spada con manico d’argento, uno bastone di canna d’India con pomo di argento lavorato,
e, tra i suoi indumenti, soprabiti invernali di finissimo pannolano ed estivi
di seta, il caratteristico abito maschile da gala con giacca fino al
ginocchio, simbolo del ceto borghese (detto giamberga),
e quello con giacca più corta e bottoni d’argento (giamberghino)
di seta o di panno, le livree ornate di trine di seta, con cappelli bordati o
con trina di argento e una coppola di velluto con lo stemma di argento,
persino tre parrucche. Dello stesso tipo gli abiti del giovane Bartolomeo, un
guardaroba molto ricco e vario di tessuti pregiati con ricami d’oro ed
argento, dove spiccano i copricapi semplici o bordati, ben quattro feluche a due punte e dei giovanili
mantelli ampi e corti con bavero. Mimma De Maio |
Cosa accade nel Settecento a Solofra
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