La sede del culto
a S. Michele: la pieve diventa chiesa recettizia
Abbiamo visto nell’articolo
precedente come la pieve di S. Angelo e S. Maria era stata
consegnata dal vescovo salernitano al prete solofrano Truppoaldo.
Con i Normanni essa perdette il ruolo di pieve e divenne parrocchia. Fu
proprio la nuova realtà, creata con l’arrivo dei nuovi dominatori - alla fine
dell’XI secolo - che si ponevano in
modo diverso nei riguardi delle popolazioni avendo organizzato lo Stato col
sistema dei feudi, a spingere l’episcopio salernitano a mettere in atto una
ristrutturazione ecclesiale e a creare le parrocchie, che dovevano essere più
vicine alle comunità locali. Con questa trasformazione fu eliminata la
titolazione della chiesa a S. Maria, evento che abbiamo
visto già in atto nella pieve, e questa si chiamò solo S. Angelo. Essa
faceva parte dell’Archipresbiterato di Serino, che
era anche il centro del feudo, ed era l’unica parrocchia della conca
solofrana. In questo periodo, per opera sia
dei re normanni che di Federico II, Eventi ancora più importanti
avvennero successivamente. Tutto fu innescato dalla
guerra del Vespro, che ebbe un centro di lotta nel Cilento e che provocò a
Salerno uno scontro di potere tra l’aristocrazia e la borghesia artigiana
cittadina, che riuscì a prendere il potere e a
gestirlo in modo assoluto, eliminando l’altro centro di potere cittadino
rappresentato dal Vescovo. Questo gruppo divenuto potentissimo e fiorente in
città, intorno al suo mercato e al commercio amalfitano, impedì letteralmente
ai Vescovi la presa di possesso del soglio episcopale, anche approfittando
dell’assenza da Roma del papa che si era trasferito ad Avignone in Francia. Insomma per un lungo periodo,
quasi tutto il Trecento, i vescovi non riuscirono a
insediarsi nell’episcopio e ciò provocò un’altra conseguenza notevole:
l’usurpazione di tutte le terre, che la chiesa di Salerno possedeva in tutto
il salernitano da parte di questa potente borghesia. Alla fine del secolo infatti, quando, essendo tornato il papa a Roma, il
vescovo di Salerno potette prendere possesso della sua sede, dovette
costatare la perdita di quasi tutto il patrimonio episcopale, che non riuscì
più a recuperare. Naturalmente queste appropriazioni indebite non avvennero
senza lotte tra gli usurpatori, e furono così feroci che i re angioini
dovettero intervenire ben due volte con degli indulti per pacificare gli
animi. Tutto ciò ebbe i suoi segni anche
a Solofra, dove la chiesa di S. Angelo e le sue terre, in pratica tutto il
fiume con le sue fosse per la concia, che erano,
come abbiamo visto, di proprietà della chiesa salernitana, furono occupate da
numerose famiglie dalla borghesia di Salerno
- molti conciatori e speziali -
che si stabilirono a Solofra, a cui si aggiunsero le famiglie
emergenti solofrane che non videro certo di buon occhio queste intromissioni.
Anche a Solofra dunque ci furono feroci contrasti ed
anche i solofrani godettero degli indulti angioini. Tra le famiglie salernitane interessate a Solofra ci furono i De Ruggiero, un ricco ceppo di conciatori, del quale ben
due membri, con due matrimoni, sposarono la feudataria Francesca Marra,
vedova di Riccardo Filangieri e balia del piccolo Filippo. Per questo motivo i De Ruggiero spinsero Il grande e importante
cambiamento che tutto ciò portò a Solofra fu che la chiesa di S. Angelo, la ex-pieve, si trasformò in chiesa recettizia,
cioè di proprietà delle famiglie del posto, le quali crearono una potente
lobby che si impadronì anche del governo locale. D’altronde, per le
caratteristiche dei tempi, solo le famiglie facoltose potevano governare una
comunità, perché il più importante atto di governo allora era quello di
anticipare il denaro dei tributi e poi recuperarlo presso i cittadini. Il ceto del patriziato artigiano
solofrano gestì S. Angelo attraverso un Collegio formato dai canonici
provenienti da queste famiglie. Il Collegio canonicale infatti, come poi avvenne pure per L’appropriazione
della chiesa da parte del patriziato locale sottolineò
ciò che già era stata la pieve, cioè una chiesa intorno a cui era sorta e si
era sviluppata la vita della comunità, la quale era stata da essa guidata ed
improntata. Ora la stessa chiesa, divenuta di proprietà locale, continuava ad
essere, oltre che centro del culto del patrono, il fulcro della vita
cittadina e sarà poi il principale sostegno della economia
locale. Mimma De Maio. |
La
pieve di S. Angelo e Santa Maria
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