Articoli de “Il Campanile”, 2004 (XXXV, n. 5, p. 4))

 

 

La piazza o platea, il casale mercantile solofrano

 

Ecco perchè i solofrani chiamano “Piazza” una strada

 

 

Mi è stato spesso chiesto perché da noi una strada viene chiamata piazza. La cosa è molto significativa in quanto è legata all’attività mercantile che si svolgeva a Solofra, infatti nel medioevo la platea era la strada del commercio. Platea dunque non è piazza ma strada, una strada che iniziava da un forum, uno spiazzo mercantile che si trovava dinanzi alla chiesa di Santa Croce (poi divenuta chiesa di S. Antuono abate che si trovava là dove ora sbocca via Aldo Moro lungo la quale sul lato ovest se ne vede oggi una parete). Questa chiesa, documentata già nell’XII secolo prima di quella di S. Agostino e del suo convento accoglieva i prodotti che venivano dalle concerie infatti dinanzi ad essa sbucava quella che una volta era chiamata la cupa (ora via Abate Giannattasio) dalla quale provenivano i prodotti conciati che erano raccolti in magazzini (celle o apoteche) posti sotto la sua protezione. La stessa funzione di protezione fu svolta dalla chiesa e dal convento di S. Agostino che furono costruiti proprio per proteggere questi prodotti durante la raccolta e prima della loro partenza per il viaggio mercantile. Bisogna infatti rifarsi alle modalità del commercio dei secoli del medioevo quando le chiese avevano l’importante funzione di proteggere e regolare non solo la vita civile ma anche quella economica delle comunità. Praticamente ciò avveniva perché esse erano immuni dalle predazioni.

La via continuava fino a giungere alla località Sortito, cioè uscita, infatti di qui si usciva dalla zona mercantile. Questa località era chiamata anche Capopiazza, nome che indicava, sempre nel medioevo, proprio la zona terminale del mercato dove c’era la taverna con la dogana e la stalla. Nella ricostruzione di questo casale che si riesce a fare tenendo presente i numerosi atti notarili del Cinquecento Capopiazza-Sortito corrispondeva alla zona della nostra piazza che dal quadrivio con via Lavinaio giunge agli alberi del viale e che allora comprendeva anche la prima parte di via Agostino Landolfi. Qui c’era un’altra chiesa solofrana molto importante ed antica, quella di S. Giacomo, che si trovava appunto dove si usciva dalla zona del commercio e si andava verso Caposolofra attraverso via S. Giacono e via Afflitta. Da tenere presente che questi nomi si impiantarono quando Solofra non possedeva ancora buona parte di Caposolofra che si trovava in territorio di Serino e che fu data a Solofra solo a metà del XIII secolo. Si pensi che un proprietario del fondo costantini, (documentato nel 1015, ma  risalente al periodo bizantino) che si estendeva dai Balsami al Sorbo fino al vallone Cantarelle (a Caposolofra) aveva il padre che aveva fatto il portarum, era cioè colui che aveva controllato le porte di questa zona mercantile, dove c’era l’uscita dei prodotti verso la via di Turci e dove si pagava la dogana.

Nel Cinquecento in questa zona c’erano diverse botteghe dove si svolgevano le attività della rifinitura o corredatura delle pelli, la seconda parte del processo di concia, c’erano le chianche, cioè le botteghe dove non si vendeva la carne, ma la si salava, si facevano gli insaccati e si produceva la sugna usata per la concia. Questa attività di uccisione degli animali, specie maiali, era molto praticata infatti gli antichi statuti si preoccuparono di stabilire delle regole per la loro buona tenuta oltre a raccomandare di tenere sempre pulita la selece, che era una specie di fognatura piastrellata a cielo aperto. Qui c’erano ancora gli uffici dei notai, la curia e si svolgeva anche il parlamento cittadino, cioè dinanzi alla chiesa di S. Giacomo (a volte anche dinanzi a Santa Croce) dove venivano anche affissi i bandi (gli ordini) del tribunale o quelli della Universitas.

Nel Settecento il casale si chiamò solo Capopiazza ma non era autonomo bensì era unito al Toppolo e alla Cupa (la dizione di questo casale nel catasto onciario del 1754 fu infatti Toppolo-Cupa-Capopiazza). Era quindi un casale trasversale in direzione sud-nord  molto significativo poiché indicava esattamente, sia nel nome che nella funzione, il legame tra la zona del commercio con quella delle concerie evidenziando come quest’ultima fosse strettamente legata alla prima.

Al Toppolo che aveva inglobato l’antico casale Fiume erano censite 18 concerie e una quindicina di unità abitative, alla Cupa due concerie (una in località casa Garzilli) e 41 unità abitative. A Capopiazza erano censite non meno di 50 botteghe, delle quali 20 appartenevano al monastero di S. Agostino, 7 erano in piazza S. Giacomo e tre al largo le roselle, dove c’era un fondaco. Le abitazioni erano 13, tutte palazziate, in più c’era un comprensorio di case. C’era il centro di ristoro per i mercanti con la Taverna e la stalla. Dallo spiazzo dinanzi S. Giacomo partiva verso ovest una strada chiamata Lavinaio che conduceva verso i giardini di S. Agostino e i giardini detti del Palazzo dove erano censite cinque botteghe di proprietà del feudatario di Solofra. Al centro di Capopiazza proprio a metà settecento fu posta una fontana per raccogliere l’acqua che veniva dal Sorbo, dove, a causa di una forte siccità, l’acqua era stata più razionalmente divisa e alla cui costruzione insieme alla canalizzazione dell’acqua contribuirono gli abitanti di Capopiazza.

Mimma De Maio

 

 

 

 

 

 

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