Ecco perchè i solofrani chiamano “Piazza” una strada
Mi è stato
spesso chiesto perché da noi una strada viene chiamata piazza. La cosa è
molto significativa in quanto è legata all’attività mercantile che si
svolgeva a Solofra, infatti nel medioevo la platea era la strada del commercio. Platea dunque non è piazza ma strada, una strada che iniziava da
un forum, uno spiazzo mercantile
che si trovava dinanzi alla chiesa di Santa Croce (poi divenuta chiesa di S.
Antuono abate che si trovava là dove ora sbocca via Aldo Moro lungo la quale
sul lato ovest se ne vede oggi una parete). Questa chiesa, documentata già
nell’XII secolo prima di quella di S. Agostino e del suo convento accoglieva
i prodotti che venivano dalle concerie infatti dinanzi ad essa sbucava quella
che una volta era chiamata la cupa (ora via Abate Giannattasio) dalla quale
provenivano i prodotti conciati che erano raccolti in magazzini (celle o
apoteche) posti sotto la sua protezione. La stessa funzione di protezione fu
svolta dalla chiesa e dal convento di S. Agostino che furono costruiti
proprio per proteggere questi prodotti durante la raccolta e prima della loro
partenza per il viaggio mercantile. Bisogna infatti rifarsi alle modalità del
commercio dei secoli del medioevo quando le chiese avevano l’importante
funzione di proteggere e regolare non solo la vita civile ma anche quella
economica delle comunità. Praticamente ciò avveniva perché esse erano immuni dalle
predazioni. La via
continuava fino a giungere alla località Sortito,
cioè uscita, infatti di qui si usciva dalla zona mercantile. Questa località
era chiamata anche Capopiazza, nome
che indicava, sempre nel medioevo, proprio la zona terminale del mercato dove
c’era la taverna con la dogana e la stalla. Nella ricostruzione di questo
casale che si riesce a fare tenendo presente i numerosi atti notarili del
Cinquecento Capopiazza-Sortito
corrispondeva alla zona della nostra piazza che dal quadrivio con via
Lavinaio giunge agli alberi del viale e che allora comprendeva anche la prima
parte di via Agostino Landolfi. Qui c’era un’altra chiesa solofrana molto
importante ed antica, quella di S. Giacomo, che si trovava appunto dove si
usciva dalla zona del commercio e si andava verso Caposolofra attraverso via
S. Giacono e via Afflitta. Da tenere presente che questi nomi si impiantarono
quando Solofra non possedeva ancora buona parte di Caposolofra che si trovava
in territorio di Serino e che fu data a Solofra solo a metà del XIII secolo.
Si pensi che un proprietario del fondo costantini,
(documentato nel 1015, ma risalente al
periodo bizantino) che si estendeva dai Balsami al Sorbo fino al vallone
Cantarelle (a Caposolofra) aveva il padre che aveva fatto il portarum, era cioè colui che aveva
controllato le porte di questa zona mercantile, dove c’era l’uscita dei
prodotti verso la via di Turci e dove si pagava la dogana. Nel Cinquecento
in questa zona c’erano diverse botteghe dove si svolgevano le attività della rifinitura
o corredatura delle pelli, la seconda parte del processo di concia, c’erano
le chianche, cioè le botteghe dove
non si vendeva la carne, ma la si salava, si facevano gli insaccati e si
produceva la sugna usata per la concia. Questa attività di uccisione degli
animali, specie maiali, era molto praticata infatti gli antichi statuti si
preoccuparono di stabilire delle regole per la loro buona tenuta oltre a
raccomandare di tenere sempre pulita la selece,
che era una specie di fognatura piastrellata a cielo aperto. Qui c’erano
ancora gli uffici dei notai, la curia e si svolgeva anche il parlamento
cittadino, cioè dinanzi alla chiesa di S. Giacomo (a volte anche dinanzi a
Santa Croce) dove venivano anche affissi i bandi (gli ordini) del tribunale o
quelli della Universitas. Nel Settecento
il casale si chiamò solo Capopiazza
ma non era autonomo bensì era unito al Toppolo
e alla Cupa (la dizione di questo
casale nel catasto onciario del 1754 fu infatti Toppolo-Cupa-Capopiazza). Era quindi un casale trasversale in
direzione sud-nord molto significativo
poiché indicava esattamente, sia nel nome che nella funzione, il legame tra
la zona del commercio con quella delle concerie evidenziando come
quest’ultima fosse strettamente legata alla prima. Al Toppolo che
aveva inglobato l’antico casale Fiume erano censite 18 concerie e una
quindicina di unità abitative, alla Cupa due concerie (una in località casa
Garzilli) e 41 unità abitative. A Capopiazza erano censite non meno di 50
botteghe, delle quali 20 appartenevano al monastero di S. Agostino, 7 erano
in piazza S. Giacomo e tre al largo le
roselle, dove c’era un fondaco. Le abitazioni erano 13, tutte palazziate,
in più c’era un comprensorio di case. C’era il centro di ristoro per i
mercanti con Mimma De Maio |
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