Da “Il Campanile”.
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Da più parti
mi è venuta la richiesta di chiarire la questione del toponimo “Solofra”, sul
cui significato girano parecchie versioni. Se le
prendiamo in considerazione vediamo che sono tutte plausibili
ma oggi abbiamo la possibilità di fare chiarezza. Cominciamo
con le versioni, diciamo così popolari, quelle non supportate da
alcuna scientificità. Esse sono “sola fra i monti”, considerando l’isolamento
di Solofra, una volta così nascosta tra le montagne, oppure “sole fra i
monti” considerando ancora la sua posizione o il suo
stemma. Queste sono interpretazioni molto suggestive ma
non sono quelle esatte. Poi c’è la versione più colta, latineggiante, di “soli
offerens”, riferita al culto al sole che si diffuse
in questa conca nel periodo romano. C’è ancora la versione data da Francesco
Scandone, il grande storico di Montella che nelle
sue ricerche ebbe la possibilità di raccogliere molti documenti irpini, tra cui anche alcuni di Solofra. Costui per il
toponimo “Solofra” avanzò l’ipotesi che provenisse
fa “zoll” e “fara”, e
cioè “terra di dogana” (zoll) gestita da una
“famiglia longobarda” (fara), che faceva risalire
la nominazione di Solofra all’insediamento
longobardo. Era un’interpretazione molto calzante ma
non poteva essere vera poiché il nome ad un luogo viene dato dai suoi primi
abitanti, che non furono i Longobardi, a patto che Solofra non avesse prima
un altro nome. Ora i primi abitanti solofrani furono i Sanniti e questo Scandone non poteva saperlo, visto che le testimonianze
della presenza sannita a Solofra sono venute alla luce
solo negli anni settanta, quando lo storico montellese
era già morto. Bisogna
dunque andare ai pastori sanniti per trovare l’origine del toponimo. Questi
pastori non hanno solo abitato la nostra conca ma vi
hanno seppellito anche i loro morti, non potevano quindi non dare un nome al
luogo a cui affidavano i loro cari. E se vediamo bene da
noi ci sono tanti e tanti nomi di origine sannita, riferiti a elementi sacri
per questi pastori; come dire essi affidarono i morti ad un luogo che era
diventato sacro attraverso l’imposizione dei nomi. Sacri per questo popolo
erano gli animali e le piante e a questi elementi della natura solevano
dedicare i luoghi dove abitavano. La nostra conca è ricca di tali nomi, da
“Toro” a “Volpi”, a “Garofalo”, a “Faggeto”, a
“Sorbo”, a “Balsami”, a “Sambuco, a “Melito”, a “Cerzeta”,
a “Cerro” e via dicendo. C’è poi “Mai”, il nome dei monti a sud, che riporta
quello di un’importante divinità italica (i sanniti erano un popolo italico),
Maia, dea dei boschi, della salubrità e della primavera, che, insieme a Garofalo, venne dato ai nostri
monti più belli che proteggono la conca a sud, dove, in più, c’era il confine
del territorio sannita. Ma ritorniamo al toponimo
“Solofra”. Nel 1943 un professore di glottologia dell’Università di Napoli
studiando l’origine di diversi toponimi meridionali si imbatté
in “Solofra” e con una dimostrazione linguistica ne fece risalire l’origine
alla lingua italico-sannita (osco-umbra)
e precisamente a salufer, che poi i
romani trasformarono in saluber e che
significava appunto luogo salubre. Questi pastori, faceva osservare il
professore nello studio linguistico dove espose tale dimostrazione, nel
ritornare dalla pianura salernitana, dove soggiornavano d’inverno e che era
piena di acquitrini malsani e maleodoranti,
trovavano invece la conca ricca di acque e di vegetazione, quindi salubre, e
continuava “peccato che a Solofra non ci sono testimonianze della presenza
sannita”. Nel ’43 infatti non c’erano tali
testimonianze che vennero alla luce negli anni settanta dando ragione, dopo
trenta anni, al glottologo calabrese. Siano giunti alla vera etimologia del
termine “Solofra, che viene riportata nel Dizionario
dei toponimi italiani pubblicato dalla UTET di Torino, e che non distrugge
tutte le interpretazioni precedenti che servono per punteggiare il percorso
storico dei tentativi di andare alle origini di qualche cosa che è
importante. I toponimi infatti sono espressione di ciò
che fu un luogo. Mimma De Maio |
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