Troiano Vigilante, battiloro a Solofra e a Napoli, tra  i doratori degli intarsi della Collegiata.

 

Gli intagliatori e gli “indoratori” che lavorarono nella Collegiata

uniti intorno alla bottega dei Vigilante.

 

 

Succede che quando si rilegge un documento dopo un certo tempo questi è capace di fornirci informazioni che prima non ci dava, perchè nel frattempo sono intervenute nuove conoscenze che permettono di vedere il dato documentale in un’altra luce. Questo è successo ad alcuni documenti sulla Collegiata  - sono presso l’Archivio del Centro studi della Biblioteca -  che sono stati capaci di darci importanti precisazioni. Ci riferiamo ad un compromesso fatto dagli economi della Fabbrica di S. Angelo  - era l’istituzione sorta per la gestione della costruzione della Collegiata -  ed alcuni indoratori napoletani. Tra questi c’era Troiano Vigilante di Giovanni Antonio, definito “indoratore solofrano”. Costui stipula l’atto insieme ai due napoletani, uno dei quali di Lucca (apparteneva alla scuola toscana presente a Napoli), fa parte quindi dello stesso gruppo di lavoro. Nel contratto si parla dell’indoratura degli intarsi in legno dell’altare maggiore, tra cui la grande cornice del quadro del Lama, mentre in un altro contratto, che riguarda il recupero di un credito, si dice che questi indoratori fornirono l’oro anche per gli altri intarsi. Si individua dunque la squadra incaricata per i lavori di doratura: un interessante rapporto tra Napoli e Solofra. Confrontando questi dati con i documenti riguardanti il battiloro solofrano, che di recente abbiamo sistemato organicamente, e con quelli sulla famiglia Vigilante, anche questi di recente sistemazione, abbiamo trovato molte notizie su questo Troiano, indoratore solofrano. Apparteneva alla famiglia del Toro, che faceva capo a Petrillo e che era un’ampia famiglia di battiloro, ma c’erano anche conciatori, molti sacerdoti, tra cui il primicerio Cosma. Aveva una bottega alla Via nuova, dove lavoravano diversi membri della famiglia. Vi troviamo Belardino ed Adriano figli di Scipione e fratelli di Giulia, madre di Francesco Guarini, vi lavorava Troiano col fratello Paolo (1592), il cui padre Giovanni Angelo Antonio era fratello di Scipione. Vale sottolineare che a quei tempi un’intera famiglia costituiva essa stessa un’azienda, si univa a riccio intorno ad un’attività per rispondere meglio alle esigenze della stessa. Sempre dai documenti in nostro possesso veniamo a sapere che la bottega che questa famiglia aveva a Napoli era tenuta da Giustiniano e che qui lavorava lo stesso Troiano. Il documento che ne parla è interessantissimo poiché Troiano ebbe da Giustiniano, divenuto vecchio, la gestione della bottega napoletana con la facoltà “di tenere altri lavoratori”, ne era insomma divenuto il titolare. Questi dati si introducono in modo perfetto, come le tessere di un puzzle, in tutta la situazione del battiloro napoletano, di cui più volte abbiamo parlato e a cui sono dedicate alcune pagine web del sito solofrastorica.it. Per poter battere l’oro i solofrani dovevano avere residenza ed attività a Napoli, poiché la città capitale godeva del monopolio (jus di privativa) che impediva ai non napoletani di battere l’oro fuori la città. Per questo motivo tutti i battiloro solofrani ebbero residenza ed interessi a Napoli, mentre Solofra ebbe l’importante compito di essere una vera succursale della città.

Ma ritorniamo a Troiano e ai due battiloro che stipularono il contratto con lui. Consideriamo che i battiloro napoletani a quel tempo formavano una consorteria molto unita, chiusa e potente, riconosciuta legalmente fin dal tempo della regina Giovanna. Era detta delle Centenare (unità di misura indicante 100 fogli di oro battuto), godeva di molte protezioni e privilegi, tra cui, cosa unica nel regno, la possibilità di avere titoli nobiliari, che erano interdetti a coloro che svolgevano attività artigianali. Avevano una chiesa di riferimento con il privilegio della sepoltura e il godimento di un Monte, detto anch’esso delle Centenare. A questa consorteria appartenevano anche Troiano e i battiloro che ebbero l’incarico di indorare gli intarsi della nostra Collegiata, anzi il fatto che nella gestione della chiesa e della sua costruzione erano presenti molti Vigilante (Cosma era stato primicerio, Giovanni Antonio era sindaco, molti altri erano economi o canonici della chiesa) mette Troiano in una posizione di dominio in questo gruppo. Ma c’è di più poiché a quei tempi i battiloro avevano uno stretto legame con gli intagliatori del legno, che lavoravano in posizione di sudditanza nelle stesse botteghe, né va dimenticato che anche i pittori facevano riferimento a tali botteghe. Queste infatti, secondo una caratteristica dell’epoca, accoglievano le attività parallele per rendere più efficiente e meno dispendioso il lavoro. Tutto ciò avveniva anche e soprattutto quando ci si doveva spostare nei luoghi dove gli artisti avevano il lavoro, come dicono chiaramente le clausole dei contratti, in cui viene contemplata la necessità di svolgere il lavoro in luogo “congruo e vicino” e in “comunione”. La bottega di battiloro dei Vigilante della Via nuova accolse dunque questi lavori, sia di battiloro che di intarsio in legno, a Solofra come a Napoli. Sappiamo che Antonio Sclavo, l’intagliatore dell’organo e del pulpito, lavorò anche alla porta maggiore della Collegiata che fu terminata, insieme alle porte minori, da Francesco Catorano, autore dell’intaglio delle pietre appartenete alla bottega dello Sclavo, ma sappiamo anche che il contratto con lo Sclavo fu fatto dal padre di Troiano, Giovanni Antonio Vigilante, che era una persona influente come economo della Collegiata e sindaco della Universitas. Ci fu dunque un consortium, una stretta unione di intenti che unì i lavori della Collegiata e che ebbe la bottega dei Vigilante come punto di riferimento. La stessa bottega di Tommaso Guarini, dove si intagliò il legno dei cassettonati e si dipinsero le tele e che ha una storia di grande interesse, fu praticamente un’unica cosa con quella dei Vigilante. 

Infine vogliamo citare la figura di un intagliatore, Giovanni Battista Vigilante, definito napoletano ma appartenente alla famiglia solofrana, che proprio in quegli anni era impegnato agli intarsi di un’importante chiesa napoletana (la notizia ci viene dagli studi di una solerte e appassionata ricercatrice) e che fu presente nella bottega napoletana di Troiano e aggiungere che molti dati sulla famiglia Vigilante indicano non poche ramificazioni e interessi di questa famiglia a Napoli. La storia locale ha il fascino di riuscire ad entrare negli intrecci nascosti delle vicende umane più della grande storia.

Mimma De Maio

 

Da “Il Campanile”, marzo 2009 (XL, n. 3, p. 4)

 

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