Il post terremoto
Articolo
In occasione dell'apertura al culto
della Collegiata di S. Michele Arcangelo di Solofra dopo il restauro del
post-terremoto (1985).
Alla Collegiata che riapre restituito il
suo passato
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Si cita il ritrovamento del documento della pieve di S. Angelo e S. Maria di Solofra. |
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Ritorna a noi la nostra Collegiata, che riapre, come madre,
le sue braccia per accoglierci tra le sue annose colonne,
come da secoli ha fatto, sempre vigile, sempre disposta, sempre presente. E
noi mentre scopriamo il significato di questa presenza, che viene da una
precisa funzione assunta nella storia, ci inorgogliamo,
invece, ammirati dei tesori che serba. Ne possiamo andare giustamente fieri e
non solo perché è espressione di arte solofrana, ma
per quel significato di cui dicevamo prima. Infatti
in questa Collegiata e nel suo Arcangelo c'è scritto tutto il nostro essere
di un popolo indomito e fiero, attivo ed intraprendente, che fu protagonista
della sua storia, non passivo osservatore o, peggio, succube di eventi che
sovrastano. Il sapere che questo nostro Tempio fu
voluto e costruito interamente con l'apporto della comunità solofrana,
mentre ci riempie di ammirazione perchè si individua in esso un'origine
squisitamente popolare, ci deve spingere a considerare la realtà solofrana
che produsse questa Chiesa, nella convinzione che ciò che più vale nella
storia non è l'estrinseca materialità delle opere o i fatti empirici che
saranno inevitabilmente travolti, ma proprio la nostra realtà, quella che
abbiamo plasmato con la volontà, nei silenzi dell'anima, attraverso l'ansia e
il tumulto dell'azione, nel dramma della storia. È vero infatti che Solofra nel
Cinquecento viveva il periodo "aureo" della sua storia, un periodo
di prosperità economica, che la porterà financo a
riscattarsi dal giogo feudale, un periodo, altresì di fervore culturale, di
una vestusta tradizione che partiva dai famosi
medici del Trecento, i Fasano, che di padre in figlio si succedettero alla
corte angioina prestando un'opera intelligente ed
apprezzata tanto da averne benefici perfino il nostro paese. Tradizione
splendida di cultura che si prolungherà nei secoli successivi esprimendosi
con una messe di uomini illustri, che si distinsero,
in modo non marginale, in tutti i campi dello scibile, e che senz'altro può
essere un altro motivo di vanto. Artisticamente quel periodo aureo, che
continuerà per sfociare nell'arte di Francesco Guarini, non si esprimeva solo
nella bottega dei Guarini. L'armonica architettura del cassettonato
dei soffitti, le tele, gli intagli in legno ci
parlano, più di qualsiasi documento, di una realtà artistica non chiusa, non
limitata, non paesana, e i battiloro e gli scalpellini in pietra aggiungono
che essa non fu un fenomeno spurio, né circoscritto, ma corale. E tutta questa realtà,
che è suffragata dalla storia, se si spiega pure con la felice posizione
geografica della conca aperta verso la fecondità della pianura, affonda,
altresì, le sue radici nel "carattere" del popolo che la espresse.
Chi sceglie le vie pericolose della mercatura, che non conoscono
la infeconda sicurezza di una chiusa vita paesana, lungi dall'essere un
pavido, ha quello stesso coraggio che porterà tanti nostri avi a percorrere
le non meno ardue vie del sapere e che in politica vedrà il solofrano non
sottostare passivamente. Il documento del Questo spirito "solofrano" si legge nella storia
della nostra Collegiata e in quella di alcuni suoi
indomiti ministri come il coraggioso primicerio Giovan
Sabato Iuliano, si indovina nelle significative sue leggende, ma soprattutto
ci deriva dal suo bellicoso santo da cui il solofrano ha tratto la forza,
l'audacia, la fermezza che divengono coraggio. Ma questa nostra Collegiata ha anche una sua storia
precedente nella pieve al Santo Angelo e a Santa Maria, della quale abbiamo
nozione documentata nel lontano undicesimo secolo, la cui esistenza era
avvolta nella nebbia fino a poco tempo fa. Siamo, infatti, riusciti a
recuperare la trascrizione di una pergamena che sparge una luce non scialba
sul quel periodo solofrano, perchè non contenti di poche righe di regesto a
quel documento, abbiamo potuto finalmente accedere alle fonti, aiutati anche
da una favorevole circostanza, ed ora siamo in possesso di
una lunga e circostanziata descrizione di ciò che già nell'XI secolo era il
nostro centro religioso. Due fogli interamente scritti ci hanno restituiti
una memoria storica che ci riempie di orgoglio che non è quello personale
relativa alla scoperta, ma quello collettivo di una gente che recupera
finalmente una parte delle sue radici. Si delinea nella conca,
gradatamente che proseguiamo nello studio, una realtà ricca, una chiesa, la
nostra, con terre, beni mobili ed immobili, uomini che lavoravano alle
dipendenze del nostro presbitero, Truppoaldo, la
cui dignità a quei tempi rappresentava il secondo grado della gerarchia
ecclesiastica, con altri chierici che officiavano nella stessa chiesa o nelle
cappelle "villanae" che facevano capo
alla nostra chiesa matrice. La pieve solofrana era, dunque, una realtà
importante, la cui fisionomia ci ripromettiamo di
restituire al paese poiché è diritto di ogni comunità recuperare il suo
passato, al di là di tutti i torti che distruzioni o incurie possano aver perpetrato
contro di essa. Se vediamo in questo recupero una rivincita dell'anima
della Storia, che non può permettersi che la si
lasci languire sotto la polvere della noncuranza, e la validità della storia
locale, che ha la stessa validità del recupero delle proprie radici, non
nascondiamo la perplessità che nasce dal paventato pericolo a cui è esposto
questo tipo di storia che si presta più facilmente ad essere fatta male,
senza la dovuta cautela e rigore storico, essendo più difficile fare storia
locale che fare la storia "grande". Alla storia locale infatti non deve mai mancare il giusto e costante apporto
della grande storia alla quale questa storia minore, a sua volta, darà
maggiore prospettiva e profondità in un reciproco travaso dell'una
nell'altra. Nell'esplosione di studi che vive la storia locale noi ci
auguriamo pertanto che, lungi dall'essere una moda, essi divengano amore per
il proprio luogo di origine, portino alla scoperta
del profondo essere di ognuno di noi e formino nei giovani quel vero "habitus"
della ricerca che già è una costante del mondo di oggi e che ancora più
caratterizzerà l'uomo di domani. Nell'euforia del momento non vogliamo dimenticare che tanta
altra parte del nostro passato è ancora nascosto nei
2500 documenti che sono presso |
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Sulla Collegiata di S. Michele Arcangelo di
Solofra
Recensione di
Mimma De Maio a:
Francesco Garzilli, La collegiata di San
Michele Arcangelo in Solofra, Napoli, Arte Tipografica, 1989, pp. 308.
Accostarsi ad un libro
di storia locale significa entrare nella intensa e
difficile problematica di questo settore della ricerca storica. È vero infatti, come dice Furio Diaz, che la "storia
particolare", per il "riferimento ad un ambito spaziale
limitato", può determinare un'angustia d'impostazione della
ricerca" a monte e "della valutazione" a valle, ma è anche
vero che essa, "ove venga trattata secondo certi angoli visuali, può
assurgere a pari dignità di qualsiasi buona storia generale". Si tratta,
in altre parole, del pericolo che possa venire a mancare "il problema storico",
come paventava Croce, cioè quella prospettiva che
colloca correttamente i fatti, indagati nei loro tempi e spazi brevi, nei
paradigmi dell'evento storico, senza la quale essi restano come pezzi
separati di un mosaico. Né si può sottovalutare
che tali difficoltà, sconosciute allo storico che affronta i grandi problemi,
sono aggravate da una troppo diffusa tradizione municipalistica
ed apologetica che, senza scomodare il municipalismo
medioevale e per restare in un tempo più vicino, dette
le sue prove 'migliori' nel periodo prebellico; costumanza che neanche può
dirsi esaurita se ancora oggi con altisonanti ricostruzioni spuntano qua e là
affrettati epigoni che aggirano facilmente lo scoglio del rigore scientifico
sull'onda delle tante iniziative editoriali locali animate da interessi non
propriamente specifici. Il prendere atto di
queste difficoltà e di questa realtà deve essere, per una ricerca di storia
municipale, indubbia garanzia e forte incentivo poiché gli argomenti a favore
sono più efficaci, dopo la lezione di Bloch, dopo
le denunzie di Ernesto Ragionieri e dopo validissimi
insegnamenti (per non citare il solito ma insuperato Benedetto Croce dei due
paeselli d'Abruzzo, mi limiterò al più vicino Gabriele De Rosa degli archivi
parrocchiali e alla collana Microstoria della Einaudi,
nata proprio per tutelare la corretta storia locale) che hanno permesso di
aprire alla storia il tempo minimo che è "il plasma in cui stanno
i fenomeni e il luogo della loro intelligibilità". È la medesima garanzia
di cui gode la ricca ricerca di Francesco Garzilli, che si pone nel solco
degli esempi citati. L'autore,
rappresentante di un'antichissima famiglia patrizia meridionale, conscio che
"le grandi sintesi [ ... ] fondano i pilastri sugli avvenimenti
essenziali e vastamente collettivi" e che spesso esse ricollegano e
interpretano questi avvenimenti "secondo schemi
di pensiero nei quali mai per intero entra la vita vera dei popoli che è così
multiforme da fuoriuscire dai limiti che ogni schema necessariamente
impone", utilizza una innumerevole quantità di documenti (che sono il
prezioso corredo del volume) presi nella maggior parte dall'archivio di
famiglia, dando fondo anche alla propria memoria di protagonista, per
tracciare una linea di quella vita vera" che fa più profonda la storia. Per questo verso quella
che potrebbe apparire la monografia di una chiesa
diventa la storia di tutta una cittadina. Infatti la
Collegiata di San Michele Arcangelo di Solofra (Avellino), già pieve
dell'episcopio salernitano nell'XI secolo ed intorno a cui si formò
l'identità della comunità solofrana, ha conservato nel tempo il carattere di
fulcro della vita economico-politica e culturale della popolazione che le si
è raccolta intorno e che appartiene ad un paese lontano da quella
circoscritta zona del napoletano a cui hanno limitato l'attenzione tanti
storici; comunque ad un paese del sud che dalle "grandi sintesi" è
uscito spesso col volto travisato proprio per i limiti "degli avvenimenti
essenziali e vastamente collettivi" su cui quelle "grandi
sintesi" necessariamente si fondano e che invece proprio la storia
locale può precisare e particolarizzare. L'operazione fatta dal
Garzilli, che meritoriamente è nell'ottica di chi
vuole che i documenti non stiano nel chiuso degli archivi, al di là dei pregi
già detti, ha il merito non secondario di aver precisato momenti ed elementi
essenziali della storia della Collegiata come l'aver eliminato "ogni
incertezza circa la successione dei Primiceri e
l'esatta esistenza di essi", l'aver corretto "alcuni equivoci
tramandati per secoli" o l'aver rinvenuto "il nome
dell'intagliatore dell'organo, oppure l'aver raccolto "gli stemmi
documentati" e i ritratti ancora esistenti. Essa allora diventa un forte
stimolo "per nuove ricerche e specifici studi", come lo stesso
autore si augura nella introduzione a questa sua
utilissima fatica e come noi ci proponiamo in special modo sulla doppia
titolazione della chiesa. |
In "Riscontri", anno XI, n. 3-4, luglio-dicembre, 1989, pp. 144-146. |
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Un importante recupero della ricostruzione a Solofra
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Intanto il paese vive con giustificata attesa i momenti
finali di un'operazione di recupero di grande valore
che ha impegnato in prima persona Vari interventi di grande valore
hanno già restituito il primitivo splendore alle opere in legno intagliato
degli stupendi soffitti sammicheliani e
dell'organo, capolavoro nel capolavoro, tutti interamente ricoperti di oro
finissimo, espressione entrambi dell'attività artigianale solofrana nei
secoli XVI e XVII che videro il sorgere della Collegiata. Ma l'evento più spettacolare è stato l'arrivo delle tele
del Guarini e della bottega del di lui padre
Tommaso. È stato possibile osservarle da vicino, e quelle
grandi forme bene hanno reso tutta la maestria di un pittore, che è tra i
minori della pittura napoletana del Seicento solo per la grande ricchezza
artistica posseduta dall'Italia, che fa sì che alcuni diventano maggiori ed
altri minori. Una intera squadra di restauratori
romani si è trasferita a Solofra per dare gli ultimi tocchi all'imponente
opera di restauro richiesta dalle numerose tele del tempio solofrano. Quando il venti dicembre la televisione nazionale e le trasmittenti locali proporranno le immagini della
inaugurazione tutti i nostri lettori già sapranno che quel Tempio è
espressione di un momento storico di grande vivacità economica, artistica e
culturale vissuto da Solofra. La sua Universitas
volle che l'antica chiesa di S. Angelo, che già nell'XI
secolo era il centro del culto all'Arcangelo di tutta la conca, si
trasformasse per esprimere meglio la realtà che viveva il paese. Divenne così
Noi ci auguriamo che la restituzione al culto di questo
monumento storico sia di incentivo a conoscere
meglio la nostra storia locale, nella convinzione che tutta la storia minore
sia una fonte a torto trascurata, di grande ricchezza, che può dare, deve
dare più precisa prospettiva alla grande storia. |
N.
B. La pieve è stata in seguito da me studiata in La pieve di S. Angelo e
S. Maria del lucum Solofre,
in "Rassegna storica Irpina", 1992, 5-6,
pp. 87-119 e la sua realtà fa parte integrante dello studio Alle radici di
Solofra, Avellino, 1997. |
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