Ottocento e
Novecento
Le concerie
che non ci sono più
Le concerie della Cupa
(Oggi via
Abate Giannattasio)
L'antica via Cupa nel XVI secolo univa il casale Toppolo con la
Platea e nel XVIII secolo faceva parte del casale Toppolo-Cupa-Capopiazza.
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Questa conceria, collegata a vecchi fabbricati ad un piano che arrivavano fino al fiume, è un esempio della evoluzione
dell'antica apotheca. Si leggono in essa chiaramente i vari ampliamenti a partire dalla
primitiva costruzione, che risale al 1589 secondo la data posta nella chiave di
volta di uno degli ingressi, mentre lo spanditoio era
ancora nello spiazzo intorno alla costruzione, fino al 1869 epoca di un più
consistente ampliamento.
Sui primitivi due piani è stato innalzato un terzo, per
accogliere il piano spanditoio, con finestre regolari
ad archi ribassati protette da grate per permettere una costante circolazione
dell'aria.
Questa conceria si trovava lungo la via che va
al Toppolo. Inizialmente la parte a piano terra era usata per il deposito delle
pelli che avevano subito il primo processo di concia e per accogliere il
processo di rifinitura ed aveva nel piano superiore l'abitazione. Poi fu
trasformata interamente in opificio con la sopra elevazione del terzo piano ad
uso spanditoio-torre. Si notano i caratteristici finestroni ad arco ribassato che già si notano nelle
concerie del XVIII secolo.
Conceria di via Abate Giannattasio o
Cupa all’inizio del Toppolo
Il fabbricato, che si trova ad angolo tra il fiume e via Abate Giannattasio, ha subito vari rifacimenti secondo
una modalità comune a molte concerie. Al blocco più antico, fornito di edicole votive, sono stati aggiunti corpi antistanti. Da notare la terrazza coperta da strutture di legno e lamiera che
ripetono le antiche astrachene e il corpo più
basso antistante che fa da lamia o essiccatoio. L'edificio ha più
ingressi e aperture i cui elementi costruttivi ne evidenziano
l'antichità che vanno molto al di là del 1890, anno in cui subì una
ristrutturazione seguita da altri interventi lungo tutto il XX secolo. Si trova
in una zona che fin dall'inizio del XVI secolo
accoglieva diverse concerie delle oltre cinquanta documentate. Notevole è
l'edicola votiva che riproduce una Madonna del Soccorso a cui era dedicato il
casale.
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Le illustrazioni di questa pagina sono prese dal
"Bollettino" dell'Associazione per l'Archeologia industriale. Centro
documentazione e ricerca per il Mezzogiorno, nn.
26-34 (febbraio 1990 - ottobre 1992).
Le spiegazioni e la datazione delle concerie contenute nella
citata pubblicazione risultano in molti punti errate
ed imprecise, poiché non tengono presente l'impianto storico di Solofra quale
emerge dai rogiti notarili del XVI secolo pubblicati solo nel 2000. Manca comunque una corretta analisi dell’evoluzione dell’opificio
che si legge nella sua stessa struttura.
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