Famiglie solofrane
Corsaro
Famiglia originaria di Montoro e impiantata, fin dal XVI secolo, alle Casate di Solofra con Marino (73) la
cui casa confinava con i beni di Abbondanzio Grassi.
Pochi però sono gli individui di cui si ha notizia in questo
secolo.
Nella prima metà del secolo XVII nello stesso casale c’è la
famiglia di Carlo sposato con Lucrezia Pisano.
Un unico ceppo facilmente individuabile tra i
Volpi e S. Agata.
Dopo la peste ai Volpi si trova la
famiglia di Domenico e di Santa Cilizio con il figlio Nicola (nato nel 1692).
In questo nucleo si lavora la lana depurandola dalle scorie della
concia per la vendita al mercato di Giffoni.
Nicola sposa Cecilia Marra (1708) con cui vive in un’abitazione con
varie stanze soprane e sottane. La sua famiglia è interessante
poiché esprime tutte le forme dell’artigianato locale legato alla pelle,
dalla lavorazione della lana, che è l’attività principale, alla concia che è
l’attività dei figli Pasquale (1733), Nunziante (1734) e Gennaro (1746), alla lavorazione delle scarpe di Domenico (1726), che in questo periodo è
però un artigianato povero, contrariamente a come la stessa attività si
presentava prima (XVI secolo). Domenico nel 1742 va in guerra.
Anche l’attività di Taddeo (1740), che è bracciale, lo vede
alternare il lavoro nelle selve (la famiglia ha in censo un bosco in località Iatamani) a quello nelle botteghe, anche se nella
forma manuale.
La famiglia si completa con le figlie e cioè
Antonia (1725), Fortunata (1726, sposa Baldassarre Alfano).
Pasquale (di Nicola), sposando Rosa Giaquinto, si trasferisce alla Forna
dove lavora nelle botteghe della zona. Suoi figli sono Antonia (1765-1795) e Donato Antonio (1770-1796).
Taddeo (di Nicola) sposa Maddalena Pirolo e si trasferisce a Caposolofra
con la sua attività. Suo figlio è Domenico Donato (nato nel 1770).
Giuseppe (di Nicola) sposa Domenica Nuzzo nel 1720, poi Costanza Santoro
nel 1735.
A S. Agata di Serino in alleanza
con i De Maio.
Un ramo dei Corsaro solofrani si trova in
questo casale in seguito al matrimonio di Donato (1691), figlio di Domenico, con Lucia e poi con Agnese De Maio.
Qui Donato abita in una casa della moglie alle Cortine. È colono di un
fondo in località le Cesinelle con i figli Giovanni (di anni 34), Giuliano (anni 33) e Pasquale (anni 20).
Di questi Giovanni, sposando Caterina Guarino, si
sposta al Sorbo in un fondo della famiglia della moglie, mentre Pasquale resta a S. Agata per il
matrimonio con Maria Spinelli una famiglia del casale. Ha Agostino nel 1752. Il
legame con questa famiglia santagatina è sostenuto
dal matrimonio, alla morte di Pasquale, del fratello Giuliano con la cognata Maria (ha
Michelarcangelo nel 1761).
Il legame con i De Maio viene invece
consolidato in seguito al matrimonio di Rosa con Arcangelo col quale Rosa abita
nella parte alta del casale.
Al tempo del catasto altri due figli di Donato, Natale e
Michele, vivono nella casa di S. Agata con la madre Agnese e sono lavoratori manuali
tra le botteghe delle Cortine e il fondo di famiglia.
Agostino di Pasquale, sposa Lucia Franco. In questa famiglia c’è un altro
matrimonio con gli Spinello, poiché Maria nel 1779
sposa Michele col quale abita in località Bussoli.
Un figlio di Agostino, Nicola, si sposta alla Forna, dove
abita Taddeo del ramo dei Volpi per fare il bettoliere e dove sposa Caterina
Ferrante, la cui figlia Maria Antonia forma una famiglia con Vincenzo Gallo
lavoratore del ferro in piazza.
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Una famiglia di musicisti dell’inizio del XX secolo
Michele Corsaro
(Solofra 1882-Catanzaro
1914)
Michele sposò Annamaria Liotti da cui
ebbe Nicola (nato nel 1902), Salvatore (nato nel 1904), Maria Michela (nata nel
1906), Iolanda (nata nel 1908), Liberata (nata nel
1910), Michele (nato nel 1913), Mario Antonio (nato nel 1915), Rocco Antonio
(nato nel 1918), Rosaria (nata nel 1918) e Rocco (nato nel 1921).
Iniziò gli studi di musica con i maestri Balassone, D’Orsi, Chirico, Farina, ebbe come maestro d’organo P. Sinforiano da Costantinopoli. Completò gli studi a Napoli. Fu filocorno, soprano solista nel Concerto “Regina Elena” debuttando con l’opera “Fra Diavolo” di Auber. Nel 1913 vinse il concorso di filicorno tenore solista con brillanti risultati nel Concerto musicale di Verona. Durante la guerra del 15-18 fu scelto tra molti ed assegnato, con provvedimento straordinario, alla Banda dell’82° Fanteria riscotendo applausi e congratulazioni da ufficiali e generali. Dopo la guerra assunse la direzione del Concerto di Solofra che però lasciò presto perché chiamato come solista e maestro sostituto in molte bande (Avellino, Serino, Chianchetelle, Montemiletto, Nusco, Sturno, Nola, Lauro). Per le sue inconfondibili qualità fu definito “Il Caruso del trombone”. Il tenore Beniamino Gigli tentò più volte di averlo nel suo Concerto bandistico di Recanati. Dal 1926 si dedicò esclusivamente alla direzione di Bande mostrando non comuni qualità di Direttore e Concertatore. Dal 1926 al 1930 diresse la Banda di Forino (AV), dal 1933 al 1939 quella di Belcastro (CZ), dal 1940 al 1946 quella di Bocchigliero (CS) e nel 1946 per due anni quella di S. Severina (CZ). Ottimo trascrittore ed eccellente compositore, prese parte a diversi concorsi per composizioni musicali vincendo premi e diplomi.
“La sua musica è profondamente meditativa, espressiva e sensibile.
Le sue romanze per canto o pianoforte Ti voglio
amar e Se tu non hai pietà, che spesso egli stesso soleva cantare,
mandavano in visibilio gli ascoltatori. Le sue composizioni per banda venivano eseguite da vari Concerti musicali e sono pregevoli
per lo stile caratteristicamente personale, che resta al di fuori di scuole o
di reminiscenze culturali ed è schivo di ogni virtuosismo e cerebralismo”.
(Queste notizie sono tratte dalla biografia preparata dal figlio Nicola esistente presso il Centro studi di storia locale della Biblioteca Comunale “Renato Serra” di Solofra).
di Amedeo Massetti
Salvatore Corsaro nacque a Solofra in provincia di Avellino, il 7 ottobre 1904, da Michele e Anna Maria Liotti. Respirò le note fin da bambino in una famiglia in
cui il padre, diplomato in trombone, strumentazione per banda e valente
organista, dirigeva il locale complesso bandistico. Michele, eccellente compositore, aveva trasmesso ai figli (Nicola,
Salvatore, Maria Michela, Iolanda, Liberata, Michelino, Mario Antonio, Rocco
Antonio, Rosaria, e Rocco) un grande amore per la musica, e la numerosa prole
era abituata ad ascoltare i brani per
organo e le marce per banda usciti dall’estro creativo del padre. Per la sua
genialità e le composizioni prodotte era stato
nominato “membro d’onore” del Liceo Musicale “N. Salzano”
di Nocera Inferiore (Salerno) ed insignito della
medaglia d’argento. Tre dei suoi dieci figli ne seguiranno le orme e si
distingueranno per alte capacità professionali. Nicola, diplomato in
trombone, eccelleva al flicorno tenore solista. Anche
lui compositore, si guadagnò molte onorificenze per le sue numerose opere
scritte per il teatro, per coro, complessi bandistici, orchestra, organo e
pianoforte; aveva diretto moltissime bande in varie città italiane (Solofra, Arcevia, Scandale, Isola Capo Rizzuto, Gerace, Bolzano,
Forino, Motta Santa Lucia, Belcastro,
Caccuri, Santa Severina, Careri). Michelino, diplomato in tromba, divenne un formidabile solista e veniva chiamato in tutte le bande a suonare il flicornino in Mib ogni volta
che c’era da eseguire qualche pezzo di particolare difficoltà. Salvatore aveva compiuto i suoi studi al Liceo Musicale “N. Salzano” di Nocera Inferiore,
diplomandosi in tromba e strumentazione per banda. Nel Seguì il padre, direttore di banda, prima in Basilicata, poi in
Calabria e si stabilì per lungo tempo a Scandale, tra
Catanzaro e Crotone, dove diresse la banda municipale di quella città,
succedendo al fratello Nicola. Nel 1932 si spostò al nord, per dirigere la
banda di Cantù. Poi venne la guerra: Salvatore fu richiamato e spedito nei Balcani tra Zagabria e Belgrado. A pace fatta e deposte le armi, riprese
i suoi rapporti con la musica dirigendo, dal 1945 al 1951, la banda di
Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Conclusa l’esperienza
siciliana, il maestro fece ritorno in Calabria, a Soverato,
per dirigere la banda
di quella cittadina balneare sullo Ionio, in provincia di
Catanzaro. Dal 1953 agli inizi del 1957 fu ad Umbertide
(PG) come direttore della banda cittadina e della scuola di musica,
incaricato dal Comune umbro. Interrottosi improvvisamente il suo rapporto di
lavoro per un ingiusto licenziamento, Corsaro mosse causa
giudiziaria contro l’Amministrazione comunale e nel 1962 il Consiglio
di Stato riconobbe le sue ragioni, condannando l’Ente a risarcirgli i danni. Nel 1956 iniziò contestualmente ad insegnare alla scuola di
musica di Gubbio dove, oltre di quelli a fiato, impartiva l’insegnamento dei
più svariati strumenti, come la fisarmonica e il violino; dal settembre 1957
al luglio 1965 diresse la banda eugubina, risiedendo stabilmente nella città
dei Ceri. Dal 1957 al 1958 fu il direttore anche della banda di Cannara (PG). Dal 1º giugno 1959 al 30 novembre 1966 diresse
contemporaneamente la banda di Gualdo Tadino. Con
questo Comune ebbe un regolare rapporto di lavoro come dipendente e formò alla
musica un gran numero di giovani. Alla fine del 1966 ritornò in famiglia a Catanzaro, dove
continuò l’insegnamento della musica nelle scuole. Concluse
la sua carriera di musicista come insegnante di musica e canto nell’Istituto
Magistrale “Galluppi” di Catanzaro. Insegnante e direttore rigoroso, ma con grandi doti umane, era
dotato di spiccate qualità didattiche e otteneva risultati accettabili anche
dai meno dotati. Pretendeva molto dagli allievi, cui non risparmiava aspri
rimproveri, ma sapeva riconoscerne e lodarne l'impegno. Direttore autorevole e di grande
comunicativa, sapeva trarre il meglio dai suonatori e ad infondere nei gruppi
bandistici potenza sonora e delicatezza espressiva. Fu un innovatore. Nei repertori bandistici fino ad allora composti quasi esclusivamente da brani d’Opera e
marce sinfoniche, introdusse per la prima volta pezzi brillanti da lui
arrangiati, nei quali dominava l’anima della musica napoletana, che
scatenavano l’entusiasmo del pubblico. Sono rimasti famosi i suoi “canzonieri”,
suonati per molti anni da varie bande umbre. Il 21 dicembre 1982 Salvatore Corsaro si trasferì a Pentone, ridente cittadina immersa nel verde di ulivi e castagni, a dodici chilometri dal capoluogo
calabrese, dove, insieme ai fratelli Rocco, Jolanda e Rosaria, aveva
acquistato una casa. Visse con loro fino alla morte,
avvenuta a Catanzaro il 4 dicembre del 1986. |
Di Amedeo Massetti è stato
pubblicato Due secoli in marcia. Umbertide e
la banda (Petruzzi editore).
……………………….
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Nicola Corsaro
Maestro Direttore d'Orchestra
Nato
a Solofra il 30 novembre 1902, Nicola Corsaro apprende i primi elementi
musicali da suo padre Michele ed inizia a suonare il flicorno tenore come Solista.
Continuò i suoi studi sotto la direzione del valente Maestro Zopito Farias e del Maestro Michele
Orlando Acampora. All'età di tredici anni fonda una
fanfara scolastica in Solofra. Nel 1927 consegue presso il Liceo musicale N. Salzano di Nocera Inferiore, due Gran diploma d'onore, uno con Croce d'argento e
l'altro con Croce d'oro, per due composizioni giovanili e presso lo stesso
Liceo si diploma come Maestro di Banda nel 1928. Di questo diviene membro
onorario con Croce al merito per i suoi meriti artistico-musicali nel 1929. Alla sua figura,
l'Album dei Compositori, Maestri e Solisti contemporanei, realizzato nel 1928
dal Liceo Musicale N. Salzano di Nocera Inferiore, Orlando editore, gli dedica la pagina
117. Suona nella Banda di Solofra e poi la dirige dal 1928 al 1930 Alla
fine del 1929, dopo il venir meno della Banda di Solofra - mentre il padre Michele e la sua
famiglia trasferitisi a Forino nel 1926 (?) abbandonano la Campania ed
emigrano prima in Basilicata a Piperno e poi in Calabria -, egli lascia il
proprio paese natio per trasferirsi ad Arcevia (An) e fino al 1932 insegna qui musica e canto nelle
scuole medie inferiori ed in quelle elementari. Dopo
questa esperienza, su sollecitazione del padre, egli
si trasferisce in Calabria, raggiungendo la propria famiglia a Bocchigliero (Cs), dove il
padre dirige la Banda musicale cittadina, e sposa nel 1935 un'insegnante
elementare, Laura Gangale, di Cirò
Marina (Cz), dalla quale ha due figli, Michele e
Luigi. In
Calabria, riprende l'attività di direzione di bande musicali. Nel periodo
1932-1936 dirige le bande musicali di Scandale, Caccuri e Belcastro (CZ) e,
dopo il richiamo alle armi durato 17 mesi, di nuovo
quella di Scandale (1946) e nel periodo 1947-50,
quella di Isola Capo Rizzuto (Cz).
Continua poi nel 1951 con la banda di Careri (Rc), nel 1952-55 quella di Gerace
superiore (Rc). È
evidente che in quel periodo la crisi economica del dopoguerra influisce
sulla stabilità dei complessi bandistici, che non trovano alcun sostegno
nelle istituzioni pubbliche, tutte impegnate a
sanare i gravi danni prodotti dalla guerra. Trasferitasi
la famiglia a Crotone (Cz) alla fine dell'anno
1955, egli si dedica all'insegnamento privato della musica e del canto, ai
corsi statali di orientamento musicale e, poi, a
quelli di educazione musicale nelle scuole medie inferiori, terminando quest'ultima attività nel Nel
1974 si trasferisce a Perugia, dove risiedono i
suoi figli e muore il 31 dicembre 1982. Le
sue composizioni ammontano a numero 138. Vi si
trovano, innanzitutto, marce di vario tipo
(sinfoniche, funebri, militari, eroiche), molte delle quali premiate con
pubblici riconoscimenti sia negli anni intorno al 1930, sia in quelli intorno
al 1950. Poi vi sono due operette, La capinera e Baraonda: la
prima rappresentata in Arcevia nel 1930; la seconda
composta su libretto di Franco Berardelli, un
poeta, suo amico, morto giovane (rappresentata in Roma presso l’Ambasciata
del Siam, essendo il dottor Giulio Berardelli ambasciatore
italiano per tale Stato). E infine intermezzi, suites, poemi e preludi sinfonici, alcuni dei quali
risultano esser stati a suo tempo messi nel repertorio ed eseguiti dalla sua
banda. Ed infine inni, canti, pezzi per pianoforte, ecc., spesso dedicati ai suoi allievi. A questa produzione,
si aggiungono poi le varie trascrizioni per banda delle opere liriche
eseguite dai complessi bandistici da lui diretti, nonché
i vari canzonieri da lui stesso composti ed eseguiti, secondo una vecchia
tradizione propria delle bande cittadine italiane. Una vita dedicata alla musica, dunque, e specialmente
alla composizione, che lo accompagnerà per tutta la sua esistenza. Un canto talvolta allegro, ma più
spesso triste e malinconico, per non aver potuto coltivare appieno la propria
passione, che una società in grande e rapida trasformazione di continuo
osteggiava. |
Delle 138 opere
del Maestro Nicola Corsaro diamo solo quelle
premiate: 1. Ritorna l'eroe (marcia sinfonica). 2. I Miserabili
(marcia sinfonica). 3. La bella forinese
(marcia sinfonica). 4. Piccoli musicisti (marcia sinfonica). 5. Piccola
Pinuzza (marcia sinfonica). 6. Tout est fini (marcia funebre). Premiata con
croce d'oro. |
N. B. Si ringrazia il professore
Luigi Corsaro, figlio di Nicola, dell'Università di Perugina, per le notizie e
i documenti forniti.
È questo il testo del discorso tenuto da Luigi Corsaro, figlio di
Nicola, al Concerto di fine anno della Polifonica di Solofra in cui fu dedicato
uno spazio al Maestro con l’esecuzione di alcune sue opere.
Discorso di ringraziamento
di Luigi Corsaro
Non è usuale che un figlio illustri la figura del
proprio padre. Tuttavia la circostanza in cui mi trovo
oggi è tale che non posso farne a meno. Questo è dovuto
all’onore che la città di Solofra oggi fa ad un suo figlio, che molto tempo
fa la lasciò per necessità, non per disaffezione, così come è accaduto a
molti di noi rispetto ai nostri paesi di origine. Su mio padre tutti possono
leggere in Internet alcuni dati biografici. Quei dati, che io ho comunicato quando ho avuto i primi contatti con la prof.ssa De Maio, non sapevo che
sarebbero andati a finire al pubblico. Sono dati nudi e asettici, che dicono
sinteticamente della vita di un uomo, della sua famiglia e della sua fine. Dicono molto brevemente di quello che la persona
ha fatto. Tuttavia, non ne spiegano l’animo. Io qui tenterò invece di
chiarire questo aspetto. La figura di mio padre si
spiega solo in collegamento con l’idea di banda musicale, di complesso bandistico
di una città, di banda come espressione della comunità cittadina. Forse è
un’idea di altri tempi, ma è così. Per lui la banda musicale era
un qualcosa in cui si realizzavano le energie dei giovani della città, perché
i suoi componenti erano del luogo, perché la banda
serviva innanzitutto alla città per le sue feste e per ogni lieta o triste
ricorrenza. Era la musica il fatto costante che accompagnava i fatti importanti della
vita cittadina. E poi, la banda era il momento
in cui si concretizzava l’attività di insegnamento
del maestro, perché i musicanti, i componenti della banda erano allievi suoi
o del maestro precedente, erano ad ogni modo il frutto di una produzione
locale. Ebbene, questo fenomeno bandistico,
del quale mio padre viveva, ha dovuto fare i conti con l’andamento
dell’economia e le sue crisi. Se si segue la vita di
mio padre e si presta attenzione ai suoi molteplici spostamenti dal 1930 fino
allo scoppio della seconda guerra mondiale, si può notare immediatamente come
le bande si formano e vengono meno in poco tempo. Questo perché vengono meno
le occasioni di alimentazione economica del fenomeno
musicale. La crisi economica impedisce l’utilizzazione
della banda nei paesi vicini e vengono meno gli introiti che permettono la
sopravvivenza (basti pensare al costo degli strumenti). Ed allora un maestro
di banda come mio padre, che non rinuncia a fare quello per
cui si sente tagliato e che fin da piccolo aveva coltivato, che fa?
Insegue la possibilità di organizzare una banda musicale là dove questa è
venuta meno, e si sposta prima nelle Marche e poi in Calabria, e qui cambia
molte volte paese, nella speranza di poter realizzare il sogno di avere una
sua banda stabile,
economicamente solida, che non dipenda dal fatto contingente di eseguire un
servizio bandistico in più o in meno. Questo sogno continuerà anche dopo il
periodo bellico e stava quasi per realizzarsi negli
anni 50. Ma intanto la società era
cambiata; il gusto della musica tradizionale cui la banda era dedita e il
culto delle feste cittadine era calato o quasi spento. Le istituzioni
pubbliche non erano attente a questo fenomeno, giustamente impegnate
nell’opera di ricostruzione e di sviluppo di un paese danneggiato dagli
eventi bellici. E così, con la fine delle bande, mio
padre è costretto a stabilirsi in una città, Crotone, e lì dedicarsi
all’insegnamento. Ma questo non basta a spiegare il rapporto fra mio padre e la
banda musicale. La banda eseguiva, sì, pezzi classici, ma
questi pezzi erano adattati da lui per il complesso bandistico. E’ quello che
tecnicamente si chiama trascrizione. Ebbene mio
padre trascriveva, adattava, sunteggiava opere liriche e pezzi classici per
la sua banda. Allevava, istruiva gli allievi.
Scriveva parti e partiture per gli esecutori. Adattava e componeva musica
religiosa per il suo complesso. Ma soprattutto scriveva marcie
per la sua banda; marcie originali, di cui alcune premiate. La banda era alla fine una sua
creatura, un suo prodotto, era qualcosa di suo, gli apparteneva. Dico queste cose non da figlio
ma da osservatore. L’ho visto molte volte da piccolo nelle prove, in
esecuzione di servizi pubblici, e poi l’ho rivisto a 24 anni nell’anno 1964, quando dopo otto anni dall’ultimo concerto,
dirigeva la banda di Bolzano, in un concerto a Bressanone. Quando era sul
podio era come rinato, era nel suo ambiente naturale, sembrava avesse trent’anni; invece ne aveva ben
sessantadue. Questa immedesimazione fra mio
padre e la banda era la conseguenza del fatto che
egli era un compositore. E questo è un altro capitolo non molto noto che qui
si apre, per merito di questa città che gli diede i natali e dalla quale le
vicissitudini economiche lo hanno allontanato (così come è
successo a molti di noi). Questa della composizione è
stata la sua passione. Anzi si può dire che essa lo
accompagnò costantemente per tutto il percorso della sua esistenza. Da un
elenco da lui stesso fatto nel 1963, e non comprensivo delle composizioni
successive, risultano alcune operette per il teatro,
oltre 50 fra marcie, marcie
sinfoniche, fantasie, scherzi, marcie funebri e
religiose, 40 composizioni per piccoli complessi di strumenti a fiato, più di
20 composizioni per pianoforte, più di 20 composizioni per canto e
pianoforte, più di 10 composizioni per canto ed organo, 6 composizioni per
orchestra. Non sta a me giudicare queste
composizioni, che io ho donato a questa Città e che consegno simbolicamente
al signor Sindaco mediante un elenco da me redatto. Io mi dedico di tanto in
tanto a suonarne, e malamente, qualcuna per
pianoforte. Posso dire solo una cosa: che esse, pur accompagnando
costantemente la vita non facile del suo autore, sono talvolta, sì,
melanconiche, ma mai riflettono tutte le difficoltà, le illusioni, i fatti
negativi che mio padre ha dovuto affrontare nella vita nel perseguire il suo
sogno musicale, al quale si era dedicato sulle orme di suo padre Michele, mio
nonno. E
questo, forse, ha una spiegazione. Nell’inviare una sua composizione ad un
concorso in forma anonima, mio padre contrassegnò l’opera con il seguente
motto: “Divina è quell’arte che uccide il
dolor”. Ebbene,
questa forse è la vera ragione del suo comporre e della continuità della sua
opera: uccidere il dolore delle cose tristi che la vita gli forniva
incessantemente. Ma non in una meditazione fine a sé
stessa, ma in un lavoro, in un’opera, in un qualcosa di tangibile per sé ed
il proprio futuro. Ed in questo sta
anche il suo insegnamento. Mi
sia consentito ora di ringraziare il Sindaco, l’Assessore alla cultura e
tutta l’Amministrazione comunale per il rilievo che hanno voluto dare alla
figura di mio padre e di ringraziare e ricordare qui la professoressa Mimma
De Maio, la signora Lucia Petrone e il professor Giacomo D’Urso, senza la cui
opera solerte e appassionata non avrebbero avuto
spazio né le ricerche su mio padre, né quella sulla famiglia Corsaro, né la
cura delle sue composizioni, né l’organizzazione della loro esecuzione. Ad essi va il merito di aver riscoperto un figlio di questa
illustre Città. Ad
altri ancora però, e non ultimi, va la mia sentita riconoscenza: al Maestro
Gina Grassi e alla splendida Polifonica Collegiata di Solofra, per aver fatto
ascoltare a tutti in
modo diretto e immediato la voce di mio padre, in questo bellissimo scenario
che è stato a lui consueto nei primi trenta anni della sua esistenza. Solofra, 30 dicembre 2004 |
Il
Concerto era composto di 55 esecutori, due elegantissime divise, tra cui
quella di gala era da Ufficiale di Marina. Repertorio
estesissimo di musica classica e moderna. Servizio celere di trasporto
con camion proprio e brande letti. |
Tutte opere del Maestro Nicola Corsaro e parte di quelle
del padre Michele sono presso il Centro studi di storia locale della Biblioteca comunale
“Renato Serra” di Solofra, donate da Luigi Corsaro.
|
Il Concerto Regina Elena di Solofra
Vedi l’articolo:
I Corsaro una
famiglia di musicisti e Direttori di banda
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