Protagonisti
Costantino
Vigilante
Costantino
Vigilante nella seconda metà del secolo decimosettimo,
un periodo in cui era ancora viva il ricordo della lotta tra i ceti popolari e
l’aristocrazia feudale, lotta che si era espressa nei moti masanelliani
ai quali Solofra non era stata estranea. La sconfitta però non aveva spento il
fervore di lotta, alimentato dall’antica tradizione di libertà che aveva visto
sempre in forte attrito la dualità locale e che negli anni di formazione si
acuì nelle vicende che videro al centro il primicerio Giovan Sabato Iuliano.
Costantino
apparteneva ad una famiglia che costituiva il ceto più vivo e operoso di
Solofra, quella “borghesia delle arti e della mercatura” che era stata l’asse
portante della società solofrana. Una classe attiva ed industriosa,
spregiudicata nel condurre un’attività che non conosceva le angustie della vita
paesana, ma che spaziava con i traffici del commercio che avevano come vivo
punto di riferimento la capitale del Regno. Da questo ceto erano emersi i rappresentanti
della cultura che si erano distinti in vari campi ed emergeva la classe forense
e quella ecclesiale che contribuiva a rendere più
denso lo spessore dei legami con Napoli.
La famiglia di appartenenza
All’inizio del XVI secolo i Vigilante erano uno dei ceppi più sostanziosi della società
solofrana bene impiantata nel casale Fratta che si era evoluto proprio intorno ad esso quando
dal primitivo casale Toro
si erano stabiliti al di là del vallone Cantarelle dove avevano contribuito alla fondazione della
nuova chiesa di San Giuliano. La famiglia in quel tempo era formata da
proprietari, imprenditori, mercanti, artigiani, era
quindi presente in modo dominante nella realtà economica locale. Il suo
impianto a Solofra può farsi risalire al XIV secolo
quando avvenne il trasferimento da Salerno e dal suo hinterland di gruppi di
artigiani richiamati dalle prospettive che dell’attività conciaria. Nei due secoli
successivi la famiglia continuò a rappresentare una forza della
economia locale, spesso fu alla guida della vita comunitaria, fu
creditore della stessa Università, in rapporti con i Signori di Solofra e Questa famiglia
non fu immune dalla ventata di
cultura che nel XVIII secolo dall’Europa giungeva a Napoli. Vi furono tra essi
dottori in legge e in medicina, uomini di cultura. Vale la pena
qui citare Marianna
Vigilante, nata nel
1746, studiosa di scienze naturali fisica ed astronomia, donna di vasta
cultura da avere persino un’ampia conoscenza delle lingue che le permise di
tradurre dall’inglese gli Elementi di geografia e di astronomia di i Isacco Watts. Oltre ad avere
il jus
di patronato delle
Cappelle di San Giuliano, la famiglia aveva |
Costantino
nacque da Vito e Vittoria Ferrazzano a Solofra il 4 ottobre del 1685. Fu
battezzato ad Aterrana nella chiesa di Maria SS. di Montevergine,
dove, in seguito, Matteo Vigilante, un suo parente, dipingerà una Natività
della Vergine (1773). Visse nella casa paterna al rione Sorbo e studiò come tutti i giovani delle famiglie
abbienti e si iscrisse all’Università di Napoli dove si laureò in utroque iure il 2 agosto del
1708. Aveva intanto abbracciato la vita ecclesiale infatti fu ordinato
sacerdote il 22 settembre dello stesso anno.
La tradizione ecclesiale a
Solofra era molto forte e diffusa, avendo come centro
La carriera
ecclesiastica lo vide prima Vicario generale di Ostuni, poi Procuratore fiscale
presso
In questo primo
periodo svolse una parte del suo ministero anche a Policastro,
dove dal 1722 al 1724 fu Vicario generale di quella diocesi e dal 1724 al 1726 Arcidiacono
del Capitolo diocesano.
Nel sedicesimo
anno del suo sacerdozio - aveva 42 anni
e si era nel 1727 - il Vigilante fu
eletto Vescovo di Caiazzo da Papa
Benedetto XIII, il papa Orsini della famiglia feudataria di Solofra di cui
aveva ereditato il feudo.
Non si può non
ipotizzare un rapporto tra i due prelati se si considera che Pier Francesco Orsini
era stato educato a Solofra alla scuola del Tura e a Solofra aveva aperto, nel suo palazzo feudale,
un’Accademia di Belle lettere e a Solofra aveva abdicato in favore del fratello
Domenico.
Da Roma il nuovo
vescovo indirizzò la sua prima lettera pastorale ai suoi diocesani in cui
riflette sul ministero sacerdotale e sul compito dei sacerdoti che “sull’altare
operano i misteri della passione del Signore” e devono sentire il gravoso
compito di "manifestare i medesimi misteri anche con la loro vita".
Ma la lettera contiene un concetto che colpisce. Egli infatti nella ricerca
delle ragioni dell’essere stato elevato "a tanto fastigio" rispondeva
"forse la nostra miseria piacque all’Altissimo, che suole manifestare la
sua onnipotenza nella umana debolezza", che è un concetto che pone in luce
lo spirito che lo animava. Il forte senso della umana miseria, che si annienta
e si esalta dinanzi alla onnipotenza del Creatore e che è la fonte di un altro
forte sentire, il "grandissimo disinteresse per le cose del mondo",
che però non porta ad isolarsi in una sterile solitudine contemplativa ma
spinge a gettarsi nella mischia del mondo, alimentati da un "ardore
costante per il gregge del Signore", il concetto che la vita di dedizione
può svolgersi nell’ombra, che i sacrifici più graditi sono quelli che non hanno
nulla di eclatante e che la vita deve essere vissuta con "operosa
semplicità", sono tutti elementi che mettono in risalto la sua pastorale e
spiegano molti momenti della sua vita futura pastorale.
Pur se il suo
ministero pastorale fu esercitato lontano da Solofra, Costantino Vigilante non
lasciò mai di ritornare nel suo paese natale. A Solofra fu moltissime volte.
Nella casa paterna aveva infatti la sua camera con i suoi libri, la sua
scrivania, le sue cose.
A Solofra
infatti fu presente l’anno dopo l’elezione a vescovo, l’11 dicembre del
1728 - quando riconsacrò la chiesa di
San Giuliano del rione Fratta
che era stato il primitivo nucleo della famiglia e in cui era parroco uno zio
materno, Girolamo Ferrazzano. L’evento, avvenuto dopo una ristrutturazione che
la chiesa aveva ricevuto, è ricordato da una lapide murata sull’edificio sacro
e che qui si riporta:
D. O. M.
A. D. MDCCXXVIII IDUS
DECEMBRIS
Templum
hoc solemniter dicatum
et eius altare maius consecratum
ab Ill.mo D. Costantino Vigilante Episcopo
Calatino
ad preces Parochi Sui amatissimi avunculi
ac filianus enixe supplicanti potestati facta
ab
ill. Rev.mo d. Fasulo De Villana Perlas
Arch. Saler.
Consecrationia
memoria quotannis celebrata
Quarto idus Feb. Ritu
solemni iussit idem templo devote visitantibus
in die anniversario
de vera indulgentia in forma Eccl.
Dies XL benigne concessit Parochus Proc. Ultra actum rogatum
Per manus not. Pascal
Landolfoperpetuo hoc monumento.
Il Vigilante
mentre era Vescovo a Caiazzo fu nominato Vicario generale dell’archidiocesi di Napoli, nomina voluta dal Cardinale
Spinelli ed ufficio che
ricoprì fino alla morte e che lo vide dividersi tra Caiazzo
e Napoli. Prodigò il suo zelo non comune in favore delle popolazioni per il
miglioramento delle condizioni in cui vivevano i ceti popolari teso soprattutto
a liberarli dall’ignoranza e dalla superstizione nella convinzione che questi
legami rendono l’uomo schiavo.
Il territorio in
cui si estendeva la giurisdizione della sua diocesi aveva risentito dei
mutamenti avvenuti in Napoli. Qui si erano trasformate le culture e i rapporti
di produzione. Si era pertanto formata una borghesia rurale attiva e più
indipendente nei confronti della feudalità. Questo ceto però doveva essere
liberato dalle pastoie dell’ignoranza e della superstizione ed essere messo in
grado di aver partita vinta contro la dominante aristocrazia terriera, legata
alle avite prerogative. L’aiuto non poteva certo venire da quella aristocrazia,
contro cui si combatteva, né dal governo centrale a cui interessava che le
masse rimanessero nell’ignoranza. Vide pertanto il Vigilante che solo
Questo progetto
strinse maggiormente i rapporti tra il Vigilante e il De’
Liguori che tenne varie volte gli esercizi spirituali
nel seminario della diocesi di Caiazzo. Insieme i due
si impegnarono per combattere l’indifferenza ai dettati della vita cristiana e
correggere modalità di vita improntate ad un eccessivo attaccamento alle cose
materiali. La diocesi di Caiazzo si giovò
dell’amicizia del Vigilante con Alfonso de’ Liguori, che vi andò spesso per missioni cittadine.
In questa sua
opera si trovò dunque accanto al grande Santo napoletano con cui collaborò a
lungo e con cui ebbe una corrispondenza epistolare.
La situazione
delle campagne della diocesi di Caiazzo era quella di
tutto il napoletano, caratterizzata da una grande ignoranza religiosa delle
masse popolari, ignoranza frammista a superstizioni sfocianti a volte in forme
aberranti. Per eliminare questo male che abbrutiva le masse il Vigilante ora
poteva realizzare quelle idee che avevano sostanziato la sua riflessione
religiosa. Poteva il vescovo nella sua diocesi mettere in pratica il programma
di evangelizzazione. Una gran parte del suo impegno fu infatti teso alla
sistemazione del Seminario nella sua diocesi, nello zelo con cui promosse ed
aiutò le vocazioni, nelle sapienti norme emanate per la disciplina del clero.
L’importanza
dell’azione pastorale del Vigilante, soprattutto la sua attenzione alla
formazione del clero, è legata alla condizione etico-religiose
del territorio della diocesi che erano quelle di tutto il napoletano. I
Conventi esistenti nella zona era diversi, sia maschili che femminili. Essi
però attendevano alla vita contemplativa. Era necessario una ripresa della
cultura e una maggiore attenzione all’impegno del sacerdote tra la gente.
Questa sua opera a favore delle vocazioni e dell’opera sacerdotale si esplicò
anche in attività esteriori nel senso che il Vescovo Vigilante si impegnò nelle
opere di restauro della cattedrale e degli arredi sacri, nella convinzione che
le opere clericali dovessero avere sostegno e gloria anche dagli ambienti in
cui esse si esplicavano.
Tutto questo
fervore di opere non fu visto di buon occhio dalla feudalità e dal ceto che si
poggiava sulla staticità delle cose. C’era il concreto pericolo che si perdesse
l’avito predominio e che il processo innescato dal vescovo minasse il regolare
scorrere delle prevaricazioni, il permanere delle ingiustizie. Questo ceto
allora si ribellò e tentò di minare ed ostacolare la vita degli Istituti di
formazione creati e curati dal vescovo. Il principe di Colombano, signore del
luogo, infatti riuscì a trovare il sostegno di un ecclesiastico che aizzò dei
facinorosi contro i Redentoristi che furono colpiti da forti denigrazioni. Il
presule sostenne l’ordine, ben conoscendo l’origine e la ragione di questi
attacchi. Le cose però precipitarono, perché l’eco delle ingiurie si fece più
forte e i colpiti furono costretti ad abbandonare
Per
L’opera di
emancipazione sociale dei ceti meno abbienti della diocesi di Caiazzo continuò sempre in stretta collaborazione col de’ Liguori. Accanto alla
istituzione delle missioni egli infatti diffuse la pratica delle Cappelle
serotine.
Insieme ad
Alfonso de’ Liguori,
Costantino Vigilante combatté lo spirito giansenistico
che si diffondeva anche a Napoli. Il movimento religioso si poggiava sul motivo
agostiniano della corruzione umana dopo il peccato originale e lo accentuava
nel senso che sottolineava la necessità della grazia per salvarsi ma anche e
soprattutto della grazia intesa come dono di Dio concesso solo a pochi
privilegiati. Questa mentalità rendeva vana ogni lotta ed impegno dell’uomo,
abortiva ogni concezione dell’impegno umano nella direzione del miglioramento
dell’uomo fatto dall’uomo con l’aiuto divino. Questa mentalità si opponeva non
solo al pensiero cristiano e fu combattuta, ma anche toglieva valore a tutta
l’opera liguorina.
Intanto il
Vigilante operava anche sul fronte napoletano come Vicario generale
dell’archidiocesi di questa città. Qui era divenuto confessore
della regina Amalia e dello stesso re Carlo. Negli ambienti di corte si
recepivano le richieste, provenienti da più parti, di riforme religiose atte a
ridurre l’eccessivo numero dei Conventi, di regolare i beni delle chiese e
l’ordinazione sacerdotale. Problemi che stavano a cuore al Vigilante, che
riconosceva il degrado dei sacerdoti e il pericolo delle ordinazioni facili
senza che corrispondesse un’effettiva vocazione.
Bisogna tenere
presente che il napoletano era considerato feudo della Chiesa di Roma,
sottomissione che si manifestava in vari modi tra cui l’omaggio della chinea.
Era un processo che si era verificato dal tempo degli Angioini in virtù del
quale
Dopo un periodo
di stallo le trattative con
Furono celebrati
alcuni processi in cui i condannati si rivolsero al re vedendo in essi una
prevaricazione dei limiti del tribunale ecclesiastico. Ci fu poi il caso di
Antonino Nava che subì due condanne nel 1741 e nel
1746 in cui fu costretto all’abiura. Il
re aveva intanto nominato una Deputazione per controllare i processi della
curia che non riusciva a individuare quando i casi oltrepassavano i limiti
permessi ad un tribunale ecclesiastico.
In questa situazione
di tensione il Vigilante fece da mediatore tra il Cardinale Spinelli e il re
per evitare che le cose degenerassero. Si ebbe però l’episodio di una lettera
anonima inviata al segretario della Deputazione contro il Santo Uffizio Agnello
Vassallo, in cui il Cardinale era accusato di adoperarsi di istituire il Santo
Uffizio a Napoli tramite il confessore del re il vescovo Vigilante. L’accusa si
rivelò non vera tanto che il Vassallo, che aveva dato credito alla lettera fu
assolto dal compito e relegato nel castello d’Ischia. Questo episodio dimostra
l’atmosfera di estrema tensione che degenerò in aperta rivolta in occasione del
secondo processo Nava nel settembre del 1746 quando
il Nava fu costretto all’abiura. I Deputati della
Delegazione contro il Santo Uffizio chiesero di vedere gli incartamenti, ebbero
un diniego dal cardinale perché il processo era avvenuto a porte aperte.
Intanto il Nava il 26 settembre durante l’ottava di
S. Gennaro fu costretto all’abiura. Il fatto scatenò un inizio di rivolta popolare
che fu sedata poiché l’arcivescovo per intercessione del Vigilante inviò al re
l’incartamento del processo che risultò regolare. Il Nava
fu abilitato a dimorare nel Chiostro di S. Elmo perché infermo. In seguito,
dietro supplica del re e dello stesso Nava, fu libero
di uscire da S. Martino e presentarsi ad "omnem ordinem".
Quando però il
cardinale Spinelli fece incidere su una pietra del locale dove si tenevano i
giudizi la scritta "Santo Uffizio", si ebbe una sollevazione popolare
in cui si chiese al re di impedire allo Spinelli la realizzazione dell’odiato
Tribunale. Il re intervenne ingiungendo al Nava di
uscire dal Regno con un passaporto e un sussidio.
In questo
contrasto il Vigilante fece in vari momenti da mediatore tra i due poteri
riuscendo ad evitare eccessivi attriti che sarebbero potuti degenerare proprio
perché si combattevano in due ambienti contrapposti e gelosi delle prerogative
proprie e in ambiti in cui facilmente si poteva degenerare in aperta lotta. Non
mancarono momenti cruciali sia perché lo stesso Vigilante era contrario
all’Inquisizione, sia perché fu forte il rischio di una sommossa popolare. La
plebe di Napoli infatti in questa questione fu con la corona. La sua abilità
diplomatica permise di evitare che il Tribunale fosse restaurato senza
compromettere i rapporti tra Curia e Corte e senza spargimento di sangue infatti il ripristino
del tribunale avrebbe senz’altro insanguinato Napoli in una sommossa popolare.
Costantino Vigilante
si trovò coinvolto nelle lotte giurisdizionali tra
Come
frequentatore della corte napoletana il Vigilante potette condurre la sua lotta
contro la superstizione anche dal lato della politica. Sostenne infatti una
serie di riforme affinché la superstizione non trovasse credito anche negli ambienti
della ufficialità. Condusse infatti un’azione decisa contro i processi per
stregoneria che ammettevano delitti per stregoneria quindi rendevano ufficiale
la magia nera. Alla base delle riforme del Tanucci in
questo campo c’è tutta l’opera intensa e capillare condotta dal Vigilante a
corte, specie dopo la partenza del re quando a reggere le sorti del napoletano,
c’era la regina Carolina il cui ministro il Tanucci
era il consigliere del giovane re Ferdinando. In questa opera il Vigilante mise
in evidenza le eccellenti doti diplomatiche che spiegano perché il cardinale
Spinelli lo aveva voluto a suo fianco.
Nell’ottobre del
1746 il Vigilante fu a Solofra per la riconsacrazione
della Chiesa di San Domenico Soriano dopo una ristrutturazione come ricorda
un’epigrafe murata il quel tempio.
Il 22 aprile del
1754 si spense a Napoli.
Di lui dirà
Antonio Giliberti nel suo Panteon Solophranum:"Vigilans collegit pacis olivam / Conclusis belli portis oculi ocyus ictu
/ Cerne supercilium, mentem
per maxima natam / ostendit. Pastoris erat (mihi crede) Ligorii / Auctor consiliis; doctoque pependit ab ore". I versi
latini furono da lui stesso traslati in italiano :"Il Vigilantew della pace il grato / ulivo colse più
velocemente / di un batter di palpebre, rinserrate / le porte de la guerra. Il
ciglio arcato / (Mira!) ti mostra pel rischioso
arringo / a lui data gran mente. A consigliero / il Pastor Santo del Liguori lo ebbe,
/ che pendea spesso dal suo dotto labbro.
|
N. 1. Documento in Alfonso dei Liguori cita il Vigilante:
Data e luogo: 1737.07.12, Ciorani. Destinatario:
Falcoia, Tommaso Mons.
Autore: Liguori
Alfonso Maria de.
Contenuto:
Apographum epistulae, quae Incipit: "Ieri giunse qui...: De suppressione domus in Villa degli
Schiavi: de dolore episcopi dioecesis Caiazzo, Costantino Vigilante, ac
de modo agendi Principis
(Francesco Carafa) et Patris Cesare Sportelli. De nuovis
fundationibus in Cava, Vietri,
et praesertim in Grotta Goglierma (passato Sessa), pro qua stat
P. Fiorillo. Quid sentiendum de huiusmodi
fundationibus ac de parvis communitatibus: "Bisogna
da oggi avanti pensarci bene ad accettare queste sorte di fondazioni
così miserevoli, perchè poi è
vero che possiamo lasciarle, quando ci piace, ma è grande poi il danno e discredito del povero Istituto, dicendo poi, come si dice ora di Caiazzo, che ne siamo stati cacciati". "Dove i soggetti troppo pochi (V. S. Ill.ma. già lo
sa, ma io l'ho veduto ora coll'esperienza)
languisce l'osservanza, il
fervore, e si mette in pericolo anche la perseveranza: in somma languisce tutto...".
N. 2. Documento in Alfonso dei Liguori scrive al
Vigilante.
Data e luogo: 1735.06.30,
?. Destinatario: Vigilante,
Costantino vescovo di Caiazzo.
Autore: Liguori
Alfonso Maria de.
Contenuto:
Supplex libellus manu scriptus, originalis Alfonsi, ad Episcopum dioecesis Caiazzo, cum huius
Rescripto die 30.06.1735
dato, et relatione Ioannis Jovino, oeconomi curati de Maiorano, die 26.09.1735 data. Supplicat ut provideatur solutio
contributi ratione scholae
in Villa de Schiavi Congregationi promissi,
secundum episcopi praeceptum.
Miscellanea:
Documentum
non est autographum S. Alfonsi,
nec ab eo
propria manu subscriptum, sed manu alterius
ab ipso Alfonso exaratum.
Cum agatur de supplice
libello non subscribitur ab
auctore.Responsio episcopi legitur in eodem folio, sicut et exsecutio
Oeconomi.
info@eulogos.net<FONTSIZE="2". Copyright Èulogos
srl 1999 - MMDCCL a. U. c.
|
Copyright ©
2000
|