Famiglie solofrane 

 

Didonato

 

XV

Il ceppo dei Didonato (de Donato), di origine salernitana, dovette impiantarsi in tempi lontani visto che aveva beni nei casali più antichi di Solofra. Tra i personaggi in vista si individua il notaio Francesco. 

 

XVI

In questo secolo i possedimenti di questa famiglia dall’antico territorio del sasso si estesero ad altre zone, quelle del Vicinanzo e di Fontane sottane con G. Pietro. Essa era presente anche nella zona delle Casate, sia con selve nella parte alta che con masserie nella parte bassa, fino al galdo, a carpisano, a sette pani, che furono i primi possedimenti di coloro che si insediarono a Solofra.

Tutto il ceppo abitava in una grande cortina tra la Fratta e il Toro sottano con due grossi rami che facevano capo a Pietro Angelo e a Mazzeo. La famiglia era presente nella vita socio-economica di Solofra ed aveva legami sia con le famiglie dello stesso casale (Alfano, Buongiorno, Lettieri e Vigilante) con le quali formava un forte sodalizio, sia con altre famiglie dei casali dove aveva possedimenti (i Ronca del Sorbo, i Guarino delle Casate, i Giliberti della Forna), ma anche con persone, che tramite essa si erano introdotti nella economia solofrana come i de Amore, i de Benedetto, i Paladino, i Pacifico, i de Santo Andrea, i Guacci.

Vari rappresentanti emergevano nel commercio: Dilettuoso (marito di Ansiona Ronca) col figlio Dionisio, Minico (sposato con una Garzillo), Scipione, Battista col figlio Pietro Angelo, Belardino, Antonio. Costoro erano impegnati in attività finanziario-mercantili con un mercato che copriva tutti i prodotti solofrani, ma che in modo specifico si volgeva agli animali del sanseverinese - commercio sostenuto da un matrimonio con un de Filippo di Villa di S. Severino - ai prodotti conciati, alle scarpe (lavorate in una grande scarperia), alle lane di Giffoni, non mancavano l’oropelle (con i Parrella dei Balsami) e le pergamene (con i Troisi). Il commercio, svolto attraverso due botteghe al galdo dove veniva raccolta la merce, era sostenuto da società mercantili, che erano quasi una specificità di questa famiglia, attraverso le quali i prodotti erano inviati ai mercati e alle fiere. Tra le società vale ricordare quella di Dilettuoso con un Savignano per la produzione del visco, di P. Angelo con Scipione Jacobatis.

La famiglia aveva una conceria al fiume tenuta da Scipione con i figli Valerio e Galietta (in unione con i Garzillo di cui erano parenti) e una scarperia che li univa nella stessa attività ai Garzillo.

Era presente nel mercato finanziario privato (con i Vigilante, i Ronca, i Grasso, i Giliberti) e pubblico con la gestione delle gabelle (mortella e stazionaria), sempre attraverso società in genere stipulate con parenti (Grimaldi e Buongiorno).

Importante era anche il ruolo di questa famiglia nella gestione della cosa pubblica a cominciare da Inaurato, sua rappresentante nella stesura degli Statuti, ed anche attraverso vari membri nel governo della Universitas.

I Didonato sono molto presenti nel ceto clericale con i venerabili Francesco, cappellano e rettore della chiesa di San Nicola alle scanate, di cui aveva il jus di patronato, Carlo, Bartolomeo, che fu primo canonico nella Bolla di fondazione della Collegiata (1526), gestore della Cappellania di S. Filippo e Giacomo e conduttore di una importante scuola privata. Massenzio, nominato canonico della Collegiata da Giulio II (1553) e arciprete. 

 

Si cita la famiglia di Roberto (figlio di Mazzeo) con i figli Pietrangelo (con i figli Salvatore e Bartolomeo, Cosma, Diodato, Andrea) e Giovanni Desiderio, giudice annuale e in rapporti commerciali col mercante cagliaritano Nicola Sisto.

Altro personaggio da citare è Scipione presente nelle attività della curia, in società con i Vigilante e commerciante a Bari.

Altre famiglie sono quelle di:

Galiotto alla Fratta (moglie Monaca Guarino) con i figli Fatio e Filippo, che fu generoso sostenitore della costruzione della Collegiata; di Federico Giovanni con i figli Benigna, Prospero Recupito e Antonello; di Nicola con i figli Pietro Agnilo, Giovan Agnilo, Giuliano, Giuseppe, Giovan Pietro e Prospero; di Ettore con i figli Giovan Stefano e Nunziante.

Alla fine del secolo si individua Marco, dottore fisico, marito di Sabella Ronca con i figli Giacomo Antonio e Arcangelo.

 

XVII

 

In questo secolo il ceppo è ricco di rappresentanti degni di nota. Si citano:

I fratelli Princivallo, Orazio, Scipione e Altobello che gestiscono ad Andria in Puglia una bottega di scarpe, pianelli, calzette e mercanzie varie, della quale sono proprietari i fratelli Abbondanzio, Giovan Vittorio e Altobello Vigilante.

Giuseppe con i figli Felice Antonio, Nicolangelo, Marcantonio, Michele Arcangelo; Andrea col figlio Eusebio e i nipoti Giuliano, Domenico e Nicola Pietro; Albenzio col figlio Francesco; Girolamo con i figli Ettore e Stefano; Luca col figlio Domenico e il nipote Francesco Antonio; Agostino con i figli Salvatore Albenzio e Carminantonio. Tutti sono impegnati nella vita economica locale.

 

XVIII

 

Dal catasto onciario del 1754.

 

Forna

Tommaso (di Gennaro e Angela Giliberti) negoziante di 50 anni, marito di Vitantonia Alvilia (36 anni) con i figli Marianna (16 anni) abita un sedile di case con vani inferiori e superiori. Impegna 400 ducati nella mercatura.

Albenzio calzolaio di 36 anni, vive con la sorella Fortunata (15 anni) e la madre Giulia Giliberti (60 anni), in una casa propria con gradinata e cortile, possiede una selva castegnale a la spartatora.

 

Cupa-Toppolo-Capopiazza

Sabato di 46 anni servente di corte con la moglie Eleonora Ragione (45 anni) abita una casa presa in pigione dalla chiesa di S. Maria delle Grazie.

 

S. Angelo-Strada vecchia

Francesco (di Matteo e Giustiniana Giliberti), negoziante di pelli di 40 anni, marito di Annamaria Pandolfelli (34 anni), con i figli Lucia (9 anni), Angela (8 anni), Rachele (5 anni), Nicoletta (4 anni), Giuseppina (3 anni), Vincenzo Pasquale, abita una casa propria sita a Piè S. Angelo con giardino e varie stanze ed impiega nella sua attività 100 ducati oltre un cavallo da sella.

Suoi fratelli: Aniello Costantino (1717), Tommaso (1728-1798).

 

Volpi

Marcatonio (figlio di Giuseppe e Grazia Iannone), fondachiero (anni 50) vive con i figli Giuseppe (15 anni frequenta la scuola), Angiola (23 anni), Orsola (20 anni), Dorotea (18 anni), col fratello Felice (70 anni) e la sorella Anna (65 anni), avita una casa propria con vari ambienti, possiede un terreno con viti sito dinanzi la propria casa, una selva castagnale in località Costantinopoli, un'altra selva in località le Padule, un bosco per legna a lo Trecco, un giardino fruttifero al Toro. Impegna nella compravendita di pannilana 600 ducati. Vanta crediti a carico di diversi cittadini e diversi pesi tra cui uno sul Monte della famiglia Landolfi.

Giuseppe sposa Maria Antonia Papa ed ha Soccorso, Gio Leonardo (sacerdote mansionario), Michelangelo, Marco Antonio (sacerdote), Nicolangelo (sposa Carmina de Maio ed ha Giuseppe Felice nel 1802 e Felice Antonio nel 1804), Tommaso (sacerdote) [1791]. Ha il fondaco in Piazza e casa ai Volpi. Possiede un terreno arborato dove esiste una neviera e una cappella con il re Davidde. È mercante e finanziere con sepoltura alla Collegiata e nella chiesa di S. Nicola di Bari.

Cristofaro (di Gregorio e da Brigida Piccinno) calzolaio di 43 anni, marito di Angiola Guarino (43 anni), con i figli Donato Antonio (ha Domenico) Gregorio (4 anni), Domenico Gregorio, Domenico (1748) e Domenico Vito (1750). Lucia, Brigida, Genoveffa (7 anni), abita in una casa propria. Lavora in un sottano locato al Beneficio di S. Carlo. Impegna nel suo mestiere 50 ducati.

Feliceantonio sposato con Stella Carolina Rizzo con i figli Maria Michela (30 anni), Luigia (29 anni), Lorenzo Natale (28 anni), Michelangelo (27 anni), Luigi (25), Francesca (24), i gemelli Gaetano e Tommaso (10 anni).

 

Caposolofra

Luca (figlio di Onofrio), lavoratore battargento di 24 anni, marito di Maria Guarino (32 anni), vive con i figli Teresa (10 anni che sposerà Antonio Cirino), Felicia (5 anni, sposerà Pasquale Vignola) e con i fratelli Arcangelo (18 anni) e Domenico (16 anni) anch'essi lavoratori di argento, Sabato, in una casa propria.

 

Fratta

Pietrantonio, calzolaio di 53 anni, marito di Caterina Vigilante (figlia di Tarquinio) con i figli Stefano (sacerdote di 25 anni), Geronimo (calzolaio di 20 anni), Michele (studente di 12 anni), Felicia (22 anni), Giovanni (10 anni) e con la madre Pazienza Savignano (94 anni). Vive in una casa propria sita al largo della Fratta. Svolge al sua attività in una casa sottana di sua proprietà sita alla Piazza ed in un altro sottano sito nello stesso luogo. Entrambe le botteghe vantano dei crediti del Monte Vigilante. Possiede una selva a S. Andrea. Impegna nella compravendita di pelli 300 ducati.

Il sacerdote Stefano ha un patrimonio costituito da una casa con 6 stanze, cortile e giardino sito alla Fratta, una selva castagnale a Le Coste con un peso al Monte dei Morti.

Girolamo (di 20 anni) sposato con Rubinia De Maio avrà diversi figli, Giuseppe, Vincenza, Maria Rosa, Michele Nicola (1793), Vincenzo Raffaele (nato nel 1796, sarà sacerdote), Rocco (nato nel 1799), Nicola Domenico (sposa Lucia Antinolfi di Felice), Gaetano Soccorso nel 1798 e Francesco, Pietrantonio (1770). Possiede i redditi minori dei Gravina poggiati sulla casa alla Fratta e pagando 4 carlini l'anno.

Giuseppe (1773-1840) nel 1790 sposò Tommasina De Rosa di Capriglia e ebbe Bartolomeo (1796-1826).

 

XIX

 

 

Figura ragguardevole è il canonico Rocco, figlio di Girolamo e Rubinia De Maio, nato il 15 agosto del 1799. Fu avviato agli studi nel Seminario di Salerno dove si distinse per l'impegno intellettuale e per un'intensa formazione intellettuale. Dopo l'ordinazione insegnò per lunghi anni in quel Seminario, poi aprì una scuola a Solofra applicando il metodo di Basilio Puoti. La sua scuola fu una di quelle scuole private che sopperivano alle deficienze delle scuole di Stato e che furono il vanto dell'Italia meridionale. Essa perseguì due scopi: elevare il livello culturale della cittadina e preparare alla società membri in grado di ricoprire ruoli di guida. Trasmise ai suoi allievi l'entusiasmo e l'avidità di conoscere che lo animava.

Fu attento alle esigenze degli umili per i quali istituì un Monte di Pegni con cui la Chiesa veniva incontro alle necessità di credito per i bisognosi sottraendoli all'usura e che egli dotò di mezzi propri. Morì il 14 febbraio del 1887.

Da: A. D. S., Ord. cart. Solofra; C. Carucci, Gli studi nell'ultimo cinquantennio borbonico, Salerno, 1971; Archivio Casa Garzilli; A. Giliberti, Elogio funebre, Avellino, 1887; O. Caputo, Sacerdoti salernitani, Salerno, 1981, p. 87.

 

Altri protagonisti

 

Soccorso (di Girolamo) fu vicesindaco e sindaco negli anni 1816-1819 marito di Carmela de Maio con i figli Maria Teresa, Marianna, Nicola Angelo, Raffaela e Luigia.

 

XX

Giuseppe (1871-1946) di Raffaele e Maria Michela Pirolo, avvocato, segretario comunale, direttore del periodico locale Le Rane (1907-1911), ispettore onorario alle antichità e belle arti e autore di Solofra nella tradizione e nella storia (Messina, 1923). Sposò Edvige Dumontier.

 

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