Famiglie
solofrane
Famiglietti
Di questa famiglia dice il notaio Vito Antonio Grassi che fu
trapiantata a Solofra nella seconda metà del XVII secolo da Andrea originario
di Frigento (Avellino). Costui sposò Isabella D'Urso ed abitò a li Volpi,
vicino alla chiesa di Santa Maria di Costantinopoli.
Da questo matrimonio nacquero Giaquinta (1674), Alessio (1681),
Francesco Antonio (1685), Donato (1687), Filippo (1693), Carminantonio (1698).
Alessio ebbe Francesco Antonio (1710) e Tommaso (1715).
Carminantonio, sposò Antonia Giella , abitò a S. Andrea, ed ebbe
Giuseppe (1722).
XVIII
Nel
catasto onciario nel 1754 sono documentate le seguenti famiglie:
S. Agata di Serino
Tommaso di Alessio, bracciale, sposa Rosalia de Maio. Figli: Pasquale,
Felice, Vincenzo e Sabato.
S. Angelo Strada vecchia
Carminantonio, bracciale di anni 28, sposato con Grazia Petrone, ha Teresa di 7
anni, Felice di 3 anni e Donato di un anno.
Volpi
Nicola, di 17 anni, calzolaio vive con la sorella Rosa di 23 anni e la
madre Anna D'Urso
S. Agata di Solofra
Costantino, bracciale di 60 anni marito di Antonioa Giella, vive con i figli
Giuseppe, calzolaio di 27 anni, con la nuora Teresa Fasulo di 20 anni e con la
figlia Anna Maria. Possiede una vigna in località sotto S. Andrea.
Balsami
Andrea, bracciale di 50 anni sposato con Giovanna Ferrandino di 52 anni,
vive coi i figli Gennaro conciapelli di 21 anni, Gabriello , bracciale di 16
anni, Angiola di 1 anni e Biagio di 1 anno.
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XIX
Una famiglia del XIX secolo:
Michele e Filomena Giaquinto, abitanti a S. Agata,
hanno Pasquale nato nel 1880, Raffaela nata nel 1882, Agata nata nel 1883,
Genoveffa nata nel 1885, Antonia nata nel 1891, Anna nata nel 1894, Angelo Antonio (1898-1982).
.
Figlio di Angelo Antonio e di
Giuseppina Grassi è Michele
Michele Famiglietti
Studioso di linguistica ed insegnante all'Università di Salerno
(1928-1984)
.
Uomo umile e
dolce, uomo saggio e dotto, educatore appassionato, e dedicato ai giovani,
futuri educatori, scrittore illuminato ed indefesso, pedagogista entusiasta e
profondo, ci ha lasciati improvvisamente. Nell'età matura e piena di
promesse: 56 anni!. [...]. Avevo incontrato Michele Famiglietti circa venti
anni fa [...] E veniva portando con sé un bagaglio di solide conoscenze
storiche di una società in rapida trasformazione. Lavorammo insieme in un
primo progetto di rinnovamento della didattica della lingua italiana nella
Scuola Media, sotto l'Egida del Centro Didattico per la Scuola Media. [...].
I frutti del suo lavoro diligente e profondo si appalesarono ben presto. Nacquero
i suoi primi scritti, unici allora e originali e non replicati nemmeno ora a
distanza di due decenni: le sue accurate indagini sul linguaggio del
preadolescente italiano, dello studente meridionale, pubblicate negli Atti
dei Convegni della Società di Linguistica fin dal 1970, ma già rese note in
articoli della "Rassegna Italiana di Linguistica Applicata" da me
diretta. Il filone della didattica linguistica costituì fin dagli anni '60 il
suo interesse precipuo. Credeva nella centralità pedagogica e sociale della
lingua. E tale interesse, irrobustito dalla sua esigenza di sperimentare, lo
condussero a verificare progetti e ipotesi. Segno di questo intenso interesse
per la didattica linguistica fu, soprattutto in questi ultimi anni, la sua
collaborazione alla soluzione dei problemi del bilinguismo nell'area
albanese. I suoi interventi orali e scritti in favore della lingua albanese e
della comunità albanofona nel Meridione non si contano più. Bene era
l'illuminato paladino. Ben ventuno scritti, tra cui due volumi illustrano la
sua passione scientifica per tale problema. E in ogni intervento, accanto
alla passione umanitaria e culturale, traspirava costantemente la sua vasta
dottrina, la sua accurata informazione, la sua finezza e profondità di
analisi. Egli aveva valorizzato figura e momenti storici della cultura italo
albanese: ne sono testimoni i suoi scritti sull'istanza pedagogica di De
Rada, l'opera educativa di D. Bellusci, su educatori e scuole nell'Ottocento
italo-albanese. Tutta la sua opera
soprattutto dal 1964 - anno in cui entrò a lavorare entro l'università - fino
al suo attuale insegnamento universitario nella Facoltà di Magistero
dell'Università di Salerno, fu rivolta alla formazione dei futuri
insegnanti-educatori. Zelo, intelligenza, dedizione, saranno saranno
ricordati dai suoi affezionati studenti. I libri, densi e lucidi, da lui
scritti, erano particolarmente rivolti ai suoi allievi. Nove volumi di ricca
dottrina dal 1967 al 1984. Le sue prime opere
furono: Scuola Media e condizionamento sociale (1967) e Scegliere
come? (1970). Poi vennero Sociopsicologia dell'educazione e lingua (1976),
documento singolare su importanti sperimentazioni glottodidattiche; Approcci
di pedagogia sperimentale (1979), con studi sperimentali su problematiche
cruciali per la scuola dell'obbligo; Verifica dello sviluppo a scuola
(1979), in cui si analizzano sistemi di valutazione scolastica
scientificamente fondati; Mass media linguaggi e valutazione educativa
(1979), indirizzato alla formazione dei docenti nelle didattiche speciali
(lingua, storia, educazione tecnica); Educazione e cultura in Arberia
(1979), che propone ben fondate linee di programmazione didattica per le aree
italo-albanesi; Didattica di frontiera (1983), ove si manifesta la sua
apertura mentale sui progressi delle nuove tecnologie applicate alla
didattica; Conoscenza e cultura in didattica (1984), quasi un
testamento pedagogico, completato poco prima della sua scomparsa, dedicato a
commemorare i contributi più recenti alla educazione del pensiero, recensendo
teorie prestigiose come quelle di Neisser, Miller, Branssford, Rosch, e
altri, non solo a titolo di rassegna critica o puramente informativa, ma in
vista di un'applicazione sperimentale dei modelli teorici proposti. Fino
all'ultimo Michele Famiglietti predicò dalla sua cattedra pedagogica la
necessità di un addestramento realistico e quindi sperimentale, ai problemi
dell'educazione e dell'insegnamento. Professore Titone dell'Università di Salerno.
Da “Il Campanile”, maggio 1984. |
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