Francesco Guarini e gli Orsini
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Tra gli
Orsini e Francesco Guarini si instaurò un rapporto di mecenatismo dopo la
committenza delle tele della Collegiata, intorno al 1644, con la commissione
della tela della Madonna del rosario in S.
Domenico di Solofra, che si
accentuò in seguito. Ma già prima Guarini aveva fatto
due ritratti a Pietro Orsini, uno da vivo, quindi prima del 1641, e uno da
morto, inoltre gli Orsini possedevano anche dipinti di Tommaso Guarini.
Nel
1644 Francesco Guarini si rivolse a Ferdinando Orsini, nella dedica del dramma
sacro di Onofrio Giliberti Il vinto inferno da Maria, chiedendogli la protezione.
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La principessa Dorotea Orsini raffigurata nella tela Madonna
del Rosario (1644) commissionata al Guarini per
Il
potente ritratto comunica la devozione un po’ cupa e controriformistica
della committente. Con questa tela inizia una stretta collaborazione tra il
Guarini e gli Orsini.
Francesco Guarini produsse per la famiglia Orsini solo ritratti, santi e
tele del Vecchio e del Nuovo Testamento, in linea con la rigorosa devozione
religiosa della famiglia feudale e confacente con la capacità del Guarini di
"conferire un fasto austero alle storie sacre in cui il dettaglio reso con
stile esatto e virtuoso vivifica la natura moralistica dei soggetti e li rende
in forma di racconti visivi". "Il lusso dei colori squillanti, la pacata narrazione di timbro accademico si accordano bene al
clima da corte tardorinascimentale, fortemente
intrisa di spirito controriformistico che maturò
intorno alla famiglia. A questo clima Guarini aderì vestendo l’abito talare infatti nel 1641 aveva chiesto gli ordini minori e un suo
biografo lo chiama "abate", quindi non fu sgradito ai suoi
committenti inclini a conferire alla loro immagine dinastica una chiara
impronta religiosa.
Se nel ciclo della
Collegiata e in quello di Campobasso Guarini espresse le istanze
culturali della borghesia meridionale seppe interpretare anche gli ideali
aristocratici degli Orsini e fu in contatto con la famiglia a Solofra, a
Gravina, a Napoli e a Roma confermando quello che fu una modalità della società
solofrana di intrecciare stretti rapporti con il centro.
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Il rapporto con Gravina
Gravina
insieme a Solofra fu dotata di monumenti sacri dagli Orsini e fu il centro
della potenza economica del ramo meridionale di questa famiglia feudale fino alla abolizione della feudalità nel Regno di Napoli (1807).
Il Palazzo Orsini di Gravina. |
Sorge al centro della cittadina di fronte all’antica piazza dei Mercanti, non lontano dalla cattedrale e dalla chiesa
di famiglia S. Maria del Suffragio e dalla Chiesa del Convento delle
domenicane fondata da Giovanna della Tolfa Orsini,
madre di Pier Francesco (Benedetto XIII) e consacrata nel 1677. "Il
palazzo con la sua mole architettonica a tre ordini insieme a tutti gli altri
monumenti della cittadina riferibili agli Orsini mostra quale sia stato il
peso della famiglia feudale nella cittadina". Gravina fu il centro del vasto feudo degli Orsini e in cui le vicende
degli ultimi anni del Guarini si intrecciano con
quelle della famiglia. Proprio a metà del XVII secolo si stringono
i rapporti tra Gravina e Solofra entrambi i centri ebbero una dimensione
culturale e religiosa improntata dalla famiglia Orsini, in entrambi fu
educato Pier Francesco, entrambi furono sede di due accademie fondate dal
futuro papa, a Gravina l’Accademia dei Famelici, a Solofra l’Accademia
di Amene lettere. Il Palazzo di Gravina raccolse molti dipinti del
Guarini. Nella cittadina pugliese il Guarini morì il 20 dicembre del 1650 per la sofferenza e l’umiliazione subita in seguito all’uxoricida della moglie di un artigiano gravinese con la quale aveva avuto una tormentata relazione. |
I
dipinti di Guarini nella chiesa del Suffragio di Gravina
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In un luminoso
paesaggio digradante verso un monte poligonale, due grandi angeli abbigliati in
colori sgargianti soccorrono le figure nude in attesa
della salvazione in una fossa tra le fiamme. L’angelo di spalle che solleva il
possente nudo maschile parzialmente in ombra
rappresenta una delle più potenti espressioni dell’arte matura di Guarini. Il
lume chiaro consente al pittore di indagare ogni dettaglio degli artificiosi
panneggi, dei piumaggi delle grandi ali, dell’anatomia. La stessa efficacia è
conseguita negli angeli e nelle figure scalate verso il fondo. Tutte le figure
in volo della parte superiore del dipinto sono disposte secondo direttrici
oblique, e sono fissate in un momento di complicato bilanciamento, agitate come
sono verso destra da un violento. Questa soluzione eccezionalmente dinamica
conferisce alla composizione esiti diametralmente opposti
a quelli del prototipo di Stanzione. La pala che è da
ritenere l’ultima del Guarini mostra quale sarebbe
stata l’evoluzione in senso barocco del pittore se la sua vita non fosse stata
spezzata proprio nei giorni in cui egli terminava il dipinto (Lattuada).
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La chiesa di S. Maria del Suffragio
edificata da Ferdinando II e Giovanna della Tolfa
insieme al Monte del Suffragio e delle Anime dei Morti. Sull’altare maggiore c’è la tela Madonna del Suffragio (1649-1650) che il Guarini riprende dallo Stanzione in cui l’artista svolge in modo più articolato la complessa manovra degli angeli che sollevano le anime del purgatorio. |
A sinistra la Immacolata Concezione nella chiesa del
Purgatorio di Gravina, espressione della bottega del Guarini e potrebbe
ascriversi ad Angelo Solimena che completò, alla
morte dell’artista, i dipinti della bottega del Guarini. A destra Annunciazione sita nell’episcopio di Gravina di Puglia attribuito ad un seguace del Guarini che il Lattuada individua in Oronzio Malinconico. |
Opere del Guarini che sono state nel palazzo Orsini di Gravina fino al 1707:
La
disputa di S. Caterina d’Alessandra con i filosofi pagani (1642). Santa Cecilia al cembalo
(1643). Santa Lucia (1645). Sant’Agnese (1645). Il
sacrificio di Isacco (1645).
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Visita il sito dedicato alla città di Gravina
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Cfr. R. Lattuada, Francesco Guarino da Solofra (1611-1651),
Napoli, 2000
Pagine dedicate a Francesco Guarini
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