Luciano
Ceppo presente a Solofra fin dal
XV secolo, non molto ampio, ma impegnato nel commercio tanto da avere una
cappellania nella vecchia chiesa di S. Angelo (1489), che si allargherà nella
nuova chiesa ad una Cappella propria.
Vi sono diversi rami formati da individui provenienti dal
serinese e dal montorese,
attirati dalle prospettive delle attività locali.
Sono insediati in diversi casali, poiché svolgono
attività di sostegno a quelle presenti sul territorio e sono legati alle famiglie dominati in essi. L’insediamento a Caposolofra
dipende infatti dall’artigianato dei Garzilli e dei
Landolfi, specie dalla lavorazione delle scarpe. Con queste famiglie creano
solide alleanze familiari, come era di uso a quei
tempi.
Vale sottolineare anche i buoni
rapporti con i Ronca del vicino casale del Sorbo con cui stipulano
un’importante società commerciale di vendita dei prodotti locali.
L’insediamento alla Fratta è invece determinato
dall’alleanza con i Vigilante per il commercio sulla
piazza di Napoli.
La persona più rappresentativa e presente nel commercio
solofrano è Belardino di Caposolofra, con un’attività in proprio di confezione di scarpe, poi Giacomo e Marino, presenti nelle attività
della corte locale e Verdino e Matteo, in commercio con i Vigilante e in società con i
Di Donato.
Nel XVII secolo si amplia la presenza del ceppo sul
territorio, ai Burrelli (Volpi) e ai Balsami, con
attività legate alla concia della pelle, mentre Alessandro gestisce una bottega di battargento del Monastero
di S. Agostino.
La peste, come per tutta la società solofrana, determina
un forte ridimensionamento dei vari rami che cercano
alleanze con le nuove famiglie, formatesi proprio in seguito ai vuoti creati
dal morbo.
Al tempo del catasto onciario (1754) il ceppo presenta
queste famiglie:
Fratta
Carmine Antonio, bracciale di anni 40, Giovanna
De Maio, moglie di anni 40, Giuseppe, figlio di anni 7, Agnese, figlia di anni
11, Costanza, figlia di anni 3.
Abita nella masseria del Monastero di S. Agostino in
località S. Vito di cui è affittatore.
Possiede una casa con cortile e piccolo orto alla Fratta,
confinate con i beni di Michele Vigilante e con la via, fittata
a Cristofaro Guarino.
Volpi
Angelo Antonio, bracciale di anni 55, Maddalena
Di Donato, moglie di anni 50, Antonio, figlio, bracciale di anni 23,
Costantino, figlio, bracciale di anni 19, Domenico, figlio, bracciale di anni
16, Angela, figlia in capillis di anni 26, Maria
Anna, figlia di anni 8.
Possiede per abitazione una casa di più membri soprani e
sottani, confinante con beni di Marco Antonio De Donato ed Andrea De Stefano. Tiene in fitto una casa da Andrea De Stefano.
Forna
Soccorso, bracciale di anni 30, Donata Convento, moglie di
anni 26, Maria, figlia di anni 3, Vincenza, figlia di anni 1, Rosa De Santis, suocera di anni 55, Michele Convento, cognato di
anni 23, Francesco Convento, cognato, bracciale di anni 16.
Possiede la casa dove abita, dotale di sua moglie,
confinante con i beni di Nicolò Giliberti e Marco Tura.
Nicolò di anni 62, Laura Gallucci, moglie di anni 50,
Maddalena, figlia di anni 20.
Abita in una casa in fitto dalla Chiesa dell’Ascensione.
Caposolofra
Filippo, bracciale di anni 52, Giovanna Ignoscia, moglie
di anni 54, Vincenzo, figlio, lavoratore di conceria di anni 50, Marino
Gonnella (di Caposele), genero, bracciale di anni 50,
Angela moglie di Marino, figlia di anni 38.
Abita in due membri di case dati in dote ad Angela sua
figlia, confinante con beni di Donato Cerino e soggetta a rendita della Camera
feudale.
Michele, lavoratore di conceria di anni 24, Porzia Vultu, moglie di anni 24, Virgilia Masiello,
madre di anni 52. Possiede una casa dove abita confinante con la via
pubblica.
Alla fine del secolo
Pasquale della Strada vecchia e Nicola di Caposolofra sono rappresentanti nel Decurionato.
Nel XIX secolo il ceppo è
presente nelle attività artigianali legate alla pelle in posizione dipendente
per diventare artigiani in proprio alla fine del secolo e soprattutto nel secolo
seguente, quando sono veri e propri industriali.
I membri di questa famiglia
ricevono dal re Umberto l’onore di essere portatori,
durante le solenni processioni, della statua di S. Michele Arcangelo. |
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