Majorsini/Maiorsini

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Famiglia di S. Agata formatasi in seguito al matrimonio di Francesco Antonio De Maio, figlio di Gennaro, con Elena Maddalena Orsini, figlia di Antonio razionale della Regia Corte di Napoli.

 

Il più ricco conciapelli di questo casale di Serino è Gennaro, che dal Catasto onciario (1754) risulta che impegnava nelle attività di mercatura ben 6000 ducati mentre a Solofra, dove c'era una più diffusa presenza artigiano-mercantile, si arrivava a persone che impegnavano nelle attività ducati 2500. Per questo motivo si riporta qui in modo completo la scheda del Catasto che si trova presso l'Archivio di Napoli:

N. 46. Messere Gennaro De Maio, mercadante di anni 50. Francesco Antonio, studia a Napoli di anni 16. Filippo, a scuola di anni 9. Teresa, in monastero di anni 20. Angiola, in monastero di anni 18. Lucia, educanda in monastero di anni 13. Angelo fratello mercante. Giuseppe, nipote. Gerardina, nipote educanda. Giustina. Beni: abitazione palazziata con appartamenti, magazzino e giardino. Un terreno arborato seminativo in località Le Cortine. Terreno arborato seminativo con masseria di fabbrica. Terreno arborato con aia di fabbrica in località Il monte. Terreno con case in località Terra delle Casate. Terreno con casa di fabbrica in località Cigliano. Terreno ceduo in località La scoccata. Terreno in località Sopra S. Andrea. Selva con querce in località Cigliano. Selva castagnale in località Scioccole. Macchia per fuoco in località Il fossato. Selva castagnale in località S. Antonio. Giardino in località La congiaria. Quattro case in località Le Casate. Varie stanze d’uso conceria. Industria con suo fratello Angelo in compra e vendita di lana, sole, coirame ed altre mercerie ducati 6000. Due muli da sella.  

 

Questa famiglia in seguito al matrimonio di Francescantonio, all'epoca di anni 16 e studente a Napoli, con Maddalena Elena Orsini, figlia di Antonio, razionale della Regia Corte, costituirà il cognome Maiorsini.  

 

Ecco un documento che permette di seguire l'evoluzione della famiglia:

 

1798, 20 dicembre. Casale di S. Agata di Serino.

Si costituiscono alla presenza del notaio il signor don Francescantonio Majorsini, figlio del fu D. Gennaro del casale di S. Agata di Serino, e don Giuseppe di Majo, figlio del fu Angelo e cugino del detto D. Francescantonio dello stesso casale che a causa della lite intercorsa tra i due, sia per un "fedecommesso istituito" dal loro avo, Felice De Maio che per il testamento di Angelo De Maio padre di Giuseppe, stabiliscono entrambi di "venire ad una amichevole transazione" autorizzata dalla R. C. della Vicaria il giorno 18 settembre del 1798 a patto che rimanga il fidecommesso sui fondi stabiliti da Felice De Maio nel suo testamento rogato il 3 settembre del 1734.

All'atto è allegato il testo dell'accordo tra i due cugini: don Francescantonio Majorsini del fu Gennaro dimorante di passaggio in questa città e don Giuseppe De Maio, figlio di Angelo dello stesso casale.

Le due parti asseriscono che avendo Felice De Maio loro avo nel suo testamento del tre settembre del 1734 istituito eredi in egual misura i due figli Gennaro e Angelo volle che i beni da lui posseduti non fossero venduti, permutati o donati o ipotecati per dieci anni ponendo su di essi un fedecommesso, dando loro il potere di vendere e ipotecare tali beni solo per maritare o monacare le figlie e chiedendo che i loro figli fossero uniti pena la perdita dell'abitazione. I beni sottoposti al vincolo sono: una masseria in località Pastine, una conceria con orto, un comprensorio di case con orto. Dopo la morte di Felice furono acquistati altri beni entro il decennio e cioè: una vigna detta il Cigliano, una selva detta la Scoccata con due selve confinanti, un terreno detto il Monte ossia Corte Marangia, un comprensorio di case in località le Casate ed altri beni dopo il decennio. Dopo la morte del padre i due fratelli, Gennaro e Angelo, vissero in perfetta comunità e con la loro industria accrebbero il patrimonio.

Gennaro, primogenito di Felice il vecchio, sposato con Chiara Garzillo, ebbe due femmine e due maschi: Filippo, sposato nel 1759 con Carmela De Maio di altra famiglia e Francescoantonio, sposato nel 1761 con Maddalena Orsini, figlia del Razionale della Regia Camera don Antonio, che portò in dote 3000 ducati che furono impiegati nei negozi della casa e amministrati da Angelo. Morto Gennaro il 2 maggio del 1779 istituì erede il primogenito Francescoantonio e dette a Nicola Saverio, figlio del fu Filippo, una masseria detta il Monte o Corte Marangia e un capitale di 4000 ducati.

Francescantonio con Elena [Maddalena] Orsini, sua moglie ebbe Isidoro, Dionigi e Pasquale i primi due applicati in Napoli alla professione legale che ebbero alcuni territori nel 1790 e nel 1791.

Angelo, secondogenito di Felice il vecchio, sposò nel 1735 Rosa De Maio ed ebbe un sol maschio Giuseppe e due femmine, monache in S. Teresa di Solofra. Detto Giuseppe stette per alcuni anni unito col padre e con Francescantonio nella stessa mensa e casa nel 1792 si volle appartare dalla casa paterna e dopo un litigio ebbe dalla Vicaria assegnati 15 ducati al mese per gli alimenti.

Con due strumenti del 4 e del 19 marzo del 1792 Angelo e Francescantonio si divisero i beni. Furono fatti i conti dell'amministrazione dei beni comuni, si divise la casa palazziata, si descrissero stabili e crediti e si convenne che a richiesta delle parti si dovesse venire poi alla formale divisione per mezzo di agrimensori, si divisero i mobili, i contanti, il rimanente negoziato della conceria e ciò che era stato convertito in beni che fu stabilito nella somma di 700 ducati. Angelo ebbe la sua parte. Si stabilì che per il negozio della lana di cui era responsabile Angelo, costui si obbligò a darne conto e di non avere pretese sulla metà del territorio il Monte o Corte Marangia, posseduto da Nicola Saverio. La corte di Serino dette il placet. Angelo si impegnò di donare a Dionigi suo nipote e figlio di Fracescantonio alcuni mobili di casa di cui Dionigi prese il possesso .

Con altro strumento del 27 luglio del 1792 Angelo si dichiarò soddisfatto da Francescantonio della metà di due capitali, uno dovuto da Pietrangelo del Pozzo di 200 ducati come prezzo della legna della selva la Scoccata e l'altro di ducati 500 dovuto da Angelo Santo D'Urso. Il 18 maggio del 1792 lo stesso Angelo fece testamento che fu aperto il 24 marzo del 1796 in cui dichiarò la volontà del padre Felice e la volontà sua di venire a divisione e dichiarò che i beni rimasti dal comune padre erano una masseria detta li Pastini, una conceria con orto, un comprensorio di case ove abitava con orto, una vigna detta il Cigliano, una selva detta la Scoccata con due selve confinanti, un comprensorio di case in località Casate sottoposti a fidecommesso la metà dei quali doveva passare a suo figlio Giuseppe eccetto la legittima e istituì erede universale Giuseppe unico figlio dichiarando di dover restituire a Francescantonio un capitale di 15.000 dicati metà dei 30000 ducati da lui consegnati a Giuseppe fin dal 1776. Fece un legato di ducati 4000 a Francescantonio. Poi fece un codicillo il 12 aprile del 1793 in cui confermò il testamento e dichiarò di non avere alcun diritto sugli acquisti fatti da Isidoro, figlio di Francescantonio con la sua professione legale e confermò la donazione a Dionigi, altro figlio di Francescantonio dei mobili i casa, dichiarò che le doti portate da Maddalena Orsini nel 1760 vennero in suo potere per farne uso che gli pareva dando la facoltà a Francescantonio di percepirle sulla metà dei beni spettanti a lui .

Morto Angelo nel dicembre del 1795 si procedette alla esecuzione contro cui Giuseppe ricorse per ottenere i beni sottoposti a fidecommesso ed ereditati dal padre Angelo. Francescantonio lo chiamò in contradditorio poichè tra i beni contesi c'era il territorio detto il Monte o Corte Marangia, che Gennaro aveva dato a Nicola Saverio, suo nipote dopo la morte del Filippo. Vennero fatte da entrambi varie azioni perché Giuseppe non riconosceva il testamento del padre cosa contrastata da Francescantonio e poi si addivenne ad un accordo.

La concordia stabiliva che Giuseppe doveva accettare il testamento del padre, che a lui spettava la metà dei beni sottoposti a fedecommmesso e considerato che la divisine non poteva essere congrua tenendo presente che le famiglie di Francescantonio e di Giuseppe erano divise, i due convengono di giungere ad una diversa divisione che viene indicata in modo preciso nel detto accordo. Circa la cappella fondata da comuni antenati e sita nella Chiesa di S. Agata si convenne che il peso della stessa fosse a carico di Francescantonio

Firmato 10 luglio 1797.

Il due anzidetti, Don Francescantonio Majorsini e Don Giuseppe De Maio, cugini, stabilisco inoltre la consegna di ducati 100 dati da Francescantonio a Giuseppe per la rifazione della casa palazziata sita sopra la chiesa di S. Agata e una certa quantità di mobili ed arredi di casa e cioè un letto con scanni di ferro, una caldaia di rame grande per uso di colata, una cuna, e una scoppetta di cui Giuseppe dà quietanza. Le spese sono per due terzi a carico di Francescantonio e per un terzo a carico di Giuseppe.

 

 

Importante rappresentante di questa famiglia fu:

 

Francesco Maiorsini (1812-1893), nipote di Francescantonio in quanto figlio di Pasquale, fu Vescovo di Lacedonia (1859-1871) e Arcivescovo di Amalfi (1871-1893). 

 

 

 

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