I
Palazzi signorili solofrani
I palazzi solofrani sono sorti sulle antiche
cortine di cui sono l’ampliamento o la trasformazione. Il cortile
conservava la struttura della curtis, era cioè uno spazio interno intorno a cui
sorgevano gli ambienti in genere protetti da porticati.
Già nel XVI
secolo esisteva la casa detta “palazziata” con “vari
quarti superiori e inferiori, con cortile e pozzo di acqua sorgente”, con
“giardino murato accosto che serve per sue delizie”, oppure era detta “comprensorio di case con cortile e rata di
fontana”, o ancora “divisorio di
case con stanze sottane e soprane con loggia”, “rata di due case
sottane e soprane con cortile avanti con piccolo orto accosto”, e “appartamento
di case costituito di varie stanze soprane e sottane accosto al quale piccolo
giardino”, anche “abitazione una soprana e una sottana”, restava la definizione
cinquecentesca di “sedile di
casa”.
Le trasformazioni più importanti
avvennero tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII quando alcuni eventi
sismici provocarono grandi distruzioni e dettero vita ad una profonda opera di
ricostruzione, che portò alla trasformazione delle antiche cortine in palazzi
signorili e che richiamò in loco molti scalpellini e costruttori.
Questa opera dette a Solofra un
aspetto completamente diverso, infatti il modello abitativo esistente della
corte lasciò il posto a palazzi che ne conservavano lo schema. Il wafio fu
trasformato in androne con portone che si apriva su di esso o direttamente sul cortile
centrale da cui una scalinata, spesso maestosa, portava agli ambienti del primo piano o piano
nobile, in genere serviti da una loggia che affacciava sul cortile.
A volte il cortile era circondato da
un porticato che
proteggeva gli ambienti a piano terra, detti cellari, che si
aprivano su di esso e che, in un susseguirsi di spazi, portavano alle cantine, alle stalle o ad altri
locali posti anche in piani seminterrati.
Dal cortile si accedeva al giardino
murato o all’orto alle spalle del palazzo, che lo isolava completamente dai
campi e dalle selve. Altre volte l’accesso al piano nobile avveniva
dall’androne anche con due scale, una più grande portava al piano nobile,
l’altra agli ambienti di servizio.
Non mancava la cappella privata poiché non
mancavano in queste famiglie i sacerdoti, se ad essa si accedeva dalla strada,
la cappella era anche al servizio della comunità, se invece si accedeva dal
cortile interno o dall’androne allora era di esclusivo uso privato.
Il palazzo era arricchito da opere in pietra scolpita, che ne
abbellivano la facciata principale, il portale d’ingresso, i balconi e le
finestre del piano nobile e decoravano il cortile interno, che aveva vere opere
d’arte, sempre il pozzo e sempre la fontana con grande e capace vasca variamente
dislocata che trasformava il semplice deposito di acqua delle cortine in vere e
proprie opere in pietra intagliata, così i davanzali delle finestre, le logge,
che avevano eleganti colonne e statue e così i giardini murati, detti di delizie.
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Palazzo di Agostino Landolfi alla Forna
(ex
ospedale)
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