Palazzo ducale Orsini
oggi
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Palazzo ducale Orsini: lato ovest prospiciente la piazza con
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Palazzo ducale Orsini: il prospetto ovest
ove si vedono nel basamento le pietre fatte prelevare da Beatrice Ferrella Orsini dalle mura del castello longobardo. Questo lato da alla
costruzione l’aspetto di una fortezza.
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Palazzo ducale Orsini: il lato sud-ovest con
all’angolo la torretta che guardava la parte più vulnerabile della
costruzione.
La facciata è quella caratteristica di un palazzo rinascimentale.
Il palazzo ducale, sede degli Orsini feudatari di
Solofra, sorge nel centro cinquecentesco della cittadina, in un ampio spazio
in cui ci sono altri elementi centrali della storia di Solofra, di fronte e
in opposizione alla Collegiata, espressione della Universitas locale. Costruito nella seconda metà del XVI secolo, dopo che gli Orsini avevano acquistato il
feudo, dall’architetto Floro Campanile e da maestranze cavesi,
ha un’imponente mole, espressione dell’architettura rinascimentale. Si sviluppa intorno ad un cortile
centrale quadrato, con due piani rialzati, uno
nobile e uno di sottotetto. La facciata centrale è volta verso sud su una vasta
piazza. Su di essa sono armonicamente strutturati
ampi spazi divisi da una fascia marcapiano in cui si aprono due ordini di finestroni cinquecenteschi incorniciati da blocchi di
tufo nero, interrotti dal grande ingresso principale e dal grosso balcone
centrale, che sono gli elementi più importanti dell’intero prospetto. I finestroni del primo piano sono più corti di quelli del
piano nobile, che invece hanno uno slancio verticale
molto accentuato ed una leggera trabeazione superiore. L’ingresso principale ha un portale ad arco a tutto
sesto, che poggia su grossi pilastri con membrature che seguono il movimento,
e che giunge fin sotto il balcone. Elemento importante del piano nobile è il balcone a loggetta che interrompe la fascia marcapiano e poggia
quasi sull’arco del portone. Esso è incorniciato da un arco a tutto sesto e
lateralmente da due lesene su cui poggia una semplice trabeazione e un
timpano interrotto. In alto il cornicione, fortemente
aggettante, sottolinea la plasticità della facciata. L’angolo sud-ovest è circondato da
una torretta ben squadrata che termina all’altezza del piano nobile che,
oltre ad avere la funzione di belvedere, serve a sottolineare
e preparare l’aspetto difensivo del lato ovest della costruzione. Questo ha
uno squilibrio rispetto al prospetto principale, dovuto alla differenza di
livello del terreno, ed un aspetto molto diverso, poiché è caratterizzato da
una nudità costruttiva, che evidenzia il carattere di fortilizio del palazzo
dalla parte dove poteva provenire il pericolo di un eventuale assedio. Lo spazio è diviso in due zone molto
diverse tra loro da una fascia marcapiano prominente. La prima è costituita
da pietre rustiche a vista che sono quelle appartenute alle mura del castello
fatte smantellare per utilizzarle nella costruzione. Su questa si aprono i
vuoti rustici dei lucernai degli ambienti seminterrati. La seconda zona,
corrispondente al piano rialzato, al piano nobile e
al sottotetto, è divisa da una seconda fascia marcapiano, meno aggettante e
molto elegante, ed è segnata da un doppio ordine di finestroni,
incorniciati anch’essi da blocchi di tufo nero, modellati da leggere
membrature. Anche qui i finestroni
del piano nobile si distinguono per lo slancio e la maggiore altezza, ma non
sono segnati da lesene come quelli del prospetto principale. La facciata è
completata dalle aperture quadrate del sottotetto.
Il lato nord ha un portale molto più semplice di quello della facciata principale con
arco a tutto sesto su pilastri. Un atrio voltato a botte introduce
in un cortile quadrato con un profondo pozzo al lato destro Intorno al cortile si aprono molti
ambienti che erano adibiti a scuderia, gendarmeria, stalle, depositi e
lavanderia. Sulla parete di fondo due archi creano
due ambienti divisi dall’androne posteriore. Sulla sinistra uno scalone
rinascimentale, non molto monumentale e ad archi con volte a crociera, porta
ad una loggia di accesso agli ambienti del piano
nobile. In esso ci
sono due ampi saloni con tetto a capriate, quello a nord più piccolo aveva le
pareti decorate di affreschi che rappresentavano i feudi degli Orsini, di cui
sono rimasti solo pochi tratti. Il palazzo all’inizio del XIX secolo divenne bene privato. Crollato col sisma
del 1980, è stato ricostruito nelle forme originali e dal 1993 è sede
comunale. |
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Alcuni documenti che
permettono di seguire la costruzione del palazzo
1557 B7093. Ignoti.
1557-1558 B6546, f 23. Claudio Guarino
Ronca
Fornitura di calce per la
fabbrica del palazzo a cura dei fattori della fabbrica del palazzo (don Tommaso
Ronca e don Martiniello Migliore) e il notaio Andrea
Alfano e figlio Matteo che posseggono una calcara e
che vendono ai fattori la calce.
Idem f. 63. Convenzione tra Beatrice Ferrella,
duchessa di Gravina e magistero Ranaldo de Bartolomeo e Matteo Pacifico di
Calvanico di S. Severino, per lavori di scalpellino e intaglio delle
pietre delle porte e delle finestre, delle cantonate, delle gradinate, delle cimbere e altre pietre necessarie per la costruzione del
suo palazzo. Il lavoro avverrà nei pressi del palazzo. Le pietre saranno prese
a Serino. Il pagamento sarà “servendo pagando”. Sono presenti e testimoni
dell’accordo: Ieronimo Ronca, Tommaso Fasano, Tommaso Ronca, Martinello Migliore, notaio Giacomo Apruzzi
di Acerenza e Giacomo Cafaro e Cesare Pignalosa di Cava.
ASS,
1557 (f. 174). Notaio Giovanni Bernardino Jovine di
Cava dei Tirreni. Convenzione tra Cafaro Giacomo di
Cava dei Tirreni, maestro nell’arte di fabbricare,
che, insieme a Leonardo de Girardo di Roccapiemonte e
in continuazione dello strumento del
ASA,
1567, ottobre 22, B6537. Notaio Francesco Giliberti, (ff. 154 e sgg). Accordo tra
ASA,
1569, Notai di Avellino, B6548 (ff. 32-34). Convenzione tra Carlo Antonio Miraballo
di Napoli e Riccardo de Gianni di Muro rappresentanti della Duchessa Beatrice Ferrella Orsini e il magistro Giovanni Tommaso Camerlengo di Nocera
per la costruzione del Palazzo ducale.
ASA, 1569, B6538. Notaio
Francesco Giliberti (f. 262). Convenzione tra
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