Famiglie solofrane 

 

Pandolfelli

 

Il Crollalanza dice i Pandolfelli originari di Andria. Cesare d'Eugenio li cita tra le famiglie nobili di Solofra. Luigi Giliberti parla di un antico manoscritto della Biblioteca nazionale di Napoli dove tra le famiglie più antiche e ragguardevoli è citata anche questa famiglia.

Nel 1292 si ha notizia di Cesare e Geronimo del quondam Cosimo che godono l'esonero dai fiscali per essere una famiglia costituita da numerosi individui.

 

XVI

La famiglia proviene dal salernitano ed è presente con Giovanni ed Alifano, detto "honorabilis", che fa parte del gruppo che nel 1522 stilò il secondo corpo degli Statuti solofrani.

Giovanni ha rapporti con alcuni forestieri: Luise Genovese, Linardo de Tramunte, Nuntio de Sischetta.

Impiantata tra i Balsami e la Forna, ha stretto alleanza con alcune famiglie importanti, come i Giliberti, i Troisi, i Caropreso, di cui sostiene il commercio specie degli animali. Per questo motivo è in rapporto con il mercato di S. Severino.

Tra i membri si ricordano Pietro, Ferrante, Bartolomeo, Nicola che producono e commerciano in scarpe anche di oropelle, altri sono impegnati nella concia e nella vendita di prodotti conciati ed anche in società mercantili, come Ludovico, Leonardo, Abbundanzio.

Sono da citare ancora il notaio Pasquale, Cola, assuntore della gabella della farina, Pompeo che è sindaco nel 1583, Leonardo, u.j.d.

Nel 1588 Francescantonio ha il permesso di "far entrare in Napoli ogni specie di vettovaglie" e venderle "franche di gabelle".

Un ramo si trasferisce in Calabria dove il commercio solofrano trova importanti sbocchi.

 

XVII

 

O. Beltrano cita i Pandolfelli tra le famiglie nobili solofrane.

Dice G. B. Crollalanza: "Pandolfelli. Originaria di Solofra, si impiantò nel XVII secolo in Barletta dove nel 1763 fu aggregata al Seggio di Gesù o della Madonna greca senza essere ascritta al Registro delle Piazze Chiuse".  

In questo secolo si ricordano Leonardo, assuntore della gabella dei molini, il notaio Cesare, il sindaco Natale (1671), Ferdinando, eletto ed esattore della gabella del sommacco, Felice, canonico della Collegiata fino al 1637, Giovanni, sacerdote ed insegnante.

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Pietro, maestro in Sacra Teologia fu Provinciale dell'Ordine dei Domenicani. Ha il sepolcro in marmo nella chiesa di San Domenico ivi trasportato dalla Chiesa di S. Agostino dove si legge:" Ut moriens viveret, vixit ut moriturus".

 

Nicola di Nicola e Colonna Pirolo, dottore in utriusque juris, fu prima canonico della Collegiata, poi fu nominato primicerio nel 1642, fu anche Protonotario apostolico, uomo di cultura e prestigio. Sotto il suo governo della chiesa solofrana fu fondato il Monastero di S. Domenico.

 

Il notaio Cesare sposa Giuliana Pandolfelli, da cui ha, tra l'altro Carlo nel 1671, Andrea Arcangelo nel 1673, Filippo nel 1682 e Prospero Cesare.

 

Monte dei Maritaggi della famiglia fondato da Antonello.

 

XVIII

Summonte cita i Pandolfelli tra le famiglie nobili solofrane.

Nel 1708 è sindaco Giovanni Andrea.

 

Nel 1754 sono presenti le seguenti famiglie (catasto onciario):

 

Balsami

Nicolò del fu Gennaro di 26 anni possidente vive con la moglie Teresa Pugliese di 22 anni, con i fratelli Giuseppe canonico primicerio di 39 anni, Carminantonio sacerdote (30 anni), con la madre Feliciana Vigilante di 67 anni, Felice Nardo (servitore di 40 anni), Matteo Ferrandino (servitore di 30 anni ). Abita in una casa palazziata di cari quartini cortile e giardino murato. Possiede una conceria al Campo, una masseria a Le Celentane. Impegna nella industria del cuoio e mercatura 600 ducati. Pesi a favore del Monastero di S. Teresa.

Carmine Antonio del fu Gennaro, sacerdote, possiede una masseria con casa di fabbrica e cantina, seminativo arborato sita al Sambuco. Pesi a favore della Mensa parrocchiale della SS. Trinità.

 

Dice il catasto:

Giuseppe (di Gennaro e Feliciana Vigilante) sacerdote, possiede di patrimonio dell'avo Andrea una selva castagnale, la cesina, due selve castagnali al Chiamerano, una selva a lo piano. Altri beni: una vigna al Melito, un terreno con mele e viscigli a la Palude, un terreno arborato con casa ai Balsami. Sul suo patrimonio pesi a favore del Monte della famiglia Giuliani, del Monastero di S. Domenico e di Santa Teresa, di S. Agostino, per un vitalizio alle sorelle.

Nacque il 29 settembre del 1714, morì il 2 ottobre del 1772 e fu sepolto nella Cappella del SS. Sacramento. Fu Primicerio della Collegiata. Durante il suo governo si svolsero i lavori di restauro della Collegiata che egli seguì con impegno ottenendo dalla Universitas più volte la proroga del jus proibendi sulla gabella del sale per finanziare l'opera.

 

Tommaso conciatore di 50 anni, vive con i nipoti Gabriele Russo (conciatore di 40 anni), Grazia moglie di Gabriele (34 anni), Maria Antonia (5 anni), Andrea (3 anni), con la sorella Costanza (62 anni) in una casa propria di varie stanze. Possiede una casa alla Strada vecchia, una selva a La Scorza, una al Liarvo. Impegna nella compra di pelli 200 ducati. Ha vari pesi a favore di privati della Cappella di S. Basilio della Chiesa di S. Maria delle Selve, della Camera feudale.

Domenico, vive del suo di 60 anni con la moglie Maddalena Pacifico di 61 anni. Abita varie stanze con cortile, possiede una selva cedua detta il Postellone, una selva fruttifera detta il Liarvo.

Gaetano abita in una casa propria con giardino, orto arborato e vitato. Riceve per canone sulla vigna la Torre ducati 18 annui.

Antonio, sacerdote possiede una selve castagnale La cesina ed ha dei crediti a carico dell'Universitas.

Cristofaro, negoziante di 45 anni, vive con la moglie Annamaria Minada (30 anni), con i figli Orazio (studente di 19 anni, sarà fisico), Rubinia (13 anni), con la zia Clemenzia (13 anni). Abita un divisorio di case con cortile. Possiede un appartamento con loggia ed orto, tre terreni arborati ai Balsami. Impegna nella sua industria 100 ducati. Possiede un mulo da sella.

 

Forna

Nicolangelo di 80 anni, vive con la figlia Anna (38 anni), vedova di Vitoantonio Salerno, e con i nipoti Livia (14 anni) e Agostino (10 anni). Abita in una casa in affitto.

Francesco, benestante di 54 anni, vive con la moglie Annamaria Guarino, con i figli Giuseppe (26 anni) senza impiego, Antonio (16 anni), lavoratore battargento, Gaetano (12 anni), Agata (21 anni), Adelia (19 anni). Abita un appartamento di varie stanze dotali, possiede una selva cedua al Postellone. Ha dei pesi a favore della Chiesa di S. Michele, della Camera feudale.

Vito Antonio, lavoratore coiraro di 26 anni, vive con la moglie, Rosa Grimaldi di 24 anni, i figli Gio Camillo (3 anni) e Basilio (1 anno), in un appartamento in fitto.

Giuseppe del fu Michele servitore di 46 anni, vive con la moglie, Filippa Perrullo (45 anni), e con la madre, Orsola Recupido (70 anni), in una casa in fitto.

 

Cupa-Toppolo-Capopiazza

Arcangelo, benestante di 45 anni, vive con la figlia Maria (13 anni) in un appartamento di varie stanze con giardino al casale Cupa. Possiede una selva castagnale ad Acquella. Crediti a carico di privati.

Orlando, maestro battargento (38 anni), vive con la moglie, Isabella Petrone, col figlio Sebastiano (1 anno) e con la madre Antonia Giannattasio (59 anni) in una casa di varie stanze con cortile e giardino. Impegna nella sua industria 100 ducati.

Taddeo, lavoratore coriaro (52 anni), vive con i figli Pasquale (lavoratore coriaro di 22 anni), Salvatore (lavoratore coriaro di 20 anni), Maria (18 anni), Maddalena (16 anni), con la madre Anna Guarino (55 anni) e con la nuora Angiola Troisi (20 anni).

Felice, servitore di 40 anni, vive con la moglie Lucia Giannattasio (40 anno) e la cognata Rosa (50 anni), in un appartamento di varie stanze con cortile alla Cupa.

Niccolò di Andrea, mercante di 36 anni, vive con la moglie Grazia Garzillo (31 anni) e con i figli Andrea (alla scuola di 14 anni), Pasquale (7 anni), Giuseppe (6 anni), Saverio (4 anni), Orsola (12 anni) e col fratello Cesare (negoziante di 40 anni), in una casa propria di più stanze a La Cupa. Possiede una casa ai Volpi, una bottega di conceria a Il fiume, una selva a Il Soccorso, un terreno con casa ivi, una selva a Le Padule, una a Li Laurielli, una al Liarvo, una vigna a Chiusolella. Ha vari crediti a carico di privati e chiese. Impegna nella mercatura 300 ducati.

Francesco Niccolò, proprietario di 55 anni, vive col nipote Giovan Vincenzo, sacerdote (28 anni), con la sorella Margherita (50 anni) e con la nipote Angiola (23 anni), in un sedile di case patrimoniale di suo nipote.

Giovan Vincenzo del fu Pietro, ha un patrimonio di due case con varie stanze e magazzino a La Cupa, una selva castagnale a Lo Liarvo.

 

Sant'Angelo e Strada vecchia

Ambrosio, maestro calzolaio di 35 anni, vive con la moglie Angiola Didonato (30 anni) e con i figli Giuseppantonio (4 anni), Giovanni Antonio (3 anni), Donatantonio (1 anno), Irene (6 anni) in un appartamento di più stanze con cortile in località Casa Garzilli alla Stada Vecchia. Lavora in una bottega in fitto.

 

Volpi

Nicolantonio, calzolaio di 60 anni, vive con la moglie Grazia Guarino (56 anni), il figlio Pasquale (24 anni), calzolaio, Anna Rosa (18 anni), Michele (16 anni), calzolaio. Possiede l'abitazione ed affitta per il suo mestiere una bottega alla Piazza dalla Chiesa di S. Croce. Impegna per la sua industria 50 ducati.

Salvatore, bracciante calzolaio di 18 anni, vive con le sorelle Consolata di 22 anni e Angiola 19 anni e con la madre, Teresa Verità, di 50 anni. Abita una casa di varie stanze con giardino.

 

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Orsola fu moglie di Serafino Garzillo, condannato all'esilio a Marsiglia dalla Giunta di Stato dopo i fatti del 1799.

Basilio sposa Nicoletta Gallo da cui ha Vito (1781), Nicola, nato nel 1783, Cavaliere di Malta, nel 1819 è direttore dei dazi diretti per la provincia di Avellino.

 

 

 

XIX

 

Giuseppe di Gennaro fu tenente delle milizie provinciali durante i fatti del 1799. Il Duca d'Ascoli così dice di lui:

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"Durante la Delegazione straordinario del fu Commendator Marulli si distinse sotto il comando del colonnello Scipione della Marra "con aver distrutte e dissipaste varie clamorose comitive". "Che indi a poco si arruolò nel reggimento dei Cacciatori esteri e fu spedito in Livorno, ove fedelmente servì. Che nelle passate vicende, dismesso l'esercito, si restituì alla patria, ed alla testa di una considerevole massa che formò, andò a battersi co' patrioti di Nocera de' Pagani e successivamente con tutta la sua gente s'incorporò con la colonna di don Costantino de Filippis, facendo argine ai Francesi in Avellino, ove rimase prigioniero in unione col di lui padre, don Gennaro, e del cavaliere don Michele, suo fratello; e quindi furono tradotti nel carcere di S. Maria apparente, donde poi fortunosamente fuggì [...] Al ritorno delle gloriose armi di S. Maestà reali armi proseguì le sue operazioni con aver procurato la tranquillità della sua patria di Solofra. Si segnalò nell'arresto di estesissimo numero di disertori e conseguì l'intento della estirpazione di varie comitive di ladri, e facinorosi, che infestavano lo stato di Solofra ed i paesi del circondario, cioè lo Stato di Serino e quello di Montoro, le quali operazioni produssero un terrore ai malviventi di quel paraggio. E che finalmente nel disimpegno del proprio impiego di Tenente e comandante della compagnia de' Granatieri, si è diportato con plausibile condotta, meritando gli encomi dei propri superiori. Attenti i rilevanti servizi resi dal Pandolfelli allo Stato, e per lo merito personale che gode e di essere un gentiluomo provveduto di beni di fortuna e lontano da ogni deferenza e dal menomo approveccio, e per il di lui coraggio, abilità, attività e buona condotta, lo ha creduto degno dell'implorata grazia, si uniforma al parere di esso Preside, a cui crede che possa degnarsi V. M. di spedire gli ordini corrispondenti per abilitare il suddetto Pandolfelli alla persecuzione ed esterminio de' malviventi nella provincia di Montefusco.

 

Gennaro, padre di Giuseppe, fu sindaco all'inizio del secolo.

Sotto il suo sindacato l’Universitas di Solofra, per poter pagare i debiti contratti in seguito alle circostanze rivoluzionarie del 1799, accese, con delibera del Parlamento, alcuni debiti forzosi con benestanti locali per un ammontare di ducati 3400. Quando poi dopo alcuni anni le fedi di credito furono abolite, l’Università fu costretta a soddisfare i creditori con i propri introiti annuali "restringendo al massimo le spese".

Il Pandolfelli si affrontò il problema del battiloro solofrano.

La Rivoluzione partenopea aveva provocato un danno considerevole all’artigianato del battiloro solofrano, che non potette più lavorare questo metallo, perché da Napoli, che aveva la privativa di questa arte, fu imposto  - e questo da parte degli stessi battiloro napoletani tra cui molti solofrani che formavano una forte corporazione -  che si lavorasse nelle botteghe solofrane solo l’argento. In seguito a questa situazione fu stipulata nel 1805 una Convenzione tra i battiloro napoletani e solofrani che non ebbe esisti favorevoli tanto che nel 1815 fu cancellata. Si sanciva in tal modo la rovina dei battiloro solofrani che furono costretti a chiudere le botteghe, a trasferirsi a Napoli o a Benevento. Questa che era stata, dopo la concia, l’arte più rappresentativa solofrana, decadde definitivamente.

Il Pandolfelli nel 1816 denunziò alla Società Economica del Principato Ultra, di cui era membro, le vere cause della fine del battiloro solofrano e cioè le lotte e le ingordigie personali dei battiloro solofrani residenti a Napoli.

Si pensi che il Catasto onciario solo cinquant’anni prima dichiarava a Solofra la presenza di 348 battiloro e battargento, mentre a metà Ottocento c’erano a Solofra poche botteghe che battevano solo l’argento.

Vedi la storia dell’arte del Battiloro solofrano.

 

 

Nicola Pandolfelli, direttore delle contribuzioni dirette (Intendente di Finanza) nel 1819 fu Presidente della Società economica di Principato Citra. (Parla di lui: La provincia di Salerno vista dalla Regia Società economica, Salerno, 1935).

Una famiglia del casato:

Nicola, avvocato e coniugato con Elisabetta Anzalone, da cui ha tra gli altri Michele (1884) Andrea nato nel 1887 che sposa Maddalena Scarano da cui ha tra gli altri Nicola (1920), Michele, nato il 14 aprile del 1921, coniugato con Consolata Maffei da cui ha Andrea, Angela, Elisabetta, Maria Maddalena.

 

La famiglia aveva nella Collegiata la Cappella dedicata a San Gennaro.

 

 

 

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