Gli Ufficiali d’Accademia del Regio Esercito,
Francesco Ferdinando Ronchi
e suo figlio Mario
Nacque a Napoli il 16 marzo 1864 dal Giudice Francesco e dalla
gentildonna Lucia Vignola (entrambi solofrani). Entrato a tredici anni nel
Collegio Militare della Nunziatella, fu ammesso alla frequenza della scuola
Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena nel 1881 (10a
compagnia), come si evince dal libro di Renata Pilati “ Promosso Sottotenente nel novembre 1882, fu assegnato prima al
6° Rgt. di Fanteria e due anni dopo all’ 80° Rgt. Fanteria, dove raggiunse il grado di Tenente in
petto nell’aprile del 1885. Fu promosso Capitano nel luglio 1899 prestando il
suo servizio nel 79° Rgt. Fanteria e poi Maggiore
nel 1909 presso il 57° Rgt. Fanteria in Padova.
Partì per Medaglia di Bronzo al Valor Militare “sul
campo”:
Decreto Luogotenenziale in data 13 feb. 1916; registrato alla Corte dei Conti
il 25 feb 1916 (registro 56, foglio 164, Bollettino
Ufficiale anno 1916, dispensa 14a, pag. 578). MOTIVAZIONE: “Con intelligente attività ed energia condusse
il proprio reggimento, in vari giorni successivi, alla conquista di alcune
trincee, dopo di aver personalmente diretto le operazioni di rottura dei
reticolati. In altra circostanza concorse, con l’azione di fuoco del proprio
reggimento, a respingere un violento attacco nemico, portandosi nei punti più
esposti della fronte e mantenendo nei suoi dipendenti, mercè il suo contegno
calmo e sereno, la fiducia nel successo. Monte S. Michele luglio Medaglia d’Argento al Valor Militare “sul
campo”:
Decreto Luogotenenziale in data 16 nov 1916;
registrato alla Corte dei Conti il 20 dic 1916
(registro 28, foglio 172, Bollettino Ufficiale anno 1916, dispensa 101a,
pag. 6144). MOTIVAZIONE: “Attaccato il suo settore con i gas velenosi,
mentre animoso e pieno di slancio accorreva senza indugio per provvedere al
grave e critico momento, veniva travolto da una nube asfissiante che lo
poneva nella impossibilità di agire. Tuttavia, nell’alto sentimento del
dovere trovava ancora in sé la forza di provvedere a ché truppe di rincalzo
accorressero sulla prima linea per riconquistare posizioni momentaneamente
perdute. Dopodiché veniva ricoverato in un ospedaletto da campo, ove due
giorni dopo lasciava la vita, vittima volontaria del proprio dovere. Bosco
Cappuccio, 29 giugno |
Nacque a Bari, luogo ove il padre Francesco svolgeva il
suo Comando di Reparto, il 24 giugno 1892 da Francesco Ferdinando Ronchi e
Irene Valenzasca (nobildonna lombarda – all’epoca i
Valenzasca avevano il Palco alla Scala di Milano).
Entrato nella Scuola Militare il 6 novembre 1911 fu promosso Sottotenente nel
57° Rgt. Fanteria in Padova, ove a suggellare la
sua firma nello Stato di servizio quale Relatore sarà proprio il padre,
prefato Maggiore Francesco Ferdinando Ronchi. Il 9 luglio del 1913 partì per Medaglia d’Argento al Valor Militare “sul
campo”:
Decreto Luogotenenziale in data 25 gen 1917;
registrato alla Corte dei Conti il 10 mar 1917 (registro 37, foglio 2,
Bollettino Ufficiale anno 1917, dispensa 9a, pag. 741). MOTIVAZIONE: “Già distintosi nell’attacco del 12 aprile, violentemente
attaccato il 16 di fronte e sul fianco da nemico irrompente e fatto segno a
fuoco di infilata di mitragliatrici con calma e coraggio ammirevoli tenne
fermo con la sua compagnia, incitando tutti con energia, alla resistenza ad
ogni costo, finché cadeva sul posto gravemente colpito al petto. Sant’Osvaldo, 12 e 16 aprile |
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Solofra,
6. Solofra italiana piange commossa una nobile e grande figura di uomo e di
soldato, che cade vittima dell’insidia nemica, sulle aride colline del Carso,
già consacrate al culto dei nostri nipoti col sangue dei nostri eroici
fratelli. Il colonnello cav Francesco Ronchi,
l’eroico condottiero che combatte e vince alle Due palme ed a Psitos, sul Trentino e sull’Isonzo, il padre italiano che
benedice alla patria il giovanissimo figliuolo caduto sulle aspre vette delle
Alpi, alla testa della sua compagnia
che guidava alla vittoria, lo sposo esemplare che bacia la sua
compagna dolorante e riparte per la guerra con l’altro suo figliuolo, ecco
l’uomo involato all’affetto della famiglia e del paese, ecco il soldato strappato
alla patria dalla barbarie nemica che l’ha ucciso coi gas asfissianti con le
armi degli impotenti e dei vili. La gloria del caduto sia il maggior conforto
della sua famiglia che orgogliosa piange. Il “Mattino” si associa al dolore del paese ed invia le più sincere condoglianze al fratello cav. dott. Luigi. |
Dalla “Tribuna” di Roma del 13 luglio 1916.
Nell’albo d’oro. Avellino, 11. Il colonnello cav. Francesco Ronchi, caduto vittima della
barbarie nemica sulle aride colline del Carso e di cui la vicina Solofra e
l’Irpinia tutta piangono la perdita, rimarrà come uno dei più luminosi eroi
della presente epopea nazionale. Il suo nome era già legato ai fasti delle armi italiche per essersi egli coperto di gloria nella battaglia delle Due Palme ed a Psitos. Sul Trentino e sull’Isonzo era stato uno dei più amati e coraggiosi condottieri. Qualche mese addietro, nell’apprendere che un suo figliolo era caduto eroicamente sulle vette alpine, guidando, quale capitano di fanteria, un manipolo di eroi alla vittoriosa conquista di una importante posizione, impose freno al proprio dolore e benedisse la fine del prode con parole di romana grandezza. Per qualche giorno appena accorse a tergere le lacrime dell’amata consorte e quindi ripartì pel teatro della guerra con un altro figliolo, al quale additò, quale fulgidissimo esempio, la eroica fine del fratello. Ecco l’uomo che l’Irpinia ha sacrificato alla patria! |
Il colonnello cav. Francesco Ronchi. Il 3 del corrente anno in un ospedaletto da campo è morto il cav. Francesco Ronchi, colonnello di Fanteria. Aveva 52 anni ed era nato a Napoli. Il cav. Ronchi aveva fatto una brillante carriera: a 18 anni era già sottotenente, studioso di disciplina militare, specialmente di geografia militare. Fece la campagna in Cirenaica; seguì a Rodi il generale Ameglio
e alla battaglia di Psitos comandava, come Maggiore
il Battaglione di avanguardia. Dal principio della guerra si trovava
sull’Isonzo. Nella tremenda giornata del 29 giugno i nemici eseguirono un
attacco facendolo precedere da emissione di grande quantità di gas velenosi.
Il colonnello Ronchi pur essendo colpito gravemente, ricusò qualunque
soccorso. Organizzò prima la difesa e poi il contrattacco, catturò
prigionieri. A sera tarda cessato il pericolo, si fece trasportare in un
ospedaletto da campo, dove gli prodigarono le più amorevoli cure. Morì il 3
luglio. Il col. Ronchi era zio del dott. Giuseppe Murino, vice commissario di P. S. alla questura centrale di Roma, al quale inviamo le nostre sincere condoglianze. |
Nel penultimo giorno, giorno di sacrificio e di vittoria, cadeva
colpito dai gas velenosi il colonnello Francesco Ronchi. S. Martino del Carso, che aveva visto le
più belle gesta dell’eroico reggimento, fu quel giorno spettatore di vili
infamie. Si era combattuto con fortuna il 27 e il 28, molte trincee era state
occupate, molti prigionieri erano stati presi. I nostri attacchi, metodici,
persistenti, vittoriosi, avevano dovuto preoccupare oltre ogni dire il comando
austriaco, sì da decidere di tentare lo slealissimo
attacco, che da lungo tempo andava meditando con quella cura minuziosa che è
propria degli assassini alla vigilia d’un delitto. E fu il delitto più
mostruoso di questa guerra nostra, che noi combattiamo sull’Alpe e sul mare
con la spada ed i guanti: l’attacco del 29 giugno sulle difese di S. Martino
e di S. Michele. Alle ore 4,20 di quel San Pietro, il colonnello Ronchi, che
comandava l’azione in corso, uscì dal suo ricovero sentendosi male. Gli ufficiali
che avvertivano anch’essi un vago malessere, gli si fecero incontro
pregandolo insistentemente di farsi trasportare al posto di soccorso. Egli si
rifiutò, non si sarebbe allontanato, disse né dalle trincee né dal suo
reggimento se prima non si fosse reso conto di quanto era avvenuto o stava
per avvenire nelle trincee avanzate del suo settore. E la triste nuova non
tardò a giungere fino a lui. Il nemico aveva nella notte sprigionato una
grande quantità di gas asfissianti e sul far del giorno aveva attaccato in
forze le nostre trincee uccidendo a colpi di mazza chiodata i difensori
tramortiti, aveva occupato le prime linee e già si avvicinava a grandi passi
verso il comando. Il colonnello impassibile nella doppia sofferenza del corpo
e dello spirito, fece avanzare celermente il suo battaglione di riserva e la
risposta fu rapida, violenta, feroce contro quel manipolo di iene, disceso
nelle tenebre e con vigliacche insidie ad abbeverarsi del più puro sangue
italico. La giornata terminò con la disfatta del nemico, il quale però molte
vittime aveva fato nelle nostre file. Verso sera il prode colonnello fu
trasportato all’ospedale da campo. Ogni cura fu vana, il 3 luglio, dopo 4
giorni di lenta atroce agonia, morì. […].
Il colonnello, nato a Napoli era solofrano di origine. |
Altri giornali che parlarono di questi due eroi:
Il “Secolo d’Italia” del 1°
agosto 1916.
L”Idea nazionale!” del 16 luglio 1916.
Il “Giornale d’Italia” del 18 luglio 1916. La morte di un eroe, il
colonnello Francesco Ronchi.
Il “Corriere della Sera” del 30 luglio 1916.
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