Un
errore grave che si può scusare
Francesco Garzilli, La
collegiata di San Michele Arcangelo in Solofra, Napoli, 1989
L’opera ha il grande merito di aver
utilizzato i molti documenti e di aver tentato una storia della Collegiata di S.
Michele Arcangelo. I documenti inediti dell’Archivio personale dell’autore
arricchiscono la storia della chiesa. Tutto questo avviene nella seconda parte
del libro che è la più ampia.
La prima parte è costituita da 28
pagine dedicate alla pieve di S. Angelo e Santa Maria descritta in un documento
del 1042 che viene riportato in appendice.
L’autore era entrato in possesso del
documento della pieve quando il libro già era in tipografia. Ritenne giusto che
fosse messo nella pubblicazione ma non ebbe il tempo per condurre uno studio
sul documento. Bisognava affrontare tutto il complesso problema della
sistemazione del territorio dell’episcopio salernitano nel periodo bizantino,
la realtà della chiesa di Salerno nel periodo longobardo, a cui il documento di
riferiva.
L’intero argomento era stato
trattato in un documentato studio da Bruno Ruggiero nel 1977.
Il Garzilli cita in nota il
Ruggiero, quindi conosceva l’esistenza dell’opera, ma sicuramente non l’aveva
letta, come in modo chiaro si evince dal suo discorso.
Poiché il documento che descrive la
pieve parla di una chiesa con due nomi, l’autore cerca di conciliare questa
certezza con quanto la dottoressa Adele Pezzullo aveva scritto nella sua
relazione e cioè che le chiese erano due. Giunge quindi a ipotizzare un’unica
parrocchia, quella di cui parla il documento, che unisce due
edifici.
Nel documento invece si parla di un
edificio e non di una parrocchia perchè a quel tempo, 1042, nell’episcopio di
Salerno non esistevano ancora le parrocchie.
Il documento inoltre è un memoratorium che non si usava per un
ente, ma quando bisognava descrivere qualcosa di fisico, di concreto, e come
tale doveva essere molto preciso. Con questo documento infatti si ebbe il
passaggio della chiesa solofrana dall’abate Adelferio di San Massimo, al prete
Truppoaldo (il passaggio di un bene fisico). Per questo motivo nel documento
sono descritti gli oggetti esistenti nella chiesa, gli attrezzi in suo
possesso, le celle (magazzini), le case ad essa appartenenti. Si citano persino
le feste che si svolgevano nella chiesa tra cui due ricorrenze, quella di San
Michele e quella di S. Maria del 15 agosto (i due santi della titolazione della
chiesa), che erano anche scadenze tributarie riferite all’unica chiesa.
Lo studio di
Bruno Ruggiero descrive in modo preciso tutto il sistema ecclesiale del
territorio dell’episcopio salernitano. Dimostra che il sistema pievano era un
distretto territoriale molto ampio e poco abitato nato nel territorio
dell’episcopio di Salerno all’indomani della guerra greco-gotica. Esso fu
sostituito, solo molto dopo, con un’altra suddivisione territoriale, quella
delle parrocchie, che furono istituite per rispondere a nuove esigenze dovute
al popolamento delle campagne.
A dare un’ulteriore conferma di quanto
questa prima parte dell’opera del Garzilli sia stata scritta senza alcuno
studio approfondito è il fatto che la chiesa di San Massimo di Salerno viene
confusa con un’inesistente chiesa di Montoro. San Massimo, descritta molto
ampiamente nell’opera del Ruggiero, era un’importante chiesa salernitana
appartenente ai principi longobardi attraverso la quale la famiglia regnante
controllava le campagne.
Altre errore riguarda l’origine del
toponimo Solofra che non è longobarda, ma sannita.
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