Non tutti gli studi di storia locale consentono
di fare collegamenti con la storia del territorio limitrofo. Ciò invece è
permesso dallo studio recentemente pubblicato - Il forte vincolo costituito da questa duplice
unione, non diminuì quando successivamente si
formarono le parrocchie perché, in tempi resi difficili dalla contingenza del
governo normanno, esse risposero al bisogno di creare unità
religioso-territoriali più piccole, che stessero più vicine alle popolazioni.
Questa fu la funzione, non solo in tale Archipresbiterato,
delle parrocchie che unirono intorno ad una chiesa le popolazioni, le quali
ebbero nel diritto divino la prima regola di vita che scandiva le loro
giornate e i periodi dell’anno e che fu alla base della formazione delle
prime comunità di cittadini. Le chiese parrocchiali,
sia a Serino che a Solofra, regolavano la scansione
della giornata, proteggevano il lavoro del fedele, persino accogliendo nei
loro magazzini i prodotti del territorio per metterli sotto la protezione del
santo, anche dando i primi rudimenti del sapere con la lettura dei libri
religiosi, i canti, l’agiografia. Poi avvenne che questi centri religiosi,
proprio perché erano legati al territorio cominciarono
a distinguersi secondo le realtà locali. A Serino per esempio si ebbero
chiese che raggrupparono intorno a loro più centri abitati, mentre a Solofra
ogni casale ebbe un numero maggiore di chiese, cui si aggiunsero
molte cappelle private. E ciò perché nel caso solofrano la
chiesa ebbe la funzione di proteggere la mercatura e i suoi prodotti.
La stessa funzione espletarono i numerosi monasteri
solofrani, ben cinque in un centro molto più piccolo. Fu proprio la diversa evoluzione della realtà
solofrana, rispetto a quella di Serino, che portò alla divisione dei due
territori anche dal punto di vista amministrativo. Ciò avvenne ad opera del feudatario di Serino Giacomo Tricarico - siamo
a metà del XIII secolo - che costituì
il feudo di Solofra, assegnandolo a sua figlia Giordana quando andò sposa ad
Alduino Filangieri. Fu invece un motivo politico - l’inimicizia tra i feudatari di
Serino e Carlo I d’Angiò - che portò all’ampliamento del territorio di
Solofra a spese di quello di Serino. In questa occasione
il re francese divise in due il grande casale di S. Agata, che occupava tutto
il versante meridionale del Pergola-San Marco, dandone la parte più ampia,
col castello e col passo di Turci, a Solofra. Da questo momento la sorte dei due territori
fu diversa, per esempio nell’uso del castello che da noi ospitò sempre le
milizie e fu anche al centro di uno scontro tra i due feudatari - il Della Marra
di Serino e lo Zurlo di Solofra - quando il primo tentò, non riuscendovi, di
occupare il nostro feudo. Certamente le opportunità di guadagno che le
attività solofrane offrivano ad un feudatario erano allettanti, per cui i feudatari di Serino non desistettero dal
tentativo di occupare Solofra, e ci riuscirono un secolo dopo con Ludovico
della Tolfa. Costui, approfittando della cacciata degli Zurlo, acquistò il nostro feudo, dando inizio, per
noi, ad un infausto periodo di prepotenze e soprusi, che però durò poco,
poiché la comunità solofrana seppe reagire, acquistando a sua volta
l’autonomia presso la corona spagnola. Diverso fu il rapporto tra le popolazioni,
sempre intenso e fruttuoso, specie con gli abitanti dei casali limitrofi, e
questo anche per il fatto che Serino conservò il possesso di S. Agata di
sotto fino alla fine del XVIII secolo. Molte furono
le famiglie serinesi che si trasferirono in
territorio solofrano e viceversa, costanti i matrimoni tra individui dei due
centri, i nostri artigiani portarono a Serino l’artigianato delle scarpe e
accolsero nelle loro botteghe i lavoratori delle “terre bagnate dal Sabato”,
né va dimenticato lo stretto rapporto tra i Solimene e la bottega di
Francesco Guarini, persino il magnifico cassettonato
della Chiesa di S. Agata fu voluto dal principe Caracciolo, feudatario di Serino, per imitare quello che
Francesco Guarini stava creando nella Collegiata. Infine vale sottolineare
la figura del canonico solofrano Felice Antonio Grassi, che resse la
parrocchia di San Sossio dal 1769 al 1776; un breve tempo, per contrasti col
sindaco del paese, ma significativo, come mostra un importante documento
pubblicato nello studio da cui abbiamo preso le mosse, che descrive, nel
1776, lo Stato della Mensa della Parrocchia. Mimma De Maio |
Da Il Campanile, marzo 2007
(XXXVIII, n. 3, p. 4)
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