Casali
solofrani
IL TOPPOLO
Da casale fiume a rione Toppolo
Il casale delle concerie
.
Il rione Toppolo sorge lungo l'alto corso della
Solofrana. Inizialmente questo nome indicava solo la parte più alta del casale
Fiume, poi alla fine del XVI secolo si riscontra
la sostituzione. Le sponde del fiume fin dai tempi antichi avevano accolto le
fosse per la concia delle pelli e tutta la zona fu interessata a questa attività tanto da avere alcuni significativi
toponimi legati alla concia: Burrelli, che
sono fosse per la concia e che è un luogo un poco più a valle (all'altezza
del ponte dello Spirito Santo); Scorza, una località più a monte che
prende il nome dalla scorza di castagno e di quercia che veniva triturata ed
usata come materiale conciante; Balsami, un casale anch'esso lungo il
fiume ma più ad est che prende il nome dalle sostanze odorose ed emollienti
usate nel processo di concia. Il suo sviluppo è interamente legato alla
concia, infatti è detto anche il "casale delle
concerie" e poiché le concerie a Solofra sono legate all'insediamento
pastorale della conca si può dire che questa località abbia accompagnato lo
sviluppo dell'attività pastorale prima e artigianale poi. La località è attraversata dalla strada che anticamente
permetteva l'accesso al centro abitato, un tratto della quale era detta passatoia,
dove sono stati rinvenuti resti di capanni di pastori appenninici. Nel
periodo altomedioevale questa zona, insieme al
Sorbo-Balsami e a Cortina del cerro, che si trova
immediatamente più in basso, costituiva l'unica parte abitata sulle prime
falde dei monti a sud. Qui sorse, sulla riva destra del fiume, la pieve di S.
Angelo e S. Maria proprio per proteggere le attività che vi si svolgevano, per cui il territorio entrò in possesso di questa chiesa e
quindi appartenne alla Chiesa di Salerno da cui la pieve dipendeva. Questa
situazione fu positiva poiché sia le attività
agricole che quelle artigianali - la produzione del vino, dell'olio e la
concia - furono protette con particolari privilegi fin dal periodo
longobardo. Poiché la pieve solofrana fu centro religioso, economico e
civico, il casale, come luogo appartenente alla pieve e fulcro delle attività
artigianali, fin da questo periodo si configura come uno dei più significativi dell'intero territorio solofrano. Con la venuta dei Normanni (fine XI secolo) si ampliarono le
attività artigiano-mercantili solofrane per via di un più stretto rapporto
con Salerno. In questo periodo si definì il centro commerciale intorno alla chiesa
di S. Croce (1121) che sorgeva all’incrocio tra la strada che veniva dalla
pieve (poi Via vecchia), quella che veniva dal fiume (detta Cupa) e la platea
(piazza) la via del commercio dove attraverso il Sortito (parte bassa
del Sorbo) e via Afflitta si giungeva a Turci. La pieve, divenuta
parrocchia col nome di S. Angelo, godette di
importanti prerogative a protezione delle attività artigianali che si
svolgevano intorno al fiume concesse sia dai re normanni che da Federico II
tra le quali furono importanti l’uso gratuito delle acque del fiume dove la
concia era già diventata una caratteristica locale. Lungo il XIV secolo si ebbero profondi
mutamenti nelle terre dell’episcopio salernitano e quindi anche a Solofra
dove S. Angelo si trasformò in chiesa "ricettizia"
cioè passò alla comunità solofrana che la trasformò in ente economico a
sostegno delle attività locali. Il casale Fiume perdette la protezione
dell'episcopio salernitano ma le concerie furono
direttamente legate alla comunità solofrana. In questo periodo fu stilato un
articolo degli Statuti, il n. 50, che riguarda il casale
infatti regola l'uso dell'acqua delle concerie "dal ponte in
giù". ------------ Ecco il testo dell'articolo statutario: Dello adacquare (50) Item che non sia persona alcuna che pigle ne impedisca la aqua che corre dalle potheche
de contrarie da lo ponte in bascio, excepto chi havesse bisogno de
adacquare che sello pozza pigliare et tenere hore vinti quattro incomenzando
da la matina, et passate
le ditte vinti quattro hore essendoge
alcuno che volesse detta aqua per adacquare, ut supra, lo debia relaxare et retornare
a lo curso del fiume et
circa llo dicto adacquare
se debia observare questo
ordine, che chi primo have la poxessione
primo se pozza piglare la acqua, non sela trovando havere pigliata
altro, et tenerela per le
dette vinti quattro hore et
po relaxarela ad chi sta adpresso ad ipso, si la vole o
ad altro chi ge la adomanda,
et cussi se habia da adacquare gradatim et ad vicende, et luno non la pozza tenere ad laltro,
ut supra, a la pena de tari duj,
la mitate a la corte et
la mità ad chi accusa. Placet. S.
C. Placet Illustrissime Domine Ducisse. L'acqua, che scorreva nel tratto del fiume che andava dal ponte
(del Toppolo) in giù usata per il rinverdimento
della pelle (adacquare) doveva essere trattenuta nelle vasche per
ventiquattro ore, incominciando dalla mattina, dopo di che doveva passare
alla conceria di sotto o a chi la chiedeva per la stessa operazione,
altrimenti doveva essere rimandata nel fiume. Questa operazione doveva essere
eseguita secondo un ordine che dava la precedenza a chi stava più in alto. ----------- Per tutto il periodo aragonese (1434-1503) Solofra ebbe un
grande sviluppo demografico che la portò ad una vera esplosione urbanistica
con ben 15 casali. La zona delle concerie, ancora col nome di casale Fiume,
si stendeva sulle due sponde del fiume unite dal ponte, aveva a valle il
casale dei Burrelli (poi pie' S. Angelo), era in
comunicazione col Sortito, diventato un casale, con [Il rione delle concerie dal Cinquecento ad oggi] Nel Cinquecento il casale si ampliò ancora in seguito al
trasferimento di diverse famiglie proprietarie di concerie che ora avevano
l'aspetto di vere e proprie industrie accanto alle quali sorgevano anche le
case dei proprietari. Esso si estendeva lungo la via cupa e nella zona
campi, cioè lungo la riva destra del fiume ma
anche sulla riva sinistra lungo il corso del Liarvo,
un torrente che si getta nel fiume proprio all'altezza del Toppolo. E poiché S. Angelo era stata abbattuta e L'elemento costruttivo più importante era la corte o cortina,
un complesso di pluriabitazioni dette sedili
che si chiudevano intorno ad un ampio ed articolato cortile cui si accedeva attraverso un introito magno o wafio. Era fornita di pozzo, di stalle, di
magazzini detti cellari e di cantine e
svolgeva una grande funzione unificante delle ampie
famiglie dell'epoca. Elemento della cortina era la scala esterna col
ballatoio che spesso era coperto da formare una loggia da cui si accedeva alle singole abitazioni, dette cammara o cammarella
secondo l'ampiezza di questa zona abitativa. Un elemento autonomo era l'astraco, un solaio dinanzi alle abitazioni o ai cellari che si trovava tanto al piano terra che al primo piano, spesso coperto da tavolati di legno ed al servizio
di tutte le attività della famiglia, da quelle di trasformazione e
lavorazione dei prodotti dei campi a quelle artigianali. Soprattutto, se era
a piano terra, permetteva di collocarvi tutto il processo di rifinitura della
pelle, il trattamento della lana e dei prodotti che servivano per la concia
ed era al servizio anche di tutto l'indotto legato alla pelle. Qui per
esempio c'erano diverse "scarperie".
Ancora la corte era arricchita dall'orto che spesso era collocato nello
stesso cortile. C'era anche l'abitazione singola, detta "palazziata" o domus
con vani superiori ed inferiori. Le costruzioni particolari e specifiche di questo casale, le
concerie, erano in muratura a due piani con porte e finestre di legno, con astrachene (lastrico) e tavolato per la lana. Tutte erano
fornite di fontana e di una serie di condotti in
legno o in muratura non solo per prelevare l'acqua del fiume ma anche per
scaricarla in esso dopo l'uso. Un elemento importante della conceria era lo spanditoio, un ampio spazio che si allungava nei campi o
nelle selve dove venivano stese le pelli ad
asciugare e che accoglievano i tavolati per stendere la lana e in genere per
tutti i momenti di questa attività che si potevano svolgere all'aperto. Lungo tutto il Seicento tale fu lo sviluppo del casale che
cominciò ad essere chiamato "Toppolo" poiché
la parte più importante era intorno al ponte e alla strada che portava alla
zona del commercio. A metà Settecento il Catasto onciario permette di delineare lo sviluppo abitativo e l'evoluzione del casale,
che era inglobato in uno dei 10 casali in cui era diviso il territorio e che
era denominato Toppolo-Cupa-Capopiazza (405
abitanti con 73 fuochi). Questo grande casale
comprendeva l’ex casale Fiume (ora Toppolo con 15 abitazioni), la via
di accesso alla zona di S. Agostino, detta Cupa (ora via Abate
Giannattasio) con 41 abitazioni di cui 16 palazziate
e 3 sedili, e la piazza (Capopiazza) con 13
abitazioni tutte palazziate ed un comprensorio di
case. Si sviluppava trasversalmente, da sud a nord (torrente Solofrana-vallone del Sorbo), al servizio dell’attività
principale della concia e della mercatura. Aveva 34 concerie (di cui 28 al
Toppolo-Fiume, 5 alla Cupa ed una a "le roselle"),
50 botteghe (tutte a Capopiazza, molte erano corpi
autonomi appoggiati alle abitazioni), delle quali 20 appartenenti al
monastero di S. Agostino, Nell'Ottocento il casale con il catasto napoleonico subì il
distacco dai due e divenne autonomo, accolse nuove concerie, altre subirono
rifacimenti più o meno vistosi tali da trasformarle
in vere industrie. Il casale fu abbandonato dopo il terremoto del 1980 per il
completo trasferimento delle concerie nella zona industriale più a valle. |
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