Famiglie solofrane
Tura
La famiglia compare nel
XV secolo quando si ha notizia di un Minico, proprietario di beni nella isca di
Santa Maria, molto probabilmente impiantata in loco in seguito alle
immigrazioni dal salernitano dietro ai Ronca dove si trova un Pietro Angelo
Roncha de Tura.
XVI
In questo secolo la
famiglia è legata a molte famiglie proprietarie di beni del fondovalle fino ai
Maffei del Toro e agli Albanesi di S. Agata dove gestisce alcuni fondi, ma
anche ai Ciccarello ai Grasso e ai Petrone impiantandosi ai Balsami.
Il ramo residente
alle Casate ha rappresentanti in vista nella società locale tra cui
Ranaldo, apprezzatore ed estensore degli Statuti, Marco Antonio, azzimatore.
Dal mercato degli animali entra nelle attività mercantili che portano suoi
membri fino a Lecce e a Napoli dove si insedia Iacobo che permette l’entrata
della famiglia nel mercato dell’oropelle ed apre il mercato napoletano ai
prodotti della conceria al fiume. Entra anche nelle attività finanziarie
con la partecipazioni in società per la vendita delle gabelle.
È presente nel clero
con Lorenzo
Ai Balsami abita la
famiglia di Salvatore, il cui figlio Jacobo ebbe molti figli tutti impegnati
nella concia delle pelli e nella vendita dei prodotti della lavorazione delle
pelli come scarpe, cordame e pergamene. In seno a questa famiglia si trova
Minichiello, che col fratello Luca possiede una conceria ed esercita l'arte
dell'oropelle. Tutti sono impegnati anche nell'allevamento dei cavalli.
Nel casale Fontane
sottane invece c'è la famiglia più rappresentativa impegnata in società per
gli arrendamenti della Universitas, con il venerabile Lorenzo e il fratello
Giovanni Battista e con Rainaldo membro della Commissione che stese gli
Statuti, con Marcantonio economo della Chiesa di Santa Maria delle Grazie e di
quella di S. Croce.
Altra famiglia abita
alle Casate con
Adanese, assuntore della gabella della farina ed Andrea, deputato nel governo.
XVII
In questo secolo la
famiglia continua nelle attività individuate nel secolo precedente e cioè nel
commercio dei prodotti delle loro attività artigianali. È impegnata in modo non
secondario nella società civile. La persona più importante è Nicola Antonio, sacerdote e
dottore in ustriusque juris, consulente e segretario della feudataria Dorotea
Orsini e precettore di suo figlio Pier Francesco (principe di Solofra e futuro
pontefice Benedetto XIII).
Altro rappresentante
di questa famiglia è Tarquinio, dottore fisico nella cui famiglia c'è il figlio Filippo e
i nipoti Matteo e Michelangelo.
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Si individua la
famiglia di Giovanni Sabato che ha i figli Domenico, Carmine, Giuliano, Sebastiano,
Michelangelo.
Lavorano l'oro con
una importante bottega Tommaso e Agostino.
XVIII
In questo secolo si
possono indicare con molta precisione i nuclei familiari dal catasto onciario
(1754).
Volpi
Michelangelo di Giovanni Sabato è un negoziante di anni 85 anni, vive
con i nipoti Giuseppe (negoziante di 46anni), Nicola (battargento di 29 anni)
con la nuora Isabella (di 35 anni) e i nipoti Sabato (di 9 anni), Rosario (di 5
anni), Angiola (di 6 anni), Anna Teresa (di 4 anni), Giuseppe (di 3 anni) e Michelangelo
(di un anno), Gennaro (sacerdote di 35 anni), Aniello (negoziante di 26 anni).
Con lui vive ancora il figlio Domenico (negoziante di 58 anni con la moglie
Maria Rubino di 62 anni). Abita in una casa con varie stanze soprane e sottane.
Possiede un giardino fruttifero, altre due case per uso bottega lorda sita
sempre ai Volpi. Ha dei pesi a favore della Regia Camera, della Chiesa di S.
Maria di Costantinopoli. Patrimonio del sacerdote Gennaro: una casa con
cortile, una casa sottana ad uso magazzino, un terreno arborato, vitato e una
selva castagnale al Trecco.
Biagio battergento di 42 anni, vive con la moglie Grazia
Giliberti (di 42 anni) e con i figli Gaetano, lavoratore battargento di 15
anni, Ignazio, lavoratore battargento di 12 anni, Michelangelo di 12 anni,
Gennaro di 5 anni, Donatantonio di 2 anni. Vive con lui la sorella Consolata di
40 anni. Abita in una casa propria di varie stanze con orto.
Filippo, soldato di 27 anni, sposato con Angiola Guarino di 24
anni. Vive con lui la sorella Orsola di 21 anni e la madre Teresa Troisi di 65
anni. Abita in una casa di proprietà con varie stanze.
Gaetano, conciatore di coire di 54 anni, vive con la moglie
Fortunata Guarino e con i figli Felice di 12 anni, Tommaso di 10 anni, Giuseppe
di 8 anni, Sabato di 6 anni, Livia di 2 anni. Abita in una casa propria di
varie stanze con cortile e ha un peso a favore della Chiesa della Madonna di
Costantinopoli.
Fratta
Silvestro, calzolaio di 56 anni, vive con la sorella Anna di 40 anni,
sposata con Nicola Guarino, battiloro e con i nipoti Guglielmo di 12 anni e
Mariano di un anno. Abita in una casa propria di varie stanze con giardino. Ha
un peso a favore della Chiesa di S. Maria degli Afflitti. Impiega per il suo
mestiere 20 ducati.
Balsami
Ciriaco, bracciale di 40 anni, sposato con Chiara Ferrandina di 40
anni con i figli Niccolò di 15 anni, Andrea di 13 anni, Carmine di 2 anni,
Angiola di 3 anni. Abita in una casa dotale della moglie.
Sant'Angelo
e Strada vecchia
Francesco, battiloro di 63 anni, sposato con Vittoria Tura di 62
anni. Abita una casa di più stanze soprane e sottane di sua proprietà.
Forna
Francesco Antonio, mastro di pergamene di 50 anni, sposato con Feliciana Landolfi
(40 anni) con i figli Anna (15 anni), Vincenzo (12 anni), Giuseppe (7 anni),
Maria (5 anni) e Guglielmo (2 anni). Abitazione propria con rata di cortile.
Si cita Michele Arcangelo, canonico
della Collegiata dal 1772 al 1794.
XIX
Gennaro Tura (1747-1825), nato da Biagio fu primicerio dal 1802 al 1832 in un momento grave per la vita parrocchiale che si trovava nel pieno di generali rivolgimenti dopo la Rivoluzione del 1799 e sotto i napoleonici. I mutamenti erano troppo profondi e furono traumatici anche se furono introdotti pacificamente. Inoltre essi mettevano in atto nuovi ordinamenti che attuavano nuovi principi e nuove visioni, quindi portavano con sé effetti negativi. Sotto di lui si ebbero soppressioni di Parrocchie, Conventi e Monasteri che crearono gravi disagi, per fortuna a Solofra non furono soppresse le Parrocchie (S. Giuliano, S. Agata e S. Andrea), né furono chiusi i Monasteri femminili (Santa Chiara, Santa Teresa, l'Addolorata) che erano fiorenti, ma fu soppresso il Convento dei Cappuccini mentre quello di S. Domenico fu destinato ad accogliere i religiosi di S. Severino. Quando ritornò sul trono il Borbone ci fu nel 1818 un Concordato tra il Regno di Napoli e la Santa Sede che salvò gli altri conventi solofrani mentre per il fatto che i canonici avevano la competenza per casali non ci furono situazioni di disagio. I mutamenti si fecero sentire nel senso che l'insegnamento religioso, che prima era autorizzato solo dall'autorità ecclesiastica, ora lo era anche dalle autorità amministrative. Sotto il Tura ci furono, nel 1820, 15 sacerdoti abilitati all'insegnamento. Durante il suo governo ci furono le distruzioni di diverse chiese a causa dell'alluvione del 1805 e cioè dell'Annunziata, di S. Lucia e di S. Gaetano. |
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