Un libro sulla toponomastica solofrana di Mimma De Maio
con disegni
sulla Solofra antica di Antonio Giannattasio
La pubblicazione è stata resa possibile col contributo di
Chime
O. M. F. A. S.
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Ubi dicitur è l’espressione che il notaio usava per accompagnare
l’indicazione di un luogo e come tale è presa a segno di questa storia della
toponomastica che parte da lontano e traccia tutta la vicenda dei luoghi di
Solofra e dei loro nomi. Il toponimo è un documento particolare, di straordinaria
importanza e fecondità, della stessa pregnanza del reperto archeologico,
scrigno non avaro a chi lo indaga, talora traccia preziosa quasi unica, mai
pari ad altre testimonianze. Nome essenziale e profondo che permette di
scendere nelle viscere del passato, in quella quotidianità primaria fatta di
piccole cose, gesti o azioni, che costituisce
l’ossatura di ogni comunità. Aver potuto raccogliere i toponimi sparsi nei
documenti solofrani, da quelli del periodo longobardo-normanno e degli atti
notarili del XVI secolo e poi di seguito fino ai
catasti più vicini, ha permesso di tracciare la storia attraente del
territorio segnato dalla gente che lo ha abitato, ma anche di identificarlo
nei suoi componenti e di rivelarne l’evoluzione. Miniera ricchissima e
indispensabile dunque il toponimo. Sono stati i toponimi a consentire di individuare il percorso
della strada sannita e romana della Castelluccia.
Quel flubio rivus siccus trovato in un documento montorese
ha svelato lo scenario straordinario del corso d’acqua solofrano, che nella
strettoia di Chiusa era “fiume” e nello stesso tempo “ruscello secco”, greto
lasciato libero dopo le piene e che il pastore sannita usava nei suoi
trasferimenti transumantici. E ancora i toponimi hanno permesso di seguire il
tragitto della via “salmentaria” - anche questo, nome estremamente
significativo - che dalla Consolazione
giungeva a Turci evitando il paese. La valenza di questo tipo di informazione
però si rivela tutto nello scioglimento del toponimo “Solofra”. Quando nel
1943 il linguista Giovanni Alessio, dell’Università di Napoli, dimostrava ad
alcuni suoi studenti solofrani l’origine italica del toponimo - appunto Solofra
- e si rammaricava che non vi erano
qui da noi testimonianze sannite, in quel momento il toponimo aveva parlato,
prima e indipendentemente dal dato archeologico, venuto alla luce solo trenta
anni dopo. E fu allora, quando dalle viscere della terra scavata per una
costruzione, che altri nomi cominciarono a parlare, svelando la vitalità di quell’insediamento, di una gente che affida i propri cari
ad un territorio e lo mette sotto la protezione dei propri dei, i cui segni sono sparpagliati in tutta la conca, quasi a
trasformarla in un tempio. E che dire degli antichissimi toponimi legati alla concia? Ce ne
sono tanti e significativi - “scorza”, “cerro”, “burrelli”,
“balsami”, “cantarelle”, “lontro” - sparsi sulle prime falde dei monti a sud e
ad est. Tra tutti vale citare quello più eloquente - “campo del lontro” (e non di
Londra) - in cui c’è la concia
pastorale che si praticava sui nostri monti in fosse a cielo aperto coperte
da rudimentali tavolati, dove i pastori tenevano nei bagni di tannino le
pelli dei loro animali. Questo toponimo, unito ad un altro dello stesso
luogo, “cantarelle”, ci deve esse caro poiché è il marchio della realtà solofrana, il nostro
segno distintivo. Esso purtroppo ci viene quasi
derubato con la deturpazione riferita alla capitale inglese - “campo di Londra” si dice erroneamente
- che quando il nome s’impiantò a
Solofra non ancora esisteva. Non meno straordinariamente riescono a parlare i nomi di due
cortine, le abitazioni altomedioevali che sono la
trasposizione in zona alta e difesa della modalità abitativa della villa rustica,
e cioè “veterani” e “sidilia”,
che dicono eloquentemente ciò che avvenne a S. Agata mentre i barbari
radevano al suolo Abellinum. I veterani, cioè i soldati delle villae
romane, si spostarono in zona alta e difesa costruendo queste tipiche
abitazioni, le quali, per la loro alta capacità difensiva, erano dei veri e
propri “presidi” - è ciò che significa
“sidilia” - sulla pianura devastata dalla guerra
contro i Goti. Questo è lo spirito, nato da un rispetto quasi religioso, col
quale sono stati condotti gli studi su questa ricchezza solofrana, che ci si
augura di poter trasmettere a chi legge queste pagine perché non la si perda. Essi sono stati accompagnati dalla storia
dello sviluppo storico-urbanistico di Solofra che fa da supporto ed aiuta a
leggere lo sviluppo della toponomastica solofrana. Questo lavoro ha una particolarità, si arricchisce di un altro
patrimonio costituito dai disegni di Antonio
Giannattasio, un artista che ha espresso l’amore verso il nostro paese
ritraendolo nelle sue sembianze antiche. Sono angoli, scorci, profili che ora
non ci sono più, ma che egli ha conosciuto ed amato e che ci dona, non spinto
da sterile rimpianto ma dal desiderio che questo suo
racconto di Solofra sia conservato anche nel cuore come l’immagine di una persona
cara, di famiglia. |
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